Il Natale e la festa
Nella liturgia cattolica, il Natale è una grande festa, una solennità, che inizia oggi e termina il Primo di gennaio dell’anno nuovo, nell’ottavo giorno: è l’Ottava di Natale. Dietro c’è una teologia, quindi un insieme di concezioni sulle nostre relazioni con i fondamenti della vita e dell’universo, soprannaturali perché organizzati intorno a noi, mentre la natura non appare esserlo. Il Natale è però diventato anche una festa popolare.
Sotto questo profilo, la festa del Natale è da secoli nelle mani delle popolazioni entrate in contatto, in forme più o meno intense, con la socialità cristianizzata.
La festa ai tempi nostri si è globalizzata e coinvolge anche società poco cristianizzate.
In buona parte segue il fascino che i costumi degli europei, del continente o della diaspora europea in altri continenti, hanno ancora nel mondo, principalmente per essere stati per circa due secoli i suoi padroni. Esso quindi ha poco a che fare con i fondamenti della fede cristiana, mentre ne ha più con le teologie cristiane costruite appunto per fare degli europei i padroni del mondo. Esse si svilupparono nel Secondo Millennio, perché nel Primo Millennio la situazione era più sfumata, per il notevole peso politico e culturale che ebbe l’Oriente.
Del resto i cristianesimi furono alle origini movimenti asiatici, ma nella formulazione dei loro fondamenti religiosi ebbe un ruolo determinante, ad esempio, un centro culturale come Alessandria in Egitto, in nord Africa. Il governo sinodale delle Chiese delle origini iniziò a manifestarsi dal Terzo secolo intorno a Cartagine, nella provincia romana d’Africa.
Nell’Estremo Oriente la festa è vissuta fondamentalmente secondo i costumi altamente laicizzati degli statunitensi. È quindi la festa di Santa Claus, che noi chiamiamo Babbo Natale. In Africa orientale il cristianesimo copto ha mantenuto sue antiche tradizioni natalizie, mentre altrove nel continente quelle tradizioni sono più legate alle culture europee, così come nell’America Latina.
La festa, dovunque si sia radicata, è stata fortemente influenzata dalle culture locali e l’efferata polizia teologica esercitata dalle gerarchie delle Chiese cristiane storiche poco o nulla ha potuto. Di solito, però, nella predicazione si criticano certi modi di far festa, in particolare mettendo a confronto la povertà della nascita che si celebra con il dispendio per la festa, ritenuto dissonante.
D’altra parte le immaginifiche narrazioni evangeliche degli eventi natalizi si prestano, perché svelano la gloria della potenza soprannaturale incarnata. L’Epifania, il 6 gennaio, altra solennità inclusa nel Tempo liturgico del Natale, che si chiude con quella del Battesimo del Signore che nel 2023 cade l’8 gennaio, è proprio centrata su questo.
Far festa è molto importante nelle società umane: in particolare per inscenarne i miti fondativi. Le feste le costruiscono. Da come si fa festa si possono individuare i caratteri sociali fondamentali. L’insegnare a far festa è di solito parte della formazione delle persone.
La festa è fatta delle persone e di riti sociali. Non è il periodo dell’anno in cui convenzionalmente le feste cadono, caratterizzato ad esempio dalla stagione meteorologica, ma la gente a fare la festa. Nell’emisfero australe, ad esempio in Australia o in Argentina, il Tempo di Natale cade d’estate, ma anche là durante le festività natalizie ci si traveste da Babbi Natale e se ne usano i pupazzi ed altre raffigurazioni nello stile dell’altro emisfero, quindi di una specie di elfo nordico con vestiti pesanti.
Nelle culture umane sono universali connotati popolari dei riti della festa le liturgie pubbliche, gli eccessi alimentari e sessuali, le musiche, i canti e le danze. Le persone vi cercano l’estasi mediante lo stordimento. Le festività natalizie da noi sono ancora fatte anche, ma direi prevalentemente, di questo. Sono vissute così sia dalle persone benestanti che da quelle povere. Queste ultime possono accontentarsi di una festa povera, ma non ne sono soddisfatte.
Dal punto di vista spirituale il mito che c’è dietro la ritualità liturgica religiosa secondo la nostra fede porta ad allargare la dimensione della relativa festa, fino a farne una realtà permanente e quindi feriale. Questo perché celebra il fatto che il fondamento non è lontano da noi, ma è sempre tra noi, come un neonato del quale prendersi cura perché cresca. Ciò che la teologia definisce Incarnazione è appunto questo. Non siamo più condannati ad assoggettarci del tutto alle crudeli leggi di natura, della quale pure siamo fatti, salvo l’illusione che non sia così nello stordimento dei ciclici riti di festa. Non lo siamo in particolare nelle relazioni tra noi, quindi nella costruzione sociale, che è veramente nelle nostre mani, e che dà la gioia del calore umano, al contrario dei fatti naturali, sui quali possiamo incidere in modo sempre limitato e che, comunque, in quanto impersonali, sono freddi. Questa tendenziale ferialità della festa che dà gioia, per la quale ogni giorno è sempre il giorno del Signore con noi, quindi in fondo ogni giorno è domenica, mi pare la caratteristica peculiare della festa cristiana, fondata sulla gioia nello stare insieme, e non tanto sull’illusione data dallo stordimento di un momento.
Una gioia alla portata di tutte le persone, delle ricche come delle povere, un mondo diverso, soprannaturale nel senso che ho precisato, perché ripudia la spietata violenza che è legge di natura.
Vi auguro, dunque, un Tempo di Natale pieno di quella gioia.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli