Effervescenza mitologica
In teologia si parla di un senso della
fede della persona credente, per il
quale essa saprebbe intuire la verità, anche senza saperla descrivere
con termini appropriati. E’ questione che è stata spiegata dalla Commissione
teologica internazionale nel documento “Sensus fidei nella vita della
Chiesa” del 2014
Tale essendo la dottrina, va detto che si
tratta di cosa certamente controintuitiva, nel senso che non risulta
particolarmente evidente al non teologo. In realtà l’esperienza che facciamo è
che la gente si beve qualsiasi cosa, purché sia espressa in una bella storia.
Gli
studiosi dei processi cognitivi umani avvertono che è proprio in questo modo che
la natura fa funzionare i nostri processi mentali. Su questa base, poi, quella
branca delle scienze danno efficaci suggerimenti alla tecnologia dei marketing,
quell’attività delle aziende che svolgono attività economiche che consiste
nel convincere i consumatori a scegliere un certo prodotto a preferenza di
altri, che spesso sono perfettamente equivalenti o addirittura migliori. Il
diritto civile delle società più avanzate vi pone dei limiti a protezione dei
consumatori, oltre i quali si parla di pubblicità ingannevole. In caso di
violazione c’è la possibilità di ricorrere ai giudici. Anche le Chiese
cristiane si sono poste il problema e questo fin dalle origini, ma, almeno dal
Secondo secolo, con il consolidarsi di una organizzazione ecclesiastica retta
da un ceto di consacrati, il clero, in funzione di protezione di quel
potere.
Poiché le argomentazioni, svolte con il metodo
dell’antica filosofia (la teologia divenne una scienza solo intorno al Ducento
europeo), naturalmente facevano poco effetto sugli incolti, dal Quarto secolo,
quando il cristianesimo divenne obbligatorio in quanto inglobato nell’ideologia
e nel diritto dell’impero romano riformato, il cui centro fu rapidamente spostato
a Bisanzio/Costantinopoli, in Tracia, si ricorse alla violenza politica. Quest’ultima
divenne particolarmente efferata, e stragista nel Secondo millennio, al quale
risale l’organizzazione della Chiesa cattolica come ancor oggi la viviamo. Le
società europee se ne liberarono gradualmente in un travagliato processo
innescato nel Seicento, dal quale emersero le democrazie che ai tempi nostri
reggono gli ordinamenti statali europei e la stessa l’Unione europea. Esso fu
furiosamente contrastato dal Papato romano. Solo durante il Concilio Vaticano
2°, svoltosi a Roma tra il 1962 e il 1962, si dichiarò di rinunciare a quel
metodo per imporre l’uniformità religiosa, e precisamente con la Dichiarazione
sulla libertà religiosa “Della dignità umana”
Il problema però rimane, nella pratica, e anche su scala minore nelle
realtà di base.
Bisogna quindi discuterci sopra.
Vediamo che ogni tanto spunta qualche gruppo
che crea delle specie di santuari privati sulla base di visioni o di altri
prodigi. In Europa abbiamo un caso eclatante del genere, sviluppatosi negli ultimi
decenni, che l’autorità ecclesiastica,
non riuscendo a contenerlo con provvedimenti disciplinari, ha sostanzialmente
consentito, in attesa di vedere come evolve la situazione. In realtà i miti dei
santuari miracolanti sono stati, soprattutto dal Secondo millennio, uno
strumento importante di governo ecclesiastico. La gente vi si affida senza
alcuna remora, nonostante che i prodigi sui quali sono costruite le loro
narrazioni siano tutt’altro che evidenti (diciamo evidente ciò che si
impone alla ragione senza necessità di essere provato e che quindi tutti
possono capire). La caratteristica principale dei prodigi religiosi è in genere
di essere vissuti come evidenti dalla gente anche se non lo sono, salvo che in
una piccolissima cerchia. Va detto che le narrazioni bibliche sono piene di
prodigi e, in particolare, lo sono le narrazioni della vita del Maestro.
Possiamo considerare una specie di prodigio,
in quel senso, anche il sensus fidei, per come ci viene presentato, quindi
come evidente, anche se, come s’è
visto, la teologia ci ha argomentato molto sopra e la sua evidenza risulti
chiara più che altro ai teologi. Va detto che esso è anche alla base della
proposta di una nuova sinodalità ecclesiale che ci è venuta da papa
Francesco e quindi dei processi sinodali avviati un anno fa.
Il coinvolgimento di tutta la gente,
persone colte e non, in una sinodalità totale
quindi in un modo più partecipato e
consapevole di vivere la fede da parte di tutti, non solo da parte di chi
esercita poteri ecclesiastici, si basa sull’idea che tutti possano intuire le verità di fede anche se non sanno di teologia, e
anche di nessun altra cosa. In questo senso verità è inteso come ciò che
deve essere accettato per essere
inclusi nella Chiesa e del quale la gerarchia ecclesiastica rivendica il monopolio,
asserendo di averlo ricevuto dal Maestro come parte della propria missione di ammaestrare
le genti.
Che succede, però, se, nel tentativo di sinodalizzare
una realtà di base, nella spontanea
effervescenza mitologica della società si produce un evento sociale
miracolante, com’era molto comune fino alle soglie dell’età moderna, e come
ancora ciclicamente accade?
Non dobbiamo pensare necessariamente a un
prodigio all’apparenza soprannaturale, ma in particolar modo all’emergere di
una di quelle personalità dette carismatiche perché sembrano imporsi
alla gente al di là della forza degli argomenti spesi e anche dell’esempio di
vita vissuta che manifestano. Sembrano fascinare le altre persone ed esse
cadono in loro dominio.
Una delle soluzioni è di considerare il sensus
fidei, diciamo la naturale intuizione della via giusta, riguardo a
come va il mondo e alle persone, come tale solo se conforme a ciò che, all’epoca
in cui si vive, vuole l’autorità sacrale
istituita nella Chiesa, cioè la gerarchia.
Ma in questo modo la risoluzione è solo apparente, perché, in realtà annulla,
nell’obbedienza all’autorità
costituita come suo criterio di discernimento, ciò che si vorrebbe intendere
come sensus fidei.
Va detto che l’intuizione in cui si vuole far consistere il sensus
fidei è senz’altro controintuitiva anche tenendo
conto dell’enorme violenza politica che fu esercitata nello scorso Millennio per
contrastare nelle società tutte le tendenze considerate errate, quindi proprio
per correggerlo.
Lasciando il problema alla teologia nel suo
sviluppo argomentativo, ce lo dobbiamo porre nella pratica sociale nel momento
in cui vorremmo cercare di sperimentare una sinodalità reale nelle collettività di base, le uniche
realmente esistenti da punto di vista antropologico perché tutto ciò che le
sovrasta è solo organizzazione burocratica, quindi sistema per governarle.
Non ho certamente un metodo che sicuramene
potrebbe evitare la spontanea degenerazione di una comunità sinodale in mitologie
bizzarre. Bisognerebbe, appunto, discuterne e poi provare, fare tirocinio.
Il principio sinodale “Non solo da noi,
non senza di noi”, se accettato come una sorta di costituzione di una forma di convivenza religiosa di base, porterebbe da un lato alla tolleranza, da parte
di coloro che nella neo-mitologia non si sentono coinvolti, dall’altro all’astenersi
dal totalizzarla, pretendendo di imporla a tutte le altre persone, quindi all’intera
collettività di base, quanto alla componente
che invece se ne è persuasa. E’ in realtà anche l’estensione di un principio
molto importante delle democrazia avanzate europee che è espresso anche nell’art.19
della nostra Costituzione:
art.
19.
Tutti hanno diritto di professare
liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o
associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il
culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.
E’ uno dei fondamenti della laicità dello stato:
se è libera la professione religiosa, le istituzioni pubbliche non devono
legarsi a nessuna in particolare. Significa il ripudio della violenza politica che
nel passato fu impiegata per discriminare tra religioni, facendo ad esempio di
quella cattolica la religione di stato. Questo principio, proclamato nel
1948 quando l’Italia era molto meno multietnica di oggi, ci è tornato utilissimo
ai tempi nostri nei quali imponenti migrazioni stanno portando a stretto
contatto culture nate in contesti sociali molto diversi.
Ma, si può obiettare, certo ognuno può
professare come crede, ma perché rimanere insieme se si è tanto differenti nelle
impostazioni di fondo? In effetti, in certe situazioni è senz’altro meglio
dividersi. Quelli del Ku Klux Klan si definiscono cristiani, tanto che nelle loro
liturgie accendono croci infuocate, ma, se in parrocchia prendesse piede una via
di quel tipo, me ne andrei via se fossero in larga maggioranza e cercherei di
contenerli per via giudiziaria nel caso opposto.
La mia esperienza è che, frequentandosi e
conoscendosi meglio, in genere si finisce per scoprire di avere in comune molto
più di ciò che divide e che rimanere insieme conviene.
La base della sinodalità di base non sta tanto
nel teorizzarla, ma nel provare a praticarla, correggendosi in ciò che non
funziona: questo è un tirocinio.
Ne discuteremo dal prossimo 14 gennaio, alle
ore 17, in presenza in parrocchia, in sala rossa, e in videoconferenza Meet,
nel ciclo di incontri di Ac San Clemente dedicato a “Sperimentare la sinodalità nelle
realtà di base”. Il link per accedere in videoconferenza può essere chiesto
scrivendo a mario.ardigo@acsanclemente.net
e, comunque, verrà pubblicato sul blog alle ore 16:50 del giorno dell’incontro.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli