INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

ON THE WEBSITE www.bibbiaedu.it THE ITALIAN TRANSLATIONS OF THE BIBLE CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONAL IN CURRENT LANGUAGE AND THE BIBLICAL TEXTS IN ANCIENT GREEK AND ANCIENT JEWISH MAY BE CONSULTED. WITH A FUNCTIONALITY OF THE WEBSITE THE VARIOUS TEXTS MAY BE COMPARED.

venerdì 23 aprile 2021

Azione Cattolica - 17° Assemblea nazionale, dal 25 aprile al 2 maggio 2021 - Ho un popolo numeroso in questa città - Bozza del Documento assembleare

 

Azione Cattolica

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 17° Assemblea nazionale, dal 25 aprile al 2 maggio 2021

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Ho un popolo numeroso in questa città

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 Bozza del Documento assembleare

 

 1. Un’Azione Cattolica che abita la storia con gli occhi della fede

 1.1. L'Azione Cattolica desidera mettersi in cammino, in questo nuovo triennio, per «continuare ad essere», come ci ha detto Papa Francesco, «un popolo di discepoli-missionari che vivono e testimoniano la gioia di sapere che il Signore ci ama di un amore infinito, e che insieme a Lui amano profondamente la storia in cui abitiamo» [Papa Francesco, Discorso all'Azione Cattolica Italiana, Piazza San Pietro, 30 Aprile 2017].  Abitare la storia in maniera significativa fa parte integrante del nostro vivere la fede, personalmente e comunitariamente; per questo vogliamo contribuire alla vita del presente, in cui siamo radicati, per dare forma al mondo di domani.

1.2. Desideriamo interrogarci su come servire meglio la nostra Chiesa e il nostro Paese, anche come laici associati, posando sul nostro tempo uno sguardo contemplativo, che ci aiuti a scorgere in esso l'opera del Signore e il modo in cui Egli è presente nella storia, forti della Sua promessa: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso» (At, 18, 10).

1.3. Gli Atti degli Apostoli narrano che Paolo, da evangelizzatore infaticabile qual è, dopo il soggiorno ad Atene, ove tenta la paziente via dell’inculturazione senza troppi risultati nell’immediato, porta avanti la corsa del Vangelo a Corinto, capitale della provincia romana dell’Acaia, una città commerciale e cosmopolita. Da Atene giunge a Corinto “nella debolezza e con molto timore e trepidazione”, basando la sua predicazione “non su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (1Cor 2,3-4).

1.4. La città di Corinto, con due porti, pullula di persone di culture e religioni diverse, che soffrono lo sradicamento e la disparità sociale. Paolo si stabilisce nella casa di Aquila e Priscilla che, arrivati a Corinto da Roma “in seguito all’ordine di Claudio di allontanare i giudei”, condividono con lui non solo la condizione di forestiero, ma anche l’attività professionale, cioè la costruzione di tende. Da quel momento la loro casa si impregna della luce del Vangelo, diventa una “casa della Chiesa”, una domus Ecclesiae, un luogo di condivisione della Parola e del Pane. (cf. 1Cor 16,19).

1.5. È significativo che la presenza della Chiesa a Corinto parta dalla “casa”, in un ambiente domestico, familiare, laico. L’apostolo mette da parte la sua sapienza, di cui aveva dato prova ad Atene, per tornare al nucleo della predicazione, che non gli risparmierà un rapporto tormentato coi cristiani di Corinto: “battaglie all’esterno, timori all’interno” (cf. 2Cor 11).

1.6. Il contatto con il mondo del lavoro manuale, spazio privilegiato di testimonianza cristiana, e la frequentazione della sinagoga, fanno maturare in Paolo l’esigenza di “persuadere Giudei e Greci” (cf. At 18,4). All’arrivo di Sila e Timoteo, Paolo si dedica tutto al servizio della Parola. L’opposizione e le insidie dei giudei lo costringono a scuotersi le vesti e ad orientarsi verso i pagani, compiendo una vera e propria conversione missionaria: “D’ora in poi me ne andrò dai pagani” (At 18,6). Paolo non esiterà a predicare in casa di uno di loro, Tizio Giusto, che abitava “accanto alla sinagoga”. L’adesione alla fede di quest’uomo, “che lodava Dio”, coinvolge tutta la sua famiglia, “come una fiamma si accende da un’altra fiamma”.

1.7. Colpisce come Paolo riesca, nonostante le fatiche e i fallimenti, a ripensare di continuo il senso della sua missione e a riconoscere i frutti della sua predicazione grazie ad una comunità che lo accoglie e lo accompagna, spingendolo al confronto senza lasciarlo solo. È così che tra l’apostolo delle genti e chi lo ospita si crea un circolo virtuoso: pastore e comunità camminano solo e sempre insieme, nel superamento reciproco di ogni mentalità clericale. Ed è proprio in questo suggestivo contesto di reciproca maturazione che il Signore, in una visione notturna, dice a Paolo: “Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso” (At 18,9-10).

1.8. Paolo elabora a Corinto una “teologia del popolo”; in un primo momento a lui doveva sembrare di avere solo una piccola comunità a cui rivolgersi, composta essenzialmente dei suoi correligionari ebrei di provenienza giudaica. È interessante notare come sia il Signore a rivelare a Paolo di “avere un popolo numeroso” che attende l’annuncio del Vangelo. Il Signore, infatti, ci precede sempre, non attende che siamo noi a seminare: egli ha già sparso il seme della Parola nel cuore di ogni uomo, ha già redento il mondo prima ancora della nostra azione. A noi lascia il compito di scoprire i “semi del Verbo” ovunque; a noi affida la missione educativa di irrigare con cura il buon seme, senza correre il rischio di estirparlo insieme con la zizzania. Tutto questo, Paolo lo scopre a Corinto, dove impara “ad annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1Cor 1,17).

1.9. Dai documenti di papa Francesco, e in special modo nell’enciclica “Fratelli tutti” troviamo una forte consonanza e connaturalità con la “teologia del popolo” di san Paolo, che viene ripresa ed elaborata in termini pastorali. Questo “popolo numeroso” che Dio conosce prima ancora che noi possiamo scorgerlo è formato anche dai tanti uomini e donne che abitano il nostro “villaggio globale” pur non essendo consapevolmente parte del “gregge” della Chiesa: ad essi Dio si rivolge per mezzo del suo Spirito non meno che ai cristiani, ai quali è richiesta un’esigente e coerente testimonianza di accoglienza del Dio fatto uomo e del suo Vangelo. “Tornare a Corinto”, per la Chiesa e per la nostra Associazione, significa mettersi alla scuola di Paolo, il quale non guarda il mondo pagano con ostilità ma con gli occhi della fede: sceglie lo sguardo che lo spinge ad aprire un varco tra il Vangelo e la sete di verità che inquieta il cuore umano; sceglie di farsi “pontefice, costruttore di ponti”, realizzando uno straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede. Paolo non è stanziale, ha il carisma dell’evangelizzatore più che del pastore: dopo aver impiantato la comunità cristiana la lascia ma non l’abbandona, affidandola “a Dio e alla Parola della sua grazia” (At 20,32).

1.10. Anche a noi il Signore chiede di uscire dal nostro recinto, di guardare con fiducia fuori dai nostri ambienti, di intuire e cercare vie nuove per vivere ed esprimere la fede nel nostro tempo. Confrontarsi con la secolarizzazione in modo non superficiale o fatalisticamente scoraggiato racchiude in sé occasioni inedite e opportunità esaltanti. La corsa del Vangelo nel mondo ha come protagonista lo Spirito santo. È il suo “soffio vitale” che sostiene la Chiesa in ogni tempo e in ogni luogo, dando alla fede il respiro della libertà e della responsabilità associativa, ecclesiale, sociale.

2. Il discernimento, stile per abitare la storia

2.1. Questo documento rappresenta un punto di arrivo e un punto di partenza. Raccoglie l’esito della rilettura e della verifica che la XVII Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica Italiana ha condotto sul triennio che è trascorso – divenuto quadriennio a causa della pandemia – ed esprime le riflessioni e le indicazioni che essa consegna al Consiglio nazionale appena eletto e a tutti i consigli diocesani insieme alle presidenze diocesane e ai consigli parrocchiali, perché possano essere tradotte in orientamenti e scelte concrete per la vita dell’Associazione nel triennio che si apre.

2.2. Naturalmente le idee che vengono qui sviluppate erano già state in parte elaborate prima dell’emergenza sanitaria, ma sono state riprese e ripensate alla luce di questo tempo particolare che ci ha coinvolto tutti. Non possiamo non tener conto di quanto stiamo vivendo: l’emergenza sanitaria, il periodo del lockdown, il dolore per le tante persone decedute, la perdita di molte nostre sicurezze, i processi di riorganizzazione degli spazi e dei tempi di vita, lavoro, socialità, l’incertezza del futuro. Tutto questo ci ha insegnato che ogni tempo è il nostro tempo, ma nessun tempo è nostro, perché non ci appartiene, non ne possiamo disporre. Ogni tempo è un tempo inedito, imprevisto: siamo chiamati a vivere in esso non nonostante tutto, ma nel tutto che esso ci offre, con il desiderio forte di metterci in ascolto della realtà, di guardare a essa con uno sguardo non ingenuo, eppure tenacemente fiducioso nei confronti della vita, degli altri, della storia che Dio accompagna con la sua presenza.

2.3. Questo tempo, dunque, ci incoraggia ad interrogarci di fronte alla realtà che ci circonda, e fare ancor di più del discernimento l’unico stile con cui continuare a scrivere la storia dell’AC, della Chiesa e del nostro Paese. L’Azione Cattolica è lì dove sono tutti. E lì viviamo per incontrare le persone e lasciarci interpellare dalla realtà, consapevoli che la storia è abitata da Dio. Ci impegniamo per riconoscere la bellezza e la complessità della realtà, senza tentare di semplificarla riducendola a schemi e stereotipi. Ci impegniamo a conoscere e ad approfondire il tempo in cui siamo immersi, senza ridurre la nostra analisi a un trattato sociologico.

2.4. Soprattutto, ci impegniamo affinché l’esercizio del discernimento comunitario, lettura condivisa della realtà alla luce della Parola, non ci trattenga in un’eterna analisi, ma ci guidi a operare per il bene, pensato e costruito insieme, in un cammino sinodale di corresponsabilità. Proprio come leggiamo nella versione aggiornata del Progetto formativo: «nella nostra associazione siamo chiamati a vivere il discernimento comunitario, con una predisposizione all’ascolto e al dialogo con tutti, guidati dalla preghiera, per contribuire a crescere in luoghi che formano e che accompagnano nelle scelte di vita. L’esperienza associativa è il luogo privilegiato in cui ci educhiamo a vivere il discernimento come stile personale e quotidiano. [...] Si tratta di meditare nella preghiera la Parola di Dio, di scrutare i segni dei tempi con la lampada della fede, di valutare ciò che accade in un confronto fiducioso, di individuare i desideri dello Spirito che guida la Chiesa, di arrivare a delle decisioni e a dei progetti condivisi» [ da: Perché sia formato Cristo in voi. Progetto formativo dell’Azione Cattolica Italiana, Editrice AVE, Roma 2 2020, p. 53.]

2.5. Il grembo da cui può nascere un autentico discernimento è quello della preghiera, personale e comunitaria, a cui ancorare ogni nostra riflessione e decisione. Di fronte alla realtà, siamo chiamati a fare memoria di quello che abbiamo vissuto, a guardare con serietà e attenzione a quanto sta succedendo, a progettare con creatività il percorso che ci si apre davanti. Ci chiediamo di cosa davvero hanno bisogno, oggi, la nostra società, la Chiesa, il mondo, e come l’AC può rispondere a questi bisogni, ascoltando e accogliendo le necessità di ciascuno, senza «dare risposte a domande che nessuno si fa» [Papa Francesco, Discorso al Forum Internazionale di Azione Cattolica, 27 aprile 2017].

2.6. Siamo chiamati a metterci sempre nuovamente con docilità in ascolto della voce dello Spirito che parla nella storia e nell’intimo di ciascuna persona. È questo il compito che nel prossimo triennio sarà affidato, innanzitutto, al Consiglio e alla Presidenza nazionale, a tutti i consigli e alle presidenze diocesane, ai consigli parrocchiali: li riconosciamo come luoghi decisivi della vita associativa, perché luoghi del discernimento comunitario.

2.7. Ci impegniamo quindi affinché questi luoghi non siano ridotti a spazi dedicati all’adempimento di compiti burocratici o in cui ci preoccupiamo di dover “fare qualcosa”; ci impegniamo ad abitarli affinché diventino cuore pulsante di un sano discernimento comunitario. Riteniamo importante, in modo particolare, che i presidenti e i consigli parrocchiali si sentano accompagnati e incoraggiati da tutta l’associazione nel loro esercizio di lettura della realtà in cui sono radicati.

2.8. Accanto a questi “luoghi associativi” riconosciamo che ci sono tanti altri luoghi della vita ecclesiale che corrono il rischio di essere svuotati di significato, se non sono vissuti con generosità e cura: sono i consigli pastorali diocesani, le consulte per le aggregazioni laicali, gli organismi di pastorale giovanile, la Caritas, gli altri organismi diocesani e nazionali di condivisione e lavoro comune, comprese tutte quelle alleanze in cui l’associazione è impegnata. Ci impegniamo affinché ognuno di questi luoghi, e tutti i luoghi della vita in cui siamo chiamati, diventino occasione di sinodalità e discernimento comunitario.

2.9. È questo il modo con cui potremo vivere noi per primi ed aiutare tutta la Chiesa ad affrontare le trasformazioni imposte dal tempo di grande difficoltà e cambiamento che stiamo percorrendo, come un’occasione di crescita, di superamento del «comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così” , e non di rimpianto o rassegnazione [Francesco, Evangelii Gaudium 33]. Cercheremo di farlo portando un contributo di creatività e audacia, “non nel generico ottimismo dell’“andrà tutto bene”, ma nell’impegno e nella responsabilità di chi sceglie di porre concreti segni di speranza: nella custodia dei legami (fraterni, ecclesiali, associativi), nell’attenzione a chi è restato o rischia di rimanere ai margini, nella cura della vita interiore”[ Presidenza nazionale AC, A vele spiegate, pag. 1].

2.10. È importante anche che la nostra associazione sappia sempre più abitare e valorizzare gli spazi e le occasioni del confronto e della formazione civile (a partire dalla scuola), del dialogo tra le culture, dell’incontro e del dibattito pubblico per favorire in questi ambiti una ricerca condivisa del bene di tutti, mettendo a servizio quello stile di discernimento maturato nei nostri percorsi associativi.

2.11. Discernere

 Serve per scegliere, scegliere serve per guardare avanti: così potremo pensare il futuro con coraggio e creatività, anche in un contesto di incertezza. Con il desiderio di rilanciare l’associazione e la corresponsabilità laicale che essa ci permette di sperimentare, attraverso il servizio ecclesiale, l’impegno educativo, la passione politica, la cura della nostra vita e di quella di tutti, rispetto ai quali ci sappiamo e desideriamo farci fratelli. Dalla tradizione della Chiesa e dall’esperienza associativa possiamo individuare alcuni atteggiamenti che, se vissuti nell’affidamento a Dio e nella fiducia reciproca, favoriscono il discernimento comunitario.

2.12. Per questo, ci impegniamo a promuoverli: facciamo nostri i tre verbi con cui viene descritto il processo del discernimento in Evangelii gaudium, riconoscere, interpretare, scegliere [EG 51] . Con  queste coordinate, ancor di più in questo tempo straordinario, ci interroghiamo e ci impegniamo affinché il discernimento comunitario diventi lo stile delle nostre comunità, delle nostre diocesi e di tutte le nostre associazioni territoriali.

2.13.Riconoscere.

Siamo chiamati a rintracciare i "segni dei tempi" e a cogliere le mozioni dello Spirito. È un esercizio che domanda ascolto e quindi capacità di fare silenzio dentro noi stessi per fare spazio alla voce di Dio, ma anche l’attitudine ad accogliere e meditare quanto condiviso con altri. È necessario che l’esperienza associativa ci educhi ad avere occhi aperti sui sentimenti del cuore, sul valore della vita ecclesiale ed associativa, sul significato degli eventi culturali e sociali di cui siamo parte.

2.14. Interpretare.

  Per comprendere il senso dei “segni dei tempi” occorre crescere insieme nell'abilità di scrutare nella fede, valutando ciò che accade a partire dall’insegnamento del Vangelo, vagliando i frutti del Regno, separandoli da ciò che non appartiene a esso. Si tratta di cogliere il significato della storia, la verità che umanizza e salva, scorgere e coltivare il bene che Dio dissemina in ogni frammento di vita. Partecipare alla vita dell’associazione e alla vita civile deve essere per ciascuno un’occasione per maturare nella fedeltà alla Parola, capace di illuminare il tempo in cui viviamo, e nella disponibilità ad interrogare le nostre convinzioni, a superare i nostri pregiudizi e interessi, a sintonizzarci con la volontà dello Spirito.

2.15. Scegliere. L'esercizio del discernere sarebbe monco se non approdasse alla decisione, a una fase progettuale e operativa. Saper giungere a delle determinazioni richiede prudenza, ovvero la capacità di decidere adeguatamente per il bene delle persone, delle famiglie e delle comunità di cui siamo a servizio nella consapevolezza che nessuna decisione potrà essere giusta in assoluto, ma un approssimarsi al bene praticabile qui e ora. E nella convinzione che ogni scelta attende di essere verificata e ripensata alla luce della realtà, che è «più importante dell’idea» perché la scelta non diventi «tabella di marcia» a cui dare più valore della marcia stessa.

2.16. Questo tempo ci insegna anche che, pur nella difficoltà, tutto è nutrito di bene. Questa certezza di fede ci spinge a ripeterci ancora una volta, con convinzione, ciò che Papa Francesco ha sottolineato nei giorni del lockdown: «peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi» [ Papa Francesco, Omelia nella solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020]. Vogliamo abitare questa stagione della storia dell’umanità facendo scelte coraggiose e innovative, per avviare processi di cambiamento di lungo respiro nella società e nella comunità ecclesiale. Questo tempo non ci deve spingere a perseguire «una pastorale di semplice conservazione» , in cui rifugiarci per sentirci al sicuro, e nemmeno dobbiamo lasciarci tentare dall’idea di poter tornare semplicemente a fare quello che facevamo prima, come lo facevamo prima.

2.17. Vogliamo fare di questo tempo un’occasione di autentica «conversione missionaria» . Lo vogliamo fare sulla scorta dell’insegnamento che ci viene dal Samaritano del Vangelo, riconoscendo che «siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate», ma decidendo ugualmente di donare a tutti, innanzitutto, «una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto» il nostro tempo, la nostra disponibilità a cambiare programmi, a cambiare strada.

3. Scelte che guardano al futuro

3.1. In questi ultimi anni, in ascolto e adesione al magistero di Papa Francesco, tutta l’associazione ha camminato con la consapevolezza che l’Evangelii Gaudium è la via maestra per l’evangelizzazione nel mondo contemporaneo: la gioia del Vangelo va offerta a tutti, senza escludere nessuno e, per questo, è necessario “passare da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria” . In quest’ottica abbiamo individuato nell’essere discepoli missionari il fulcro della vita associativa e il perno della nostra azione formativa perché “la missione non è un compito tra i tanti nell’Azione Cattolica, è il compito” [Papa Francesco, Discorso al Forum Internazionale di Azione Cattolica, 27 aprile 2017].

3.2. La pandemia che stiamo attraversando non ci distoglie da questo cammino missionario, anzi: “Il dolore, l’incertezza, il timore e la consapevolezza dei propri limiti che la pandemia ha suscitato, fanno risuonare l’appello a ripensare i nostri stili di vita, le nostre relazioni, l’organizzazione delle nostre società e soprattutto il senso della nostra esistenza” . La  pandemia ha reso evidenti limiti e fragilità del nostro vivere, ma ci ha reso coscienti anche della bellezza e della necessità di nuovi legami di fraternità e di comunità, di un rinnovato impegno associativo, di un nuovo sguardo verso la realtà e di una prossimità concreta verso chi fa più fatica, chi è escluso, chi rischia di rimanere ai margini.

3.3. L’orizzonte mostrato da “Fratelli tutti” ci dona il respiro universale che la comunità ecclesiale e l’associazione possono offrire per rilanciare un umanesimo fraterno per i singoli e per i popoli. Con quest'ottica rigenerativa, che deriva da uno stare dentro la storia con sguardo contemplativo e uno stare accanto agli altri con spirito di servizio, possiamo insieme riprendere e riaffermare alcune scelte dello Statuto e della vita associativa di questi ultimi anni. Scelte da accogliere nella loro carica profetica, scelte da interpretare e vivere nell’attuale momento storico, scelte da tradurre in orientamenti e percorsi associativi, con uno sguardo al futuro per l’AC che vogliamo costruire insieme e proporre a tutti come testimonianza di vita, esperienza di Chiesa, volto di un’umanità fraterna. In questa prospettiva, le associazioni parrocchiali e diocesane troveranno sicuro giovamento nel riprendere in mano lo Statuto dal quale germogliano queste scelte.

3.4. La scelta religiosa In seguito al Concilio Vaticano II la vita associativa ha trovato ispirazione, fondamento e guida nella scelta religiosa. La scelta religiosa può essere descritta come “la capacità di aiutare i cristiani a vivere la loro vita di fede in una concreta situazione storica, ad essere “anima del mondo”, cioè fermento, seme positivo per la salvezza ultima, ma anche servizio di carità non solo nei rapporti personali, ma nella costruzione di una città comune in cui ci siano meno poveri, meno oppressi, meno gente che ha fame» [V. Bachelet, Azione Cattolica e impegno politico, 1973]. La scelta religiosa orienta, 16 pertanto, tutta la vita associativa alla ricerca e alla testimonianza del Vangelo nel mondo e all’edificazione di una comunità ecclesiale vivace, dove sia percepibile la presenza del Risorto.

3.5. La scelta religiosa raffigura, dunque, la nostra comune passione per il Vangelo e il dinamismo di una fede incarnata, nell’ordinario della vita quotidiana, nelle profondità delle vicende della storia e nella coscienza degli uomini del nostro tempo per scorgervi e valorizzare i segni dello Spirito e i semi del Vangelo. Riscoprire, ridire e riconfermare oggi la scelta religiosa come scelta fondamentale per la vita associativa sarà responsabilità comune di tutta l’associazione, come responsabilità comune sarà declinarla in cammini e attività associative all’altezza delle necessità dei nostri tempi. La scelta religiosa, sorgente e via di annuncio, di evangelizzazione e di fraternità, nel corso degli anni ha suscitato, accompagnato e coltivato ulteriori scelte associative, che ripercorriamo sinteticamente, perché possano essere generatrici di rinnovata vita associativa.

3.6. La vita al centro L’universale vocazione alla santità, per i laici di AC, si ricerca e si realizza nella normalità delle condizioni di vita e nelle situazioni storiche in cui le persone, le famiglie e le comunità si trovano a vivere. Pertanto l’AC vuole mettere la vita laicale al centro della sua attenzione e della sua dedizione perché “sentiamo l’esigenza di proporre il valore di una vita cristiana incarnata, legata a tutte quelle esperienze che costituiscono il tessuto naturale di un cammino cristiano: la famiglia, il lavoro, le relazioni interpersonali e sociali” [Progetto Formativo pag. 14]. La vita laicale è, dunque, vocazione vera, fondata sul Battesimo, per essere nel mondo alla sequela del Signore e, in quanto tale, deve essere sempre posta al centro della nostra attenzione associativa.

3.7. La vocazione laicale, edificata dalla Parola e vissuta nel quotidiano secondo lo Spirito, includendo in sé lo slancio per essere discepoli-missionari credibili e appassionati, ci abilita a vivere la fede con la gente lì dove la incontriamo, facendo dell’accoglienza, del dialogo e del servizio lo stile proprio e peculiare con cui farsi prossimi. Compito dell’associazione è sostenere ed accompagnare la vita degli aderenti, delle famiglie e delle comunità affinché il compito di vivere pienamente la propria vocazione possa esprimersi al meglio

3.8. Più ampiamente, è tutta la comunità ecclesiale che è chiamata a prestare ascolto, accoglienza e accompagnamento alle domande e alle necessità che le persone portano dentro di sé per essere fedeli al Vangelo nelle situazioni della vita; in tale prospettiva, è compito dell’AC, con la sua costante attenzione alla cura della formazione, sensibilizzare e sostenere la comunità ecclesiale ad adoperarsi perché sia sempre più accogliente verso tutti e capace di nutrire la vita credente di ognuno.

3.9. La corresponsabilità Negli ultimi anni, l’associazione ha proposto con determinazione a sé stessa, alle comunità ecclesiali e al territorio di vivere con gioia la dimensione della corresponsabilità. A fronte di processi di disgregazione sociale e della riproposizione di visioni individualistiche della convivenza, la corresponsabilità appare come una prospettiva carica sia di visione per il futuro, sia di concretezza per l’agire quotidiano. Come associazione abbiamo compreso che la corresponsabilità esprime quell’originario farsi carico e prendersi cura reciproco che è costitutivo di ogni persona e di ogni legame fraterno e si articola in pensieri e gesti di fraternità e di responsabilità nella vita personale, famigliare, sociale ed ecclesiale. Essa, inoltre, prende forma e fruttifica nell’educazione al farsi prossimo a tutti e nel generare processi di apertura, incontro, condivisione e solidarietà .  

3.10. La nostra stessa vita associativa scaturisce e cresce nella corresponsabilità che è, insieme, sua radice e suo frutto maturo. Il convocarsi, il ritrovarsi, il crescere insieme, il confronto comune, il discernimento associativo, il farsi carico gli uni degli altri, il mettersi a servizio della comunità sono tutti dinamismi che raccontano la corresponsabilità. Essa si esprime e si realizza, altresì, nel perseguire un dialogo continuo con i vari soggetti presenti nella comunità ecclesiale e nella ricerca di alleanze per il bene comune nella società civile.

3.11. Vivendo pienamente la corresponsabilità, l’associazione intende partecipare all’azione evangelizzatrice della Chiesa con la specificità della propria vocazione laicale, portando nella comunità la nostra testimonianza e il nostro servizio, le nostre competenze i nostri talenti: la ricchezza che ci proviene dall’incontro con il Signore sulle strade del mondo e la dedizione alla crescita nella comunione e nella missione. La corresponsabilità, in modo particolare, è vissuta anche nell’assunzione di incarichi di responsabilità associativa e nel dedicarsi per una vita associativa di qualità, sapendo riconoscere che tutto ciò concorre ad un’opera comune più grande: l’edificazione della Chiesa nella quale ci impegniamo, perché essa possa parlare con sempre maggiore efficacia alle persone di questo tempo ed essere casa accogliente per tutti.

3.12. Nella Chiesa locale, con stile sinodale In quanto laici associati, la corresponsabilità trova concretezza d’impegno e misura di ecclesialità nella diocesanità, tramite la piena partecipazione alla vita della Chiesa locale, il dialogo con il suo Vescovo e l’attitudine ad uno stile sinodale. La partecipazione attiva alla vita della Chiesa locale scaturisce da un ascolto e confronto reciproco tra tutte le componenti la comunità e dal sapersi educare a vivere il discernimento comunitario come abitudine basilare per la missione della Chiesa nel mondo. In questo suo essere presente dentro la vita della Chiesa locale, l’AC presenta, come suo tratto distintivo, l’ascolto e il dialogo con il proprio Vescovo; compito dei responsabili associativi è favorire ed alimentare quest’incontro, unitamente al dialogo da condurre con i sacerdoti nelle parrocchie e/o negli ambiti interparrocchiali.

 3.13. Dove le diocesi hanno in corso processi di riorganizzazione degli ambiti parrocchiali e territoriali, l’AC vi partecipa con la sua sensibilità ecclesiale e il suo sentire con il popolo, per far sì che i processi riorganizzativi vengano vissuti come momenti di sinodalità diffusa e gli aspetti organizzativi siano guidati dalla necessaria conversione pastorale e missionaria richiesta dal momento storico. Lo stile sinodale del camminare “è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito. Respiro e passo sinodale rivelano ciò che siamo e il dinamismo di comunione che anima le nostre decisioni. Solo in questo orizzonte possiamo rinnovare davvero la nostra pastorale e adeguarla alla missione della Chiesa nel mondo di oggi; solo così possiamo affrontare la complessità di questo tempo, riconoscenti per il percorso compiuto e decisi a continuarlo con parresia” [Saluto di Papa Francesco all’apertura dei lavori 70° Assemblea C.E.I., Roma, 22 maggio 2017].

 3.14. La sinodalità è dunque lo stile che, all’interno del cammino che il Papa ha chiesto alla Chiesa italiana, vogliamo contribuire a far crescere nella comunità ecclesiale per essere Chiesa missionaria ed è lo stile che vogliamo far nostro nel porci a servizio della Chiesa locale. Lo stile sinodale, espressione di Chiesa in missione, che costruisce fraternità nel mondo, domanda una paziente formazione al discernimento comunitario e un sapiente saper camminare insieme; in questa prospettiva l’AC si mette al servizio della sinodalità nel “prestare attenzione all'istinto della fede (sensus fidei) di cui tutti i battezzati sono forniti, raccogliendo sapientemente ciò che lo Spirito va sussurrando alla sua chiesa, incoraggiando  la partecipazione corale ai processi di rinnovamento e promuovendo le competenze dei laici” [.Progetto Formativo pag. 62]

 3.15. In associazione, lo stile sinodale è anche proposto e vissuto, in modo peculiare, nella scelta unitaria e nel dialogo intergenerazionale tra adulti, giovani e ragazzi; vivendo compiutamente la scelta unitaria e il dialogo intergenerazionale, la vita associativa si può presentare come esempio ed esercizio di sinodalità, contribuendo così alla sua diffusione e al suo rafforzamento all’interno della comunità.

3.16. La popolarità La popolarità ha le sue radici nell’essere Popolo di Dio in cammino e nello stare al mondo come “viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti” . La popolarità è una caratteristica essenziale di un’associazione aperta a tutti, attenta  alle condizioni, agli ambienti e alle età della vita, capace di parlare linguaggi semplici che sappiano interpretare le domande profonde di ogni persona. Sappiamo che per “popolarizzare di più l’Azione Cattolica” non serve scegliere il popolo come si sposa un’idea, ma occorre  riscoprire che ciascuno di noi può affrontare l’avventura della vita solo se si riscopre inserito in una trama di relazioni, di nomi e di volti che danno senso e gusto alla propria esistenza. Come ricorda Papa Francesco nell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate: “nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana: Dio ha voluto entrare in una dinamica popolare, nella dinamica di un popolo.”

3.17. Scegliendo l’Azione Cattolica non possiamo interessarci solo di chi già conosce l’associazione, solo di chi è già convinto, perché l’Amore di Dio non opera questo tipo di distinzioni: vicini e lontani, dentro e fuori, sono categorie che ci è chiesto di superare in virtù della fede che ci fa scorgere in ogni uomo e ogni donna la presenza del Signore, in quanto membra di un popolo da tenere unito, da accompagnare, da amare e di cui essere riconoscenti. Per questo rinnoviamo l’impegno a essere un’AC popolare in quanto associazione di persone che conoscono a memoria ogni scorcio della città in cui vivono, che custodiscono tradizioni, sogni e fatiche di chi hanno incrociato, che sono grati per la comunità che già abitano, ma non si stancano di proporre a tutti l’associazione, perché crescere di numero significa moltiplicare un dono grande per la vita di molti.

 3.18. Vogliamo “popolarizzare l’Azione Cattolica” aprendo le porte delle parrocchie per accompagnare tutti a entrare e, senza richiedere esami di accesso, incoraggiare ognuno a intraprendere con noi la scelta del servizio, della formazione e dell’impegno associativo. Allo stesso tempo vogliamo “popolarizzare l’Azione Cattolica” incoraggiando tutti noi a vivere in ogni ambiente di vita (in famiglia, a lavoro, a scuola, nella parrocchia, nell’impegno sociale e politico …) il gusto della quotidianità, la nostra missione di popolo e la nostra responsabilità laicale.

3.19. Essere AC, promuovere l’AC Il valore del nostro essere associazione si fonda e si evidenzia nell’accrescere legami di fraternità, nel curare le relazioni e nel promuovere reti ed alleanze per il bene comune. Nella formazione di persone e gruppi dediti al servizio nella comunità, la vita associativa consegna e coltiva il seme buono della fraternità nella comunità ecclesiale e nella comunità civile. Anche in questi tempi di pandemia è emersa, in modo ancora più evidente, l’importanza e il valore autentico della vita associativa come amicizia e sostegno reciproco e solidale, dove “la fragilità, più che una minaccia, può essere davvero la matrice di una nuova fraternità”.

3.20. Seguendo gli orizzonti aperti dal magistero, in particolare oggi con Papa Francesco, l’AC si sente chiamata a dare forma e sostanza a comunità ecclesiali “in uscita” e a comunità civili solidali ed inclusive, vivendo e proponendo un’esperienza ecclesiale in cui le dinamiche del ritrovarsi e del crescere insieme, del progettare e del donare in modo condiviso, diventano lo stile ordinario per gli aderenti. Proprio per il fatto di essere laici associati, l’Azione Cattolica promuove processi generativi di nuove relazioni e connessioni, reagendo a quella “tristezza individualista ” che attraversa i nostri tempi, per partecipare attivamente ad un “nuovo sogno  di fraternità e di amicizia sociale” .

3.21. In questa prospettiva, anche la struttura associativa, la sua articolazione interna, il rinnovo annuale dell’adesione, gli incarichi di responsabilità e i luoghi di partecipazione diventano un’opportunità per costruire relazioni di fraternità e spazi di condivisione in modo stabile e duraturo. Nel riconfermare l’importanza e la necessità del laicato associato per il fine apostolico della Chiesa, come descritto e consegnato dal Concilio alla Chiesa tutta, è necessario che l’AC sappia continuamente ridare valore e vigore alla vita associativa e contemporaneamente sappia proporsi e promuoversi all’interno della comunità. Negli ultimi anni l’AC ha maturato la comune convinzione e la comune responsabilità che una vita associativa di valore e di qualità si lega intrinsecamente alla capacità di promuoverla alle persone che incontriamo e alle comunità nelle quali viviamo.

 3.22. La promozione associativa esorta dunque gli aderenti e i responsabili a saper riconoscere il valore dell’essere associazione, a riconfermare le comuni motivazioni dell’impegno associativo, a riscoprire il valore dell’adesione e a curare la comunicazione dell’attività associativa. È importante coniugare le domande “perché fare AC?”, “insieme a chi e per chi facciamo AC?” e “quale stile è proprio dell’AC?” con occasioni, strumenti, modalità e linguaggi che sanno raccontare e rendere significativa la proposta associativa a tutti. La promozione associativa domanda, pertanto, di essere assunta come una dimensione stabile dell’essere associazione, per vivere e proporre un’AC coinvolgente, vivace ed attrattiva.

3.23. La scelta democratica La scelta democratica dell’associazione nasce dal sentirsi Popolo di Dio in cammino e si alimenta da una continua esperienza di discernimento e di comunione, nell’incontro e nella ricerca continua di legami fraterni e relazioni di qualità all’interno della comunità ecclesiale e civile. La scelta democratica accresce la qualità e la bellezza della vita associativa tramite un’esperienza sa coinvolgere e sviluppare la partecipazione di tutti e sa curare il contributo di ogni aderente. La scelta democratica si esprime e si evidenzia, in modo particolare, sia nei momenti di dialogo, sia nei momenti di scelta e di voto, dove la ricerca del bene dell’Associazione e della Chiesa tutta diventano obiettivo comune ed elemento di sintesi e di composizione delle diversità, vissute sempre come ricchezza di vita e segno di vivacità associativa. 3.24. La valorizzazione e l’adeguata programmazione e preparazione di Assemblee, Consigli, Presidenze e, più in generale, di tutti gli spazi di condivisione, di confronto e di scelta associativa, permettono di coltivare e crescere, in ciascuno e nell’associazione tutta, un comune senso di responsabilità, nonché di attivare reti di relazioni basate sulla gratuità, la reciprocità e la solidarietà. Di conseguenza, la scelta democratica vissuta in associazione può costituire esempio e risorsa per i processi democratici nelle istituzioni e nella società, nonché presentarsi come ricchezza educativa e formativa al valore della democrazia.

3.25. La dimensione culturale, sociale e politica della testimonianza cristiana La scelta religiosa contiene in sé la propensione ad assumere e curare la dimensione culturale, sociale e politica della fede e della testimonianza cristiana. Nell’AC, la cura della vita interiore include in sé e richiama sempre l’attenzione e la responsabilità verso la casa comune, così come la vita spirituale del laico si alimenta anche nella passione condivisa per la comunità e la prossimità verso gli ultimi. Come associazione, a partire dal nostro essere cristiani nel mondo, vogliamo educarci a saper leggere e comprendere, alla luce della fede, i fenomeni e i processi culturali che attraversano i nostri giorni. La dimensione culturale diventa così parte integrante del nostro essere Chiesa e della nostra azione formativa, per saper amare e servire di più e meglio il nostro tempo.

3.26. La formazione delle coscienze, obiettivo primario dell’azione educativa dell’associazione, al fine di sostenere il dialogo con le persone che incontriamo, si deve nutrire anche degli aspetti più riflessivi e articolati del pensiero presenti in una società multiculturale. In questa prospettiva la vita associativa si pone come opera di inculturazione del messaggio evangelico e di cammino missionario incarnato e popolare. La dimensione sociale e politica della testimonianza cristiana, intimamente legata all’annuncio di salvezza, ci pone al servizio della costruzione di una città dell’uomo giusta, fraterna e sostenibile, con riguardo particolare agli ultimi. Lo sguardo dalle periferie e il punto di vista dei più deboli devono essere proposti come criteri irrinunciabili per la testimonianza a livello sociale e politico, nonché metro di valutazione delle scelte politiche .

 3.27. La vita associativa, nell’ordinarietà dei cammini ed itinerari formativi, vuole contribuire alla valorizzazione della dimensione sociale e politica nel suo continuo ed abituale prendersi carico e cura della vita delle persone, nel creare legami e dinamiche di fraternità e nel proporre reti di relazioni e alleanze per una società solidale ed inclusiva. L’attenzione alle tematiche più urgenti del vivere comune e la capacità di discernimento sociale e politico, cioè l’attitudine a leggere, interpretare e scegliere ciò che rispetta e innalza la vita dell’uomo nella città, sono da considerarsi ambiti ordinari dell’attività associativa.

3.28. L’assunzione della visione per una fraternità universale dei singoli e dei popoli raffigurata nella “Fratelli tutti”, unitamente all’ecologia integrale per la cura della casa comune indicata nella “Laudato Sì”, costituiscono il fondamento, il metodo e la direzione di impegno responsabile per i laici e la comunità ecclesiale nel mondo odierno, nonché terreno da privilegiare nella cura educativa dell’associazione. In questa prospettiva l’educazione alla cultura dell’incontro e del dialogo e la capacità di tessere alleanze diventano insieme obiettivo formativo e patrimonio educativo di tutta l’associazione.

4. Tutto ciò che è umano ci riguarda

4.1. Il cammino che siamo chiamati a fare nei prossimi anni ci porterà a confrontarci con la realtà chiedendoci non tanto “chi siamo?”, quanto “per chi siamo?”; a questa domanda vogliamo dare risposta mettendoci a servizio del territorio in cui siamo radicati, dopo un serio e attento discernimento comunitario che, come associazione, vogliamo vivere e promuovere. Questo stile ci aiuterà a vivere la missione come un’immersione nel mondo che si nutre di desiderio di condivisione, di stupore, di fiducia e di speranza. Ci sono due prospettive essenziali per vivere un nuovo umanesimo che siamo chiamati a mettere in pratica: uscire dai recinti e decentrare il nostro impegno. Condividiamo il pensiero di Papa Francesco quando afferma che preferisce una chiesa incidentata piuttosto che una chiesa seduta in poltrona. Oggi il nuovo umanesimo nasce là dove si incontrano le persone – “volti concreti da amare” - dove  si dialoga, dove si condivide. Occorre abitare luoghi semplici di conversazione, dentro e fuori la parrocchia e la chiesa.

4.2. Per questo scegliamo, come associazione, di essere lì̀ dove le persone abitano, lavorano, studiano, giocano, soffrono, iniziando sempre da chi è più in difficoltà. “In questi momenti, nei quali tutto sembra dissolversi e perdere consistenza ci fa bene appellarci alla solidità che deriva dal saperci responsabili della fragilità degli altri cercando un destino comune”. La missione è il frutto maturo di questa scelta d’amore che ci spinge ad accogliere anche chi non conosciamo, con il sincero desiderio di riscoprire la bellezza dell’essere comunità.

4.3. Scegliamo di vivere il tempo della prossimità come antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza. Farsi prossimi all’altro per ascoltare i problemi e i bisogni, le attese e le speranze. Farsi prossimi per condividere e percorrere un tratto di strada insieme, come “fratelli in umanità”, al di là di ogni appartenenza, fede, cultura, perché l’essere uomini ci accomuna. Ci impegniamo quindi affinché il farsi prossimi diventi il passo necessario per essere comunità; per aiutare le persone a stare dentro le fatiche del vivere, che spesso generano situazioni di solitudine e smarrimento.

4.4. Scegliamo di promuovere la cultura della fraternità, unico atteggiamento percorribile per costruire una società capace di futuro. La fraternità, sebbene da sempre carattere essenziale della vita ecclesiale, si ritrova ad essere la nuova frontiera del cristianesimo, una frontiera che non è un confine ma l’orizzonte che ci orienta. L’immagine di questo orizzonte ci invita ad uscire fuori dagli schemi consolidati e dagli equilibri rassicuranti, andando incontro soprattutto ai poveri.

4.5. Il primo campo su cui allenarci per crescere nella fraternità sono le nostre comunità parrocchiali: è lì il terreno buono dove coltivare il seme fraterno. La fraternità nasce da associazioni parrocchiali fraterne. Noi laici di AC ci impegniamo poi, affinché il discernimento sia la bussola per costruire questo tempo insieme agli altri. Come ci ricorda il papa “il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà”. Con queste parole nel cuore, ci impegniamo a 29 mantenere alto il coraggio di stare dentro le situazioni ordinarie della vita, dentro le nostre famiglie, le nostre comunità, le istituzioni, con il desiderio di costruire attraverso il dialogo l’amicizia sociale.

4.6. Ci impegniamo a continuare il lavoro già in atto per coltivare e costruire alleanze divenendo parti attive e propositive nelle reti di associazioni, tavoli di lavoro e campagne, consapevoli che “nessuno matura né raggiunge la propria pienezza isolandosi” [ Papa Francesco, Discorso al Convegno di Firenze, 10 Novembre 2015] Ci impegniamo, in  particolare, a esercitare, in tutte le nostre relazioni, la gentilezza, che “quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee” (Fratelli tutti, n.224). La scelta di esercitare la gentilezza ci appare, proprio in questo periodo di difficoltà, una risorsa preziosa per contrastare esasperazione, rabbia, aggressività che il periodo del lockdown rischia di lasciare come pesante eredità.

5. Per una rinnovata vocazione educativa

5.1. La pandemia ci ha colti impreparati. La realtà quotidiana così radicalmente modificata ha spesso messo in crisi la nostra capacità di leggere quelle trasformazioni che in essa avvenivano Questa difficoltà non ci scoraggia anzi ci dice quanto sia importante continuare ad investire nella formazione, nella consapevolezza che è possibile attuare dei cambiamenti se si vive un percorso educativo che coinvolga l’intera comunità. La formazione alla quale pensiamo in Azione Cattolica porta con sé questo ampio orizzonte, dispiegandosi in uno “spazio aperto in cui i diversi gruppi si incontrano, si aiutano reciprocamente nella preghiera, nella riflessione e nel servizio”. [Progetto Formativo pag. 88]

5.2. Il soggetto principale di questa azione educativa è l'intera comunità cristiana di cui l’educatore è espressione. La tensione vocazionale, infatti, appartiene a una comunità intera, che in quanto tale chiama i suoi membri ad un impegno che sia a disposizione di tutti, e ad una “testimonianza corale ed organica che prende per noi la forma dell’associazione”.[ Progetto Formativo pag. 20] Nella più ampia comunità cristiana, l'esperienza associativa, e la rete di relazioni che da essa viene generata, costituisce “l'ecosistema” educativo imprescindibile entro cui si inserisce l'impegno di coloro che direttamente, in Ac, si dedicano al servizio educativo.

5.3. Occorre dunque che tutta l’associazione parrocchiale si senta e sia protagonista attiva, abbandonando forme di deleghe e interventi estemporanei per privilegiare un accompagnamento degli educatori che avvalori e condivida competenze trasversali ed esperienze significative in una prospettiva di lungo periodo, grazie al quale tutti i soci siano coinvolti nella cura educativa. Questo impegno, infatti, non può prescindere da uno sguardo attento e rispettoso ai rapporti che legano le persone alla propria comunità, la comunità cristiana e l'associazione, l'associazione e il contesto sociale ed ecclesiale.

 5.4. Si inserisce in questo percorso di riflessione l'aggiornamento del Progetto Formativo, nato dalla volontà di interpretare con sempre maggiore concretezza la conversione missionaria indicata dall' Evangelii Gaudium, facendo sì che quella dell'Ac sia “una proposta viva, capace di interpretare la condizione dei cristiani nel mondo di oggi, per poter comunicare il Vangelo in forme nuove ma sempre autentiche ed efficaci” . Il Progetto intende l’azione missionaria [Progetto Formativo pag. 5] come esperienza formativa, autenticamente in dialogo con il mondo che cambia e si trasforma. Dunque non risposte preconfezionate, ma linee guida, affidate soprattutto a chi ha delle responsabilità, che aiutino a porsi in dialogo in maniera sempre più incisiva con i luoghi dove ciascuno si trova a vivere e operare, per cercare risposte evangelicamente ispirate e radicate nelle scelte formative compiute dall'associazione nel corso della sua storia.

5.5. L’Azione Cattolica ha ripensato al Progetto formativo come punto di partenza per “generare percorsi creativi e coraggiosi di formazione tutta missionaria” . Una formazione al dialogo, [Progetto Formativo pag. 107] all’apertura e all'accoglienza dell’altro che, faccia di noi i “santi della porta accanto”, i missionari nelle nostre comunità. Questa missione è per tutti e per ciascuno dei soci, a misura delle diverse età e possibilità. Ciascuna generazione ha un osservatorio privilegiato sul proprio tempo ed è essa stessa espressione peculiare dei segni dei tempi. I bambini e i ragazzi, sono una risorsa inesauribile di scoperta, che pone i giovani e gli adulti di fronte a ciò che ancora non è stato, perché ancora deve essere inventato e vissuto.

5.6. Particolarmente significativa da questo punto di vista, e profetica per l'intera azione formativa dell'associazione, fu la decisione maturata nel 1969 di partire dai piccoli, dalla loro vita, dalle loro domande, strutturando una proposta formativa che li vedesse protagonisti del percorso a loro dedicato. L'AC scelse di riconoscere davvero all'infanzia una «dignità» e una «missione» specifiche, facendo della sua forza propulsiva una risorsa decisiva per l'associazione e per la Chiesa, sperimentando giorno per giorno che la pienezza dell’esperienza di fede è per ogni età. L’esperienza di “Light Up! Ragazzi in Sinodo” - a 50 anni esatti da quella scelta – ha rilanciato le proposte elaborate dai ragazzi nella XVI Assemblea nazionale ed ha ulteriormente mostrato la ricchezza e le potenzialità di un cammino di discepolato missionario che pone al centro il protagonismo dei ragazzi.

 5.7. Un protagonismo che, per essere autentico, ha bisogno di adulti e giovani capaci di accompagnare e “maneggiare con cura” i cambiamenti e le conseguenze che il tempo della pandemia ha provocato nella vita e nella partecipazione dei ragazzi e con la necessità di ripensarla e rilanciarla. Adulti e giovani dunque che siano in grado ascoltare e non solo di parlare, di accogliere istanze oltre che di proporre soluzioni, di essere compagni di strada, ma   comprendere come rispondere in modo concreto ed essenziale ai bisogni del prossimo che soffre, abbandonandoci nelle mani di Dio che ci indica sempre la strada giusta e vera.

 6. Camminare nella storia illuminati dalla Parola di Dio

 6.1. L’Azione Cattolica in questi anni ha provato a “tradurre creativamente le difficoltà del tempo che viviamo in punti di forza che possono trasformare la realtà” , compiendo “gesti che per 36 la loro natura non cambiano tutto e subito, ma si affidano al tempo, a ciò che da quei gesti può essere innescato, e che proprio per questo hanno una portata fortemente educativa, perché generano cammini di maturazione personale, di crescita associativa, di consapevolezza ecclesiale, di impegno sociale, politico e culturale”. L'associazione,  proponendosi a misura di tutti nelle sue varie espressioni e con tutte le forme di incontro, desidera impegnarsi verso i propri soci, ma anche nei confronti della comunità ecclesiale e civile nel senso della fraternità.

6.2. In questo senso il dialogo tra diverse identità e posizioni rappresenterà un’opportunità di confronto costruttivo alla ricerca di ciò che unisce, consolidando alleanze con altre associazioni e movimenti, per realizzare in sinergia prospettive comuni, rafforzando relazioni amicali e attivando percorsi di fraternità con tutti per generare comunione ecclesiale. Fondamentale sarà l’attenzione alla fragilità umana; tutti ci riscopriamo fragili in momenti inaspettati, ed è indispensabile curarsi di quanti ne hanno bisogno facendo valere i loro diritti, i loro bisogni, le loro possibilità. Le iniziative del mese della pace, “Al vedere la stella” a Betlemme, la nostra presenza a Lampedusa, ad Arquata del Tronto, a Genova e l’impegno profuso anche con metodi innovativi durante l’imprevista emergenza sanitaria, ci indicano la strada per avere cura dei poveri e dei più indifesi. Per loro non possiamo che essere feritoie di speranza.

6.3. Desideriamo aprire spazi di creatività associativa, facendo memoria del vissuto, per guardare con attenzione il presente e programmare il tempo che si svela, osservando ciò che accade per comprendere come rispondere in modo concreto ed essenziale ai bisogni del prossimo che soffre, abbandonandoci nelle mani di Dio che ci indica sempre la strada giusta e vera. 6.4. Desideriamo continuare a mettere in atto percorsi di educazione alla passione politica, accompagnando e sostenendo quanti si spendono con generosità e competenza per il bene comune, ripensando la scuola, il lavoro, la città, l’utilizzo delle risorse ambientali e affrontando in modo positivo i cambiamenti. La partecipazione e il contributo dell’AC alla Settimana sociale dei cattolici di Taranto potrà rappresentare un importante momento di stimolo e di discernimento in questo senso.

6.5. Lo scopo della formazione per l’AC infatti è far crescere ed accompagnare i soci ad acquisire lo spirito dei discepoli-missionari che condividono la vita della gente, ne conoscono le sofferenze ed i bisogni ed offrono il loro impegno generoso a servizio della comunità civile ed ecclesiale.

 6.6. L’Istituto dell’Azione Cattolica per lo studio dei problemi sociali e politici “Vittorio Bachelet” e l’Istituto di diritto internazionale della pace “Giuseppe Toniolo” rappresentano un utile strumento di riflessione e approfondimento culturale, insieme all’apporto che può venire dal Centro Studi della Presidenza Nazionale.

6.7. Le esperienze fatte dal Movimento Studenti di Azione Cattolica e il cammino del Settore Giovani sul tema del sinodo (“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”) ci indicano la strada per valorizzare il contributo del mondo giovanile e accompagnarlo nel suo cammino di discernimento.

6.8. I cambiamenti nel mondo del lavoro e le situazioni economiche fragili già in atto e provocate anche dalla pandemia ci invitano ad un impegno particolare in questo ambito, attraverso il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica e in collaborazione con la Caritas, con l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro e con il progetto Policoro.

6.9. Un’accurata lettura del contesto in cui si opera potrà aiutarci a coglierne i caratteri fondamentali, individuando le sfide principali e mettendo in campo le competenze che si hanno a disposizione, per valutare, dopo un attento discernimento, le scelte possibili; in questo potrà aiutarci l'esperienza acquisita negli anni con la progettazione sociale, per elaborare percorsi rivolti ai soci (ragazzi, giovani, adulti) e ai sacerdoti assistenti, ma anche a tutti coloro che, nella Chiesa e nel Paese, ci guardano con speranza e aspettative. 6.10. La redazione del bilancio di sostenibilità, strumento utile per conoscerci meglio, per prendere consapevolezza di noi stessi e del senso del nostro impegno a servizio della comunità, continuerà a rappresentare una scelta di responsabilità e trasparenza nel dare conto del valore sociale che la vita associativa genera sul territorio. Saper fare e saper comunicare bene il bene diverrà sempre più il modo per migliorare il futuro