Pensieri troppo veloci
«Per il
sistema 1 [la mente emotiva e intuitiva che funziona sulla base di veloci associazioni in
base a precedenti esperienze di vita] la misura del successo è la coerenza
della storia che si riesce a costruire. La quantità e la qualità dei dati sono
irrilevanti. Quando le informazioni sono scarse, cosa che accade spesso, il
sistema 1 funziona come una macchina per saltare alle conclusioni.
[…]
La combinazione di un sistema 1 in cerca di
coerenza con un sistema 2 [la mente raziocinante, che analizza i dati
disponibili, vagliandone l’attendibilità e per questo è più lenta] fa sì che il
sistema 2 avalli molte credenze intuitive che rispecchiano fedelmente le
impressioni del sistema 1.
[…]
né la
quantità né la qualità delle prove contano molto per la sicurezza di sé. La
sicurezza con cui gli individui si affidano alle loro credenze dipende perlopiù
dalla qualità della storia che essi raccontano in merito a ciò che vedono anche
se vedono pochissimo.
[…]
Il nostro sistema associativo tende a
stabilire un modello coerente di
attivazione e a reprimere il dubbio e l’ambiguità.
[…]
Sebbene i dati statistici producano molte
osservazioni che paiono richiede una spiegazione causale, esse in realtà non si
prestano a tale genere di interpretazione.
Molti eventi del mondo […] sono casuali. E le spiegazioni causali di eventi casuali sono irrimediabilmente
sbagliate.
[da
Daniel Kahneman, Pensieri lenti e veloci,
2011, edizione italiana Mondadori 2012 e 2015, anche in ebook]
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Daniel Kahneman vinse nel 2002 il premio
Nobel per aver spiegato come funziona la nostra mente per decidere nelle
condizioni di incertezza. E’ portata a
decidere velocemente sulla base di intuizioni basate su associazioni emotive di
precedenti esperienze; in questo modo però può sbagliare gravemente senza
rendersene conto e può anche essere ingannata piuttosto facilmente. Se ne parla
nel libro da cui ho tratto la citazione che precede. Dalla sua lettura ne ho
ricavato molti scrupoli di coscienza in materia di apostolato: infatti in
quell’ambito si è abituati ad utilizzare, del tutto inconsapevolmente in genere
e con le migliori intenzioni, diverse delle tecniche che servono ad ingannare,
seducendola, la mente altrui, inducendola
a veloci, quanto fallaci, conclusioni.
La nostra mente: un prodigio, si dice, e lo
è veramente. E’ un sofisticato elaboratore di dati che funziona a pastasciutta,
è stato osservato. Ma si basa su tessuti e su una fisiologia che hanno avuto
una lunga evoluzione e che ne recano
ancora traccia. La psicologia cognitiva ci avverte anche che questa base
biologica è rimasta più o meno la stessa da duecentomila anni e ci possiamo
fare poco. L’immagine della realtà che ci circonda e la nostra comprensione sui
suoi movimenti, in particolare sulle dinamiche causa-effetto, sono prodotti da
quella antica mente, con la sua
particolare fisiologia. Nei ragionamenti che facciamo cerchiamo di affrancarci
dall’emotività dei processi mentali, quelli che a volte ci fanno sbagliare
tirandoci verso conclusioni veloci ma non sempre esatte o non del tutto esatte, le
stesse, ad esempio, che però a volte ci salvano la vita facendoci intuire, da
pochi tratti del volto e da qualche movimento, le intenzioni ostili altrui. Quell’attività
raziocinante è necessaria, ad esempio, se vogliamo mandare un automa su Marte,
ma anche se vogliamo costruire e pilotare un aereo o mettere in commercio
un’automobile. Che cosa hanno di diverso questi esempi? Solo nel primo caso,
quello di uno strumento governato da un’intelligenza artificiale, il pilotaggio
si è affrancato dalla nostra mente. Sappiamo bene, è esperienza comune, quanto
l’emotività dei nostri processi mentali incide negativamente sulla conduzione
dei veicoli. E tuttavia guidare un’automobile o una moto ci sarebbe impossibile
senza i processi mentali velocissimi consentiti dalla mente emotiva, quella di
tipo 1 di cui scrive Kahneman, quella che, ad esempio, sfruttando la memoria procedurale ci fa guidare, dopo
un po’, senza che dobbiamo sempre pensare
a ciò che facciamo, reagendo d’istinto e in una frazione di secondo a
certe situazioni. Nel credere religioso questi processi mentali sono
naturalmente potentemente coinvolti: ci troviamo davanti l’ignoto e cerchiamo
di interpretarlo sulla base di ciò che abbiamo, e in genere è poco. Ci
riusciamo benissimo sfruttando le potenzialità della mente 1, costruendo una narrazione
coerente, piena di elementi emotivi e quindi verosimile. Così acquisiamo
istintivamente certezze che gli
esperti nel loro campo, ragionando, non hanno: è esperienza comune. Lo abbiamo
sperimentato in questi mesi nell’affrontare la pandemia di Covid 19, ad
esempio nello stimare i rischi di una vaccinazione. La nostra mente, per
l’interferenza dei processi intuitivi, non riesce a comparare correttamente i
rischi della vaccinazione con quelli della malattia, per cui ci sono persone
che rifiutano di vaccinarsi accettando il rischio enormemente più grave della
malattia. E si infuriano quando si cerca di esporre argomentazioni razionali in
merito. Inutile tentare di farlo. Perché ragionano sulla base del poco che
sanno, però integrato in una narrazione coerente che lo rende credibile. E’ in
fondo lo stesso quando si espongono obiezioni alle convinzioni religiose. Si crede anche se si ammette di non aver mai visto. Beati quelli che lo
fanno, si dice. Il punto è che l’esperienza dice che lo sono veramente! Come
può accadere? Per quanto riguarda la nostra fede, c’entra l’agàpe, che è
al centro del vangelo.
Nel mio apostolato cerco di utilizzare meno
che posso la mitologia religiosa e di servirmi di un linguaggio comune, senza
infarcirlo di inutili teologismi. Cerco in particolare di essere sincero su ciò
che la fede può dare a una persona. Il cristianesimo non è un teismo, anche se
la teologia spesso lo ricopre di teismo per renderlo più comprensibile alla
gente. Non condivido questa via, che tuttavia è ancora seguita anche dalla
grande teologia, ma io, per mia buona sorte, non sono un teologo e non sono
tenuto a seguire quella disciplina. Il teismo è la religione centrata sulla
convinzione di poter cambiare il mondo e la natura influendo in qualche modo,
con riti, sacrifici, atteggiamenti personali o collettivi, sulle potenze
soprannaturali che lo dominano. Noi non possiamo, in tutta onestà, promettere
questo quando evangelizziamo. Non è sicuro che una vita possa migliorare, da qualsiasi
punto di vista, se accetta di seguire la nostra fede, così come non ritengo
onesto prospettare che la fede possa risanarci nel fisico o nella psiche. Non ritengo credibile
che la natura manifesti un qualche senso soprannaturale, anche se noi, nella
fede, possiamo vedervelo. Solo con molta approssimazione la natura può essere
considerata ordinata, vedendo intuitivamente causa dove razionalmente si comprenderebbe che c’è
solo il caso, anche se certamente essa è soggetta alle leggi della fisica e della chimica. L’esperienza delle comete
sconvolse la mentalità degli europei del Seicento, perché rivelava un certo
disordine rispetto alla perfezione immaginata, e oggi sappiamo che il cosmo è ricco di immani
catastrofi, non è dunque il congegno perfetto idealizzato dagli antichi filosofi.
La vita delle specie biologiche è travagliata da continui conflitti e dalla minaccia
dell’estinzione: l’ecologia della natura così come appare all’osservazione
scientifica è spietata; l’idea di un’ecologia virtuosa dipende da idee nuove
connesse specificamente con la nostra esperienza spirituale, che è il vero
elemento nuovo nell’universo.
Di solito, quando parlo di fede, e lo faccio
spesso anche se questo mio parlare non sempre viene riconosciuto come
religioso, mi riferisco molto al vangelo, che è appunto ciò di cui penso si
debba essenzialmente parlare quando si evangelizza. C’è chi lo fa nell’esercizio
del suo ministero o con la cultura del dottore,
quindi anche tenendo conto di una
lunga e complicata tradizione culturale, e rispetto questi ministeri: la
nostra lunga storia religiosa dimostra infatti
che non se ne può fare a meno. Teniamone conto ora che ci avviamo a un processo sinodale diffuso. Non pretendiamo presuntuosamente di poterne
prescindere. Ma l’essenziale nel vangelo è la predicazione dell’agàpe, e
quest’ultima è un’esperienza profondamente umana che si può vivere e capire anche
senza essere dottori, senza far ricorso alla mitologia religiosa, senza pasticciare
con una teologia raffazzonata. Nell’agàpe c’è l’incontro, ciò che costruisce la
comunità, la quale a sua volta costituisce il nostro modello di società
virtuosa. E’ su questo che dovremmo
concentrarci incontrandoci. Di solito invece si arriva ad incontrarsi
incapsulati nelle proprie fissazioni mitologiche e allora ci si guarda in
cagnesco, diffidando, sospettando, e si preferirebbe certamente che gli altri,
che la pensano diversamente, non ci fossero o prendessero la via dell’uscita.
Non ci dobbiamo avvilire: è stato così fin dalle origini. Ecco che, dunque, Paolo
scrisse ai Galati che almeno non si ammazzassero:
Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda,
badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! [dalla lettera di Paolo ai Galati, capitolo 5, versetto 16 -
Gal 5,16 - CEI 2008]
Cerchiamo
dunque, in questo inizio di processo sinodale, di iniziare a incontrarci dello
spirito dell’agàpe evangelica,
senza cercare reciprocamente di sedurci con effetti speciali
mitologici, cercando di parlarci con onestà, cercando di costruire un’amicizia. L’amicizia franca dà indubbiamente gioia. Questo
ve lo posso promettere per averlo
sperimentato. Per questo si parla di gioia del vangelo. Non pensate che
sia già abbastanza? Vorreste avere qualche prova più stupefacente del soprannaturale (e già l’agàpe
comunque lo è perché non c’è in natura)? Bene, temo che anche questa generazione non avrà nulla di simile, come già
quella alla quale il Maestro rivolse
questo pesante monito:
Allora alcuni scribi e farisei gli dissero:
"Maestro, da te vogliamo vedere un segno". Ed egli rispose loro: "Una generazione malvagia e adultera
pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il
profeta. [dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 12, versetto 38 - Mt 12,
38 - CEI 2008]
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma,
Monte Sacro, Valli