Sintesi, dell’articolo di Maurizio Bettini dal titolo "Contro le radici - Tradizione,identità, memoria" apparso su Il Mulino,n.393, 2001, p.6 - Il testo tra parentesi quadre è mio.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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Quando si vuole
indicare la tradizione culturale di un gruppo o di un paese, infatti,
l'immagine più ricorrente è quella delle radici. [L]e immagini non sono oggetti
neutri, anzi molto spesso hanno la capacità di condizionare fortemente la
nostra percezione della realtà...Questa immagine ha infatti la capacità di
suggestionare fortemente qualsiasi discorso su identità e tradizione, permette
di sostituire il ragionamento direttamente con una visione. Nessuno ha mai
visto la propria tradizione, ma tutti nella loro vita hanno visto delle radici.
[A]nche il più accanito dei tradizionalisti avrebbe
difficoltà a dirci quale tradizione effettivamente intenda come la
"vera" tradizione del gruppo, e da che cosa sia concretamente rappresentata per lui
questa astratta tradizione. Ecco il motivo per cui è molto meglio spostare
tutto sul piano della
metafora. [Rimangono] difficoltà quando si vuol dare una definizione esplicita
della propria tradizione (e di conseguenza, della propria identità).
[Raccontano
Cicerone e Senofonte che] una volta che gli ateniesi [mandarono] a Delfi
un'ambasceria. Chiesero infatti ad Apollo quali riti sacri dovessero conservare
e quali no. L'oracolo rispose così: “quelli conformi al costume degli
antenati”. Gli ateniesi, dopo aver riflettuto
sulla risposta che aveva ricevuto, decisero di tornare a consultare il dio.
[C]hiesero a quale costume dovessero specificamente attenersi fra i molti e
diversi. L'oracolo rispose: “al migliore”. La vera tradizione, il vero costume
degli antenati non può essere indicato da nessuno per il semplice motivo che,
come gli ateniesi sapevano bene, il costume degli antenati era cambiato molte
volte nel corso del tempo. L'oracolo non può che fare appello alla capacità di
discernimento dell'interrogante. Se l'oracolo fosse stato meno saggio e più
retoricamente astuto, avrebbe risposto agli ateniesi in questo modo: "tenetevi alle vostre radici!".
[Fra i diversi
tipi di metafore] un posto di rilievo spetta a quello che procede dagli esseri
animati a quelli inanimati, attribuendo con ciò caratteristiche
"vitali" a oggetti e concetti che di vivo non avrebbero proprio
nulla. [Q]uando si designano con il termine di radici concetti
astratti come la tradizione si fa per l'appunto questo: si procede dall'
"animato all'inanimato", introducendo la vita là dove di per sé non
ci sarebbe.
La retorica classica sapeva bene quanto sia importante la
"enàrgeia", la "evidentia", ovvero quello
splendore della visione immediata, suscitata davanti alla mente
dell'ascoltatore. L'immagine delle "radici" contiene in sé la pretesa
di essere gli unici veri figli di una certa terra, superiori a coloro che vi
sono semplicemente sopraggiunti. [U]na visione del mondo in cui tradizione
e identità divengono caratteristiche che si respirano con l'aria dei luoghi
natii.
Difendere la
tradizione e l'identità di un certo gruppo, significa proteggerne il suolo da
possibili contaminazioni. [S]imili costellazioni simboliche possono direttamente
trasformarsi in strumenti di
morte. Un'immagine orizzontale e parallela della tradizione potrebbe educarci
all'idea che essa non costituisce un viluppo verticale di "radici"
quanto un insieme relativo e alternativo di modi di vita. La tradizione infatti
è prima di tutto qualcosa che si apprende. Senza un continuo lavoro di
apprendimento qualsiasi tradizione si spegne nel tempo. Quest'anno, durante una
lezione universitaria di latino all'Università di Siena, abbiamo chiesto agli
studenti di spiegare che cosa significasse in italiano la parola
"tabernacolo". Su 43 presenti, solo 3 avevano un'idea, peraltro
abbastanza vaga, del fatto che essa indicava quella piccola edicola, contenente
l'Eucarestia, che nelle chiese cattoliche si trova normalmente al centro
dell'altare. Di questa lacuna ce ne siamo accorti per un motivo curioso. Si
trattava di tradurre in italiano la frase "Achilles cithara in tabernaculo
se exercebat" - "Achille
suonava la cetra nella sua tenda" e molti di loro avevano tradotto
"Achille suonava la cetra nel
tabernacolo". Naturalmente avevamo lanciato qualche battuta sulla
singolare condizione di Achille, costretto a suonare la cetra dentro un
tabernacolo. Solo che nessuno aveva
riso. Al tempo in cui io studiavo all'università tutti o quasi tutti avremmo riso di fronte ad Achille nel
tabernacolo. La differenza sta nel fatto che la mia generazione aveva studiato
almeno il catechismo nell'infanzia, ed
era andata a messa la domenica con i genitori. per cui sapevamo cos'era il
tabernacolo. Al contrario i ragazzi nati negli anni Settanta e Ottanta hanno
smesso di essere educati alla cultura cattolica e cristiana, per cui non ne
conoscono più gli elementi.
La tradizione è
qualcosa che deriva in primo luogo da
precise scelte di acculturazione e di apprendimento, come qualsiasi altro tipo
di conoscenza. La tradizione si studia e si apprende. Vari secoli dopo la
morte di Gesù, i vari episodi narrati nei Vangeli -la nascita, la
trasfigurazione, la cattura, la flagellazione e così via- furono fatti
corrispondere a una serie di "luoghi" specifici e visitabili. Si
venne così a creare una topografia della vita di Gesù la quale altro non era se
non una mappa di dogmi e di credenze, prodotto non di memorie locali ma di
bisogni proiettati in Palestina dalle esigenze della ormai vastissima comunità
cristiana. Si ricorda perché si vuole ricordare, e si ricorda quello che -per
vari motivi – si decide di ricordare.
Dopo l'attacco
sferrato da Tito il 29 agosto del 70 d.C., durante il quale Gerusalemme fu
conquistata dai Romani e il Tempio distrutto, la Giudea venne dichiarata
provincia imperiale. Sessant'anni dopo Adriano decise di ricostruire la città
ma nella forma di colonia romana, denominata Aelia Capitolina, e decise anche
di ricostruire il Tempio: ma stavolta in onore di quelle divinità che gli ebrei
consideravano "pagane". In seguito a questa decisione a Gerusalemme
sorse un tempio dedicato ad Afrodite (sull'area della zona oggi occupata dal
Santo Sepolcro), mentre nella spianata del distrutto Tempio ne sorse un altro
dedicato alla Triade capitolina, Giove,
Giunone e Minerva. Di conseguenza la contesa fra area del Tempio e area delle Moschee potrebbe
essere ulteriormente aggravata [da pretese pagane], ma non esiste a tutt'oggi
nessun gruppo che intenda fondare la propria la propria identità sulle
"radici" della cultura ellenistico-romana - in pratica, si
potrebbe dire che non ci sono rivendicazioni "pagane" su queste aree
di Gerusalemme, semplicemente perché i classicisti costituiscono una comunità
scientifica e accademica, non un gruppo
etnico o religioso.
Il caso limite di
Gerusalemme potrebbe costituire
addirittura il paradigma di come le tradizioni procedano
"ricostruendo" la propria memoria a seconda dei bisogni e degli
impulsi dei vari gruppi...soprattutto quando pretendono di rendere assoluto il
loro parziale angolo di mondo, contrapponendo la "verità" e la
"autenticità" della proprie radici alla falsità usurpatoria di quelle
degli altri. Dovrebbe però essere facile rendersi conto di quanto sia delicata
l'operazione di scegliere un certo modello di tradizione a dispetto di altri
possibili: [determinare] in questo modo i processi collettivi della memoria
costituisce un atto destinato a incidere direttamente sulla memoria culturale delle
generazioni future. Decidere che cosa si deve
sapere del passato significa prendere delle decisioni relativamente alla memoria
collettiva delle generazioni future. E questo costituisce un atto di
estrema gravità, che richiede una grande saggezza-non trovo una parola
migliore- da parte di chi è chiamato di prendere simili decisioni. E necessario
infatti che, per le generazioni di domani, noi scegliamo come minimo delle
tradizioni sostenibili. Tradizioni di tipo "umano", se così posso
dire, tolleranti, aperte, altrimenti rischiamo non tanto di produrre nel futuro
cittadini ignoranti - di ignoranti se ne sono prodotti tanti anche nel passato-
ma dei cittadini cattivi, cittadini che si faranno del male fra loro e faranno
del male ad altri.