Un popolo di consulenti
Art. 6
Consultazione del Popolo di Dio
§ 1. La consultazione del Popolo di
Dio si svolge nelle Chiese particolari, per mezzo dei Sinodi dei Vescovi delle
Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, dei Consigli dei Gerarchi e delle
Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris e delle Conferenze Episcopali.
In ciascuna Chiesa particolare i
Vescovi svolgono la consultazione del Popolo di Dio avvalendosi degli Organismi
di partecipazione previsti dal diritto, senza escludere ogni altra modalità che
essi giudichino opportuna.
§ 2. Le Unioni, le Federazioni e le
Conferenze maschili e femminili degli Istituti di Vita Consacrata e della
Società di Vita Apostolica consultano i Superiori Maggiori, che a loro volta
possono interpellare i propri Consigli e anche altri Membri dei suddetti
Istituti e Società.
§ 3. Allo stesso modo anche le
Associazioni di fedeli riconosciute dalla Santa Sede consultano i loro Membri.
§ 4. I Dicasteri della Curia Romana
offrono il loro contributo tenendo conto delle rispettive competenze
specifiche.
§ 5. La Segreteria Generale del
Sinodo può individuare pure altre forme di consultazione del Popolo di Dio.
[dalla Costituzione apostolica La comunione
episcopale (2018)
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[dal Vademecum per il Sinodo sulla sinodalità (Sett
21), pubblicato dal Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi Via della Conciliazione
34, Città del Vaticano Settembre 2021]
1.5 L'esperienza a livello locale
La prima
fase del processo sinodale è una fase di ascolto nelle Chiese locali. Dopo la
celebrazione di apertura a Roma sabato 9 ottobre 2021, la fase diocesana del
Sinodo inizierà domenica 17 ottobre 2021.
[…]
Il
Cardinale Mario Grech, ha scritto ad ogni vescovo nel maggio 2021, invitandolo
a nominare una persona o un'équipe di riferimento per guidare la fase di
ascolto locale. Questa persona o équipe svolgerà anche la funzione di
collegamento tra la diocesi e le parrocchie, così come tra la diocesi e la
conferenza episcopale. Le Chiese locali sono invitate a fornire le loro
risposte alla propria conferenza episcopale per permettere di mettere insieme
le idee entro la scadenza fissata ad aprile 2022. In questo modo, le Conferenze
episcopali e i Sinodi delle Chiese orientali potranno, a loro volta, fornire
una sintesi al Sinodo dei Vescovi.
[…]
Le
comunità religiose, i movimenti laicali, le associazioni di fedeli e altri
gruppi ecclesiali sono incoraggiati a partecipare al processo sinodale nel
contesto delle Chiese locali. Tuttavia, hanno anche la possibilità – e lo
stesso vale per qualsiasi gruppo o individuo che non abbia l'opportunità di
farlo a livello locale - di mandare il proprio contributo direttamente alla
Segreteria Generale, come indicato in Episcopalis communio (art. 6 sulla
Consultazione del Popolo di Dio)
[…]
In ciascuna Chiesa particolare i Vescovi
svolgono la consultazione del Popolo di Dio avvalendosi degli
Organismi di partecipazione previsti dal diritto, senza escludere ogni
altra modalità che essi giudichino opportuna.
[…]
Ogni fase di ascolto
sarà adattata alle circostanze locali. È probabile che le persone in comunità
remote con accesso limitato a Internet abbiano un coinvolgimento diverso da
quelle in ambienti urbani. Le comunità attualmente alle prese con la pandemia
di COVID-19 probabilmente organizzeranno opportunità di dialogo e di ascolto
diverse da quelle caratterizzate da alti tassi di guarigione. Qualunque siano
le circostanze locali, i referenti diocesani sono invitati ad adoperarsi per la
massima inclusione e partecipazione, cercando di coinvolgere il maggior numero
possibile di persone, in particolare quelle ‘nelle periferie’ che sono spesso
escluse e dimenticate.
[…]
l'obiettivo di questa fase diocesana è di
consultare il Popolo di Dio affinché il processo sinodale si realizzi
attraverso l'ascolto di tutti i battezzati.
[…]
Per
questo motivo, mentre tutti i battezzati sono specificamente chiamati a
partecipare al processo sinodale, nessuno - indipendentemente dalla sua
affiliazione religiosa - dovrebbe essere escluso dalla possibilità di
condividere la sua prospettiva e le sue esperienze, nella misura in cui vuole
aiutare la Chiesa nel suo cammino sinodale di ricerca di ciò che è buono e vero.
Come in ogni viaggio, dobbiamo essere
consapevoli delle possibili insidie che potrebbero ostacolare il nostro
procedere durante questo tempo di sinodalità. Quelle che seguono sono alcune
insidie che devono essere evitate per promuovere la vitalità e la fecondità del
processo sinodale.
[…]
8) La tentazione di trattare il Sinodo come una
specie di parlamento.
Non dobbiamo confondere la sinodalità con una "battaglia politica" in
cui per governare una parte deve sconfiggere l'altra. È contrario allo spirito
della sinodalità inimicarsi gli altri o incoraggiare conflitti divisivi che
minacciano l'unità e la comunione della Chiesa.
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Dunque,
anche noi, in parrocchia, dovremmo essere consultati e nessuno di noi dovrebbe
essere escluso. Il redattore del Vademecum evita accuratamente di presentarlo anche come
un diritto: questo perché il cosiddetto Popolo di Dio in materia
di consultazioni non ha alcun diritto. Da qui anche l’insopportabile pregiudizio
clericale antiparlamentare e il lungo elenco di tentazioni (che vi ho risparmiato
salvo che per l’ottava, quella contro il parlamentarismo) che appare teso,
sostanzialmente, per quanto mi pare di capire, a limitare un libero e franco dibattito sulle questioni rilevanti. Secondo
il costume clericale, il disaccordo viene di solito mascherato da unanimità,
altrimenti si è divisivi (termine che giunge all’ecclesialese del Vademecum
dalla peggiore politica italiana). Il redattore del Vademecum non mostra di aver inteso che il parlamentarismo
non serve per rompere l’unità, ma
per crearla, in modo però che sia realmente condivisa.
Saremo
consultati in quelli che il Vademecum definisce pomposamente gli “Organismi di
partecipazione previsti dal diritto”.
Nella
nostra parrocchia sarebbero due:
-
l’Assemblea
parrocchiale, che a mia memoria non si è mai adunata;
-
il
Consiglio pastorale parrocchiale, in cui sostanzialmente hanno voce solo
i capi dei gruppi organizzati che abitano la parrocchia e altre persone nominate
dal parroco o che sono membri di diritto. A mia memoria non si è mai provveduto
all’elezione di membri da parte dell’Assemblea parrocchiale. Alle attività del Consiglio
pastorale parrocchiale non si dà alcuna
pubblicità e non credo che i fedeli sappiano neppure chi ne faccia parte.
Sostanzialmente non è un “Organismo di partecipazione”.
Se anche
poi ci si dovesse riunire in assemblea, che necessariamente dovrebbe essere
suddivisa in commissioni perché non sapremmo nemmeno dove radunare i circa 1.000
praticanti abituali che
potrebbero essere realmente coinvolti, in realtà, essendoci vietato il parlamentarismo,
ciascuna persona dovrebbe parlare per sé, senza che sia possibile prendere una
decisione collettiva, che certamente, sui vari temi in questione, farebbe
emergere delle maggioranze, senza comunque che le minoranze siano silenziate,
potendo comunque le loro tesi essere allegate al resoconto dei lavori.
Non c’è
un solo modo di vivere religiosamente e, soprattutto, non c’è un solo modo giusto
per farlo. Questo spaventa la nostra
gerarchia sebbene sappia che è la realtà. Del resto gli stessi gerarchi sono
divisi. L’uniformità è solo di facciata, un costume reso necessario dal
carattere autocratico del potere ecclesiastico. Queste diversità non possono
essere eliminate, ma composte: si può organizzare comunque un lavoro comune.
Inutile mettere in mezzo la teologia: in teologia si può dire tutto e il
contrario di tutto e di tutto non si potrà avere una conferma per così dire sperimentale.
Nessun angelo scenderà dal Cielo per dirimere la controversia.
L’altro
giorno è venuto fuori che un alto gerarca si è ammalato di Covid 19 dopo aver
rifiutato di vaccinarsi e la stampa ha ricordato che si sarebbe detto convinto
che i vaccini contengono microchip e materiale proveniente da feti
vivi. Ci si è stupiti che una persona colta creda a cose simili, che del resto
possono essere facilmente confutate con l’osservazione al microscopio. Ma in
religione crediamo a ben altro e non sempre ci mostriamo consapevoli del suo
carattere mitico. Sono cose che storicamente sono state spregiudicatamente
sfruttate come strumenti di potere sul
povero popolo. D’altronde: chi e come le potrebbe confutare? Il sacro
origina fin dalla più lontana antichità proprio per consolidare il potere
politico. Da noi ha assunto i connotati del cosiddetto muro d’incenso.
La particolarità del prossimo Sinodo (nazionale?
Universale? I processi cominciano ad essere un po’ pasticciati, per cui
c’è da temere che il nazionale finisca per rampollare dall’universale,
finendone compresso) è che tratta della sinodalità, per cui è un Sinodo
che, sostanzialmente, cerca se stesso. La sinodalità non è un dato acquisito e
nella storia delle nostre Chiese è stata vissuta in maniere molto diverse.
Raramente è stata veramente fattore di
unità condivisa, più spesso è stata espressione di un precario armistizio tra
gerarchi e dove ha fatto unità spesso ciò è stato ottenuto con la violenza e la
prevaricazione, discriminando i dissenzienti. In questo Sinodo è la prima volta
che si è realmente parlato di una convocazione del popolo. Il
Sinodo nasce storicamente come parlamento di gerarchi religiosi, dove essi si incontravano
per discutere e decidere insieme, e poi si sviluppa in una sorta di consiglio della
corona, come attualmente è il Sinodo diocesano. Il popolo, quand’anche ne è
stato informato, è stato più che altro chiamato a pregare per il suo buon esito, ma il più delle volte, salvo
che in tempi recenti, non ne è stato nemmeno informato.
Organizzare
la consultazione dei battezzati in parrocchia rientra nell’autonomia del Consiglio
pastorale parrocchiale, che dovrebbe mettere il tema all’ordine del giorno.
Suggerisco di cominciare a discutere, in tema di sinodalità, del fatto
che in parrocchia le persone laiche non contino nulla di nulla, se non come
braccio esecutivo del clero o come consulenti. Le istituzioni di partecipazione
parrocchiali previste non sono vitali e ora occorrerebbe non solo
rivitalizzarle, ma anche integrarle, ampliarle. Le persone laiche dovrebbero
poter decidere collettivamente qualcosa, con metodo democratico secondo ciò che
avviene nelle istituzioni parlamentari, anche solo per esprimere un parere o un
orientamento. Ora, nonostante tutto l’ecclesialese che si impiega per coprire la
circostanza, esse vivono nella umiliante condizione di sempre, ridotte a semplice
gregge. La parrocchia è la casa dei preti e dei gruppi organizzati che l’abitano e il
Consiglio pastorale parrocchiale è in fondo la loro assemblea condominiale. Per
il resto, si va e si viene come in una stazione ferroviaria, un ambulatorio ASL
o un santuario: la comunità non c’è, ci sono solo utenti.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa – Roma, Monte Sacro, Valli.