RESOCONTO DELL’INCONTRO
DI AC SANCLEMENTE! IN GOOGLE MEET DEL 28 NOVEMBRE 20
1. Sabato 28 novembre,
dalle ore 17, abbiamo tenuto la riunione in teleconferenza Google Meet del
nostro gruppo di Ac San Clemente. Eravamo in 15, più dell’altra volta. Ha
partecipato anche don Emanuele, il nostro assistente ecclesiastico.
Abbiamo seguito il percorso tematico del percorso
formativo per l’anno associativo 2020/2021
dell’Azione Cattolica Da corpo a corpo e, in particolare, la prima tappa,
Abbassarsi, sul servizio per il
bene comune.
Il Vangelo di riferimento è stato il brano
del Vangelo secondo Marco, capitolo 10, versetti 35-45.
(35) Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, si
avvicinarono a Gesù e gli dissero: — Maestro, noi vorremmo che tu facessi per
noi quel che stiamo per chiederti. (36) E Gesù domandò: — Che cosa
volete che io faccia per voi? (37) Essi risposero: — Quando sarai un
re glorioso, facci stare accanto a te, seduti uno alla tua destra e uno alla
tua sinistra. (38) Ma Gesù disse: — Voi non sapete quel che chiedete!
Siete pronti a bere quel calice di dolore che io berrò, a ricevere quel
battesimo di sofferenza con il quale sarò battezzato? (39) Essi
risposero: — Siamo pronti. Gesù aggiunse: — Sì, anche voi berrete il mio calice
e riceverete il mio battesimo; (40) ma io non posso decidere chi sarà seduto
alla mia destra e alla mia sinistra. Quei posti sono per coloro ai quali Dio li
ha preparati. (41) Gli altri dieci discepoli avevano sentito
tutto e cominciarono a indignarsi contro Giacomo e Giovanni. (42) Allora
Gesù li chiamò attorno a sé e disse: «Come sapete, quelli che sono ritenuti
sovrani dei popoli comandano come duri padroni. Le persone potenti fanno
sentire con la forza il peso della loro autorità. (43) Ma tra voi non deve
essere così. Anzi, se uno tra voi vuole essere grande, si faccia servo di
tutti; (44) e se uno vuol essere il primo, si faccia servitore di tutti. (45) Infatti
anche il Figlio dell’uomo è venuto non per farsi servire, ma per servire e per
dare la propria vita come riscatto per la liberazione degli uomini».
[versione TILC - Traduzione interconfessionale in lingua
corrente]
E’ commentato
così nel sussidio dell’AC:
di fronte alla pretesa
di Marco e Giovanni di ottenere una
posizione di privilegio nel suo Regno, Gesù con pazienza ai discepoli quello
che da tempo sta mostrando con la sua vita: è venuto per servire e non per
essere servito. La posizione del corpo di Gesù è quella di chi si abbassa,
un punto di vista che permette di notare le esigenze di tutti. Nei luoghi del
lavoro, della famiglia, della politica e
dell’impegno civico, gli adulti possono scegliere di alzarsi per dominare o di
abbassarsi per avvicinarsi come Gesù, facendo crescere tutta la comunità.
2. Si è iniziato guardando un filmato su Angelo
Vassallo, il sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, assassinato nel 2010.
Si pensa che l’omicidio sia stato una ritorsione per le sue posizioni in materia
di tutela dell’ambiente. Vassallo era soprannominato
il sindaco pescatore, perché aveva un’impresa di motopesca. I suoi
fratelli sono professionisti, lui invece aveva scelto di continuare quell’attività
di famiglia. All’inizio del suo mandato pubblico aveva quattro motopesca, quando
l’hanno ucciso solo uno. Non si arricchì svolgendo quell’incarico in Comune.
Si legge nel sito
fondazionevassallo.it/angelo_vassallo-1/biografia-1/#:~:text=Angelo%20Vassallo%20è%20stato%20sindaco,e%20dal%202005%20al
della Fondazione a lui intitolata:
«Ambientalista convinto, amato dai suoi concittadini, viene
ricordato anche per le sue ordinanze singolari. Nel gennaio 2010 firma
un’ordinanza che prevede una multa fino a mille euro per chi viene sorpreso a
gettare a terra cenere e mozziconi di sigarette. Esempio di rigore nel rispetto
della legge, con modi severi e fermi, che però permettono di mantenere intatta
la bellezza di uno dei comuni più caratteristici del Cilento.
Angelo Vassallo ha travasato il suo amore per il mare, nelle
buone pratiche di una bella politica. Ciò ha portato le acque di Pollica ad
essere le più premiate, negli anni, con le 5 vele – massimo riconoscimento -
della Bandiera Blu di Legambiente e Touring club. L’eredità di Angelo Vassallo
ha consentito di proclamare Pollica, anche per il 2011, regina d’Italia, unica
nella penisola a ricevere le prestigiose 5 vele.
La sera del 5 settembre 2010, mentre rincasava alla guida della
sua auto, Angelo Vassallo è stato barbaramente ucciso, per mano di uno o più
attentatori. I suoi assassini sono ancora ignoti.»
Nel filmato Vassallo è
stato ricordato da uno dei suoi fratelli. Ha detto che era una persona che aveva uno stile di vita semplice, a contatto
con la gente del paese. Ne ha parlato mentre era vicino ad una delle ultime
opere d’arte inaugurate dal fratello, l’installazione artistica di Sante De
Biase La grande onda plasticfree #, alta 3 metri, raffigurante un’onda costruita con tante
bottiglie di plastica recuperate dal mare.
3. Carlo ha poi introdotto
il dibattito. C’è una differenza tra un politico e uno statista. Il secondo è ricordato
e apprezzato per gesti che riscuotono una larga eco nell’opinione pubblica.
Ci ha parlato di Willy Brandt che, nel 1970,
durante una visita in Polonia da cancelliere tedesco per concludere il trattato
con cui la Germania riconobbe i confini tra i due stati che gli erano stati imposti
dopo la Seconda guerra mondiale, passando, a Varsavia, vicino al monumento alle
vittime della distruzione del ghetto ebraico perpetrata dall’esercito nazista,
si inginocchiò. Non era personalmente responsabile, perché durante il nazismo tedesco
era stato un resistente, ma aveva fatto quel gesto come assunzione di responsabilità
da parte del popolo tedesco. In patria fu anche molto criticato per questo, ma
nel 1971 ottenne il premio Nobel per la pace. Inginocchiarsi fu per lui un modo di abbassarsi.
Ci ha poi presentato la foto di quando il
cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterand, a
Verdun, commemorando una sanguinosa battaglia lì combattuta durante la Prima guerra
mondiale, si tennero per mano, a significare la riconciliazione.
Ci ha parlato della figura dello statista
democristiano Alcide De Gasperi (1881-1954), prendendo spunto dal libro della figlia
Maria Roma, Ritratto di uno statista, Mondadori 2004.
Parlando a Parigi alla Conferenza di pace dopo
la fine della Seconda Guerra Mondiale, il 10 agosto 1946, iniziò il suo discorso
con le parole:
«Prendendo la parola
in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale
cortesia, è contro di me: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi
fa considerare come imputato e l'essere citato qui dopo che i più influenti di
voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa
elaborazione. Non corro io il rischio di apparire come uno spirito angusto e
perturbatore, che si fa portavoce di egoismi nazionali e di interessi
unilaterali? Signori, è vero: ho il dovere innanzi alla coscienza del mio Paese
e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano; ma sento
la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista,
come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le
aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universaliste def
cristianesimo e le speranze internazionaliste dei lavoratori, è tutta rivolta
verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella
cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire.»
Un’altra figura significativa di cui Carlo ci
ha parlato è stata quella del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy
quando il 26 giugno 1963, parlando nel settore di Berlino Ovest rimasto nel
dominio delle potenze occupanti Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, davanti
alla Porta di Brandeburgo, al di là della quale c’era il settore di Berlino
incluso nella nuova Repubblica Democratica Tedesca, ad economia e ordinamento
comunista di stampo sovietico, disse queste parole, sensibile alla sofferenza
dei berlinesi che erano stato crudelmente separati dai concittadini dell’altra
parte, tra i quali parenti e amici, anche con la costruzione di un sistema di
fortificazioni (il cosiddetto Muro di Berlino, cominciato nel 1961 e in
seguito reso sempre più impenetrabile):
«Sono fiero di trovarmi
in questa città come ospite del vostro illustre sindaco, che ha simboleggiato
nel mondo lo spirito combattivo di Berlino Ovest. E sono fiero di visitare la
Repubblica federale con il vostro illustre cancelliere, che da tanti anni
impegna la Germania per la democrazia, la libertà e il progresso, e di trovarmi
qui in compagnia del mio compatriota generale Clay, che è stato in questa città
nei grandi momenti di crisi che essa ha attraversato, e vi ritornerà, se mai ve
ne sarà bisogno. Duemila anni fa, il vanto più grande era questo: Civis romanus
sum. Oggi, nel mondo della libertà, il maggior vanto è poter dire: Ich bin
ein Berliner [=
Io sono un berlinese]. C'è molta gente al mondo che realmente non comprende
- o dice di non comprendere - quale sia il gran problema che divide il mondo
libero dal mondo comunista. Vengano a Berlino. Ci sono taluni i quali dicono
che il comunismo rappresenta l'ondata del futuro. Che vengano a Berlino. E ci
sono poi alcuni che dicono, in Europa e altrove, che si potrebbe lavorare con i
comunisti. E vengano anche questi a Berlino. E ci sono persino alcuni pochi, i
quali dicono che è vero, sì, che il comunismo è un cattivo sistema, ma che esso
consente di realizzare il progresso economico. Lass sie nach Berlin kommen [=Lasciateli
venire a Berlino]. La libertà ha molte difficoltà, e la democrazia non è
perfetta; ma noi abbiamo mai dovuto erigere un muro per chiudervi dentro la
nostra gente e impedirle di lasciarci. Desidero dire a nome dei mie
concittadini, che vivono molte miglia lontano, al di là dell'Atlantico - e sono
remoti da voi - che per loro è motivo di massima fierezza il fatto di avere
potuto condividere con voi, sia pure a distanza, la storia degli ultimi
diciotto anni. Non so di alcuna città che, contesa per diciotto anni, conservi
ancora la vitalità, la forza, la speranza e la risolutezza della città di
Berlino Ovest. Sebbene il muro rappresenti la più ovvia e lampante
dimostrazione degli insuccessi del sistema comunista dinanzi agli occhi del
mondo intero, non ne possiamo trarre soddisfazione. Esso rappresenta infatti,
come ha detto il vostro sindaco, un'offesa non solo alla storia, ma un'offesa
all'umanità, perché divide le famiglie, divide i mariti dalle mogli e i
fratelli dalle sorelle, e divide gli uni dagli altri i cittadini che vorrebbero
vivere insieme. Ciò che vale per questa città, vale per la Germania. Una pace
veramente durevole in Europa non potrà essere assicurata fino a quando a un
tedesco su quattro si negherà il diritto elementare di uomo libero, e cioè
quello della libera scelta. In diciotto anni di pace e di buona fede, questa
generazione tedesca si è guadagnata il diritto di essere libera e con esso il
diritto di unire le famiglie e la nazione in pace durevole e in buona volontà
verso tutti i popoli. Voi vivete in un'isola fortificata della libertà; ma la
vostra vita è parte della vita del mondo libero. Vorrei quindi chiedervi,
concludendo, di levare il vostro sguardo al di là dei pericoli di oggi e verso
la speranza di domani, al di là della semplice libertà di questa città di
Berlino o della vostra patria tedesca e verso il progresso della libertà dovunque,
al di là del muro e verso il giorno della pace con giustizia, al di là di voi
stessi e di noi, verso l'umanità tutta. La libertà è indivisibile, e quando un
uomo è in schiavitù, nessun altro è libero. Quando tutti saranno liberi, allora
potremo guardare al giorno in cui questa città sarà riunita - e così questo
Paese e questo grande continente europeo - in un mondo pacifico e ricco di
speranza. Quando questo giorno infine verrà - e verrà - la popolazione di
Berlino Ovest potrà avere motivo di misurata soddisfazione per il fatto di
essersi trovata sulla linea del fronte per quasi due decenni. Tutti gli uomini
liberi, ovunque si trovino, sono cittadini di Berlino. Come uomo libero,
quindi, mi vanto di dire: Ich bin ein Berliner [Io sono un berlinese.]».
Kennedy fu assassinato a Dallas, in Texas, il
22 novembre di quello stesso anno da Lee Harvey Osvald, un uomo con un’oscura
storia nel corso della quale era stato nelle mani sia dei servizi segreti sovietici,
durante una fuga in Unione sovietica nel corso della quale sposò una russa, che di quelli statunitensi, al suo ritorno in
patria, senza che però sia stato dimostrato un loro coinvolgimento nel delitto Kennedy.
Anche Osvald fu assassinato a Dallas, dopo
due giorni dall’omicidio contro il presidente.
4. Beatrice ci ha parlato
del presidente del Burkina Faso Thomas Sankarà, assassinato nella capitale del
suo Paese il 15 ottobre 1987. Si legge su di lui su Wikipedia:
« Nell'agosto del 1983 divenne presidente all'età di 35
anni, in seguito al colpo di Stato contro Jean-Baptiste Ouédraogo guidato dall'amico Compaoré, con
l'appoggio della Libia.
Esattamente un anno dopo il suo insediamento, nel 1984, cambiò il nome del Paese in Burkina Faso [in precedenza
denominato dai colonizzatori francesi Alto Volta], che in More e Djoula, i due idiomi più diffusi nella
nazione, significa "Terra degli uomini integri […] promosse la
"Rivoluzione Democratica e Popolare", definendo la sua ideologia anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento
Politico tenuto il 2 ottobre 1983. In un discorso tenuto ad Addis Abeba, in Etiopia, suggerì l'istituzione di un nuovo
fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e
statunitense. Inoltre, cercò di convincere, invano, gli altri capi di Stato
africani a rifiutarsi di saldare i debiti con gli Stati Uniti e i paesi europei, poiché era convinto che i soldi da
restituire agli altri Stati dovevano essere reinvestiti in riforme sanitarie e
scolastiche»
Cambiò inoltre la bandiera e lo stemma nazionale e scrisse
un nuovo inno, Une Seule Nuit.
Cercò di moralizzare
la vita pubblica nazionale, cominciando con l’autoridursi l’appannaggio
presidenziale. Sostituì il costoso parco macchine pubblico con delle utilitarie
e con ciò che si era risparmiato finanziò iniziative per la popolazione.
Beatrice ci ha anche proposto
un video su Sankarà.
5. Io ho
parlato di mio zio Achille, definito dal celebrante, nel corso della messa
funebre a Bologna, nella chiesa del convento dei Cappuccini in via Bellinzona, piccola
grande uomo. Collaborò a grandi fatti politici e fu maestro di molti
studiosi, ma rimase una persona semplice, innanzi tutto un cristiano, la cui
via era la politica attraverso la sociologia. In fondo allego la scheda che mi
ero preparato su di lui e che ho sintetizzato parlando alla riunione.
6. Elisa ci
ha ricordato, come figura di grande politico in linea con l’abbassarsi evangelico, quella di Nelson Mandela (1918-2013),
rivoluzionario sudafricano che ribaltò le sorti del Sudafrica, lungamente
incarcerato dal regime ferocemente razzista bianco afrikaans, costituito
dai discendenti dei coloni olandesi. Una volta eletto come primo presidente della
nuova Repubblica Sud-africana multirazziale, rinunciò alla vendetta contro i
passati dominatori bianchi.
7. Angela ci ha evidenziato che in tutti i grandi
politici che hanno agito per il bene dell’umanità ci sono connotazioni, dei kairòs, momenti storici in cui ebbero modo di dare il meglio di loro.
Ad esempio ciò accade con l’indiano Ghandi, detto Mahatma, grande anima,
e, appunto Nelson Mandela. Vi è la volontà di farsi prossimi agli altri, nelle loro difficoltà. Di questo è
espressione anche lo sforzo, da vincitori, di non far partecipare solo quelli
della propria parte, ma tutto il popolo, compresi gli sconfitti. Spesso quando
si parla di questo, si assiste ad una sorta di comunismo di maniera, melenso: quella
grandi figure testimoniarono invece con la loro stessa vita. Mandela fece trent’anni
di carcere e Ghandi fu ucciso mentre cercava di conciliare musulmani e induisti.
Puttroppo ci sono sempre gli estremisti che non capiscono la via della mediazione.
Ha ricordato la figura della pakistana Malala Yousafzai
(1997), piccola grande donna, nel 2014 la più giovane premio Nobel per
la pace: fin da ragazza si prodigò per i diritti civili delle donne nel suo Paese
e per questo subì anche un grave attentato.
Sulla sua biografia si
legge su Wikipedia:
«Malala
Yousafzai è una giovane attivista pakistana che all'età di 11 anni è diventata
celebre per il blog, da lei curato per la BBC, nel quale documentava
il regime dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne e
l'occupazione militare del distretto dello Swat.[3][4] È stata nominata per l'International
Children's Peace Prize.
Il
9 ottobre 2012 è stata gravemente colpita alla testa da uomini armati
saliti a bordo del pullman scolastico su cui lei tornava a casa da scuola.[5] Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar,
è sopravvissuta all'attentato dopo la rimozione chirurgica dei proiettili.
Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani, ha rivendicato la responsabilità
dell'attentato, sostenendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e
dell'oscenità”; il leader terrorista ha poi minacciato che, qualora sopravvissuta,
sarebbe stata nuovamente oggetto di attentati. La ragazza è stata in seguito
trasferita in un ospedale di Birmingham che si è offerto di curarla.[6]
Malala
Yousafzai nello Studio Ovale, 11 ottobre 2013
Il
12 luglio 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno, parla al Palazzo
di Vetro a New York, indossando lo scialle appartenuto a Benazir
Bhutto e lanciando un appello all'istruzione delle bambine e dei bambini
di tutto il mondo.[7]
Il
10 ottobre 2013 è stata insignita del Premio Sakharov per la libertà di pensiero;[8] l'annuncio è stato dato dal presidente
del Parlamento europeo, Martin Schulz, che l'ha motivato dicendo
che è una ragazza eroica e ricca di spirito.[9] Il premio le è stato consegnato in occasione
della sessione plenaria di novembre, a Strasburgo, il 20 novembre 2013.
Il
10 ottobre 2014 è stata insignita del premio Nobel per la pace assieme
all'attivista indiano Kailash Satyarthi, diventando con i suoi diciassette
anni la più giovane vincitrice di un premio Nobel. La motivazione del Comitato per il Nobel
norvegese è stata: “per la loro lotta contro la sopraffazione dei
bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all'istruzione”.
8. Chiara ci ha presentato due libri dell’editrice
Ave sul tema della riunione.
Il primo è la biografia
della salvadoregna Marianella Garcia Villas scritta da Anselmo Palini: Marianella
Garcia Villas «avvocata dei poveri, difensore degli oppressi, voce dei perseguitati
e degli scomparsi», Ave 2014, €10,20.
La Garcia Villas fu un’avvocata
collaboratrice dell’arcivescovo Oscar Romero, assassinata nel 1983 per la sua
attività politica.
Sulla sua biografia si
legge su Wikipedia:
«Di estrazione borghese, durante gli anni dell'università si
schierò al fianco del popolo, spinta da una forte sensibilità sociale nata
dall'impatto con la realtà del suo Paese. Laureata in legge e filosofia
all'inizio degli anni settanta, iniziò a lavorare con le comunità di
base contadine e a condividerne la vita, con l'obiettivo di risvegliare le
loro coscienze sui diritti umani fondamentali. Militò prima nell'Azione Cattolica
Universitaria e poi nel Partito Democratico Cristiano; prima tollerata dai
dirigenti, poi ostacolata, fu infine emarginata. Esercitò la professione d'avvocato,
fondando l'ALDHU (Asociación Latino-Americana de Derechos Humanos -
Associazione Latino-Americana dei Diritti Umani), e divenendo Vice Presidente
della Federazione Internazionale dei Diritti Umani.
Si sforzava di capire e
condividere i veri problemi della sua gente: le donne dei mercati e i
lavoratori della terra furono i suoi elettori al Parlamento, all'interno del
quale sedette dal 1974 al 1976. Quando si rese conto che le
spinte dal basso erano non solo ignorate ma represse si allontanò
definitivamente dalla DC e si dedicò al lavoro della Commissione per i Diritti
Umani, di cui era presidente e attraverso la quale cercò costantemente di
tradurre in fatti il suo profondo impegno a favore di una lotta "non
violenta" tesa alla conquista della libertà e della giustizia sociale non
solo in Salvador, ma in tutto il Centroamerica. Dopo il 1980, con
l'uccisione del vescovo Óscar Romero, suo sostenitore, e braccata dalla
Guardia Nacional, riparò in Messico da dove periodicamente rientrava
a El Salvador alla ricerca di prove, documenti e nomi da presentare alla
Commissione per i diritti umani dell'ONU e ai tribunali nazionali.»
L’altro libro è di Serve
ancora la politica? Dieci interviste ai protagonisti di oggi, AVE 2020, €11,40. “Serve”, nel
senso di essere utile, ma anche, nel senso evangelico del brano su cui
abbiamo meditato, di servire gli altri.
Ci presenta dieci
uomini e donne, attualmente impegnati in politica, che cercano di rispondere a
quella domanda. La prefazione è di Marco Damilano
9.
Gloriana ci ha invece ricordato la figura del politico democristiano
Giorgio La Pira (1904-1977), membro dell’assemblea Costituente, coautore in particolare
dell’art.2 della Costituzione, e a lungo sindaco di Firenze. Ha ricordato la
sua istituzione dell’Opera del pane di San Procolo, che la domenica, a
messa, univa la distribuzione dell’Eucaristia con quella di generi alimentari
per i bisognosi, pane dell’anima e per il corpo. E poi il suo programma di edilizia
per la costruzione di case popolari, il suo prodigarsi per salvare i posti di
lavori degli operai della fabbrica Pignone, che la proprietà voleva
chiudere (Fanfani da ministro dell’Interno arrivò a ritirare il passaporto al
titolare). La città, secondo La Pira, era il domicilio delle persone e di Dio.
Ci ha infine parlato della sua esperienza in
un paesino colpito da una forte grandinata. Vide il sindaco girare
personalmente tra la gente parlando con i negozianti per sapere se poteva fare
qualcosa per loro: sicuramente un modi di abbassarsi per servire.
10. Ha chiuso la
riunione don Emanuele parlandoci di papa Francesco, il cui stile è appunto quello
dell’abbassarsi, fin da quando, dopo la sua elezione, si presentò al popolo
come Vescovo di Roma. Memore del cosiddetto Patto delle Catacombe concluso durante il Concilio
Vaticano 2° per impegnarsi a promuovere una Chiesa povera e impegnata tra e
per i poveri, ha centrato il suo Magistero e il suo servizio in varie iniziative
in favore e soccorso dei poveri, degli scartati. Ha celebrato il rito della Lavanda
dei piedi tra i carcerati e adottato
personalmente un tipo di vita semplice e caratterizzato da attenzione alle
persone e alle periferie esistenziali.
13, Gli
incontri di dicembre saranno:
il 12 dicembre, continuando il percorso formativo dell’azione
Cattolica Da corpo a Corpo;
Il 19 dicembre, continuando l’approfondimento sui temi dell’enciclica
Fratelli tutti di papa Francesco.
I link e i codici di
accesso per le riunioni (ogni riunione ha propri link e codici di accesso) saranno
comunicati con la Lettera ai soci di dicembre, via mailing list e Wathsapp.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro Valli
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Il politico a cui sono più legato: mio zio Achille Ardigò, un piccolo grande
uomo
Il politico che ho più ammirato è
stato mio zio Achille, professore di sociologia dell’Alma Mater di
Bologna, morto nel 2008.
Egli non fu un sociologo prestato
alla politica, ma un politico che si fece sociologo per capire come cambiare la
società. E, prima di questo, fu un cristiano, la cui via era la politica mediante
la sociologia, senza alcuna divisione in ciò.
Cominciò al convento dei Cappuccini
di Modena, che ora non c’è più, e la sua storia si concluse al Convento dei
Cappuccini di Bologna, in via Bellinzona, dove lo commemorammo. Fu Un’unica
vocazione.
Fu profeta e ideologo: spiegava che succedeva e consigliava
il da farsi. Fu molto ascoltato nella sua Chiesa e nel partito cristiano, che
nel 1986, verso la fine del mondo di prima, gli fece la sua festa nazionale
nella piazza davanti casa sua a Cervia, in Romagna. Poi fu dimenticato dalla
Chiesa, all’epoca in cui prese a disamorarsi della politica democratica.
Ma fui testimone che lo stimavano
anche al di là delle sue cerchie consuete. Aveva imparato a varcarle fin da
molto giovane, durante la Resistenza emiliana, l’origine e il primo tirocinio del
suo servizio di politico cristiano. “Pensare è varcare le frontiere”, scrisse
Ernst Bloch: lo è anche l’agápe cristiana, il modo cristiano di amare
costruendo società. Collaborò nel processo costituente della nostra
Repubblica, in un piccolo cenacolo che si riuniva a fianco della “Chiesa
nuova”, qui a Roma. Negli ultimi anni, amministrò a lungo, come Commissario
straordinario, un grande ospedale della sua città, l’Istituto Ortopedico
Rizzoli, e, a detta di sanitari e pazienti, fece bene. Cercò di sburocratizzare
le relazioni fra loro. Anche questo per lui fu politica.
Fu il mio padrino di Cresima e per
tutta la vita tenne scrupolosamente fede a questo impegno.
La mia fede è molto legata a lui.