Fratelli tutti
Enciclica
3-10-20
Papa Francesco
Sintesi
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Sabato 21
novembre, alle ore 17: riunione in Google Meet del
gruppo AC Sanclemente!, aperta anche ai non soci residenti in
Italia, sui temi dell’enciclica Fratelli tutti (in
fondo trovate la sintesi della parte proposta per il dialogo durante l’incontro)
Consiglio di accedere dalle
ore 16:45 con il codice che vi è stato inviato.
A questo
indirizzo di YouTube
https://www.youtube.com/watch?
potrete vedere un video
in cui si insegna, passo per passo, come partecipare.
Le persone che non sono
socie e che abbiano piacere di partecipare, possono chiedere il codice di
accesso con una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
indicando il loro nome,
i temi di interesse e la parrocchia di residenza. Questi dati saranno
cancellati dopo ogni riunione e dovranno essere nuovamente inviati per
partecipare ad una riunione successiva.
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Parte prima
Un mondo dipinto a tinte fosche. La condanna della
modernità. “Che cosa significano oggi alcune espressioni come democrazia,
libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle
come strumenti di dominio. […] Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa
misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili con la realtà attuale.”
Gli ideali illuministi della fraternità universale e della pace perpetua
proiettati nel Medioevo europeo.
1. «Fratelli
tutti» [Ammonizioni, 6, 1: Fonti Francescane 155] scriveva
San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e
dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se
fosse accanto a lui». Con queste poche e semplici parole ha spiegato
l’essenziale di una fraternità aperta.
Questo Santo dell’amore fraterno, della
semplicità e della gioia, che mi ha ispirato a scrivere l’Enciclica Laudato si’,
nuovamente mi motiva a dedicare questa nuova Enciclica alla fraternità e
all’amicizia sociale.
La fedeltà al suo Signore era proporzionale
al suo amore per i fratelli e le sorelle. Senza ignorare le difficoltà e i
pericoli, San Francesco andò a incontrare il Sultano Malik-al-Kamil in Egitto,
col medesimo atteggiamento che esigeva dai suoi discepoli: che, senza negare la
propria identità, trovandosi «tra i saraceni o altri infedeli […], non facciano
liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio»..
Egli non faceva la guerra dialettica imponendo
dottrine, ma comunicava l’amore di Dio. Aveva compreso che «Dio è amore; chi
rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16).
In questo modo è stato un padre fecondo che ha suscitato il sogno di una
società fraterna.
2. Le
questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra
le mie preoccupazioni. Negli ultimi anni ho fatto riferimento ad esse più volte
e in diversi luoghi. Ho voluto raccogliere in questa Enciclica molti di tali
interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione.
Se nella redazione della Laudato si’ ho
avuto una fonte di ispirazione nel mio fratello Bartolomeo, il Patriarca
ortodosso che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso mi
sono sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con
il quale mi sono incontrato ad Abu Dhabi per ricordare che Dio «ha creato
tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha
chiamati a convivere come fratelli tra di loro».
Questa Enciclica raccoglie e sviluppa grandi
temi esposti in quel Documento che abbiamo firmato insieme. E qui ho anche
recepito, con il mio linguaggio, numerosi documenti e lettere che ho ricevuto
da tante persone e gruppi di tutto il mondo.
Le
pagine che seguono non pretendono di riassumere la dottrina sull’amore
fraterno, ma si soffermano sulla sua dimensione universale, sulla sua apertura
a tutti. Ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con
tutte le persone di buona volontà.
3. La
pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là
delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente
l’incapacità di agire insieme.
Desidero tanto che, in questo tempo che ci è
dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far
rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità.
4. Propongo
soltanto di porre attenzione ad alcune tendenze del mondo attuale che
ostacolano lo sviluppo della fraternità universale.
Per decenni è sembrato che il mondo avesse
imparato da tante guerre e fallimenti e si dirigesse lentamente verso varie
forme di integrazione. Per esempio, si è sviluppato il sogno di un’Europa unita.
Ugualmente ha preso forza l’aspirazione ad
un’integrazione latinoamericana.
In
altri Paesi e regioni vi sono stati tentativi di pacificazione e avvicinamenti
che hanno portato frutti e altri che apparivano promettenti.
Ma la
storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti
anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi,
esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo
e della nazione crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale
mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali.
Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la
solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni
giorno. Non è possibile accontentarsi di quello che si è già ottenuto nel
passato.
“Aprirsi al mondo” è un’espressione che
oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce
esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri
economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i Paesi. I
conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati
dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. Tale cultura
unifica il mondo ma divide le persone e le nazioni.
Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone
svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo
globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé
stessi,.
Per questo stesso motivo si favorisce anche
una perdita del senso della storia che provoca ulteriore disgregazione. Si
avverte la penetrazione culturale di una sorta di “decostruzionismo”, per cui
la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in
piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte
forme di individualismo senza contenuti.
Sono le nuove forme di colonizzazione
culturale.
Un modo efficace di dissolvere la coscienza
storica, il pensiero critico, l’impegno per la giustizia e i percorsi di
integrazione è quello di svuotare di senso o alterare le grandi parole. Che
cosa significano oggi alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia,
unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio,
come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi
azione.
Oggi in molti Paesi si utilizza il meccanismo
politico di esasperare, esacerbare e polarizzare. Con varie modalità si nega ad
altri il diritto di esistere e di pensare, e a tale scopo si ricorre alla
strategia di ridicolizzarli, di insinuare sospetti su di loro, di accerchiarli.
Non si accoglie la loro parte di verità, i loro valori, e in questo modo la
società si impoverisce e si riduce alla prepotenza del più forte. La politica
così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo
di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che
trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace. In questo gioco
meschino delle squalificazioni, il dibattito viene manipolato per mantenerlo
allo stato di controversia e contrapposizione.
Com’è possibile alzare la testa per
riconoscere il vicino o mettersi accanto a chi è caduto lungo la strada?
Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci
sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di
costituirci in un “noi” che abita la Casa comune.
Certe parti dell’umanità sembrano
sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno
di vivere senza limiti.
In fondo, le persone non sono più sentite come
un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se
“non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli
anziani. Siamo diventati insensibili ad ogni forma di spreco, a partire da
quello alimentare, che è tra i più deprecabili.
[Ci si convince] che tutto finisce con noi,
che contano solo i nostri interessi individuali. Così, oggetto di scarto non
sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani.
Ci sono
regole economiche che sono risultate efficaci per la crescita, ma non
altrettanto per lo sviluppo umano integrale. È aumentata la ricchezza, ma
senza equità, e così ciò che accade è che nascono nuove povertà.
Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto
la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche non paragonabili
con la realtà attuale.
Molte volte si constata che, di fatto, i
diritti umani non sono uguali per tutti.
Osservando con attenzione le nostre società
contemporanee, si riscontrano numerose contraddizioni che inducono a chiederci
se davvero l’eguale dignità di tutti gli esseri umani, solennemente proclamata
70 anni or sono, sia riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza.
Persistono oggi nel mondo numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni
antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto, che
non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo.
Che cosa dice questo riguardo all’uguaglianza
di diritti fondata sulla medesima dignità umana?
Analogamente, l’organizzazione delle società
in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne
hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole
si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro
messaggio.
Ancora oggi milioni di persone – bambini,
uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere
in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù.
Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si
trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di
trattarla come un oggetto.
La persona umana, viene privata della
libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un
mezzo e non come un fine.
Guerre, attentati,
persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro la dignità
umana vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a
determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene
a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni
di violenza vanno «moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo,
tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una terza
guerra mondiale a pezzi.
Questo
non stupisce se notiamo la mancanza di orizzonti in grado di farci convergere
in unità.
Paradossalmente, ci sono paure ancestrali che
non sono state superate dal progresso tecnologico; anzi, hanno saputo
nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie.
Di conseguenza si creano nuove barriere di
autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il “mio”
mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una
dignità inalienabile e diventano semplicemente “quelli”.
Non ignoriamo gli sviluppi positivi avvenuti
nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nell’industria e nel
benessere, soprattutto nei Paesi sviluppati. Ciò nonostante, sottolineiamo che,
insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un
deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un
indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità.
Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza
a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme
la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina
un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda
disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che
possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca.
Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce a una
sorta di cinismo.
Una tragedia globale come la pandemia del
Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di
essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno
va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si
può salvare unicamente insieme.
Il colpo duro e inaspettato di questa
pandemia fuori controllo ha obbligato per forza a pensare agli esseri umani, a
tutti, più che al beneficio di alcuni.
Se
tutto è connesso, è difficile pensare che questo disastro mondiale non sia in
rapporto con il nostro modo di porci rispetto alla realtà, pretendendo di
essere padroni assoluti della propria vita e di tutto ciò che esiste. Non
voglio dire che si tratta di una sorta di castigo divino. E neppure basterebbe
affermare che il danno causato alla natura alla fine chiede il conto dei nostri
soprusi.
Passata la crisi sanitaria, la peggiore
reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in
nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il Cielo che alla fine non ci
siano più “gli altri”, ma solo un “noi”.
Se non riusciamo a recuperare la passione
condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale
destinare tempo, impegno e beni, l’illusione globale che ci inganna crollerà
rovinosamente e lascerà molti in preda alla nausea e al vuoto.
I migranti vengono
considerati non abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come
qualsiasi altro, e si dimentica che possiedono la stessa intrinseca dignità di
qualunque persona. Pertanto, devono essere “protagonisti del proprio riscatto”.
Non si dirà mai che non sono umani, però in pratica, con le decisioni e il modo
di trattarli, si manifesta che li si considera di minor valore, meno
importanti, meno umani. È inaccettabile che i cristiani condividano questa
mentalità e questi atteggiamenti.
Comprendo che di fronte alle persone migranti
alcuni nutrano dubbi o provino timori. Lo capisco come un aspetto dell’istinto
naturale di autodifesa. Ma è anche vero che una persona e un popolo sono
fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l’apertura agli altri.
Paradossalmente, mentre crescono
atteggiamenti chiusi e intolleranti che ci isolano rispetto agli altri, si
riducono o spariscono le distanze.
D’altra parte, i movimenti digitali di odio e
distruzione non costituiscono – come qualcuno vorrebbe far credere – un’ottima
forma di mutu
C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni
del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito
delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della
comunicazione umana. I rapporti digitali non costruiscono veramente un “noi”,
ma solitamente dissimulano e amplificano lo stesso individualismo che si
esprime nella xenofobia e nel disprezzo dei deboli.
L’aggressività sociale trova nei dispositivi
mobili e nei computer uno spazio di diffusione senza uguali.
Ciò ha permesso che le ideologie
abbandonassero ogni pudore. Quello che fino a pochi anni fa non si poteva dire
di nessuno senza il rischio di perdere il rispetto del mondo intero, oggi si
può esprimere nella maniera più cruda anche per alcune autorità politiche e
rimanere impuniti.
Occorre riconoscere che i fanatismi che
inducono a distruggere gli altri hanno per protagonisti anche persone
religiose, non esclusi i cristiani.
La vera saggezza presuppone l’incontro con la
realtà. Ma oggi tutto si può produrre, dissimulare, modificare. Questo fa sì
che l’incontro diretto con i limiti della realtà diventi insopportabile.
Il mettersi seduti ad ascoltare l’altro,
caratteristico di un incontro umano, è un paradigma di atteggiamento
accogliente, di chi supera il narcisismo e accoglie l’altro, gli presta
attenzione, gli fa spazio nella propria cerchia.
San Francesco
d’Assisi ha ascoltato la voce di Dio, ha ascoltato la voce del povero, ha
ascoltato la voce del malato, ha ascoltato la voce della natura. E tutto questo
lo trasforma in uno stile di vita. Spero che il seme di San Francesco cresca in
tanti cuori.
Possiamo cercare insieme la verità nel
dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata.
La saggezza non si fabbrica con impazienti
ricerche in internet, e non è una sommatoria di informazioni la cui
veracità non è assicurata. In questo modo non si matura nell’incontro con la
Alcuni Paesi forti dal punto di vista
economico vengono presentati come modelli culturali per i Paesi poco
sviluppati, invece di fare in modo che ognuno cresca con lo stile che gli è
peculiare, sviluppando le proprie capacità di innovare a partire dai valori
della propria cultura. [ciò] dà luogo a un’autostima nazionale molto bassa.
Demolire l’autostima di qualcuno è un modo
facile di dominarlo. Dietro le tendenze che mirano ad omogeneizzare il mondo,
affiorano interessi di potere che beneficiano della scarsa stima di sé, nel
momento stesso in cui, attraverso i media e le reti, si cerca
di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti.
Si dimentica che non c’è peggior alienazione
che sperimentare di non avere radici, di non appartenere a nessuno.
Malgrado queste dense ombre, che non vanno
ignorate, nelle pagine seguenti desidero dare voce a tanti percorsi di
speranza. Dio infatti continua a seminare nell’umanità semi di bene.
Invito alla speranza,
che ci parla di una realtà che è radicata nel profondo dell’essere umano,
indipendentemente dalle circostanze concrete e dai condizionamenti storici in
cui vive.