Due processi sinodali da non confondere
Dall’ottobre di quest’anno all’ottobre 2023,
si svolgerà il processo sinodale per la celebrazione, appunto nell’ottobre 2023,
della 16° Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema “Per
una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Nel programma
quel processo dovrebbe essere aperto all’ascolto della totalità dei battezzati, soggetto al quale
pomposamente si attribuisce una infallibilità nel credere. Può prevedersi che, in quel
contesto, le persone laiche, come sempre accade in occasioni simili infallibilmente, non conteranno nulla,
sovrastate da stuoli di gerarchi da ogni dove. Già si mettono le mani avanti contro
il parlamentarismo, vale a dire sull’organizzazione di sedi in
cui la gente possa discutere realmente e innanzi tutto manifestare il disagio per
l’indecorosa condizione di umiliazione delle persone laiche.
Il Sinodo della
Chiesa italiana dovrebbe essere un processo diverso,
anche se, pensandolo concomitante con quello della Chiesa universale, si finirà
per fare confusione. Già si è iniziato, pensando di far coincidere la
prima fase dei due processi, quella che nel Sinodo generale è pensata per il
solo ascolto e che nel Sinodo nazionale dovrebbe essere più
focalizzata sulla partecipazione. E poi il Sinodo della Chiesa italiana dovrebbe
avere un tema più preciso, l’invito a rinnovare l’agire ecclesiale
attraverso un costante discernimento comunitario, di quello della Chiesa generale
(il metodo sinodale). Dovrebbe essere più centrato propriamente su una riforma.
Si rischia che il Sinodo nazionale finisca per essere incanalato in quello
generale e quindi in certo grado anche coartato verso le medesime conclusioni.
Ma non è detto che quello che sembra buono per una comunità nelle Filippine o
in Sud America vada altrettanto bene, ad esempio, per la nostra parrocchia
romana.
Il Sinodo della Chiesa italiana si svolgerà da questo mese di ottobre all’ottobre
2025 (anno del Giubileo).
Nel Sinodo generale le persone laiche italiane
come al solito non conteranno nulla, il cosiddetto ascolto sarà solo rituale, o liturgico come si suole dire; nel Sinodo della Chiesa nazionale si dovrebbe
ottenere di fare diversamente, in particolare le persone laiche dovrebbero pretendere non solo di essere ascoltate ma anche che le loro proposte siano discusse.
I
commentatori hanno evidenziato che si tratta del primo Sinodo della Chiesa Italiana, in quanto in
precedenza si è proceduto per Convegni eucaristici e Settimane sociali, eventi che sono accomunati da questo
metodo: sono i vescovi a decidere chi, delle persone laiche, può intervenire e
anche i temi su cui possono parlare. Si manifesta così una bella uniformità,
che però, al dunque, serve poco. Si fa gran sfoggio dell’ecclesialese e non mi pare, da quello
che ne ho letto, che la parrèsia, la franchezza nel dire, sia stata in passato molto
evidente. Non di rado i documenti di lavoro sono indigeste sbrodolature, in cui
si dice e non si dice e quello che si dice può essere poi interpretato in sensi
opposti. D’altra parte mi pare di capire che la franchezza evangelica si possa praticare,
se proprio se ne ha l’animo, una volta sola, perché contrariare i nostri
gerarchi può costare caro e non vengono concesse repliche. D’altra parte,
dicono, non siamo un parlamento. E’ vero, non lo siamo, ma, in fondo, non sarebbe
male esserlo in qualche fase del cosiddetto ascolto. Quindi si parla, si scrive, ma
nessuno veramente ascolta. La verità scende dall’alto e si è infallibilmente
liberi di crederle. Chi crede in questo modo ha il sensus fidei, altrimenti sbaglia perché parlamentarizza
le questioni. Insomma, non è più come quando
Montini, a chi, nella fase preparatoria del famoso Convegno ecclesiale nazionale
Evangelizzazione
e promozione umana del ’76, gli faceva notare che lo
storico Pietro Scoppola era un animo molto libero e poteva creare problemi nel
comitato organizzatore, rispose che, sì, egli era un cattolico a modo suo ma che andava bene così.
Di questo Sinodo si è discusso nel
maggio scorso nella 74° Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana,
organizzata appunto sul tema «Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita. Per avviare un cammino
sinodale». Ma non si è discusso solo di sinodo. E’
stata approvata la seguente mozione: «I Vescovi italiani
danno avvio, con questa Assemblea, al cammino sinodale secondo quanto indicato
da Papa Francesco e proposto in una prima bozza della Carta d’intenti
presentata al Santo Padre. Al tempo stesso, affidano al Consiglio Permanente il
compito di costituire un gruppo di lavoro per armonizzarne temi, tempi di
sviluppo e forme, tenendo conto della Nota della Segreteria del Sinodo dei
Vescovi del 21 maggio 2021, della bozza della Carta d’intenti e delle
riflessioni di questa Assemblea».
Ecco la Carta d’intenti.
Annunciare
il Vangelo in un tempo di rinascita
Carta
d’intenti per il “Cammino sinodale”
L’incontro
della Presidenza della CEI con Papa Francesco lo scorso 27 febbraio ha fatto
maturare la scelta di avviare il Cammino sinodale delle Chiese in Italia. La
decisione s’è arricchita con il passaggio e i contributi del Consiglio
Permanente del 24-22 marzo 2021. Con la presente Assemblea Generale dei Vescovi
(24-27 maggio 2021) s’intende quindi dare inizio al “Cammino sinodale”. Il
percorso non può essere precostituito per due ragioni: la prima, perché la
pandemia insegna che basta poco per far saltare certezze consolidate o
accelerare fenomeni in atto su cui poco si è riflettuto in passato; la seconda,
perché la dinamica del processo sinodale richiede che il cammino si costruisca
e cresca facendo tesoro dell’ascolto, della ricerca e delle proposte che
emergono lungo il percorso. In tal modo si attiva il ritmo della comunione e lo
stile della sinodalità che ne è lo strumento.
1.
Il “Cammino sinodale” perché?
È
prevedibile che i motivi di fondo che stanno alla base della scelta sinodale
possano essere messi a fuoco e ricevere un arricchimento lungo il “Cammino
sinodale”. Li tratteggiamo brevemente.
a)
Nel travaglio del tempo presente. La
pandemia sta mettendo in ginocchio le comunità cristiane, diocesane e
parrocchiali. Con profezia e parresía occorre mettersi in ascolto della
vita personale e comunitaria per intercettare nuove domande e tentare nuovi
linguaggi, tenendo conto della difformità dei vari territori che compongono il
Paese. Si prospetta uno scenario multiforme (aiuta qui l’immagine del poliedro,
cfr. Evangelii gaudium, 236), in cui stimolare e accompagnare la rigenerazione,
rafforzando quanto di buono e di bello si è già fatto negli ultimi anni,
riaccendendo la passione pastorale, prendendo sul serio l’invito
a rinnovare l’agire ecclesiale attraverso un costante discernimento comunitario.
Una lettura cristiana del tempo presente potrà raccogliere i segni di
rinnovamento per il dopo-pandemia.
A questo proposito, nel novembre 2020 il
Consiglio Episcopale Permanente affermava: «Ci sembra di intravedere,
nonostante le immani difficoltà che ci troviamo ad affrontare, la
dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale. È
questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e
proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di chinarsi
verso chi è nel bisogno, in unione con uomini e donne che vivono la
solidarietà e la dedizione agli altri qualunque sia la loro appartenenza
religiosa. […] È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato,
forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti infatti verremo giudicati, come
ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25,31-46)».
La Chiesa è chiamata nel tempo della rinascita
a coltivare un ascolto, un’immaginazione e una pratica in vista di un’Agenda di
“temi di ricerca” che si lascia fecondare dall’annuncio evangelico e da quanto
stiamo imparando dalla pandemia. Piuttosto che cercare affannosamente soluzioni
immediate, sarà importante indicare i “punti cruciali” dell’azione pastorale
per il prossimo futuro, facendo tesoro di quanto abbiamo imparato nel travaglio
del tempo presente: l’abbondante semina della Parola anche attraverso canali di
ascolto rinnovati; la proposta della lectio e della meditazione personale quale
nutrimento per la vita spirituale; la formazione della coscienza; il ricupero
dell’aspetto escatologico della fede cristiana nell’aldilà e nella speranza
oltre la morte; la complementarità di celebrazioni sacramentali nelle comunità
e di forme rituali vissute nello spazio familiare; la catechesi proposta con
modalità e luoghi che superino il modello scolastico; l’azione educativa verso
ragazzi, adolescenti e giovani adatta ad accompagnare nei passaggi della vita;
la necessità di un’alleanza familiare per correggere il regime di appartamento
e aprirlo alla scuola e alla comunità; l’urgenza di una nuova stagione di
solidarietà e carità, per venire incontro all’aumento prevedibile e drammatico
delle povertà materiali e della solitudine spirituale; la forza dell’impegno
civile attraverso i corpi intermedi della società che è stato il collante nel
momento della crisi; e, non da ultimo, la pratica di una cittadinanza e di un
servizio politico all’altezza della ripresa auspicata.
b) La prospettiva sintetica del cammino. Possiamo ora formulare in positivo la questione
essenziale con la seguente domanda: “Che cosa comporta intraprendere un
‘Cammino sinodale’ per il prossimo quinquennio della Chiesa?”.
L’incoraggiamento di Papa Francesco richiede di dare risposta sollecita e
coraggiosa. Per fare questo occorre riprendere in mano Evangelii Gaudium alla
lente d’ingrandimento del Discorso di Firenze, per poter dare avvio al Cammino,
facendo tesoro delle esperienze che in Italia già diverse Chiese locali hanno
fatto in questi ultimi cinque anni. Il ricco materiale già disponibile aiuterà
la riflessione perché non sia una partenza da zero. Su questo sfondo è
possibile intravedere la prospettiva sintetica del Cammino. Forse possiamo
formularla così: l’itinerario del “Cammino sinodale” comporta la necessità di
passare dal modello pastorale in cui le Chiese in Italia erano chiamate a
recepire gli Orientamenti CEI a un modello pastorale che introduce un percorso
sinodale, con cui la Chiesa italiana si mette in ascolto e in ricerca per
individuare proposte e azioni pastorali comuni. Ci è chiesto di passare da
un modo di procedere deduttivo e applicativo a un metodo di ricerca e di
sperimentazione che costruisce l’agire pastorale a partire dal basso e in
ascolto dei territori.
Finora gli Orientamenti CEI (per il decennio)
erano approvati dall’Assemblea Generale e proposti alle diocesi che li
recepivano attraverso iniziative, percorsi e azioni pastorali. Spesso hanno
attuato anche percorsi e proposte assai stimolanti ed efficaci.
La prospettiva del “Cammino sinodale”, che
emerge per il prossimo quinquennio, dovrebbe sviluppare insieme riflessione e
pratica pastorale: ascolto, ricerca e proposte dal basso (e dalla periferia)
convergeranno in un momento unitario per
poi tornare ad arricchire la vita delle diocesi e delle comunità ecclesiali.
“Ascolto”, “ricerca” e “proposta”: questi sono
i tre momenti perché la lettura della situazione attuale e l’immaginazione del
futuro possa smuovere il corpo ecclesiale e la sua presenza nella società. È il vivo desiderio che ci ha trasmesso Papa
Francesco, per ripensare il presente e il futuro della fede e della Chiesa in
Italia: la prospettiva teologica e spirituale di Evangelii Gaudium e del
Discorso di Firenze predispone la trama dei “contenuti” essenziali del
percorso. Si intravede la promessa di un percorso circolare: il processo
sinodale propone una conversione pastorale già per il modo con cui viene
elaborato e vissuto nelle parrocchie, nelle diocesi e nelle realtà ecclesiali e
sociali. Le Chiese che sono in Italia ne potranno uscire arricchite nella
misura in cui i variegati soggetti ecclesiali del Paese si lasceranno
coinvolgere. Forse emergeranno anche istanze di rinnovamento o di riforma delle
strutture che dovranno essere tenute in debito conto, per snellire la macchina
degli Uffici e dei Servizi pastorali, sia al centro sia alla periferia.
2. Il “Cammino sinodale” come?
La scommessa del “Cammino sinodale” chiama
anzitutto la Chiesa al risveglio della sua coscienza missionaria. Merita
ricordare, la parola profetica che il Card. Montini pronunciava alla vigilia
del Concilio: «Il Concilio è una straordinaria occasione ed uno stimolo potente
per aumentare in tutta la cattolicità il “senso della Chiesa”. Sembra
pronunciata per questa circostanza la memorabile parola di Romano Guardini: “Si
è iniziato un processo di incalcolabile importanza: il risveglio della Chiesa
nelle anime”» (Discorso su “Il Concilio Ecumenico nella vita della Chiesa”, 25
marzo 1962). Ciò che il futuro Paolo VI diceva del Concilio, vale, in modo
analogo, per ogni ripresa di iniziativa delle Chiese in Italia. Il “Cammino
sinodale”, perciò, ha bisogno di condividere uno stile ecclesiale, un metodo
sinodale e alcuni strumenti di lavoro. Lo stile ecclesiale rappresenta la sfida
decisiva: esso dovrà essere attento al primato delle persone sulle strutture,
alla promozione dell’incontro e del confronto tra le generazioni, alla
corresponsabilità di tutti i soggetti, alla valorizzazione delle realtà
esistenti, al coraggio di “osare con libertà”, alla capacità di tagliare i rami
secchi, incidendo su ciò che serve realmente o va integrato/ accorpato.
Tutti saremo chiamati a risvegliare quel sensus
ecclesiae, che lo stile sinodale è chiamato a far crescere.
Il metodo sinodale dovrà favorire alcune
azioni pastorali, che si potranno scandire nei tre momenti di “ascolto”,
“ricerca”, proposta” e che dovranno attuarsi in una logica di collaborazione e
condivisione.
I momenti sono tra loro circolari e indicano
un metodo che si impegna ad “ascoltare” la situazione, attraverso un’attenta
verifica del presente, vuole “cercare” quali linee di impegno evangelico sono
immaginabili e praticabili, intende “proporre” scelte concrete che ciascuna
Chiesa locale può recepire per il suo cammino ecclesiale. Ascolto e concretezza
sono le due istanze a cui ci ha richiamato insistentemente Papa Francesco.
Gli strumenti di lavoro (ad es. un’Agenda
di “temi di ricerca”, Instrumentum laboris, Schede per l’ascolto e la verifica,
Piattaforma digitale per il confronto e la comunicazione) avranno il compito di
indicare prospettive comuni su cui orientare l’ascolto dal basso.
È
importante che gli strumenti favoriscano l’espressione della multiformità dei
territori e il confronto fraterno e costruttivo.
La Segreteria Generale della CEI con i suoi
uffici accompagnerà il percorso e sarà essa stessa luogo di sintesi di quanto
giungerà dalle Chiese locali. L’elaborazione della mappa dei contenuti è
affidata al momento preparatorio del cammino, che potrà assumere anche buona
parte della riflessione, già preparata per gli Orientamenti CEI, attorno a tre
aspetti: Vangelo, fraternità, mondo.
Nel rapporto tra Vangelo e mondo, mediato
dalla fraternità ecclesiale, sono emerse, a titolo esemplificativo, alcune
attenzioni pastorali (la “forma di Chiesa” per il futuro prossimo; l’Eucaristia
domenicale al centro della vita ecclesiale; l’accompagnamento delle famiglie;
la presenza dei giovani nel cuore della Chiesa; l’attenzione verso i poveri) e
alcuni campi d’impegno sociale e culturale (cattolicesimo popolare, cultura,
cittadinanza, casa comune) che possono diventare luoghi su cui attivare la
ricerca e far convergere le proposte.
3.
Il “Cammino sinodale” quando?
Per dare avvio al “Cammino sinodale” sembra
necessario prevedere due aspetti: la scansione dei tempi lungo il quinquennio e
la previsione dei primi passi del cammino. La scansione dei tempi. Il
cammino avrà un arco temporale che va dal 2021 al 2025 e sarà scandito da
alcune tappe che condurranno all’Anno Giubilare del 2025.
Il calendario con le diverse tappe è
prevedibilmente soggetto a una certa flessibilità.
• Avvio del processo sinodale (2021, in
sintonia con l’avvio della preparazione del Sinodo universale) •
Prima tappa: dal basso verso l’alto (2022) –
Coinvolgimento del popolo di Dio con momenti di ascolto, ricerca e proposta
nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle realtà ecclesiali.
•
Seconda tappa: dalla periferia al centro (2023) – Momento unitario di raccolta,
dialogo e confronto con tutte le anime del cattolicesimo italiano. • Terza
tappa: dall’alto verso il basso (2024) – Sintesi delle istanze emerse e
consegna, a livello regionale e diocesano, delle prospettive di azione
pastorale con relativa verifica.
•
Giubileo del 2025 – Verifica a livello nazionale per fare il punto del cammino
compiuto.
Nell’itinerario saranno innestati alcuni
eventi già in agenda:
-
49ª Settimana Sociale dei Cattolici. Tema: “Il pianeta che speriamo. Ambiente,
lavoro, futuro. #tuttoèconnesso” (Taranto, 21-24 ottobre 2021); -
XXVII Congresso Eucaristico Nazionale (Matera,
22-25 settembre 2022); - Incontro sul Mediterraneo (primi mesi 2022).
Queste note rappresentano la “Carta d’intenti”
su cui convergere per iniziare il “Cammino sinodale”. L’Assemblea Generale dei
Vescovi ha approvato (27 maggio 2021) il percorso indicato in questo testo,
perché il “cammino” prenda avvio con libertà, scioltezza e condivisione.
La
Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi il 21 maggio 2021 ha annunciato la
XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi per l’ottobre 2023, dal titolo:
“Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. Il percorso
proposto dalla Segreteria Generale è armonizzabile con il “Cammino sinodale”
delle Chiese in Italia, perché il cammino che approda al Sinodo universale dei
Vescovi disegna un percorso di ricerca e confronto sulla “sinodalità”. Questo
percorso può diventare il primo momento del “Cammino sinodale” italiano, il
quale ha però l’orizzonte più vasto dell’annuncio del Vangelo in un tempo di
rinascita. Per questo la Presidenza della CEI si premurerà d’indicare una
proposta per i tempi e i momenti del “Cammino sinodale”, perché si sintonizzi
su quello della Chiesa universale.