Gruppo di Azione Cattolica
nella
Parrocchia di San Clemente papa - Roma
Lettera ai
soci - n.10 – Aprile 2021
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L’Azione Cattolica non vi lascia mai soli!
Rimanete in contatto!
Inviateci un indirizzo e-mail per scrivervi!
Informatevi sulle attività del gruppo sul blog
http://acvivearomavalli.
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Carissime e carissimi,
se la situazione sanitaria migliorerà,
riprenderemo le nostre riunioni in presenza nel mese di ottobre, probabilmente
sabato 9 ottobre, alle ore 17:00 in sala rossa. Questo sarà possibile se
saremo riusciti a superare il periodo più difficile della pandemia di Covid 19,
pur dovendo ancora mantenere qualche precauzione.
Abbiamo continuato a riunirci in
videoconferenza su Google Meet. Le riunioni sono state molto interessanti e
proseguiranno con questa modalità fino al 22 maggio.
In particolare, sabato 17 e
sabato 24 aprile proseguiremo il percorso “Da corpo a corpo” dell’Azione
Cattolica con la quinta e ultima tappa, caratterizzata dalla parola “Mangiare.”
A maggio, sabato 8 e sabato 15,
concluderemo il dialogo sull’enciclica Fratelli tutti di Papa
Francesco, confrontandoci sul settimo e sull’ottavo capitolo, rispettivamente
intitolati “Percorsi di un nuovo incontro” e “Le religioni
al servizio della fraternità nel mondo”. Infine, sabato 22 ci
incontreremo, sempre su Google Meet, per fare un bilancio di questa nuova
esperienza di lavoro associativo, realizzata mediante lo strumento telematico,
e per salutarci dandoci appuntamento per la ripresa.
Agli incontri in Meet ha
partecipato circa la metà dei soci che venivano alle riunioni in parrocchia.
Gli altri li abbiamo comunque raggiunti con la Lettera ai soci mensile.
Ma abbiamo avuto anche la partecipazione di soci che, per impegni di lavoro,
non potevano partecipare in presenza. Abbiamo tenuto un ritiro (vi alleghiamo
la trascrizione della meditazione svolta da don Emanuele) e celebrato una Via
Crucis.
Ci troviamo all’inizio del
processo sinodale della Chiesa italiana, che si concluderà nel 2025, anno del
Giubileo. Il Papa e i nostri vescovi vogliono che coinvolga anche le realtà di
base, come le parrocchie. Credo che, anche in questo ambito, potremmo pensare
di continuare a utilizzare lo strumento telematico, per approfondimenti,
letture e confronti.
Tutte e tutti ci siamo sforzati
di non farci vincere dalla pandemia, di continuare le nostre care consuetudini
di Azione Cattolica, chi riuscendo a partecipare, chi, comunque, con la
preghiera e rimanendo unito al gruppo per mezzo della Lettera ai soci e
tramite il gruppo Whatsapp creato nel corso di quest’anno.
Grazie a tutte e tutti!
Qui sotto trovate i link e i
codici di accesso delle riunioni di aprile in Google Meet. Le
riunioni iniziano alle 16:45, ma consigliamo di accedere dalle 16:40.
Un caro saluto da
Giulia
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I link e i codici di accesso per
partecipare agli incontri in Google Meet sono stati inviati ai soci con la Lettera
ai soci di aprile, inviata anche per
posta ordinarie per i soci che non ci hanno ancora comunicato un recapito
email, e via WA. Possono essere ancora
chiesti con una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
indicando il proprio nome, la
parrocchia di residenza e i temi di interesse.
Questi dati saranno cancellati dopo ogni riunione e dovranno essere nuovamente
inviati per partecipare a un incontro successivo
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Appunti
dalla meditazione svolta dall’assistente ecclesiastico don Emanuele nel corso
del ritiro che abbiamo tenuto in Google Meet sabato 13 marzo.
(appunti di Mario, per come ha
compreso le parole del sacerdote. Il testo non è stato rivisto dall’AE)
Anche se siamo lontani, cerchiamo
di vivere questo momento di preghiera in modo profondo, sentendone veramente
l’importanza
Dal salmo 42
Come la cerva anela
ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela
a te, o Dio.
L'anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?
Le lacrime sono il mio pane
giorno e notte,
mentre mi dicono sempre:
"Dov'è il tuo Dio?".
Questo io
ricordo
e l'anima mia si strugge:
avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.
Perché ti
rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
In me si rattrista l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dalla terra del Giordano e dell'Ermon,
dal monte Misar.
Un abisso chiama l'abisso
al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
Di giorno il Signore mi dona il suo amore
e di notte il suo canto è con me,
preghiera al Dio della mia vita.
Dirò a Dio: "Mia roccia!
Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?".
Mi insultano i miei avversari
quando rompono le mie ossa,
mentre mi dicono sempre:
"Dov'è il tuo Dio?".
Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Per la meditazione viene proposto un brano dal Vangelo secondo
Giovanni, dal capitolo 19, versetto 16, al capitolo 20, versetto 10 [Gv
19,16b-20,10]
19
Crocifissione di Gesù
16bEssi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si
avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove
lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall'altra, e Gesù
in mezzo. 19Pilato compose anche l'iscrizione e la fece porre
sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti
Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era
vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I
capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: «Il re
dei Giudei», ma: «Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei»». 22Rispose
Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto». 23I soldati poi,
quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti -
una per ciascun soldato - e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture,
tessuta tutta d'un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra
loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la
Scrittura, che dice:
Si sono divisi tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.
E i soldati fecero così.
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua
madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Magdala. 26Gesù allora,
vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre:
«Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua
madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.
Agonia e morte di Gesù
28Dopo
questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la
Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di
aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e
gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l'aceto, Gesù
disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. 31Era
il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla
croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero
a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero,
dunque, i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati
crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che
era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei
soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e
acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua
testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi
crediate. 36Questo, infatti, avvenne perché si compisse la
Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un
altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui
che hanno trafitto.
Sepoltura di Gesù
38Dopo questi
fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per
timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo
concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò
anche Nicodèmo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò
circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi
presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come
usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel
luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro
nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là, dunque,
poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era
vicino, posero Gesù.
20
Il sepolcro vuoto
1 Il
primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino,
quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal
sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro
discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore
dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». 3Pietro
allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano
insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse
per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non
entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed
entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario -
che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a
parte. 8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto
per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano
ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. 10I
discepoli, perciò, se ne tornarono di nuovo a casa.
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Da questo brano, capiamo sempre meglio chi è Gesù.
La crocifissione
Nel lessico dell’evangelista Giovanni, ogni termine
è essenziale, ma solenne e di portata spirituale.
Gesù ci viene presentato
come colui che sta portando a termine la promessa di Dio.
La parola che traduciamo
con presero [Gesù] significa ricevettero, per
significare che la decisione di consegnarsi fu di Gesù. Anche l’accento posto
sul portare da se stesso la Croce sottolinea che fu Gesù a decidere
quell’azione, scegliendo da se stesso. L’evangelista Giovanni non racconta né
del Cireneo né dell’episodio delle donne che, lungo il cammino verso il
Calvario, lamentavano la sorte di Gesù. Ce le presenta sotto la Croce. Al
centro della salita verso la crocifissione c’è solo Gesù.
Gesù andò verso il luogo
detto Golgota che significa altura. E’ come per salire
verso un nuovo santuario, verso quello che può essere definito il suo trono
regale.
Nella scena della
crocifissione Gesù non è solo, ci sono altre due persone e Gesù sta in mezzo a
loro.
Gesù, ne corso della sua
vita, aveva cercato di comprendere sempre meglio quale fosse la sua missione e
giunse a capire che era su quella croce che doveva dimorare, era lì che doveva
essere intronizzato. E sulla croce il suo amore si trova al centro
dell’umanità.
Anche Pilato, nel
cartiglio in latino, ebraico e greco posto sulla croce, definendo Gesù Re
dei Giudei aveva utilizzato un linguaggio regale. Attribuendo a Gesù
non solo un titolo di condanna ma anche di gloria, quasi a significare che
veramente egli era re, nonostante l’intento beffeggiatorio.
La scoperta della croce
come gloria ci deve far comprendere che nella carne di Gesù fu esposto un
Signore che scelse l’amore per i fratelli per sconfiggere l’odio. Anche
sulla croce, Gesù fu il pastore bello.
Perché, come anticipato nelle
antiche profezie, quella sofferenza e quella morte furono per la salvezza di
tutti.
L’evangelista utilizza lo
stesso verbo del greco antico che traduciamo con presero Gesù
per l’azione del prendere le sue vesti. Quelle vesti rappresentano lo stesso
corpo di Gesù, la sua parte più intima. La tunica per un ebreo di quel tempo
era tutto. La corrispondenza tra corpo e veste è data anche dal fatto che la
tunica fosse senza cuciture, quindi indivisa. Nella decisione dei soldati di
non squarciarla è stato visto un richiamo all’origine divina di Gesù: fu invece
il velo del tempio a squarciarsi, dopo la sua morte.
Anche la Chiesa, nella
sequela di Gesù, accetta di spogliarsi delle sue vesti.
Sotto la croce, nella
narrazione di Giovanni, non c’erano solo i soldati, ma anche quattro donne. Di
due ci viene detto anche il loro nome. Poi c’è Maria, madre di Gesù,
particolarmente vicina al Signore, in quell’unità a cui anche noi siamo
chiamati. Nell’affidamento di Maria al discepolo e di quest’ultimo a Maria
possiamo vedere un insegnamento ancora attuale. E’ Maria chiunque sa amare come
Maria ed è discepolo colui che riceve quell’amore materno con spirito filiale.
L’ora di Gesù arrivò fino
all’estremo, fino all’ultimo.
La morte di Gesù
Tutto è
compiuto, disse Gesù. Si è scritto molto su questo verbo,
compiere.
Sotto la croce ci sentiamo
veramente assetati di Dio come anche Gesù fu, da
crocifisso. Sete d’amore. Il Signore si accontenta anche della nostra spugna
imbevuta d’aceto. La sete rappresenta il bisogno di Dio. Sulla croce Gesù
sperimentò la propria umanità e, attraverso di essa, il portare a compimento la
volontà del Padre, donando il suo spirito.
Compiersi significò
ristabilire l’unità di tutto il Creato, a compimento di tutta la Creazione.
Morendo Gesù trasmise il
suo spirito, in quel compimento.
Quello spirito continua a
rimanere in noi e a permettere anche a noi di gridare Padre.
Ai crocefissi con Gesù
vennero spezzate le gambe, ma non a Gesù, perché era già morto, era andato
dall’altra parte ad accogliere. I soldati, quindi, lo vedono già morto. La
prima confessione, dopo la morte di Gesù, fu quella del centurione che
comandava quel drappello.
Gli trafissero il
costato: nell’acqua e sangue usciti dal costato di Gesù, dopo che fu trafitto,
vengono visti i sacramenti. L’acqua è vita che sgorga. Gesù è colui che già
sotto la croce dona lo spirito: fu la prima Pentecoste.
Anche noi, come i soldati,
dobbiamo volgere lo sguardo verso colui che fu trafitto, per comprendere
l’importanza del nostro essere cristiani.
La sepoltura
Nelle
crocifissione le azioni sono centrate sul prendere, nella
narrazione della sepoltura, invece, nel posare. Fu la fase in
cui si iniziò a comprendere il senso di quel compiersi.
L’unzione del corpo di
Gesù, nella sepoltura, ci rimanda all’unzione di Betania e all’episodio di
Lazzaro, con l’importanza che vi ebbe la sepoltura. La sepoltura di Gesù
richiama la nostra attesa, l’attesa della resurrezione.
Il corpo che viene
sepolto è quello del protagonista di tutto il vangelo. Dobbiamo anche noi
sentire il peso di quel corpo, con la sua ferita dal quale sgorgò sangue e
acqua. Una ferita che è stata capace di farci rinascere.
L’unzione del corpo di Gesù
richiama anche il profumo degli olii che usiamo nei sacramenti, in particolare
nel Battesimo.
Il racconto della
preparazione del corpo di Gesù per la sepoltura deve spingere anche noi a
prepararci per la Pasqua nella quale cerchiamo di comprendere il senso del
messaggio cristiano.
Dobbiamo cercare l’unione
con il Signore per comprendere noi stessi e per stare con gli altri capendo ciò
di cui hanno bisogno, senza parole giudicanti.
Nella nostra conversione
dobbiamo tendere al mattino pasquale. Il Signore è gioia e lo sperimentiamo
nella Pasqua.
Dobbiamo riscoprire la presenza
del Signore nella nostra vita.
La pietra del sepolcro
rotolata ci deve far ricordare che anche noi possiamo scoprire
aperto quel sepolcro e incontrare nuovamente Gesù.
La resurrezione
Non
possiamo dirci cristiani se non crediamo in quel sepolcro vuoto.
Nel racconto della
resurrezione, torniamo a quella Chiesa che nacque dalla croce e dal
sepolcro vuoto del Signore. Dunque ci riscopriamo Chiesa.
Gesù non fu più trovato
nel sepolcro e la pietra che lo chiudeva era stata rotolata.
Pensare che avessero
rubato il corpo del crocifisso fu umano. Dobbiamo riscoprire quell’amore che
vinse la morte. Con Simon Pietro e l’altro discepolo è
tutta la Chiesa che corre al sepolcro vuoto. Pietro, il primo tra i discepoli,
era stato colui che aveva anche rinnegato Gesù e che aveva anche sperimentato
la fedeltà del Signore. L’altro, amato dal Signore, arriva per primo: mostra di
aver capito l’importanza del Signore. Anche noi dobbiamo riscoprirci uniti
dalla fede nel Signore, nel suo amore.
Credere non è solo vedere,
è un atto che ci coinvolge prima di tutto nel cuore. Coinvolse quei discepoli,
ma coinvolge anche noi. Per capire la bellezza di un uomo che muore per noi e
risorgere dai morti, per vincere la morte. adempiendo le antiche profezie, come
quella di Zaccaria.
L’esperienza pasquale deve
coglierci in cammino, per ripartire nella nostra vita di cristiani, così come i
discepoli quando videro e credettero: ritornarono alla loro vita arricchiti,
per ritrovarsi insieme nel nome del Signore, liberi dalle precedenti paure.