Capire la democrazia: non solo interessi in conflitto
La
democrazia è un sistema di governo delle società in cui nessun centro di potere
può prevaricare e chiunque lo voglia può partecipare in qualche modo, in qualche
fase, al dibattito sulle decisioni collettive e anche alle procedure per
deliberarle, e ciò direttamente o eleggendo dei rappresentanti. Fondamentali sono
la libertà di coscienza e di espressione del pensiero e quella di riunirsi per
discutere e deliberare. La discussione, quindi il ragionare dialogando, e la
via con cui ci si chiarisce insieme le idee, valutando i vari argomenti. Quando
semplicemente si sonda l’opinione
della gente questa fase manca. In questo caso le persone non partecipano veramente,
ma danno ai decisori gli elementi per meglio influenzarle in seguito. La
democrazia si instaura dopo aver deciso di lavorare insieme, in particolare
perché un risultato collettivo è più efficace dell’azione che si può fare da
singoli o addirittura è indispensabile per gli scopi che si hanno in mente. La
decisione di stare e di lavorare insieme è la fase che, nel gergo ecclesiale,
possiamo propriamente definire sinodale. Una volta presa la decisione sinodale
per proseguire si può decidere che comandi una
sola persona, più spesso più persone che sono emerse in un gruppo e che possiamo
in questo senso definire notabili,
o invece che tutte le persone, secondo certe procedure, possano dare un proprio
contributo. Nel primo caso, se il potere di chi comanda non trova limiti si è
in presenza di un potere autocratico. Nel secondo caso apposite procedure
impediscono l’autocrazia. Allora ogni potere è limitato nel tempo e nell’oggetto
e spesso dal fatto di dover essere esercitato collegialmente. Quando ci si
raduna per decidere insieme è ovvio che la scelta collettiva sia quella
approvata da maggioranze più o meno ampie, perché sarebbe un controsenso imporre
la decisione di una minoranza. Tuttavia in certi casi è possibile prevedere una
sorta di diritto di veto da parte di organi particolarmente qualificati, per
cui se ne debba acquisire obbligatoriamente il concerto, o il nulla
osta, e questi sono termini tratti dal gergo del diritto amministrativo che,
comunque, chiunque riesce intendere, perché si tratta di parole utilizzate
anche nel linguaggio comune. Ad esempio, può essere previsto che una deliberazione
di un’assemblea parrocchiale per produrre un qualche effetto operativo, al di
là di una semplice dichiarazione, debba avere il consenso o almeno il nulla
osta del parroco o del consiglio presbiteriale parrocchiale, composto dai preti
della parrocchia. Questo in considerazione della dignità propria del ministero
ordinato nella nostra Chiesa. Così la dignità dei fedeli non è lesa. Se però
ogni decisione viene presa del parroco, senza alcuna possibilità di reale
partecipazione di un organo rappresentativo dei fedeli, allora sì, quella
dignità viene lesa e si è in un’autocrazia.
Perché una persona dovrebbe partecipare a un
processo sinodale se la sua dignità non viene riconosciuta e rispettata e deve
finire in mano ad un’autocrazia? In generale questa adesione storicamente è stata ottenuta o mediante violenza o per
fascinazione carismatica, ma più spesso con la violenza. Nell’Unione Europea
questa violenza non è più praticabile, rimane la fascinazione carismatica, che
però, alla prova dei fatti, non regge a lungo. Essa in qualche modo esercita
una umiliazione che con il tempo riesce dolorosa. E poi non sempre i capi
carismatici hanno dato buona prova di sé. Difficilmente una persona che decide
da sola riesce a superare la proprie carenze, che derivano proprio dal fatto di
essere sola. Nella propria coscienza ogni autocrate sa che è così e quando è
saggio cerca dei compagni. Ma se si procede per autocrazia, questi ultimi poi
cercheranno di soppiantarlo: è fatale. Da qui, poi, la violenza. In una
democrazia, poiché si combatte l’autocrazia e ogni potere ha precisi limiti, ed
inoltre ad ogni persona è aperta la via della partecipazione, i cambiamenti,
inevitabili in ogni società, sono molto meno drammatici.
Pensare alla democrazia come ad un sistema in
cui ognuno difenda solo ai propri interessi, o quelli del suo gruppo di riferimento, significa non averne compreso
veramente la natura, per cui ci si ragione sopra avendo presente le moleste
assemblee di condominio. E’
profondamente insufficiente pensare alle dinamiche democratiche come la «la rappresentanza di interessi in
conflitto», come
hanno fatto i redattori dell’infelice Documento preparatorio che è stato diffuso in tutto il mondo (!),
tradotto in più lingue, per guidare il processo sinodale che si vorrebbe far
partire in ogni Diocesi dall’ottobre prossimo. Certo, vi possono essere interessi
in conflitto, ma innanzi tutto vi è, appunto, quello di rimanere insieme qualunque cosa accade, ciò che poi porta alla mediazione politica, che
sempre c’è in ogni decisione collegiale e c’è anche, ad esempio, nei Conclavi, anche se vi si vorrebbe imporre il segreto sopra perché ce se ne vergogna,
e quindi si mette di mezzo il soprannaturale. E poi vi sono argomenti a favore di una linea o di un’altra
che, in genere, corrispondono a ciò che ciascuna persona o ciascun gruppo ha ricostruito
su di un certo tema e che, confrontati nel dialogo, possono essere chiariti,
rimanendo però, in genere una certa alea, la possibilità di risultati non
corrispondenti alle aspettative, tali da richiedere aggiustamenti in corsa. Nessuno,
nemmeno l’autocrate, da solo, senza compagni, ha una visione sufficientemente chiara
delle cose, lo scrisse la filosofa Hannah Arendt, e mi pare una cosa giusta da
dire.
Il povero Documento preparatorio sembra ritenere sinodalità e democrazia in contrapposizione, mentre in
realtà sono fasi successive di un unico processo, in cui si decide, prima, di
stare insieme, e, poi, anche di lavorare insieme.
Nella nostra Chiesa che accade?
Noi tutti che pratichiamo, quindi che
andiamo in chiesa regolarmente e quindi nelle statistiche siamo indicati come praticanti, abbiamo deciso di rimanere insieme, accada quel che accada, quindi abbiamo già uno spirito
sinodale. Il problema, ed è un problema nella nostra Europa dove si vive in
democrazie avanzate, è che poi ci dicono che dovremmo essere puramente soggetti
a degli autocrati, vale a dire ai nostri cari vescovi e preti e diaconi, vale a
dire alla Gerarchia, che come tale non mi è cara per niente, ma comunque… Ora, se
questo è in qualche modo accettabile per le questioni di dottrina, nelle quali,
come si legge del Documento
preparatorio, c’è effettivamente
il rischio di incorrere in miti fantasiosi e illusioni per cui una certa competenza
teologica e una disciplina ministeriale
è consigliabile, quando i laici devono ordinare le cose del loro tempo secondo i principi di
dottrina, come deliberarono i saggi del Concilio Vaticano 2°, sarebbe consigliabile
che la loro voce fosse ascoltata, e non solo, ma anche che potessero metterci
le mani direttamente, come già fanno, del resto, governando le società civili.
Di questo i nostri cari gerarchi sono insofferenti. Questo è il principale
problema della nostra Chiesa, almeno in Europa e particolarmente in Italia. Le
persone laiche non vi contano nulla di nulla e sono sfruttate, talvolta, come
consulenti, finché non dicono o scrivono qualcosa di sgradito agli autocrati.
Questi ultimi sono ordinati per piccole corti al mondo del feudalesimo e, a
detta del Papa, sono molto interessati a risalire il corso degli onori: non
praticandosi neanche in quel campo il metodo democratico, si lavora sotto
banco, come appunto in tutte le corti che ci sono state nel mondo storicamente.
Il potere gerarchico non incontra limiti dal basso, dove c’è la maggior parte
del popolo, e cerca di forzare quelli che ci sono in
alto nei modi in cui sempre nelle corti lo si è fatto, e il Papa dice che non è
un bel modo di fare. Penso che conosca quello su cui parla, altrimenti non sarebbe
lì dove sta.
Se, dunque, si invoca un po’ di
democrazia nelle realtà di base, dove la Chiesa si raccorda vitalmente con la
società che deve essere ordinata secondo i principi e i valori di fede, in modo
che tutte le persone interessate possano contribuire al lavoro comune non si
vuole affermare nulla che metta in pericolo la nostra Chiesa, anzi: non è che
si chieda un po’ di democrazia per modificare il dogma trinitario
o simili. Queste cose ormai sono già fatte, certo non furono fatte dalla
democrazie, e fatte come furono fatte provocarono grossi problemi, sui quali
anch’io sorvolo come hanno fatto i redattori del Documenti scrivendo:
“Nel primo millennio, “camminare insieme”, cioè
praticare la sinodalità, è stato il modo
di procedere abituale della Chiesa […] Anche nel secondo millennio, quando la Chiesa
ha maggiormente sottolineato la funzione gerarchica, non è venuto meno questo
modo di procedere”.
Questa frasetta sintetizza,
edulcorando e sorvolando (sena purificarne la memoria come ci insegnò a fare san
Karol Wojtyla), un passato orrendo, in cui, in particolare, sono chiare le controindicazioni del metodo
autocratico. Di solito si dice che è per esso che la nostra Chiesa è durata
fino a noi, ma a ben vedere si potrebbe anche sostenere che invece essa è durata
tanto a lungo nonostante gli autocrati
che storicamente l’hanno dominata, la santità di diversi dei quali, benché
proclamata liturgicamente, non mi appare oggi particolarmente evidente.
Nella
mentalità europea, una Chiesa non partecipata è inutile e umiliante, e in una
democrazia avanzata nessuno ha piacere di essere umiliato, perché la democrazia
è appunto un antidoto all’umiliazione sociale. Le persone laiche dell’Europa
contemporanea non chiedono di mettere bocca nei dogmi, per carità! già troppe
sofferenza per essi!, ma chiedono innanzi tutto più possibilità di partecipazione
alla base, nella speranze che un dì, sperimentando positivamente le novità in basso,
anche in alto possa poi cambiare qualcosa, ciò che attualmente in alto non si
riesce fare, neppure da chi, sulla carta, ha la “potestà
ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può
sempre esercitare liberamente”. E’ proprio questo che, mi pare, ci chieda oggi, chieda in particolare a noi persone laiche, il Papa oggi, nel prossimo
cammino
sinodale.
Nei prossimi interventi cercherò nel Documento se vi rimasta
traccia di questo suo desiderio.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli