Sinodo delle Chiese in Italia
I Cantieri di Betania proposti dalla Conferenza episcopale italiana con il Vadecum
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Indice
Introduzione
Uno sguardo al primo anno
Un incontro lungo il cammino
Il cantiere della strada e del villaggio
Il cantiere dell’ospitalità e della casa
Il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale
Appuntamenti e strumenti
Che cos’è, dunque, un “cantiere”? Lo si può pensare come uno spazio di ascolto e di ricerca in cui proporre attività e dinamiche utili a confrontarsi sinodalmente sugli ambiti proposti ne I cantieri di Betania. Il testo non precisa su quali temi ogni Diocesi debba lavorare, ma identifica tre filoni, lasciando a ciascuna Chiesa locale piena libertà di decidere come concretizzarli all’interno del proprio contesto specifico, oltre alla possibilità di attivare un “quarto cantiere”, legato alla particolarità della realtà diocesana. Un cantiere si può immaginare come un percorso che, facendo leva sulla narrazione dell’esperienza, conduca a momenti di approfondimento e di formazione con l’aiuto di competenze specifiche, senza limitarsi a organizzare singoli eventi.All’interno di ogni cantiere potranno dunque trovare spazio, a titolo di esempio: riunioni di gruppi sinodali; momenti di studio; celebrazioni e iniziative pubbliche aperte al territorio; laboratori di progettazione; incontri in luoghi di particolare valore sociale o culturale… Le modalità pratiche con cui continuare ad ascoltare il Popolo di Dio sono molte e le équipe sinodali potranno trovare ulteriori spunti anche dalle “buone pratiche” già emerse nel corso del primo anno di ascolto e condivise sul sito https://camminosinodale.chiesacattolica.it/ [dal Vademecum allegato al documento CEI sui Cantieri di Betania]
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Introduzione
“Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. Queste parole di papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato un anno fa. Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in questa stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento.
Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali!
Le difficoltà vissute in questo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino.
Questo testo, “I Cantieri di Betania”, è frutto proprio della sinodalità.
Nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del Cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini. Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute.
È tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta. È una grande opportunità per aprirsi ai tanti “mondi” che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù.
Viene consegnato alle Chiese all’inizio dell’estate, perché così abbiamo modo di impostare il cammino del prossimo anno.
Lo sappiamo: a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre ancora gravato dalla diffidenza che “tanto poi non cambia niente”, ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore.
Camminiamo insieme perché con Gesù e, quindi, tra noi.
Ricordiamo quest’anno il sessantesimo di apertura del Concilio Vaticano II.
È sempre la nostra Madre Chiesa, segnata da dolori e dispiaceri per quanto ha oscurato la sua storia, ma piena di ricchezze spirituali, di nuove e inaspettate energie per guardare “con sicurezza ai tempi futuri”.
Mi sembrano così vere ancora oggi le parole pronunciate, all’inizio dell’assise conciliare, da San Giovanni XXIII circa coloro che, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare “i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio” perché “non sono capaci di vedere altro che rovine e guai”. Non senza “offesa”, commentava amaramente il Papa “buono”. Essi “vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa”. Abbiamo molto da imparare! Sono (siamo) i “profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”.
Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a “vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”.
Perché è ancora più vero oggi che “non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli”.
Giovanni XXIII concluse con un’affermazione che sento di fare mia: “È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!”. Il Signore ci aiuti a vivere il nuovo anno di Cammino con questa consapevolezza, matura, segnata dai problemi, certo, ma anche ricca di speranza nello Spirito del Signore che ci guida nelle avversità del mondo ed è l’unica forza nella nostra fragilità perché ci riempie del tesoro di Cristo.
Con fraternità Matteo
Card. Zuppi
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
Roma, 11 luglio 2022 Festa di San Benedetto
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Uno sguardo al primo anno
Nel maggio 2021, rispondendo all’invito di papa Francesco, le Chiese in Italia si sono messe in cammino, avviando un percorso sinodale.
Hanno intrapreso un itinerario aperto, in obbedienza allo Spirito che sorprende sempre; come “Chiese in uscita” hanno invitato tutti a partecipare attraverso una consultazione ampia e capillare; hanno proposto un cammino spirituale, di ascolto reciproco, una sinodalità vissuta sulla quale far leva per quella riforma che il Signore domanda continuamente alla sua Chiesa. Prestare orecchio a “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (cf. Ap 2-3) è stato il principio che ha guidato e orientato il Cammino sinodale sin dall’inizio.
Nel settembre 2021, infatti, a seguito delle prime riflessioni del Gruppo di coordinamento, il Consiglio Episcopale Permanente così ha prospettato il primo anno della fase narrativa del Cammino, inserendolo nel tracciato del Sinodo universale (Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione): Il biennio iniziale (2021-2023) sarà completamente dedicato alla consultazione di tutti coloro che vorranno partecipare: alle celebrazioni, alla preghiera, ai dialoghi, ai confronti, agli scambi di esperienze e ai dibattiti.
Più che attendersi ricette efficaci o miracoli dal documento sinodale finale, che pure si auspica concreto e coraggioso, siamo certi che sarà questo stesso percorso di ascolto del Signore e dei fratelli a farci sperimentare la bellezza dell’incontro e del cammino, la bellezza della Chiesa (...).
Nel primo anno (2021-22) vivremo un confronto a tutto campo sulla Chiesa, percorrendo le tracce proposte dal Sinodo dei Vescovi; nel secondo anno (2022-23), come già chiese il Papa a Firenze, ci concentreremo sulle priorità pastorali che saranno emerse dalla consultazione generale come quelle più urgenti per le Chiese in Italia.
Prima ancora dei documenti, sarà questa stessa esperienza di “cammino” a farci crescere nella “sinodalità”, a farci vivere cioè una forma più bella e autentica di Chiesa.
L’anno pastorale 2021-2022 ha visto l’apertura del Cammino sinodale in tutte le diocesi italiane (17 ottobre 2021).
Non sono mancate incertezze e perplessità a rallentare il percorso; nel cuore dell’inverno si è riacutizzata la pandemia con il suo carico di lutti, sofferenze e disagi; alla fine di febbraio è scoppiata la guerra in Europa, riaccendendo ferite, paure e risentimenti.
In mezzo a queste crisi, che reclamano un contributo al dialogo, alla pace e alla fraternità, il popolo di Dio si è messo in cammino.
Si sono formati circa 50.000 gruppi sinodali, con i loro facilitatori, per una partecipazione complessiva di mezzo milione di persone.
Più di 400 referenti diocesani hanno coordinato il lavoro, insieme alle loro équipe, sostenendo iniziative, producendo sussidi e raccogliendo narrazioni. Si è creata una rete di corresponsabili che è un primo frutto, inatteso, del Cammino e una risorsa preziosa per la sua prosecuzione.
Mentre esprimiamo gratitudine al Signore per la generosità di quanti si sono resi disponibili, ci impegniamo a sostenerli anche nel secondo anno
. Ciascuna diocesi ha trasmesso alla Segreteria Generale della CEI una sintesi di una decina di pagine.
I referenti diocesani si sono incontrati alcune volte online e due volte in presenza a Roma: dal 18 al 19 marzo e dal 13 al 15 maggio.
Quest’ultimo appuntamento residenziale, con la partecipazione dei Vescovi rappresentanti delle Conferenze Episcopali Regionali, ha permesso di stendere una prima sintesi nazionale, detta “Testo di servizio”, articolata intorno a “dieci nuclei”; successivamente, durante la 76ª Assemblea Generale della CEI (23-27 maggio), alla quale hanno preso parte, nelle giornate del 24 e 25 maggio, 32 referenti diocesani, cioè due per ogni Regione ecclesiastica, si è ulteriormente riflettuto, in modo sinodale, arrivando a definire alcune priorità sulle quali concentrare il secondo anno di ascolto.
Quali le consegne di questo primo anno? Dalle sintesi diocesane, che andranno valorizzate nelle rispettive Chiese locali, ne emergono alcune: crescere nello stile sinodale e nella cura delle relazioni; approfondire e integrare il metodo della conversazione spirituale; continuare l’ascolto anche rispetto ai “mondi” meno coinvolti nel primo anno; promuovere la corresponsabilità di tutti i battezzati; snellire le strutture per un annuncio più efficace del Vangelo.
Un incontro lungo il cammino
Mentre confluivano le sintesi diocesane nel maggio 2022, l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania (Lc 10,38-42) si è profilato come icona per il secondo anno. Parole come: cammino, ascolto, accoglienza, ospitalità, servizio, casa, relazioni, accompagnamento, prossimità, condivisione… sono risuonate continuamente nei gruppi sinodali e hanno disegnato il sogno di una Chiesa come “casa di Betania” aperta a tutti.
Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,38-42).
“Mentre erano in cammino”: la scena è dinamica, c’è un cammino insieme a Gesù (un “sinodo”).
Luca aveva indicato poco prima la composizione del gruppo che accompagnava il Maestro: “In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni” (Lc 8,1-3).
Questo gruppo che cammina con il Maestro è il primo nucleo della Chiesa: i Dodici e alcune donne che seguono il Signore lungo la via, peccatori e peccatrici che hanno il coraggio e l’umiltà di andargli dietro. I discepoli e le discepole del Signore non percorrono itinerari alternativi, ma le stesse strade del mondo, per portare l’annuncio del Regno.
I discepoli sono “coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace” (LG 9): non un gruppo esclusivo, ma uomini e donne come gli altri, con uno sguardo però illuminato dalla fede nel Salvatore, che condividono “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (GS 1).
Il primo anno della fase narrativa del Cammino sinodale ha rappresentato per molti questa esperienza discepolare di “strada” percorsa con Gesù. Si sono create preziose sinergie tra le diverse vocazioni e componenti del popolo di Dio (laici, consacrati, vescovi, presbiteri, diaconi, ecc.), tra condizioni di vita e generazioni, tra varie competenze.
È unanime la richiesta di proseguire con lo stesso stile, trovando i modi per coinvolgere le persone rimaste ai margini del Cammino e mettersi in ascolto delle loro narrazioni.
È diventato sempre più chiaro che lo scopo non è tanto quello di produrre un nuovo documento – pure utile e necessario alla fine del percorso – ma quello di avviare una nuova esperienza di Chiesa.
Unanime è stato l’apprezzamento per il metodo della conversazione spirituale (nella prospettiva di Evangelii gaudium 51) a partire da piccoli gruppi disseminati sul territorio, così come per i frutti che questo ha consentito di raccogliere: una bella eredità da cui ripartire nel secondo anno.
L’ascolto della Parola di Dio e delle esperienze di vita, a cui segue quello delle risonanze interiori dei compagni di viaggio, crea quel clima di discernimento comunitario che evita logiche di contrapposizione o dibattiti superficiali, permette di ricercare una vera sintonia, lasciando risuonare la voce dello Spirito.
Questo metodo spirituale è capace di intercettare non solo il sensus fidei che ogni battezzato vive in proporzione alla profondità della sua adesione al Signore (cf. LG 12), ma anche il “frutto dello Spirito” in tutte le persone di buona volontà (cf. Gal 5,22).
Il discernimento sulle sintesi del primo anno di Cammino ha permesso di focalizzare l’ascolto del secondo anno lungo alcuni assi o cantieri sinodali, da adattare liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nel proprio territorio.
Il carattere laboratoriale ed esperienziale dei cantieri potrà integrare il metodo della “conversazione spirituale” e aprire il Cammino sinodale anche a coloro che non sono stati coinvolti nel primo anno.
Quella del cantiere è un’immagine che indica la necessità di un lavoro che duri nel tempo, che non si limiti all’organizzazione di eventi, ma punti alla realizzazione di percorsi di ascolto ed esperienze di sinodalità vissuta, la cui rilettura sia punto di partenza per la successiva fase sapienziale.
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I cantieri sinodali di seguito indicati rilanciano le priorità individuate per il secondo anno del Cammino. È utile ribadire che questo resta un tempo di ascolto e non di letture sistematiche e di risposte pastorali, a cui saranno invece dedicate le successive fasi, sapienziale e profetica. È certo un ascolto “orientato”, per poter raccogliere narrazioni utili a proseguire il cammino; un ascolto che si fa riflessione, in una circolarità feconda tra esperienza e pensiero che comincia ad acquisire gli strumenti con cui costruire le novità chieste dallo Spirito. Alla base rimane il lavoro svolto durante il primo anno e la domanda fondamentale del Sinodo universale: “Una Chiesa sinodale, annunciando il Vangelo, cammina insieme: come questo ‘camminare insieme’ si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere nel nostro ‘camminare insieme’?”.
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Il cantiere della strada e del villaggio
“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio”. Gesù non evita i villaggi, ma insieme al gruppo dei discepoli e delle discepole li attraversa, incontrando persone di ogni condizione. Sulle strade e nei villaggi il Signore ha predicato, guarito, consolato; ha incontrato gente di tutti i tipi – come se tutto il “mondo” fosse lì presente – e non si è mai sottratto all’ascolto, al dialogo e alla prossimità. Si apre per noi il cantiere della strada e del villaggio, dove presteremo ascolto ai diversi “mondi” in cui i cristiani vivono e lavorano, cioè “camminano insieme” a tutti coloro che formano la società; in particolare occorrerà curare l’ascolto di quegli ambiti che spesso restano in silenzio o inascoltati: innanzitutto il vasto mondo delle povertà: indigenza, disagio, abbandono, fragilità, disabilità, forme di emarginazione, sfruttamento, esclusione o discriminazione (nella società come nella comunità cristiana), e poi gli ambienti della cultura (scuola, università e ricerca), delle religioni e delle fedi, delle arti e dello sport, dell’economia e finanza, del lavoro, dell’imprenditoria e delle professioni, dell’impegno politico e sociale, delle istituzioni civili e militari, del volontariato e del Terzo settore. Sono spazi in cui la Chiesa vive e opera, attraverso l’azione personale e organizzata di tanti cristiani, e la fase narrativa non sarebbe completa se non ascoltasse anche la loro voce. Papa Francesco insiste sulla necessità di porsi in ascolto profondo, vero e paziente di tutti coloro che desiderano dire qualcosa, in qualsiasi modo, alla Chiesa (cf. Omelia per l’apertura del Sinodo, 10 ottobre 2021). Il Concilio Vaticano II, profezia dei tempi moderni e punto di riferimento per il Cammino, ha ricordato che la Chiesa non solo dà, ma anche riceve dal mondo (cf. GS 44-45). Nella realizzazione di questo cantiere sinodale dovremo misurarci con la questione dei linguaggi, che in alcuni casi risultano difficili da decodificare per chi non li utilizza abitualmente: basta pensare ai codici comunicativi dei social e degli ambienti digitali abitati dai più giovani, o a quelli delle fratture prodotte dall’emarginazione. Occorrerà, dunque, uno sforzo per rimodulare i linguaggi ecclesiali, per apprenderne di nuovi, per frequentare canali meno usuali e anche per adattare creativamente il metodo della “conversazione spirituale”, che non potrà essere applicato dovunque allo stesso modo e dovrà essere adattato per andare incontro a chi non frequenta le comunità cristiane. In tal senso, sarà importante rafforzare e rendere stabile nel tempo l’ascolto dei giovani che il mondo della scuola e dell’università ha reso possibile, così da entrare in relazione con persone che altrimenti la Chiesa non incontrerebbe. Camminando per le strade e i villaggi della Palestina, Gesù riusciva ad ascoltare tutti: dai dottori della legge ai lebbrosi, dai farisei ai pescatori, dai giudei osservanti ai samaritani e agli stranieri. Dobbiamo farci suoi discepoli anche in questo, con l’aiuto dello Spirito.
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Domanda di fondo: come il nostro “camminare insieme” può creare spazi di ascolto reale della strada e del villaggio?
• Quest’anno verso quali ambienti vitali possiamo allargare il raggio del nostro ascolto, aprendo dei cantieri?
• Quali differenze e minoranze chiedono una specifica attenzione da parte delle comunità cristiane? Cosa comporterà per la Chiesa assumere queste attenzioni?
• Di quali linguaggi dobbiamo diventare più esperti? Come possiamo imparare una lingua diversa dall’“ecclesialese”?
• Come comunità ecclesiale, da quali attori o gruppi sociali possiamo imparare o avere imparato qualcosa?
• Come possiamo adattare il metodo della conversazione spirituale ai diversi ambiti della vita sociale e civile?
Bussola: Costituzioni “Sacrosanctum Concilium” e “Lumen Gentium” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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Il cantiere dell’ospitalità e della casa
“Una donna, di nome Marta, lo ospitò” nella sua casa. Il cammino richiede ogni tanto una sosta, desidera una casa, reclama dei volti. Marta e Maria, amiche di Gesù, gli aprono la porta della loro dimora. Anche Gesù aveva bisogno di una famiglia per sentirsi amato. Le comunità cristiane attraggono quando sono ospitali, quando si configurano come “case di Betania”: nei primi secoli, e ancora oggi in tante parti del mondo dove i battezzati sono un “piccolo gregge”, l’esperienza cristiana ha una forma domestica e la comunità vive una fraternità stretta, una maternità accogliente e una paternità che orienta. La dimensione domestica autentica non porta a chiudersi nel nido, a creare l’illusione di uno spazio protetto e inaccessibile in cui rifugiarsi. La casa che sogniamo ha finestre ampie attraverso cui guardare e grandi porte da cui uscire per trasmettere quanto sperimentato all’interno – attenzione, prossimità, cura dei più fragili, dialogo – e da cui far entrare il mondo con i suoi interrogativi e le sue speranze. Quella della casa va posta in relazione alle altre immagini di Chiesa: popolo, “ospedale da campo”, “minoranza creativa”, ecc. Richiamandosi all’esperienza della pandemia, nel primo anno del Cammino sinodale, molti hanno evidenziato la fecondità della “casa” anche come “Chiesa domestica”, luogo di esperienza cristiana (ascolto della Parola di Dio, celebrazioni, servizio). Emerge il desiderio poi di una Chiesa plasmata sul modello familiare (sia esso con figli, senza figli, monogenitoriale o unipersonale), capace di ritrovare ciò che la fonda e l’alimenta, meno assorbita dall’organizzazione e più impegnata nella relazione, meno presa dalla conservazione delle sue strutture e più appassionata nella proposta di percorsi accoglienti di tutte le differenze. Il cantiere dell’ospitalità e della casa dovrà approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra una ricca esperienza di fraternità e una spinta alla missione che la conduce fuori. Si interrogherà poi sulle strutture, perché siano poste al servizio della missione e non assorbano energie per il solo auto-mantenimento, e dovrà verificarne sostenibilità e funzionalità. In un “cambiamento d’epoca” come il nostro (cf. Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti del V Convegno Nazionale della Chiesa italiana, 10 novembre 2015), tale verifica dovrà includere l’impatto ambientale, cioè la partecipazione responsabile della comunità alla cura della casa comune (cf. Laudato si’). Questo cantiere si può aprire anche sugli orizzonti del decentramento pastorale, per una presenza diffusa sul territorio, oltre che sulle strutture amministrative come le “unità pastorali” e simili. Nell’ambito del cantiere sinodale si potrà poi rispondere alla richiesta, formulata da molti, di un’analisi e un rilancio degli organismi di partecipazione (specialmente i Consigli pastorali e degli affari economici), perché siano luoghi di autentico discernimento comunitario, di reale corresponsabilità, e non solo di dibattito e organizzazione.
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Domanda di fondo: come possiamo “camminare insieme” nella corresponsabilità?
• Quali funzioni e impegni sono davvero necessari all’evangelizzazione e quali sono solo vòlti a conservare le strutture? Quali delle nostre strutture si potrebbero snellire per servire meglio l’annuncio del Vangelo?
• Che cosa chiedono gli uomini e le donne del nostro tempo, per sentirsi “a casa” nella Chiesa?
• Quali passi avanti siamo disposti a fare, come comunità cristiane per essere più aperte, accoglienti e capaci di curare le relazioni? Esistono esperienze ospitali positive per ragazzi, giovani e famiglie (ad es. l’oratorio)?
• Che consapevolezza abbiamo nelle comunità cristiane di essere diocesi, Chiesa locale?
• Quale autorità, tra funzione consultiva e deliberativa, si è disposti a riconoscere agli organismi di partecipazione ecclesiale nell’esercizio della comune vocazione battesimale? In quale direzione andrebbero riformati?
• Che cos’è che aiuta a vivere l’esperienza cristiana nelle case e cosa servirebbe per essere aiutati a viverla meglio?
Bussola: Costituzione “Gaudium et Spes” e decreto “Apostolicam Actuositatem” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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Il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale
“Maria (…), seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi”. L’accoglienza delle due sorelle fa sentire a Gesù l’affetto, gli offre ristoro e ritempra il cuore e il corpo: il cuore con l’ascolto, il corpo con il servizio. Marta e Maria non sono due figure contrapposte, ma due dimensioni dell’accoglienza, innestate l’una nell’altra in una relazione di reciprocità, in modo che l’ascolto sia il cuore del servizio e il servizio l’espressione dell’ascolto. Gesù non critica il fatto che Marta svolga dei servizi, ma che li porti avanti ansiosamente e affannosamente, perché non li ha innestati nell’ascolto. Un servizio che non parte dall’ascolto crea dispersione, preoccupazione e agitazione: è una rincorsa che rischia di lasciare sul terreno la gioia. Papa Francesco ricorda in proposito che, qualche volta, le comunità cristiane sono affette da “martalismo”. Quando invece il servizio si impernia sull’ascolto e prende le mosse dall’altro, allora gli concede tempo, ha il coraggio di sedersi per ricevere l’ospite e ascoltare la sua parola; è Maria per prima, cioè la dimensione dell’ascolto, ad accogliere Gesù, sia nei panni del Signore sia in quelli del viandante. Il servizio necessita, dunque, di radicarsi nell’ascolto della parola del Maestro (“la parte migliore”, Lc 10,42): solo così si potranno intuire le vere attese, le speranze, i bisogni. Imparare dall’ascolto degli altri è ciò che una Chiesa sinodale e discepolare è disposta a fare. Si apre il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale, che focalizza l’ambito dei servizi e ministeri ecclesiali, per vincere l’affanno e radicare meglio l’azione nell’ascolto della Parola di Dio e dei fratelli: è questo che può distinguere la diaconia cristiana dall’impegno professionale e umanitario. Spesso la pesantezza nel servire, nelle comunità e nelle loro guide, nasce dalla logica del “si è sempre fatto così” (cf. Evangelii gaudium 33), dall’affastellarsi di cose da fare, dalle burocrazie ecclesiastiche e civili incombenti, trascurando inevitabilmente la centralità dell’ascolto e delle relazioni. Il Cammino sinodale può far emergere questa fatica in un contesto nel quale si fa esperienza del suo antidoto: l’ascolto della Parola di Dio e l’ascolto reciproco, di cui molte sintesi hanno evidenziato una grande sete. Il primo obiettivo di questo cantiere sarà, allora, quello di riconnettere la diaconia con la sua radice spirituale, per vivere la “fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano” (Evangelii gaudium 92). Si incroceranno, inoltre, le questioni legate alla formazione dei laici, dei ministri ordinati, di consacrate e consacrati; le ministerialità istituite, le altre vocazioni e i servizi ecclesiali innestati nella comune vocazione battesimale del popolo di Dio “sacerdotale, profetico e regale”. La centralità delle figure di Marta e Maria richiama poi esplicitamente il tema della corresponsabilità femminile all’interno della comunità cristiana.
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Domanda di fondo: come possiamo “camminare insieme” nel riscoprire la radice spirituale (“la parte migliore”) del nostro servizio?
• Come possiamo evitare la tentazione dell’efficientismo affannato o “martalismo”, innestando il servizio dell’ascolto di Dio e del prossimo? Esistono esperienze positive in merito?
• Che cosa può aiutarci a “liberare” il tempo necessario per avere cura delle relazioni?
• Come coinvolgere le donne e le famiglie nella formazione e nell’accompagnamento dei presbiteri?
• Quali esperienze di ascolto della Parola di Dio e crescita nella fede possiamo condividere (gruppi biblici, incontri nelle case, lectio divina, accompagnamento spirituale di singole e coppie, processi formativi a tutti i livelli...)?
• Quali sono i servizi e i ministeri più apprezzati e quelli che si potrebbero promuovere nella nostra comunità cristiana? E ancora: quale spazio rivestono o possono rivestire nelle comunità cristiane le persone che vivono forme di consacrazione e di vita contemplativa?
Bussola: Costituzione “Dei Verbum” e decreti “Presbyterorum Ordinis” e “Perfectae Caritatis” Con il Concilio Vaticano II in cammino verso il Giubileo del 2025
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Appuntamenti e strumenti
In vista della realizzazione di questi cantieri, durante l’estate 2022, attraverso il sito dedicato (https://camminosinodale.chiesacattolica.it/), verranno messe a disposizione esperienze e buone pratiche come doni reciproci tra le Chiese locali, secondo il metodo praticato nel Convegno Ecclesiale di Firenze del 2015 e nella Settimana Sociale di Taranto del 2021. Si potranno così trovare spunti utili per la costruzione dei cantieri. A questo scopo, ogni Chiesa locale è invitata ad inviare alla mail camminosinodale@chiesacattolica.it una o due “buone pratiche” (scheda, video, audio o altro). Si studierà poi come formare gli operatori pastorali all’animazione dei cantieri sinodali, specialmente di quelli della strada e del villaggio, per fornire strumenti utili a mettersi in ascolto attivo dei loro linguaggi. Per l’inizio di settembre verrà inoltre predisposto dal Gruppo di coordinamento nazionale un piccolo sussidio metodologico per favorire la costruzione dei cantieri sinodali. Ogni Chiesa locale ha poi la possibilità di individuare un quarto cantiere, valorizzando una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco. È importante tenere come orizzonte, per l’intero arco del Cammino sinodale, la celebrazione eucaristica quale paradigma della sinodalità. Nella casa di Betania Gesù sedeva a mensa insieme a Marta, Maria e Lazzaro. Nel settembre 2022 il Congresso Eucaristico Nazionale di Matera metterà in luce questa profonda connessione: nel rito eucaristico si concentrano, in forma simbolica, tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana, ovvero il cammino che convoca i discepoli in assemblea, l’ascolto della Parola di Dio, la risposta comunitaria a questa Parola, l’accoglienza del dono del corpo e sangue di Gesù, la comunione con Lui che rende i fedeli “un solo corpo”, l’invio in missione e il ritorno nelle proprie case per vivere il quotidiano. La diversità e l’armonia dei compiti e dei servizi, nel contesto dell’assemblea celebrante presieduta dal ministro, sono lo specchio della Chiesa “sinodale”, popolo di Dio in cammino sotto la guida del Signore.
Approvato dal Consiglio Episcopale Permanente riunito in videoconferenza il 5 luglio 2022
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Continuiamo a camminare insieme
Vademecum per il secondo anno del Cammino sinodale delle Chiese in Italia a cura del Gruppo di coordinamento nazionale
Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia vive, nell’anno pastorale 2022-2023, il secondo anno della fase narrativa, dedicato ancora all’ascolto del Popolo di Dio. Non è una ripetizione o una semplice riproposizione del lavoro svolto nel primo anno. L’ascolto prosegue ampliandosi, cercando di coinvolgere persone, gruppi e ambienti finora non raggiunti, e approfondendosi, a partire dai frutti del primo anno e dalle priorità individuate. Il testo I cantieri di Betania (luglio 2022) traccia le prospettive di questo secondo anno e propone i cantieri sinodali come assi di lavoro, da adattare alle singole realtà locali. Il presente Vademecum riprende quel testo e lo sviluppa in senso operativo, ponendosi come strumento al servizio dei Vescovi, dei referenti diocesani e delle équipe che promuovono il Cammino sinodale. Il percorso delle Chiese in Italia continua con lo sguardo rivolto anche ai prossimi passi del Sinodo universale 2021-2023 (“Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”) in modo da valorizzare al meglio gli stimoli e le linee che ne scaturiranno. Il dinamismo tra particolare, nazionale e universale è essenziale per un cammino di Chiesa sinodale.
1. CRITERI GENERALI
Il cammino compiuto e i frutti raccolti sono la base per la prosecuzione del lavoro: non si ricomincia da zero, ma si riparte nella direzione indicata da I cantieri di Betania.
a) L’obiettivo Rimane quello del primo anno: “Avviare una nuova esperienza di Chiesa”, che pratichi la sinodalità e irrobustisca la capacità di “camminare insieme”. L’interrogativo di fondo resta perciò quello indicato nel Documento base del Sinodo universale 2021-2023 e già al centro del primo anno della fase narrativa: Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?
b) Le équipe sinodali Il primo anno ci consegna un vero tesoro: le persone che si sono coinvolte e impegnate. Le équipe sinodali, in particolare, rivestono un ruolo fondamentale per guidare il cammino del secondo anno. Non devono però trasformarsi in nuove “sovrastrutture pastorali”, ma rimanere aperte, nell’intreccio con la pastorale ordinaria, a ulteriori collaborazioni, a più ampi coinvolgimenti, soprattutto là dove la costruzione dei cantieri richiederà di integrare competenze e prospettive non presenti nelle équipe.
c) Le sintesi diocesane del primo anno Costituiscono un altro prezioso frutto del primo anno, sintetizzando la risposta di ogni Chiesa locale alle sollecitazioni ricevute; perciò, rappresentano il punto da cui ogni Diocesi è invitata a ripartire, adattando la proposta dei cantieri, in un dinamismo di confronto circolare con le altre Chiese in Italia.
d) Il metodo Il primo anno consegna l’unanime apprezzamento per il metodo della conversazione spirituale a partire da piccoli gruppi disseminati sul territorio e per i frutti che ha consentito di raccogliere. L’ascolto della Parola di Dio e delle esperienze di vita, seguito dalle risonanze interiori dei compagni di viaggio, crea quel clima di discernimento comunitario che evita logiche di contrapposizione o dibattiti superficiali, permettendo la ricerca di una vera sintonia e lasciando risuonare la voce dello Spirito. Il metodo viene dunque confermato e dovrà essere approfondito.
e) L’intreccio con la pastorale ordinaria Il Cammino sinodale non comporta una sospensione della pastorale ordinaria, che rappresenta sempre la base di riferimento. Anche i cantieri, pur presentandosi come percorsi specifici, intendono trovare linfa nella vita quotidiana delle comunità e, dall’altro lato, contribuire alla vitalità delle forme con cui essa si esprime.
2. UN COINVOLGIMENTO DIFFUSO MA DIFFERENZIATO
Il primo anno di ascolto ha offerto la medesima proposta a tutti coloro che si sono lasciati coinvolgere: partecipare a un gruppo sinodale. La novità del secondo anno è la pluralità dei cantieri, che apre la possibilità di proposte differenziate. In entrambe le metodologie è fondamentale il servizio delle équipe diocesane. Che cos’è, dunque, un “cantiere”? Lo si può pensare come uno spazio di ascolto e di ricerca in cui proporre attività e dinamiche utili a confrontarsi sinodalmente sugli ambiti proposti ne I cantieri di Betania. Il testo non precisa su quali temi ogni Diocesi debba lavorare, ma identifica tre filoni, lasciando a ciascuna Chiesa locale piena libertà di decidere come concretizzarli all’interno del proprio contesto specifico, oltre alla possibilità di attivare un “quarto cantiere”, legato alla particolarità della realtà diocesana. Un cantiere si può immaginare come un percorso che, facendo leva sulla narrazione dell’esperienza, conduca a momenti di approfondimento e di formazione con l’aiuto di competenze specifiche, senza limitarsi a organizzare singoli eventi. All’interno di ogni cantiere potranno dunque trovare spazio, a titolo di esempio: riunioni di gruppi sinodali; momenti di studio; celebrazioni e iniziative pubbliche aperte al territorio; laboratori di progettazione; incontri in luoghi di particolare valore sociale o culturale… Le modalità pratiche con cui continuare ad ascoltare il Popolo di Dio sono molte e le équipe sinodali potranno trovare ulteriori spunti anche dalle “buone pratiche” già emerse nel corso del primo anno di ascolto e condivise sul sito https://camminosinodale.chiesacattolica.it/. Le singole Diocesi decidono a quale livello attivare i cantieri scelti e quali saranno coordinati direttamente dalla Chiesa locale: per le loro caratteristiche e i loro obiettivi, infatti, non tutti potranno essere attivati in ambito parrocchiale. Sono allo studio anche percorsi a livello nazionale. È importante che tutta la comunità sia coinvolta, in diverso modo, nell’esperienza dei cantieri. La scelta di quali aprire, la loro attivazione e quanto da essi andrà emergendo: tutti i singoli passi compiuti dovranno essere comunicati e condivisi così che essi siano realmente una esperienza di sinodalità vissuta. I cantieri costituiscono l’occasione per un confronto che si allarghi oltre la cerchia di quanti frequentano la comunità. Nel cercare questo ampio coinvolgimento occorrerà tenere presente che ci si troverà ad operare con persone che hanno già vissuto l’esperienza dello scorso anno e con altre che invece parteciperanno per la prima volta; il che richiede di trovare modalità adatte alle diverse situazioni. Non tutti coloro che hanno partecipato al primo anno potranno essere coinvolti nei cantieri; ad essi sarà bene fornire una prospettiva di continuità della partecipazione al Cammino e favorire il loro impegno per crescere nella capacità di vivere in modo sinodale la vita ordinaria della Chiesa. È necessario, infine, tenere presente che molti (la maggioranza della comunità) non hanno partecipato ai gruppi del primo anno, né sono direttamente coinvolti nei cantieri: l’obiettivo è farli avvicinare a uno stile sinodale.
3. UNA METODOLOGIA PER I CANTIERI
Il cantiere è uno spazio di sinodalità vissuta, che permetta un confronto ampio e profondo, in modo da far emergere anche la voce di quanti hanno difficoltà a prendere la parola in contesti formali. La sfida metodologica si gioca su un duplice versante, con il ruolo decisivo dell’équipe diocesana: gestire il processo che porta alla scelta di quali cantieri attivare e condurre ciascun cantiere attivato con la metodologia appropriata. In entrambi i casi occorre approfondire e far evolvere il metodo della conversazione spirituale così come sperimentato nei Gruppi sinodali del primo anno e come prospettato dal n. 51 dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium [v. nota 1] (per indicazioni pratiche si veda inoltre il Vademecum per il Sinodo 2021-2023, Appendice B, pag. 3)
La conversazione spirituale è esercizio di un ascolto che va in profondità e che si fa perciò stesso discernimento. Si tratta prima di tutto di riconoscere nell’esperienza, attraverso i motivi di consolazione e le ferite, ciò che contribuisce a far crescere il Regno di Dio ma anche ciò che invece ne costituisce la negazione, le mozioni dello Spirito e ciò che ad esse si frappone come ostacolo. Un riconoscimento che, approfondendosi, diventa interpretazione e conduce a scegliere, a decidersi, orientando l’agire secondo quanto lo Spirito suggerisce. Riconoscere, interpretare, scegliere sono i tre momenti che scandiscono l’ascolto, la rilettura di quanto condiviso e la sua narrazione, ma anche l’esercizio del discernimento comune che in tal modo si realizza.
[nota 1] «Esorto tutte le comunità ad avere una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi. Si tratta di una responsabilità grave […]. È opportuno chiarire ciò che può essere un frutto del Regno e anche ciò che nuoce al progetto di Dio. Questo implica non solo riconoscere e interpretare le mozioni dello spirito buono e dello spirito cattivo, ma – e qui sta la cosa decisiva – scegliere quelle dello spirito buono e respingere quelle dello spirito cattivo» (Evangelii gaudium, 51)
Nel lavoro dei cantieri, tre passi possono aiutare a strutturare la metodologia da seguire, secondo tre verbi: delimitare, approfondire, costruire. Delimitare con precisione l’ambito di riferimento di ciascun cantiere, per evitare la dispersione in mille rivoli. Questo comporta il riconoscere, alla luce del primo anno, un aspetto, un tema, una questione, su cui si ritiene occorra esercitare maggiormente l’ascolto. In questo passaggio occorre individuare i diversi attori coinvolti che andranno convocati: l’ascolto non è completo se non sono presenti le diverse prospettive in gioco. Approfondire indica la necessità di superare un ascolto superficiale, che ripeta stereotipi e luoghi comuni, spingendo invece i partecipanti a fare un passo in avanti nell’analisi e nella comprensione in un atteggiamento contemplativo e di preghiera: formulare alcune domande guida potrà essere molto utile. Si tratta di un ascolto che aiuta a svolgere l’esercizio dell’interpretare; un ascolto non fine a sé stesso, ma teso a cogliere la presenza e le mozioni dello Spirito. Costruire, infine, richiede di immaginare uno sbocco al lavoro del cantiere: dopo essersi messi in ascolto e aver approfondito le risonanze che l’ascolto provoca in ciascuno, quali passi fare? Nell’affrontare questa domanda viene chiamato in causa lo scegliere. Attraverso questo passo sarà possibile offrire materiali utili alle successive fasi, sapienziale e profetica, del Cammino sinodale.
4. LA RESTITUZIONE DEL SECONDO ANNO Anche il secondo anno del Cammino sinodale vuole caratterizzarsi per la condivisione di quanto si andrà realizzando nelle diverse realtà ecclesiali. Per questo motivo si è pensato a un processo di “restituzione” in itinere e conclusivo. Per favorire la restituzione in itinere, le singole Diocesi e le altre realtà ecclesiali, una volta definiti i cantieri, comunicheranno al Gruppo di coordinamento nazionale il tema e le domande che li caratterizzano. A questi si aggiungeranno alcuni cantieri di ascolto attivati a livello nazionale, a partire da gennaio 2023, su tematiche specifiche. Alle équipe diocesane sarà chiesto di identificare persone ed esperienze, in modo da realizzare un ascolto che coinvolga tutto il Paese e valorizzi le diverse realtà locali. Per favorire la circolarità, inoltre, saranno organizzati, come nel primo anno, momenti di incontro tra tutti i referenti sia a livello nazionale, sia a livello regionale. In merito alla restituzione conclusiva del secondo anno, quanto emergerà nei diversi cantieri, sia in ordine ai contenuti, sia in ordine ai processi, rappresenterà per ogni Diocesi il quadro da prendere in considerazione mettendo in luce le risonanze condivise, i punti di rottura, le possibili piste di lavoro. Nella logica della condivisione del cammino, alle Diocesi e alle altre realtà ecclesiali che avranno attivato i cantieri sarà chiesta la consegna di una scheda sintetica per ogni cantiere (o nucleo omogeneo di cantieri) che descriva brevemente l’esperienza condotta e soprattutto evidenzi che cosa la comunità cristiana ha imparato da questo percorso. A suo tempo sarà pubblicato sul sito e inviato ai referenti un format per facilitare la stesura di queste schede.
IL CANTIERE DELLA STRADA E DEL VILLAGGIO
Il “cantiere della strada e del villaggio” riguarda l’ascolto dei mondi vitali, in particolare quelli che spesso restano in silenzio o inascoltati: questo richiederà uno sforzo per rimodulare i linguaggi ecclesiali in modo da renderli comprensibili a quanti non li utilizzano normalmente. Da un punto di vista operativo, l’équipe diocesana sarà chiamata a raccordarsi con chi nella Chiesa meglio conosce questi ambiti e i loro linguaggi. Per fare alcuni esempi, potrebbe trattarsi della Caritas diocesana, delle molte associazioni con cui i cristiani sono presenti nel mondo del lavoro, del sindacato, delle professioni, della cooperazione e del Terzo settore, delle realtà laiche, ecc. Per le caratteristiche di questi mondi, è assai probabile che in molti contesti risulti poco praticabile l’attivazione di cantieri di questo ambito a livello troppo locale (ad esempio parrocchiale), per cui andranno pensati percorsi a livello diocesano o magari regionale. A questo scopo si sta anche valutando l’idea di avviare alcuni cantieri a livello nazionale. È importante che il cantiere ruoti attorno ad una domanda specifica, sempre nell’orizzonte della domanda fondamentale del Sinodo universale 2021-2023. A questo proposito nella formulazione della domanda ci può riferire a quella di fondo (come il nostro “camminare insieme” può creare spazi di ascolto reale della strada e del villaggio?) e a quelle esemplificative, proposte ne I cantieri di Betania, frutto di quanto emerso dalle sintesi diocesane. Sarà importante declinare la domanda a seconda degli interlocutori.
IL CANTIERE DELL’OSPITALITÀ E DELLA CASA
In un “cambiamento d’epoca” come il nostro (cfr. Papa Francesco, Discorso ai rappresentanti del V Convegno nazionale della Chiesa italiana, 10 novembre 2015), il cantiere dell’ospitalità e della casa vuole approfondire l’effettiva qualità delle relazioni comunitarie e la tensione dinamica tra fraternità e missionarietà, includendo l’impatto ambientale, cioè la partecipazione responsabile della comunità alla cura della casa comune (cfr. Laudato si’). Questo cantiere si può aprire anche sugli orizzonti del decentramento pastorale, per una presenza diffusa sul territorio, oltre che sulle strutture amministrative come le “unità pastorali” e simili. Nell’ambito del cantiere sinodale si potrà poi rispondere alla richiesta, formulata da molti, di un’analisi e un rilancio degli organismi di partecipazione (specialmente i Consigli pastorali e degli affari economici). Questo ambito interpella direttamente i diversi livelli della comunità cristiana e si presta all’attivazione di cantieri anche a livello parrocchiale (ad esempio, coinvolgendo i membri degli organismi di partecipazione in vista dell’assunzione di uno stile più sinodale). Il tema dell’immagine della Chiesa (la Chiesa-casa, la Chiesa in uscita) si presenta poi come potenzialmente interessante per il coinvolgimento di tutta la comunità, potendo offrire opportunità di realizzare una catechesi biblica o esercizi spirituali a cui segua un lavoro sulle risonanze. Anche per questo cantiere è importante che il percorso di ascolto ruoti attorno a una domanda specifica, sempre nell’orizzonte della domanda fondamentale del Sinodo universale 2021-2023. Nella formulazione della domanda ci può riferire a quella di fondo (come possiamo “camminare insieme” nella corresponsabilità?) e a quelle esemplificative, proposte nel testo I cantieri di Betania, frutto di quanto emerso dalle sintesi diocesane.
IL CANTIERE DELLE DIACONIE E DELLA FORMAZIONE SPIRITUALE
Il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale ha come primo obiettivo quello di riconnettere la diaconia con la sua radice spirituale, per vivere la “fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano” (Evangelii gaudium, 92). Si incroceranno, inoltre, le questioni legate alla formazione dei laici, dei ministri ordinati, di consacrate e consacrati; le ministerialità istituite, le altre vocazioni e i servizi ecclesiali innestati nella comune vocazione battesimale del Popolo di Dio “sacerdotale, profetico e regale”. Ma anche il tema della corresponsabilità femminile nella comunità. I cantieri di questo ambito potrebbero rappresentare l’occasione per approfondire l’ascolto di coloro che, in modi diversi, sono già impegnati nella comunità, al cui interno svolgono un ministero e un servizio, anche in questo caso in vista di un ripensamento delle funzioni e dello stile relazionale in chiave più autenticamente sinodale. Ma possono essere anche occasione per l’ascolto di voci che normalmente sono minoritarie nelle dinamiche della corresponsabilità, o non sempre adeguatamente valorizzate (le donne, ad esempio, o i giovani; i religiosi e le religiose; le persone emarginate…) al fine di trovare modi adeguati a un loro coinvolgimento partecipativo. O lo spazio per immaginare una ministerialità della comunità che risponda in maniera articolata e creativa alle esigenze dell’annuncio del Vangelo. Come per le altre tipologie di cantiere è importante che il percorso di ascolto ruoti attorno a una domanda specifica, sempre nell’orizzonte della domanda fondamentale del Sinodo universale 2021-2023. Nella formulazione della domanda ci può riferire a quella di fondo (come possiamo “camminare insieme” nel riscoprire la radice spirituale (“la parte migliore”) del nostro servizio?) e a quelle esemplificative, proposte nel testo I cantieri di Betania, frutto di quanto emerso dalle sintesi diocesane.
Anche per quanto riguarda la quarta tipologia di cantieri che una Diocesi può realizzare alla luce di quanto emerso nell’ascolto locale, si suggerisce di costruire il percorso attraverso l’individuazione di una domanda guida.