Al lavoro!
Il
mese prossimo il nostro gruppo parrocchiale di AC riprenderà le attività e
speriamo di poterlo fare in parrocchia. Comunque attiveremo anche il
collegamento in videoconferenza Meet, per consentire una più ampia partecipazione.
Le prove di questo modo di riunirci, in presenza e da remoto, che abbiamo fatto
nell’ultima riunione prima della sospensione estiva è andata bene.
Nello stesso mese di ottobre in cui inizieremo
a incontrarci di nuovo inizierà il Sinodo della Chiesa cattolica italiana. Ad
agosto ho cercato di sviluppare alcune riflessioni sul metodo sinodale nella concreta vita ecclesiale, sulla
base di letture che andavo facendo.
Credo che, come gruppo di Azione Cattolica,
dovremmo sentirci impegnati a suscitare in parrocchia un movimento per coinvolgere
quante più persone possibile in questo processo sinodale. Lo si vorrebbe appunto, tale, un processo,
non solo una sessione di incontri tra gerarchi ecclesiali e loro invitati o
consiglieri.
Perché si approdi a qualcosa, occorrerà agire
con spirito pratico, cercando di fare poco ricorso all’ecclesialese. Benché
si dica che la sinodalità è in qualche modo collegata anche al soprannaturale,
e in particolare possa essere come un riflesso della vita divina trinitaria, si
tratta comunque di costruire un modo di vivere insieme, una società, che si
differenzia abbastanza da ciò che c’è ora, in cui, in particolare, i laici sono
umiliati in una posizione piuttosto passiva, che talvolta può essere
espressione anche di una certa loro pigrizia e di un qualche ritegno a
impegnarsi in modo più serio.
Non possiamo pensare di poter riuscire a
calare il Cielo in una società umana concreta e le relazioni reali tra le
persone, non quelle meramente immaginate, non possono corrispondere a quelle
tra le Persone della Trinità, e non sarà mai possibile, qui sulla Terra, ottenere
un obiettivo simile.
Alla base dell’intesa dal quale può originare
un effettivo processo sinodale sta la capacità di dialogo e, ancor prima, la
decisione di provare a stare insieme.
Di solito si evidenzia la radice semantica della parola sinodo nell’andare
insieme, ma storicamente la si è intesa anche, nella vita delle Chiese
antiche, prima di tutto come uno stare insieme. Si decide di stare
insieme prima ancora di aver
verificato se realmente ce ne sono le condizioni. Questo chiarisce le relazioni
tra sinodalità e democraticità,
che conservatori e reazionari propongono come alternative: in realtà non lo
sono. Prima viene al sinodalità, come decisione di stare insieme,
e poi la democraticità
come modo di stare insieme rispettandosi e anche di decidere insieme sviluppando argomentazioni
ragionevoli. Una sinodalità non democratica è certamente possibile e
si ha quando si decide di sottostare volontariamente ad una oligarchia autocratica,
ma essa è umiliante per chi sta sotto e silenzia la propria voce. Nella
storia delle nostre Chiese, fino ad epoche recenti, la sinodalità era
espressione di compromessi precari, basati sulle relazioni di forza del momento,
e ha prevalso la pura e semplice autocrazia, lo spirito gerarchico, che
è stato piuttosto sacralizzato con argomenti che non cessano di essere discussi.
La cosiddetta Gerarchia è sopravvissuta alle riforme deliberate durante
il Concilio Vaticano 2°. Non si tratta di un principio, ma di persone, Papa,
vescovi, preti, che pretendono di sovrastare il resto del popolo come autocrazia sacrale. La sinodalità è spesso presentata, ma anche vissuta, come un
correttivo a questa forma di esercizio del potere che, in particolare nell’Europa
di oggi, è ritenuta in genere obsoleta e particolarmente umiliante per le
persone laiche, in particolare dove si pretenda di vincolarvi le decisioni in
materia di organizzazione sociale e di politica, il cui significato religioso venne
riconosciuto espressamente a partire dagli scorsi anni ’30 e che, secondo i
deliberati del Concilio Vaticano 2°, dovrebbero essere il campo proprio dell’azione
laicale.
Da dove
iniziare, però?
Direi dal
creare un’organizzazione parrocchiale espressamente dedicata a un processo
sinodale, con l’obiettivo di coinvolgere gradualmente almeno le circa mille
persone che, stando alle statistiche correnti sulla pratica religiosa in Italia, ancora vanno regolarmente in
Chiesa, per arrivare finalmente alla celebrazione di un’Assemblea parrocchiale
e alla elezione di membri del Consiglio pastorale parrocchiale che affianchino
quelli che vi fanno parte di diritto e quelli nominati dal parroco. Costruire
questa organizzazione può farsi rientrare nella competenza dell’attuale
Consiglio pastorale parrocchiale, e così è stato appunto fatto nelle parrocchie
che negli anni scorsi hanno celebrato sinodi parrocchiali.
Del Consiglio pastorale parrocchiale si sa
poco. Non viene data alcuna informazione sulle sue attività e decisioni. Non mi
pare che ne siano stati indicati pubblicamente i componenti. Le sue competenze sono
state in qualche modo sovrastate dalla nuova equipe pastorale, struttura
richiesta dalla Diocesi ma discutibile in quanto porti alla lenta obsolescenza
del Consiglio pastorale parrocchiale, unica vera incipiente forma di timida
democraticità prevista per la parrocchia.
Nella stagione sinodale è bene che il nostro
gruppo sappia rivolgersi anche al di fuori della cerchia dei propri iscritti.
Chi volesse essere informato tramite mailing list sulle prossime attività e
ricevere via email la nostra Lettera ai soci e i link per la partecipazione in videoconferenza
alle nostre riunioni, può chiederlo mandando una email a mario.ardigo@acsanclemente.net
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli.