Attenersi al tema
Il vero pericolo, nel processo sinodale che si
sta avviando, sarà di non attenersi al tema, che è precisamente: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.
Dunque, la sinodalità stessa, riferita non più solo al clero, ma a tutto il popolo.
Questa è una novità molto, molto rilevante. Tra i cattolici una cosa del genere
non si è mai fatta.
Tuttavia, quando si parla di cose di Chiesa,
si tende, da parte di noi persone laiche, a ripetere il chiacchiericcio che
sentiamo sui mass media o ad occuparci di temi rilevanti, in particolare
di tutti quelli che si sono fatti rientrare in passato nei valori non
negoziabili, ma che non sono al centro del prossimo sinodo. Per fare un esempio:
se una persona interverrà parlando del celibato dei preti sarà fuori tema.
Nei manuali di sinodalità che stanno uscendo, ho notato una
parte molto interessante che è una ricognizione di come essa è stata praticata
nel passato, in quello più lontano (molto più intensamente) e in quello più
vicino a noi (poco). Da questi resoconti mi pare emergere con chiarezza che il popolo
non sia mai stato ammessa a
praticarla, la sinodalità rimanendo cosa di clero e religiosi.
Per il clero e i religiosi si tratterà di una
riscoperta, per noi persone laiche, invece, si tratterà di una vera e
propria scoperta.
Condivido la preoccupazione dei nostri
vescovi che, non avendo noi ancora precisi modelli di riferimento, li si prenda
dalla politica corrente oggi in Italia, che si è gravemente deteriorata, e quindi
che poi si intervenga negli spazi che si apriranno nel processo sinodale allo
stesso modo in cui lo si fa generalmente
nell’opinione pubblica, vale a dire, fondamentalmente, attaccandosi e cercando
di prevaricare, facendo forza sul numero e alzando i toni, ingiuriando,
denigrando e via dicendo.
Bisogna dire che la politica in Italia non è
sempre stata così, in tutti i ceti. Ma, certamente è stata anche così, e
non da ora. Era così, ad esempio durante il regime fascista.
Le voci, anche da fonti autorevoli, che ci
giungono raccontandoci brutte storie di burocrazia ecclesiastica ci parlano anche
di altri costumi, caratterizzati da una violenza meno plateale ma che causa
sofferenze analoghe e addirittura superiori: la calunnia, la mormorazione alle spalle altrui, l’insinuazione malevola, il carrierismo, l’ipocrisia. E qualche volta ho osservato persone laiche più addentro a quegli
ambienti che in qualche modo si atteggiavano mimando quelle pose.
Noi, tutti, dovremmo tenerci alla larga da
quegli esempi. In particolare noi laici, non stretti nella morsa gerarchica e quindi
in grado di praticare più largamente una certa parrèsia, che significa franchezza,
insieme ad una franca e disinteressata amicizia, da offrire e cercare
anche al di là delle nostre cerchie consuete, dovremmo cercare di impersonare
nuovi costumi, ispirando la nostra partecipazione ai valori democratici del
rispetto della dignità altrui, della ragionevolezza e nella continenza nell’argomentare,
nella ricerca delle vie di convivenza pacifica fruttuosa, anche se non tutto
ciò che pretendiamo di affermare sia accolto da una collettività, nell’accettazione
delle decisioni maggioritarie senza tuttavia silenziare o discriminare i
dissenzienti.
In questo lavoro, certo, la preghiera può
servire, anzi è indispensabile, per ricordarci che siamo Chiesa, ci
riuniamo come Chiesa, nella piena corresponsabilità di essere Chiesa
dinanzi al mondo intorno a noi. Non siamo una specie di assemblea condominiale,
che è l’esempio più deteriore che mi venga in mente di procedura democratica che
tende spesso a degenerare.
Sinodalità come modo nuovo per vivere
insieme da cristiani, abbandonando ciò che nel passato fu violenza,
intolleranza, prevaricazione, discriminazione, tacitazione, umiliazione. Sinodalità
come compartecipazione effettiva e diffusa, in particolare nelle realtà di
Chiesa di prossimità; in quelle che superficialmente a volte vengono indicate
come un basso, rispetto ad un alto dove risiede e lavora la
gerarchia, ma che invece vanno considerare come le fondamenta, le pietre
angolari, di tutta la costruzione
sociale, ricordandoci che, in una prospettiva evangelica, il basso è alto e
stare in alto significa stare
come colui che serve.
Per
provare a cambiare nel senso della sinodalità gli anni del Sinodo appaiono
anche pochi, perché qui non si tratta di conciliare un piccolo gruppo di alti
capi religiosi, ma addirittura un intero popolo. Cerchiamo di non
sprecare questo tempo prezioso con il chiacchiericcio inutile e vano che in
genere abbonda sui media quando
si affrontano i temi religiosi.
Mario Ardigò
– Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli