Azione
Cattolica
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Ho un popolo numeroso
in questa città
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1. Un’Azione Cattolica che abita la storia con
gli occhi della fede
1.1. L'Azione Cattolica desidera mettersi in
cammino, in questo nuovo triennio, per «continuare ad essere», come ci ha detto
Papa Francesco, «un popolo di discepoli-missionari che vivono e testimoniano la
gioia di sapere che il Signore ci ama di un amore infinito, e che insieme a Lui
amano profondamente la storia in cui abitiamo» [Papa Francesco, Discorso
all'Azione Cattolica Italiana, Piazza San Pietro, 30 Aprile 2017]. Abitare la storia in maniera significativa fa
parte integrante del nostro vivere la fede, personalmente e comunitariamente;
per questo vogliamo contribuire alla vita del presente, in cui siamo radicati,
per dare forma al mondo di domani.
1.2. Desideriamo interrogarci
su come servire meglio la nostra Chiesa e il nostro Paese, anche come laici
associati, posando sul nostro tempo uno sguardo contemplativo, che ci aiuti a
scorgere in esso l'opera del Signore e il modo in cui Egli è presente nella
storia, forti della Sua promessa: «Non aver paura; continua a parlare e non
tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa
città io ho un popolo numeroso» (At, 18, 10).
1.3. Gli Atti degli Apostoli
narrano che Paolo, da evangelizzatore infaticabile qual è, dopo il soggiorno ad
Atene, ove tenta la paziente via dell’inculturazione senza troppi risultati
nell’immediato, porta avanti la corsa del Vangelo a Corinto, capitale della
provincia romana dell’Acaia, una città commerciale e cosmopolita. Da Atene
giunge a Corinto “nella debolezza e con molto timore e trepidazione”, basando
la sua predicazione “non su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla
manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1Cor 2,3-4).
1.4. La città di Corinto, con
due porti, pullula di persone di culture e religioni diverse, che soffrono lo
sradicamento e la disparità sociale. Paolo si stabilisce nella casa di Aquila e
Priscilla che, arrivati a Corinto da Roma “in seguito all’ordine di Claudio di
allontanare i giudei”, condividono con lui non solo la condizione di
forestiero, ma anche l’attività professionale, cioè la costruzione di tende. Da
quel momento la loro casa si impregna della luce del Vangelo, diventa una “casa
della Chiesa”, una domus Ecclesiae, un luogo di condivisione della Parola e del
Pane. (cf. 1Cor 16,19).
1.5. È significativo che la presenza
della Chiesa a Corinto parta dalla “casa”, in un ambiente domestico, familiare,
laico. L’apostolo mette da parte la sua sapienza, di cui aveva dato prova ad
Atene, per tornare al nucleo della predicazione, che non gli risparmierà un
rapporto tormentato coi cristiani di Corinto: “battaglie all’esterno, timori
all’interno” (cf. 2Cor 11).
1.6. Il contatto con il mondo
del lavoro manuale, spazio privilegiato di testimonianza cristiana, e la
frequentazione della sinagoga, fanno maturare in Paolo l’esigenza di
“persuadere Giudei e Greci” (cf. At 18,4). All’arrivo di Sila e Timoteo, Paolo
si dedica tutto al servizio della Parola. L’opposizione e le insidie dei giudei
lo costringono a scuotersi le vesti e ad orientarsi verso i pagani, compiendo
una vera e propria conversione missionaria: “D’ora in poi me ne andrò dai
pagani” (At 18,6). Paolo non esiterà a predicare in casa di uno di loro, Tizio
Giusto, che abitava “accanto alla sinagoga”. L’adesione alla fede di
quest’uomo, “che lodava Dio”, coinvolge tutta la sua famiglia, “come una fiamma
si accende da un’altra fiamma”.
1.7. Colpisce come Paolo
riesca, nonostante le fatiche e i fallimenti, a ripensare di continuo il senso
della sua missione e a riconoscere i frutti della sua predicazione grazie ad
una comunità che lo accoglie e lo accompagna, spingendolo al confronto senza
lasciarlo solo. È così che tra l’apostolo delle genti e chi lo ospita si crea
un circolo virtuoso: pastore e comunità camminano solo e sempre insieme, nel
superamento reciproco di ogni mentalità clericale. Ed è proprio in questo suggestivo
contesto di reciproca maturazione che il Signore, in una visione notturna, dice
a Paolo: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con
te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo
numeroso” (At 18,9-10).
1.8. Paolo elabora a Corinto
una “teologia del popolo”; in un primo momento a lui doveva sembrare di avere
solo una piccola comunità a cui rivolgersi, composta essenzialmente dei suoi
correligionari ebrei di provenienza giudaica. È interessante notare come sia il
Signore a rivelare a Paolo di “avere un popolo numeroso” che attende l’annuncio
del Vangelo. Il Signore, infatti, ci precede sempre, non attende che siamo noi
a seminare: egli ha già sparso il seme della Parola nel cuore di ogni uomo, ha
già redento il mondo prima ancora della nostra azione. A noi lascia il compito
di scoprire i “semi del Verbo” ovunque; a noi affida la missione educativa di
irrigare con cura il buon seme, senza correre il rischio di estirparlo insieme
con la zizzania. Tutto questo, Paolo lo scopre a Corinto, dove impara “ad
annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana
la croce di Cristo” (1Cor 1,17).
1.9. Dai documenti di papa
Francesco, e in special modo nell’enciclica “Fratelli tutti” troviamo una forte
consonanza e connaturalità con la “teologia del popolo” di san Paolo, che viene
ripresa ed elaborata in termini pastorali. Questo “popolo numeroso” che Dio
conosce prima ancora che noi possiamo scorgerlo è formato anche dai tanti
uomini e donne che abitano il nostro “villaggio globale” pur non essendo
consapevolmente parte del “gregge” della Chiesa: ad essi Dio si rivolge per
mezzo del suo Spirito non meno che ai cristiani, ai quali è richiesta
un’esigente e coerente testimonianza di accoglienza del Dio fatto uomo e del suo
Vangelo. “Tornare a Corinto”, per la Chiesa e per la nostra Associazione,
significa mettersi alla scuola di Paolo, il quale non guarda il mondo pagano
con ostilità ma con gli occhi della fede: sceglie lo sguardo che lo spinge ad
aprire un varco tra il Vangelo e la sete di verità che inquieta il cuore umano;
sceglie di farsi “pontefice, costruttore di ponti”, realizzando uno
straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede. Paolo non è
stanziale, ha il carisma dell’evangelizzatore più che del pastore: dopo aver
impiantato la comunità cristiana la lascia ma non l’abbandona, affidandola “a
Dio e alla Parola della sua grazia” (At 20,32).
1.10. Anche a noi il Signore
chiede di uscire dal nostro recinto, di guardare con fiducia fuori dai nostri
ambienti, di intuire e cercare vie nuove per vivere ed esprimere la fede nel
nostro tempo. Confrontarsi con la secolarizzazione in modo non superficiale o
fatalisticamente scoraggiato racchiude in sé occasioni inedite e opportunità
esaltanti. La corsa del Vangelo nel mondo ha come protagonista lo Spirito
santo. È il suo “soffio vitale” che sostiene la Chiesa in ogni tempo e in ogni
luogo, dando alla fede il respiro della libertà e della responsabilità
associativa, ecclesiale, sociale.
2. Il discernimento, stile per
abitare la storia
2.1. Questo documento
rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza. Raccoglie l’esito della
rilettura e della verifica che la XVII Assemblea nazionale dell’Azione
Cattolica Italiana ha condotto sul triennio che è trascorso – divenuto
quadriennio a causa della pandemia – ed esprime le riflessioni e le indicazioni
che essa consegna al Consiglio nazionale appena eletto e a tutti i consigli
diocesani insieme alle presidenze diocesane e ai consigli parrocchiali, perché
possano essere tradotte in orientamenti e scelte concrete per la vita
dell’Associazione nel triennio che si apre.
2.2. Naturalmente le idee che
vengono qui sviluppate erano già state in parte elaborate prima dell’emergenza
sanitaria, ma sono state riprese e ripensate alla luce di questo tempo
particolare che ci ha coinvolto tutti. Non possiamo non tener conto di quanto
stiamo vivendo: l’emergenza sanitaria, il periodo del lockdown, il dolore per
le tante persone decedute, la perdita di molte nostre sicurezze, i processi di
riorganizzazione degli spazi e dei tempi di vita, lavoro, socialità,
l’incertezza del futuro. Tutto questo ci ha insegnato che ogni tempo è il
nostro tempo, ma nessun tempo è nostro, perché non ci appartiene, non ne
possiamo disporre. Ogni tempo è un tempo inedito, imprevisto: siamo chiamati a
vivere in esso non nonostante tutto, ma nel tutto che esso ci offre, con il
desiderio forte di metterci in ascolto della realtà, di guardare a essa con uno
sguardo non ingenuo, eppure tenacemente fiducioso nei confronti della vita,
degli altri, della storia che Dio accompagna con la sua presenza.
2.3. Questo tempo, dunque, ci
incoraggia ad interrogarci di fronte alla realtà che ci circonda, e fare ancor
di più del discernimento l’unico stile con cui continuare a scrivere la storia
dell’AC, della Chiesa e del nostro Paese. L’Azione Cattolica è lì dove sono
tutti. E lì viviamo per incontrare le persone e lasciarci interpellare dalla
realtà, consapevoli che la storia è abitata da Dio. Ci impegniamo per
riconoscere la bellezza e la complessità della realtà, senza tentare di semplificarla
riducendola a schemi e stereotipi. Ci impegniamo a conoscere e ad approfondire
il tempo in cui siamo immersi, senza ridurre la nostra analisi a un trattato
sociologico.
2.4. Soprattutto, ci
impegniamo affinché l’esercizio del discernimento comunitario, lettura
condivisa della realtà alla luce della Parola, non ci trattenga in un’eterna
analisi, ma ci guidi a operare per il bene, pensato e costruito insieme, in un
cammino sinodale di corresponsabilità. Proprio come leggiamo nella versione
aggiornata del Progetto formativo: «nella nostra associazione siamo chiamati a
vivere il discernimento comunitario, con una predisposizione all’ascolto e al
dialogo con tutti, guidati dalla preghiera, per contribuire a crescere in
luoghi che formano e che accompagnano nelle scelte di vita. L’esperienza
associativa è il luogo privilegiato in cui ci educhiamo a vivere il
discernimento come stile personale e quotidiano. [...] Si tratta di meditare
nella preghiera la Parola di Dio, di scrutare i segni dei tempi con la lampada
della fede, di valutare ciò che accade in un confronto fiducioso, di
individuare i desideri dello Spirito che guida la Chiesa, di arrivare a delle
decisioni e a dei progetti condivisi» [ da: Perché sia formato Cristo in
voi. Progetto formativo dell’Azione Cattolica Italiana, Editrice AVE, Roma
2 2020, p. 53.]
2.5. Il grembo da cui può
nascere un autentico discernimento è quello della preghiera, personale e
comunitaria, a cui ancorare ogni nostra riflessione e decisione. Di fronte alla
realtà, siamo chiamati a fare memoria di quello che abbiamo vissuto, a guardare
con serietà e attenzione a quanto sta succedendo, a progettare con creatività
il percorso che ci si apre davanti. Ci chiediamo di cosa davvero hanno bisogno,
oggi, la nostra società, la Chiesa, il mondo, e come l’AC può rispondere a
questi bisogni, ascoltando e accogliendo le necessità di ciascuno, senza «dare
risposte a domande che nessuno si fa» [Papa Francesco, Discorso al Forum Internazionale
di Azione Cattolica, 27 aprile 2017].
2.6. Siamo chiamati a metterci
sempre nuovamente con docilità in ascolto della voce dello Spirito che parla
nella storia e nell’intimo di ciascuna persona. È questo il compito che nel
prossimo triennio sarà affidato, innanzitutto, al Consiglio e alla Presidenza
nazionale, a tutti i consigli e alle presidenze diocesane, ai consigli
parrocchiali: li riconosciamo come luoghi decisivi della vita associativa,
perché luoghi del discernimento comunitario.
2.7. Ci impegniamo quindi
affinché questi luoghi non siano ridotti a spazi dedicati all’adempimento di
compiti burocratici o in cui ci preoccupiamo di dover “fare qualcosa”; ci
impegniamo ad abitarli affinché diventino cuore pulsante di un sano
discernimento comunitario. Riteniamo importante, in modo particolare, che i
presidenti e i consigli parrocchiali si sentano accompagnati e incoraggiati da
tutta l’associazione nel loro esercizio di lettura della realtà in cui sono
radicati.
2.8. Accanto a questi “luoghi
associativi” riconosciamo che ci sono tanti altri luoghi della vita ecclesiale
che corrono il rischio di essere svuotati di significato, se non sono vissuti
con generosità e cura: sono i consigli pastorali diocesani, le consulte per le
aggregazioni laicali, gli organismi di pastorale giovanile, la Caritas, gli
altri organismi diocesani e nazionali di condivisione e lavoro comune, comprese
tutte quelle alleanze in cui l’associazione è impegnata. Ci impegniamo affinché
ognuno di questi luoghi, e tutti i luoghi della vita in cui siamo chiamati,
diventino occasione di sinodalità e discernimento comunitario.
2.9. È questo il modo con cui
potremo vivere noi per primi ed aiutare tutta la Chiesa ad affrontare le
trasformazioni imposte dal tempo di grande difficoltà e cambiamento che stiamo
percorrendo, come un’occasione di crescita, di superamento del «comodo criterio
pastorale del “si è fatto sempre così” , e non di rimpianto o rassegnazione [Francesco,
Evangelii Gaudium 33]. Cercheremo di farlo portando un contributo di creatività
e audacia, “non nel generico ottimismo dell’“andrà tutto bene”, ma nell’impegno
e nella responsabilità di chi sceglie di porre concreti segni di speranza:
nella custodia dei legami (fraterni, ecclesiali, associativi), nell’attenzione
a chi è restato o rischia di rimanere ai margini, nella cura della vita
interiore”[ Presidenza nazionale AC, A vele spiegate, pag. 1].
2.10. È importante anche che
la nostra associazione sappia sempre più abitare e valorizzare gli spazi e le
occasioni del confronto e della formazione civile (a partire dalla scuola), del
dialogo tra le culture, dell’incontro e del dibattito pubblico per favorire in
questi ambiti una ricerca condivisa del bene di tutti, mettendo a servizio
quello stile di discernimento maturato nei nostri percorsi associativi.
2.11. Discernere
Serve per scegliere, scegliere serve per
guardare avanti: così potremo pensare il futuro con coraggio e creatività,
anche in un contesto di incertezza. Con il desiderio di rilanciare
l’associazione e la corresponsabilità laicale che essa ci permette di
sperimentare, attraverso il servizio ecclesiale, l’impegno educativo, la
passione politica, la cura della nostra vita e di quella di tutti, rispetto ai
quali ci sappiamo e desideriamo farci fratelli. Dalla tradizione della Chiesa e
dall’esperienza associativa possiamo individuare alcuni atteggiamenti che, se
vissuti nell’affidamento a Dio e nella fiducia reciproca, favoriscono il
discernimento comunitario.
2.12. Per questo, ci
impegniamo a promuoverli: facciamo nostri i tre verbi con cui viene descritto
il processo del discernimento in Evangelii gaudium, riconoscere,
interpretare, scegliere [EG 51] . Con queste coordinate, ancor di più in questo
tempo straordinario, ci interroghiamo e ci impegniamo affinché il discernimento
comunitario diventi lo stile delle nostre comunità, delle nostre diocesi e di
tutte le nostre associazioni territoriali.
2.13.Riconoscere.
Siamo chiamati a rintracciare
i "segni dei tempi" e a cogliere le mozioni dello Spirito. È un
esercizio che domanda ascolto e quindi capacità di fare silenzio dentro noi
stessi per fare spazio alla voce di Dio, ma anche l’attitudine ad accogliere e
meditare quanto condiviso con altri. È necessario che l’esperienza associativa
ci educhi ad avere occhi aperti sui sentimenti del cuore, sul valore della vita
ecclesiale ed associativa, sul significato degli eventi culturali e sociali di
cui siamo parte.
2.14. Interpretare.
Per
comprendere il senso dei “segni dei tempi” occorre crescere insieme
nell'abilità di scrutare nella fede, valutando ciò che accade a partire
dall’insegnamento del Vangelo, vagliando i frutti del Regno, separandoli da ciò
che non appartiene a esso. Si tratta di cogliere il significato della storia,
la verità che umanizza e salva, scorgere e coltivare il bene che Dio dissemina
in ogni frammento di vita. Partecipare alla vita dell’associazione e alla vita civile
deve essere per ciascuno un’occasione per maturare nella fedeltà alla Parola,
capace di illuminare il tempo in cui viviamo, e nella disponibilità ad
interrogare le nostre convinzioni, a superare i nostri pregiudizi e interessi,
a sintonizzarci con la volontà dello Spirito.
2.15. Scegliere.
L'esercizio del discernere sarebbe monco se non approdasse alla decisione, a
una fase progettuale e operativa. Saper giungere a delle determinazioni
richiede prudenza, ovvero la capacità di decidere adeguatamente per il bene
delle persone, delle famiglie e delle comunità di cui siamo a servizio nella
consapevolezza che nessuna decisione potrà essere giusta in assoluto, ma un
approssimarsi al bene praticabile qui e ora. E nella convinzione che ogni
scelta attende di essere verificata e ripensata alla luce della realtà, che è
«più importante dell’idea» perché la scelta non diventi «tabella di marcia» a
cui dare più valore della marcia stessa.
2.16. Questo tempo ci insegna
anche che, pur nella difficoltà, tutto è nutrito di bene. Questa certezza di
fede ci spinge a ripeterci ancora una volta, con convinzione, ciò che Papa
Francesco ha sottolineato nei giorni del lockdown: «peggio di questa crisi c’è
solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» [ Papa Francesco,
Omelia nella solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020]. Vogliamo abitare questa
stagione della storia dell’umanità facendo scelte coraggiose e innovative, per
avviare processi di cambiamento di lungo respiro nella società e nella comunità
ecclesiale. Questo tempo non ci deve spingere a perseguire «una pastorale di semplice
conservazione» , in cui rifugiarci per sentirci al sicuro, e nemmeno dobbiamo
lasciarci tentare dall’idea di poter tornare semplicemente a fare quello che
facevamo prima, come lo facevamo prima.
2.17. Vogliamo fare di questo
tempo un’occasione di autentica «conversione missionaria» . Lo vogliamo fare
sulla scorta dell’insegnamento che ci viene dal Samaritano del Vangelo,
riconoscendo che «siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più
fragili e deboli delle nostre società sviluppate», ma decidendo ugualmente di
donare a tutti, innanzitutto, «una cosa su cui in questo mondo frettoloso
lesiniamo tanto» il nostro tempo, la nostra disponibilità a cambiare programmi,
a cambiare strada.
3. Scelte che guardano al
futuro
3.1. In questi ultimi anni, in
ascolto e adesione al magistero di Papa Francesco, tutta l’associazione ha
camminato con la consapevolezza che l’Evangelii Gaudium è la via maestra per
l’evangelizzazione nel mondo contemporaneo: la gioia del Vangelo va offerta a
tutti, senza escludere nessuno e, per questo, è necessario “passare da una
pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria” .
In quest’ottica abbiamo individuato nell’essere discepoli missionari il fulcro
della vita associativa e il perno della nostra azione formativa perché “la
missione non è un compito tra i tanti nell’Azione Cattolica, è il compito” [Papa
Francesco, Discorso al Forum Internazionale di Azione Cattolica, 27 aprile 2017].
3.2. La pandemia che stiamo
attraversando non ci distoglie da questo cammino missionario, anzi: “Il dolore,
l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia
ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le
nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso
della nostra esistenza” . La pandemia ha
reso evidenti limiti e fragilità del nostro vivere, ma ci ha reso coscienti
anche della bellezza e della necessità di nuovi legami di fraternità e di
comunità, di un rinnovato impegno associativo, di un nuovo sguardo verso la
realtà e di una prossimità concreta verso chi fa più fatica, chi è escluso, chi
rischia di rimanere ai margini.
3.3. L’orizzonte mostrato da
“Fratelli tutti” ci dona il respiro universale che la comunità ecclesiale e
l’associazione possono offrire per rilanciare un umanesimo fraterno per i
singoli e per i popoli. Con quest'ottica rigenerativa, che deriva da uno stare
dentro la storia con sguardo contemplativo e uno stare accanto agli altri con
spirito di servizio, possiamo insieme riprendere e riaffermare alcune scelte
dello Statuto e della vita associativa di questi ultimi anni. Scelte da
accogliere nella loro carica profetica, scelte da interpretare e vivere
nell’attuale momento storico, scelte da tradurre in orientamenti e percorsi
associativi, con uno sguardo al futuro per l’AC che vogliamo costruire insieme
e proporre a tutti come testimonianza di vita, esperienza di Chiesa, volto di
un’umanità fraterna. In questa prospettiva, le associazioni parrocchiali e
diocesane troveranno sicuro giovamento nel riprendere in mano lo Statuto dal
quale germogliano queste scelte.
3.4. La scelta religiosa In
seguito al Concilio Vaticano II la vita associativa ha trovato ispirazione,
fondamento e guida nella scelta religiosa. La scelta religiosa può essere
descritta come “la capacità di aiutare i cristiani a vivere la loro vita di
fede in una concreta situazione storica, ad essere “anima del mondo”, cioè
fermento, seme positivo per la salvezza ultima, ma anche servizio di carità non
solo nei rapporti personali, ma nella costruzione di una città comune in cui ci
siano meno poveri, meno oppressi, meno gente che ha fame» [V. Bachelet, Azione
Cattolica e impegno politico, 1973]. La scelta religiosa orienta, 16
pertanto, tutta la vita associativa alla ricerca e alla testimonianza del
Vangelo nel mondo e all’edificazione di una comunità ecclesiale vivace, dove
sia percepibile la presenza del Risorto.
3.5. La scelta religiosa
raffigura, dunque, la nostra comune passione per il Vangelo e il dinamismo di
una fede incarnata, nell’ordinario della vita quotidiana, nelle profondità
delle vicende della storia e nella coscienza degli uomini del nostro tempo per
scorgervi e valorizzare i segni dello Spirito e i semi del Vangelo. Riscoprire,
ridire e riconfermare oggi la scelta religiosa come scelta fondamentale per la
vita associativa sarà responsabilità comune di tutta l’associazione, come
responsabilità comune sarà declinarla in cammini e attività associative all’altezza
delle necessità dei nostri tempi. La scelta religiosa, sorgente e via di
annuncio, di evangelizzazione e di fraternità, nel corso degli anni ha
suscitato, accompagnato e coltivato ulteriori scelte associative, che
ripercorriamo sinteticamente, perché possano essere generatrici di rinnovata
vita associativa.
3.6. La vita al centro
L’universale vocazione alla santità, per i laici di AC, si ricerca e si
realizza nella normalità delle condizioni di vita e nelle situazioni storiche
in cui le persone, le famiglie e le comunità si trovano a vivere. Pertanto l’AC
vuole mettere la vita laicale al centro della sua attenzione e della sua
dedizione perché “sentiamo l’esigenza di proporre il valore di una vita
cristiana incarnata, legata a tutte quelle esperienze che costituiscono il
tessuto naturale di un cammino cristiano: la famiglia, il lavoro, le relazioni
interpersonali e sociali” [Progetto Formativo pag. 14]. La vita laicale è, dunque,
vocazione vera, fondata sul Battesimo, per essere nel mondo alla sequela del
Signore e, in quanto tale, deve essere sempre posta al centro della nostra
attenzione associativa.
3.7. La vocazione laicale,
edificata dalla Parola e vissuta nel quotidiano secondo lo Spirito, includendo
in sé lo slancio per essere discepoli-missionari credibili e appassionati, ci
abilita a vivere la fede con la gente lì dove la incontriamo, facendo
dell’accoglienza, del dialogo e del servizio lo stile proprio e peculiare con
cui farsi prossimi. Compito dell’associazione è sostenere ed accompagnare la
vita degli aderenti, delle famiglie e delle comunità affinché il compito di
vivere pienamente la propria vocazione possa esprimersi al meglio
3.8. Più ampiamente, è tutta
la comunità ecclesiale che è chiamata a prestare ascolto, accoglienza e
accompagnamento alle domande e alle necessità che le persone portano dentro di
sé per essere fedeli al Vangelo nelle situazioni della vita; in tale
prospettiva, è compito dell’AC, con la sua costante attenzione alla cura della
formazione, sensibilizzare e sostenere la comunità ecclesiale ad adoperarsi
perché sia sempre più accogliente verso tutti e capace di nutrire la vita
credente di ognuno.
3.9. La corresponsabilità
Negli ultimi anni, l’associazione ha proposto con determinazione a sé stessa,
alle comunità ecclesiali e al territorio di vivere con gioia la dimensione
della corresponsabilità. A fronte di processi di disgregazione sociale e della
riproposizione di visioni individualistiche della convivenza, la
corresponsabilità appare come una prospettiva carica sia di visione per il
futuro, sia di concretezza per l’agire quotidiano. Come associazione abbiamo
compreso che la corresponsabilità esprime quell’originario farsi carico e
prendersi cura reciproco che è costitutivo di ogni persona e di ogni legame
fraterno e si articola in pensieri e gesti di fraternità e di responsabilità
nella vita personale, famigliare, sociale ed ecclesiale. Essa, inoltre, prende
forma e fruttifica nell’educazione al farsi prossimo a tutti e nel generare
processi di apertura, incontro, condivisione e solidarietà .
3.10. La nostra stessa vita
associativa scaturisce e cresce nella corresponsabilità che è, insieme, sua
radice e suo frutto maturo. Il convocarsi, il ritrovarsi, il crescere insieme,
il confronto comune, il discernimento associativo, il farsi carico gli uni
degli altri, il mettersi a servizio della comunità sono tutti dinamismi che
raccontano la corresponsabilità. Essa si esprime e si realizza, altresì, nel
perseguire un dialogo continuo con i vari soggetti presenti nella comunità
ecclesiale e nella ricerca di alleanze per il bene comune nella società civile.
3.11. Vivendo pienamente la
corresponsabilità, l’associazione intende partecipare all’azione
evangelizzatrice della Chiesa con la specificità della propria vocazione
laicale, portando nella comunità la nostra testimonianza e il nostro servizio,
le nostre competenze i nostri talenti: la ricchezza che ci proviene
dall’incontro con il Signore sulle strade del mondo e la dedizione alla
crescita nella comunione e nella missione. La corresponsabilità, in modo
particolare, è vissuta anche nell’assunzione di incarichi di responsabilità
associativa e nel dedicarsi per una vita associativa di qualità, sapendo
riconoscere che tutto ciò concorre ad un’opera comune più grande:
l’edificazione della Chiesa nella quale ci impegniamo, perché essa possa
parlare con sempre maggiore efficacia alle persone di questo tempo ed essere
casa accogliente per tutti.
3.12. Nella Chiesa locale, con
stile sinodale In quanto laici associati, la corresponsabilità trova
concretezza d’impegno e misura di ecclesialità nella diocesanità, tramite la
piena partecipazione alla vita della Chiesa locale, il dialogo con il suo
Vescovo e l’attitudine ad uno stile sinodale. La partecipazione attiva alla
vita della Chiesa locale scaturisce da un ascolto e confronto reciproco tra
tutte le componenti la comunità e dal sapersi educare a vivere il discernimento
comunitario come abitudine basilare per la missione della Chiesa nel mondo. In
questo suo essere presente dentro la vita della Chiesa locale, l’AC presenta,
come suo tratto distintivo, l’ascolto e il dialogo con il proprio Vescovo;
compito dei responsabili associativi è favorire ed alimentare quest’incontro, unitamente
al dialogo da condurre con i sacerdoti nelle parrocchie e/o negli ambiti
interparrocchiali.
3.13. Dove le diocesi hanno in corso processi
di riorganizzazione degli ambiti parrocchiali e territoriali, l’AC vi partecipa
con la sua sensibilità ecclesiale e il suo sentire con il popolo, per far sì
che i processi riorganizzativi vengano vissuti come momenti di sinodalità
diffusa e gli aspetti organizzativi siano guidati dalla necessaria conversione
pastorale e missionaria richiesta dal momento storico. Lo stile sinodale del
camminare “è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di
interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per
seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito.
Respiro e passo sinodale rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che
anima le nostre decisioni. Solo in questo orizzonte possiamo rinnovare davvero
la nostra pastorale e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi;
solo così possiamo affrontare la complessità di questo tempo, riconoscenti per
il percorso compiuto e decisi a continuarlo con parresia” [Saluto di Papa
Francesco all’apertura dei lavori 70° Assemblea C.E.I., Roma, 22 maggio 2017].
3.14. La sinodalità è dunque lo stile che,
all’interno del cammino che il Papa ha chiesto alla Chiesa italiana, vogliamo
contribuire a far crescere nella comunità ecclesiale per essere Chiesa
missionaria ed è lo stile che vogliamo far nostro nel porci a servizio della
Chiesa locale. Lo stile sinodale, espressione di Chiesa in missione, che
costruisce fraternità nel mondo, domanda una paziente formazione al
discernimento comunitario e un sapiente saper camminare insieme; in questa
prospettiva l’AC si mette al servizio della sinodalità nel “prestare attenzione
all'istinto della fede (sensus fidei) di cui tutti i battezzati sono forniti,
raccogliendo sapientemente ciò che lo Spirito va sussurrando alla sua chiesa,
incoraggiando la partecipazione corale
ai processi di rinnovamento e promuovendo le competenze dei laici” [.Progetto
Formativo pag. 62]
3.15. In associazione, lo stile sinodale è
anche proposto e vissuto, in modo peculiare, nella scelta unitaria e nel
dialogo intergenerazionale tra adulti, giovani e ragazzi; vivendo compiutamente
la scelta unitaria e il dialogo intergenerazionale, la vita associativa si può
presentare come esempio ed esercizio di sinodalità, contribuendo così alla sua
diffusione e al suo rafforzamento all’interno della comunità.
3.16. La popolarità La
popolarità ha le sue radici nell’essere Popolo di Dio in cammino e nello stare
al mondo come “viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti,
ascoltare tutti, abbracciare tutti” . La popolarità è una caratteristica essenziale
di un’associazione aperta a tutti, attenta alle condizioni, agli ambienti e alle età
della vita, capace di parlare linguaggi semplici che sappiano interpretare le
domande profonde di ogni persona. Sappiamo che per “popolarizzare di più
l’Azione Cattolica” non serve scegliere il popolo come si sposa un’idea, ma
occorre riscoprire che ciascuno di noi
può affrontare l’avventura della vita solo se si riscopre inserito in una trama
di relazioni, di nomi e di volti che danno senso e gusto alla propria
esistenza. Come ricorda Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et
Exsultate: “nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae
tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si
stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica
popolare, nella dinamica di un popolo.”
3.17. Scegliendo l’Azione
Cattolica non possiamo interessarci solo di chi già conosce l’associazione,
solo di chi è già convinto, perché l’Amore di Dio non opera questo tipo di
distinzioni: vicini e lontani, dentro e fuori, sono categorie che ci è chiesto
di superare in virtù della fede che ci fa scorgere in ogni uomo e ogni donna la
presenza del Signore, in quanto membra di un popolo da tenere unito, da
accompagnare, da amare e di cui essere riconoscenti. Per questo rinnoviamo
l’impegno a essere un’AC popolare in quanto associazione di persone che
conoscono a memoria ogni scorcio della città in cui vivono, che custodiscono
tradizioni, sogni e fatiche di chi hanno incrociato, che sono grati per la
comunità che già abitano, ma non si stancano di proporre a tutti
l’associazione, perché crescere di numero significa moltiplicare un dono grande
per la vita di molti.
3.18. Vogliamo “popolarizzare l’Azione
Cattolica” aprendo le porte delle parrocchie per accompagnare tutti a entrare
e, senza richiedere esami di accesso, incoraggiare ognuno a intraprendere con
noi la scelta del servizio, della formazione e dell’impegno associativo. Allo
stesso tempo vogliamo “popolarizzare l’Azione Cattolica” incoraggiando tutti
noi a vivere in ogni ambiente di vita (in famiglia, a lavoro, a scuola, nella
parrocchia, nell’impegno sociale e politico …) il gusto della quotidianità, la
nostra missione di popolo e la nostra responsabilità laicale.
3.19. Essere AC, promuovere
l’AC Il valore del nostro essere associazione si fonda e si evidenzia
nell’accrescere legami di fraternità, nel curare le relazioni e nel promuovere
reti ed alleanze per il bene comune. Nella formazione di persone e gruppi
dediti al servizio nella comunità, la vita associativa consegna e coltiva il
seme buono della fraternità nella comunità ecclesiale e nella comunità civile.
Anche in questi tempi di pandemia è emersa, in modo ancora più evidente, l’importanza
e il valore autentico della vita associativa come amicizia e sostegno reciproco
e solidale, dove “la fragilità, più che una minaccia, può essere davvero la
matrice di una nuova fraternità”.
3.20. Seguendo gli orizzonti
aperti dal magistero, in particolare oggi con Papa Francesco, l’AC si sente
chiamata a dare forma e sostanza a comunità ecclesiali “in uscita” e a comunità
civili solidali ed inclusive, vivendo e proponendo un’esperienza ecclesiale in
cui le dinamiche del ritrovarsi e del crescere insieme, del progettare e del
donare in modo condiviso, diventano lo stile ordinario per gli aderenti.
Proprio per il fatto di essere laici associati, l’Azione Cattolica promuove
processi generativi di nuove relazioni e connessioni, reagendo a quella “tristezza
individualista ” che attraversa i nostri tempi, per partecipare attivamente ad
un “nuovo sogno di fraternità e di
amicizia sociale” .
3.21. In questa prospettiva,
anche la struttura associativa, la sua articolazione interna, il rinnovo
annuale dell’adesione, gli incarichi di responsabilità e i luoghi di
partecipazione diventano un’opportunità per costruire relazioni di fraternità e
spazi di condivisione in modo stabile e duraturo. Nel riconfermare l’importanza
e la necessità del laicato associato per il fine apostolico della Chiesa, come
descritto e consegnato dal Concilio alla Chiesa tutta, è necessario che l’AC
sappia continuamente ridare valore e vigore alla vita associativa e
contemporaneamente sappia proporsi e promuoversi all’interno della comunità.
Negli ultimi anni l’AC ha maturato la comune convinzione e la comune
responsabilità che una vita associativa di valore e di qualità si lega
intrinsecamente alla capacità di promuoverla alle persone che incontriamo e
alle comunità nelle quali viviamo.
3.22. La promozione associativa esorta dunque
gli aderenti e i responsabili a saper riconoscere il valore dell’essere
associazione, a riconfermare le comuni motivazioni dell’impegno associativo, a
riscoprire il valore dell’adesione e a curare la comunicazione dell’attività
associativa. È importante coniugare le domande “perché fare AC?”, “insieme a
chi e per chi facciamo AC?” e “quale stile è proprio dell’AC?” con occasioni,
strumenti, modalità e linguaggi che sanno raccontare e rendere significativa la
proposta associativa a tutti. La promozione associativa domanda, pertanto, di
essere assunta come una dimensione stabile dell’essere associazione, per vivere
e proporre un’AC coinvolgente, vivace ed attrattiva.
3.23. La scelta democratica La
scelta democratica dell’associazione nasce dal sentirsi Popolo di Dio in
cammino e si alimenta da una continua esperienza di discernimento e di
comunione, nell’incontro e nella ricerca continua di legami fraterni e
relazioni di qualità all’interno della comunità ecclesiale e civile. La scelta
democratica accresce la qualità e la bellezza della vita associativa tramite
un’esperienza sa coinvolgere e sviluppare la partecipazione di tutti e sa
curare il contributo di ogni aderente. La scelta democratica si esprime e si evidenzia,
in modo particolare, sia nei momenti di dialogo, sia nei momenti di scelta e di
voto, dove la ricerca del bene dell’Associazione e della Chiesa tutta diventano
obiettivo comune ed elemento di sintesi e di composizione delle diversità,
vissute sempre come ricchezza di vita e segno di vivacità associativa. 3.24. La
valorizzazione e l’adeguata programmazione e preparazione di Assemblee,
Consigli, Presidenze e, più in generale, di tutti gli spazi di condivisione, di
confronto e di scelta associativa, permettono di coltivare e crescere, in
ciascuno e nell’associazione tutta, un comune senso di responsabilità, nonché
di attivare reti di relazioni basate sulla gratuità, la reciprocità e la
solidarietà. Di conseguenza, la scelta democratica vissuta in associazione può
costituire esempio e risorsa per i processi democratici nelle istituzioni e
nella società, nonché presentarsi come ricchezza educativa e formativa al
valore della democrazia.
3.25. La dimensione culturale,
sociale e politica della testimonianza cristiana La scelta religiosa contiene
in sé la propensione ad assumere e curare la dimensione culturale, sociale e
politica della fede e della testimonianza cristiana. Nell’AC, la cura della
vita interiore include in sé e richiama sempre l’attenzione e la responsabilità
verso la casa comune, così come la vita spirituale del laico si alimenta anche
nella passione condivisa per la comunità e la prossimità verso gli ultimi. Come
associazione, a partire dal nostro essere cristiani nel mondo, vogliamo educarci
a saper leggere e comprendere, alla luce della fede, i fenomeni e i processi
culturali che attraversano i nostri giorni. La dimensione culturale diventa
così parte integrante del nostro essere Chiesa e della nostra azione formativa,
per saper amare e servire di più e meglio il nostro tempo.
3.26. La formazione delle
coscienze, obiettivo primario dell’azione educativa dell’associazione, al fine
di sostenere il dialogo con le persone che incontriamo, si deve nutrire anche
degli aspetti più riflessivi e articolati del pensiero presenti in una società
multiculturale. In questa prospettiva la vita associativa si pone come opera di
inculturazione del messaggio evangelico e di cammino missionario incarnato e
popolare. La dimensione sociale e politica della testimonianza cristiana,
intimamente legata all’annuncio di salvezza, ci pone al servizio della costruzione
di una città dell’uomo giusta, fraterna e sostenibile, con riguardo particolare
agli ultimi. Lo sguardo dalle periferie e il punto di vista dei più deboli
devono essere proposti come criteri irrinunciabili per la testimonianza a
livello sociale e politico, nonché metro di valutazione delle scelte politiche
.
3.27. La vita associativa, nell’ordinarietà
dei cammini ed itinerari formativi, vuole contribuire alla valorizzazione della
dimensione sociale e politica nel suo continuo ed abituale prendersi carico e
cura della vita delle persone, nel creare legami e dinamiche di fraternità e
nel proporre reti di relazioni e alleanze per una società solidale ed inclusiva.
L’attenzione alle tematiche più urgenti del vivere comune e la capacità di
discernimento sociale e politico, cioè l’attitudine a leggere, interpretare e
scegliere ciò che rispetta e innalza la vita dell’uomo nella città, sono da
considerarsi ambiti ordinari dell’attività associativa.
3.28. L’assunzione della
visione per una fraternità universale dei singoli e dei popoli raffigurata
nella “Fratelli tutti”, unitamente all’ecologia integrale per la cura della
casa comune indicata nella “Laudato Sì”, costituiscono il fondamento, il metodo
e la direzione di impegno responsabile per i laici e la comunità ecclesiale nel
mondo odierno, nonché terreno da privilegiare nella cura educativa
dell’associazione. In questa prospettiva l’educazione alla cultura dell’incontro
e del dialogo e la capacità di tessere alleanze diventano insieme obiettivo
formativo e patrimonio educativo di tutta l’associazione.
4. Tutto ciò che è umano ci
riguarda
4.1. Il cammino che siamo
chiamati a fare nei prossimi anni ci porterà a confrontarci con la realtà
chiedendoci non tanto “chi siamo?”, quanto “per chi siamo?”; a questa domanda
vogliamo dare risposta mettendoci a servizio del territorio in cui siamo
radicati, dopo un serio e attento discernimento comunitario che, come associazione,
vogliamo vivere e promuovere. Questo stile ci aiuterà a vivere la missione come
un’immersione nel mondo che si nutre di desiderio di condivisione, di stupore,
di fiducia e di speranza. Ci sono due prospettive essenziali per vivere un
nuovo umanesimo che siamo chiamati a mettere in pratica: uscire dai recinti e decentrare
il nostro impegno. Condividiamo il pensiero di Papa Francesco quando afferma
che preferisce una chiesa incidentata piuttosto che una chiesa seduta in
poltrona. Oggi il nuovo umanesimo nasce là dove si incontrano le persone –
“volti concreti da amare” - dove si
dialoga, dove si condivide. Occorre abitare luoghi semplici di conversazione,
dentro e fuori la parrocchia e la chiesa.
4.2. Per questo scegliamo,
come associazione, di essere lì̀ dove le persone abitano, lavorano, studiano,
giocano, soffrono, iniziando sempre da chi è più in difficoltà. “In questi
momenti, nei quali tutto sembra dissolversi e perdere consistenza ci fa bene
appellarci alla solidità che deriva dal saperci responsabili della fragilità
degli altri cercando un destino comune”. La missione è il frutto maturo di
questa scelta d’amore che ci spinge ad accogliere anche chi non conosciamo, con
il sincero desiderio di riscoprire la bellezza dell’essere comunità.
4.3. Scegliamo di vivere il
tempo della prossimità come antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza.
Farsi prossimi all’altro per ascoltare i problemi e i bisogni, le attese e le
speranze. Farsi prossimi per condividere e percorrere un tratto di strada insieme,
come “fratelli in umanità”, al di là di ogni appartenenza, fede, cultura,
perché l’essere uomini ci accomuna. Ci impegniamo quindi affinché il farsi
prossimi diventi il passo necessario per essere comunità; per aiutare le
persone a stare dentro le fatiche del vivere, che spesso generano situazioni di
solitudine e smarrimento.
4.4. Scegliamo di promuovere
la cultura della fraternità, unico atteggiamento percorribile per costruire una
società capace di futuro. La fraternità, sebbene da sempre carattere essenziale
della vita ecclesiale, si ritrova ad essere la nuova frontiera del
cristianesimo, una frontiera che non è un confine ma l’orizzonte che ci
orienta. L’immagine di questo orizzonte ci invita ad uscire fuori dagli schemi
consolidati e dagli equilibri rassicuranti, andando incontro soprattutto ai
poveri.
4.5. Il primo campo su cui
allenarci per crescere nella fraternità sono le nostre comunità parrocchiali: è
lì il terreno buono dove coltivare il seme fraterno. La fraternità nasce da associazioni
parrocchiali fraterne. Noi laici di AC ci impegniamo poi, affinché il
discernimento sia la bussola per costruire questo tempo insieme agli altri.
Come ci ricorda il papa “il modo migliore per dialogare non è quello di parlare
e discutere ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare
progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona
volontà”. Con queste parole nel cuore, ci impegniamo a 29 mantenere alto il
coraggio di stare dentro le situazioni ordinarie della vita, dentro le nostre
famiglie, le nostre comunità, le istituzioni, con il desiderio di costruire
attraverso il dialogo l’amicizia sociale.
4.6. Ci impegniamo a
continuare il lavoro già in atto per coltivare e costruire alleanze divenendo
parti attive e propositive nelle reti di associazioni, tavoli di lavoro e
campagne, consapevoli che “nessuno matura né raggiunge la propria pienezza
isolandosi” [ Papa Francesco, Discorso al Convegno di Firenze, 10 Novembre 2015]
Ci impegniamo, in particolare, a
esercitare, in tutte le nostre relazioni, la gentilezza, che “quando si fa
cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti
sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee” (Fratelli tutti,
n.224). La scelta di esercitare la gentilezza ci appare, proprio in questo
periodo di difficoltà, una risorsa preziosa per contrastare esasperazione,
rabbia, aggressività che il periodo del lockdown rischia di lasciare come
pesante eredità.
5. Per una rinnovata vocazione
educativa
5.1. La pandemia ci ha colti
impreparati. La realtà quotidiana così radicalmente modificata ha spesso messo
in crisi la nostra capacità di leggere quelle trasformazioni che in essa
avvenivano Questa difficoltà non ci scoraggia anzi ci dice quanto sia
importante continuare ad investire nella formazione, nella consapevolezza che è
possibile attuare dei cambiamenti se si vive un percorso educativo che
coinvolga l’intera comunità. La formazione alla quale pensiamo in Azione
Cattolica porta con sé questo ampio orizzonte, dispiegandosi in uno “spazio
aperto in cui i diversi gruppi si incontrano, si aiutano reciprocamente nella
preghiera, nella riflessione e nel servizio”. [Progetto Formativo pag. 88]
5.2. Il soggetto principale di
questa azione educativa è l'intera comunità cristiana di cui l’educatore è
espressione. La tensione vocazionale, infatti, appartiene a una comunità
intera, che in quanto tale chiama i suoi membri ad un impegno che sia a
disposizione di tutti, e ad una “testimonianza corale ed organica che prende
per noi la forma dell’associazione”.[ Progetto Formativo pag. 20] Nella più
ampia comunità cristiana, l'esperienza associativa, e la rete di relazioni che
da essa viene generata, costituisce “l'ecosistema” educativo imprescindibile
entro cui si inserisce l'impegno di coloro che direttamente, in Ac, si dedicano
al servizio educativo.
5.3. Occorre dunque che tutta
l’associazione parrocchiale si senta e sia protagonista attiva, abbandonando
forme di deleghe e interventi estemporanei per privilegiare un accompagnamento
degli educatori che avvalori e condivida competenze trasversali ed esperienze
significative in una prospettiva di lungo periodo, grazie al quale tutti i soci
siano coinvolti nella cura educativa. Questo impegno, infatti, non può
prescindere da uno sguardo attento e rispettoso ai rapporti che legano le persone
alla propria comunità, la comunità cristiana e l'associazione, l'associazione e
il contesto sociale ed ecclesiale.
5.4. Si inserisce in questo percorso di
riflessione l'aggiornamento del Progetto Formativo, nato dalla volontà di
interpretare con sempre maggiore concretezza la conversione missionaria
indicata dall' Evangelii Gaudium, facendo sì che quella dell'Ac sia “una
proposta viva, capace di interpretare la condizione dei cristiani nel mondo di
oggi, per poter comunicare il Vangelo in forme nuove ma sempre autentiche ed
efficaci” . Il Progetto intende l’azione missionaria [Progetto Formativo pag. 5]
come esperienza formativa, autenticamente in dialogo con il mondo che cambia e
si trasforma. Dunque non risposte preconfezionate, ma linee guida, affidate
soprattutto a chi ha delle responsabilità, che aiutino a porsi in dialogo in
maniera sempre più incisiva con i luoghi dove ciascuno si trova a vivere e
operare, per cercare risposte evangelicamente ispirate e radicate nelle scelte
formative compiute dall'associazione nel corso della sua storia.
5.5. L’Azione Cattolica ha
ripensato al Progetto formativo come punto di partenza per “generare percorsi
creativi e coraggiosi di formazione tutta missionaria” . Una formazione al
dialogo, [Progetto Formativo pag. 107] all’apertura e all'accoglienza
dell’altro che, faccia di noi i “santi della porta accanto”, i missionari nelle
nostre comunità. Questa missione è per tutti e per ciascuno dei soci, a misura
delle diverse età e possibilità. Ciascuna generazione ha un osservatorio
privilegiato sul proprio tempo ed è essa stessa espressione peculiare dei segni
dei tempi. I bambini e i ragazzi, sono una risorsa inesauribile di scoperta,
che pone i giovani e gli adulti di fronte a ciò che ancora non è stato, perché
ancora deve essere inventato e vissuto.
5.6. Particolarmente
significativa da questo punto di vista, e profetica per l'intera azione
formativa dell'associazione, fu la decisione maturata nel 1969 di partire dai
piccoli, dalla loro vita, dalle loro domande, strutturando una proposta
formativa che li vedesse protagonisti del percorso a loro dedicato. L'AC scelse
di riconoscere davvero all'infanzia una «dignità» e una «missione» specifiche,
facendo della sua forza propulsiva una risorsa decisiva per l'associazione e
per la Chiesa, sperimentando giorno per giorno che la pienezza dell’esperienza
di fede è per ogni età. L’esperienza di “Light Up! Ragazzi in Sinodo” - a 50
anni esatti da quella scelta – ha rilanciato le proposte elaborate dai ragazzi
nella XVI Assemblea nazionale ed ha ulteriormente mostrato la ricchezza e le
potenzialità di un cammino di discepolato missionario che pone al centro il
protagonismo dei ragazzi.
5.7. Un protagonismo che, per essere
autentico, ha bisogno di adulti e giovani capaci di accompagnare e “maneggiare
con cura” i cambiamenti e le conseguenze che il tempo della pandemia ha
provocato nella vita e nella partecipazione dei ragazzi e con la necessità di
ripensarla e rilanciarla. Adulti e giovani dunque che siano in grado ascoltare
e non solo di parlare, di accogliere istanze oltre che di proporre soluzioni,
di essere compagni di strada, ma comprendere come rispondere in modo concreto
ed essenziale ai bisogni del prossimo che soffre, abbandonandoci nelle mani di
Dio che ci indica sempre la strada giusta e vera.
6. Camminare nella storia illuminati dalla
Parola di Dio
6.1. L’Azione Cattolica in questi anni ha
provato a “tradurre creativamente le difficoltà del tempo che viviamo in punti
di forza che possono trasformare la realtà” , compiendo “gesti che per 36 la
loro natura non cambiano tutto e subito, ma si affidano al tempo, a ciò che da
quei gesti può essere innescato, e che proprio per questo hanno una portata
fortemente educativa, perché generano cammini di maturazione personale, di
crescita associativa, di consapevolezza ecclesiale, di impegno sociale,
politico e culturale”. L'associazione, proponendosi
a misura di tutti nelle sue varie espressioni e con tutte le forme di incontro,
desidera impegnarsi verso i propri soci, ma anche nei confronti della comunità
ecclesiale e civile nel senso della fraternità.
6.2. In questo senso il
dialogo tra diverse identità e posizioni rappresenterà un’opportunità di
confronto costruttivo alla ricerca di ciò che unisce, consolidando alleanze con
altre associazioni e movimenti, per realizzare in sinergia prospettive comuni,
rafforzando relazioni amicali e attivando percorsi di fraternità con tutti per
generare comunione ecclesiale. Fondamentale sarà l’attenzione alla fragilità
umana; tutti ci riscopriamo fragili in momenti inaspettati, ed è indispensabile
curarsi di quanti ne hanno bisogno facendo valere i loro diritti, i loro
bisogni, le loro possibilità. Le iniziative del mese della pace, “Al vedere la
stella” a Betlemme, la nostra presenza a Lampedusa, ad Arquata del Tronto, a
Genova e l’impegno profuso anche con metodi innovativi durante l’imprevista
emergenza sanitaria, ci indicano la strada per avere cura dei poveri e dei più
indifesi. Per loro non possiamo che essere feritoie di speranza.
6.3. Desideriamo aprire spazi
di creatività associativa, facendo memoria del vissuto, per guardare con
attenzione il presente e programmare il tempo che si svela, osservando ciò che
accade per comprendere come rispondere in modo concreto ed essenziale ai
bisogni del prossimo che soffre, abbandonandoci nelle mani di Dio che ci indica
sempre la strada giusta e vera. 6.4. Desideriamo continuare a mettere in atto
percorsi di educazione alla passione politica, accompagnando e sostenendo
quanti si spendono con generosità e competenza per il bene comune, ripensando
la scuola, il lavoro, la città, l’utilizzo delle risorse ambientali e
affrontando in modo positivo i cambiamenti. La partecipazione e il contributo
dell’AC alla Settimana sociale dei cattolici di Taranto potrà rappresentare un
importante momento di stimolo e di discernimento in questo senso.
6.5. Lo scopo della formazione
per l’AC infatti è far crescere ed accompagnare i soci ad acquisire lo spirito
dei discepoli-missionari che condividono la vita della gente, ne conoscono le
sofferenze ed i bisogni ed offrono il loro impegno generoso a servizio della
comunità civile ed ecclesiale.
6.6. L’Istituto dell’Azione Cattolica per lo
studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet” e l’Istituto di
diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo” rappresentano un utile
strumento di riflessione e approfondimento culturale, insieme all’apporto che
può venire dal Centro Studi della Presidenza Nazionale.
6.7. Le esperienze fatte dal
Movimento Studenti di Azione Cattolica e il cammino del Settore Giovani sul
tema del sinodo (“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”) ci
indicano la strada per valorizzare il contributo del mondo giovanile e
accompagnarlo nel suo cammino di discernimento.
6.8. I cambiamenti nel mondo
del lavoro e le situazioni economiche fragili già in atto e provocate anche
dalla pandemia ci invitano ad un impegno particolare in questo ambito, attraverso
il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica e in collaborazione con la Caritas,
con l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro e con il progetto
Policoro.
6.9. Un’accurata lettura del
contesto in cui si opera potrà aiutarci a coglierne i caratteri fondamentali,
individuando le sfide principali e mettendo in campo le competenze che si hanno
a disposizione, per valutare, dopo un attento discernimento, le scelte
possibili; in questo potrà aiutarci l'esperienza acquisita negli anni con la
progettazione sociale, per elaborare percorsi rivolti ai soci (ragazzi,
giovani, adulti) e ai sacerdoti assistenti, ma anche a tutti coloro che, nella
Chiesa e nel Paese, ci guardano con speranza e aspettative. 6.10. La redazione
del bilancio di sostenibilità, strumento utile per conoscerci meglio, per
prendere consapevolezza di noi stessi e del senso del nostro impegno a servizio
della comunità, continuerà a rappresentare una scelta di responsabilità e
trasparenza nel dare conto del valore sociale che la vita associativa genera
sul territorio. Saper fare e saper comunicare bene il bene diverrà sempre più
il modo per migliorare il futuro