Sinodo della Chiesa
universale 2021-2023
16°
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi - Ottobre 2023
tema:
Per una Chiesa sinodale - comunione - partecipazione -
missione
Processo di consultazione
e preparatorio 2021-2023
Fase
di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari (ottobre
2021 – aprile 2022)
Documento preparatorio (Settembre
2021)
Sigle
CTI COMMISSIONE TEOLOGICA
INTERNAZIONALE
DV CONCILIO VATICANO II,
Cost. Dogm. Dei Verbum (18 novembre 1965)
EC FRANCESCO, Cost. Ap.
Episcopalis communio (15 settembre 2018)
EG FRANCESCO, Esort. Ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013)
FT FRANCESCO, Lett. Enc.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020)
GS CONCILIO VATICANO II,
Cost. Past.
Gaudium et spes (7 dicembre 1965)
LG CONCILIO VATICANO II,
Cost. Dogm. Lumen gentium (21 novembre 1964)
LS FRANCESCO, Lett. Enc.
Laudato si’ (24 maggio 2015)
UR CONCILIO VATICANO II,
Decr. Unitatis redintegratio (21 novembre 1964)
Indice
I.
L’appello a camminare insieme
II.
Una Chiesa costitutivamente sinodale
III.
In ascolto delle Scritture
Gesù,
la folla, gli apostoli
Una
duplice dinamica di conversione: Pietro e Cornelio (At 10)
IV.
La sinodalità in azione: piste per la consultazione del Popolo di Dio
L’interrogativo
fondamentale
Diverse
articolazioni della sinodalità
Dieci
nuclei tematici da approfondire
Per
contribuire alla consultazione
1. La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo. Il cammino,
dal titolo «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», si
aprirà solennemente il 9-10 ottobre 2021 a Roma e il 17 ottobre seguente in
ogni Chiesa particolare. Una tappa fondamentale sarà la celebrazione della XVI
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 20231, a
cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese
particolari (cfr. EC, artt. 19-21).
Con questa convocazione, Papa Francesco invita
la Chiesa intera a interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua
missione: «Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla
Chiesa del terzo millennio». Questo itinerario, che si inserisce nel solco
dell’«aggiornamento» della Chiesa proposto dal Concilio Vaticano II, è un dono
e un compito: camminando insieme, e insieme riflettendo sul percorso compiuto,
la Chiesa potrà imparare da ciò che andrà sperimentando quali processi possono
aiutarla a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione, ad aprirsi alla
missione. Il nostro “camminare insieme”, infatti, è ciò che più attua e
manifesta la natura della Chiesa come Popolo di Dio pellegrino e missionario.
2. Un interrogativo di fondo ci spinge e ci guida: come
si
realizza
oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare
insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla
missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere
per crescere come Chiesa sinodale? Affrontare insieme questo interrogativo
richiede di mettersi in ascolto dello Spirito Santo, che come il vento «soffia
dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va» (Gv 3,8), rimanendo
aperti alle sorprese che certamente predisporrà per noi lungo il cammino. Si
attiva così un dinamismo che consente di
cominciare a raccogliere alcuni frutti di una conversione sinodale, che
matureranno progressivamente. Si tratta di obiettivi di grande rilevanza per la
qualità della vita ecclesiale e lo svolgimento della missione di evangelizzazione,
alla quale tutti partecipiamo in forza del Battesimo e della Confermazione.
Indichiamo qui i principali, che declinano la sinodalità come forma, come stile
e come struttura della
Chiesa:
• fare memoria di come lo Spirito ha guidato il
cammino della Chiesa nella storia e ci
chiama oggi a essere insieme testimoni dell’amore
di Dio;
• vivere un processo ecclesiale partecipato e inclusivo,
che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai
margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato per contribuire
alla costruzione del Popolo di Dio;
• riconoscere e apprezzare la ricchezza e varietà dei
doni e dei carismi che lo Spirito elargisce in libertà, per il bene della
comunità e in favore dell’intera famiglia umana;
• sperimentare modi partecipativi di esercitare la
responsabilità nell’annuncio del Vangelo e nell’impegno per costruire un mondo più
bello e più abitabile;
• esaminare come nella Chiesa vengono vissuti la
responsabilità e il potere, e le strutture con cui sono gestiti, facendo
emergere e provando a convertire pregiudizi e prassi distorte che non sono radicati
nel Vangelo;
• accreditare la comunità cristiana come soggetto
credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione,
inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della
fraternità e dell’amicizia sociale;
• rigenerare le relazioni tra i membri delle comunità
cristiane come pure tra le comunità e gli altri gruppi sociali, ad esempio
comunità di credenti di altre confessioni e religioni, organizzazioni della società
civile, movimenti popolari, ecc.;
• favorire la valorizzazione e l’appropriazione dei
frutti delle recenti esperienze sinodali a livello universale, regionale,
nazionale e locale.
3. Il presente Documento Preparatorio si pone al
servizio del
cammino
sinodale, in particolare come strumento per favorire la prima fase di ascolto e
consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari (ottobre 2021 – aprile
2022), nella speranza di contribuire a mettere in moto le idee, le energie e la
creatività di tutti coloro che prenderanno parte all’itinerario, e facilitare
la condivisione dei frutti del loro impegno.
A
questo scopo: 1) comincia tracciando alcune caratteristiche
salienti
del contesto contemporaneo; 2) illustra sinteticamente i riferimenti teologici
fondamentali per una corretta comprensione e pratica della sinodalità; 3) offre
alcuni spunti biblici che potranno nutrire la meditazione e la riflessione
orante lungo il cammino; 4) illustra alcune prospettive a partire dalle quali
rileggere le esperienze di sinodalità vissuta; 5) espone alcune piste per
articolare questo lavoro di rilettura nella preghiera e nella condivisione. Per
accompagnare concretamente l’organizzazione dei lavori viene proposto un Vademecum
metodologico, allegato al presente Documento Preparatorio e disponibile sul
sito dedicato
http://www.synod.va/it.html
Il sito offre alcune risorse per
l’approfondimento del tema della sinodalità, come supporto a questo Documento Preparatorio;
tra queste ne segnaliamo due, più volte citate di seguito:
il Discorso
per la Commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei
Vescovi, tenuto da Papa Francesco il 17 ottobre 2015,
e
il documento La sinodalità nella vita e nella missione
della Chiesa, elaborato dalla Commissione Teologica Internazionale e pubblicato
nel 2018.
I - l’appello a camminare
insieme
4. Il cammino sinodale si snoda all’interno di un
contesto storico segnato da cambiamenti epocali della società e da un passaggio
cruciale della vita della Chiesa, che non è possibile ignorare: è nelle pieghe
della complessità di questo contesto, nelle sue tensioni e contraddizioni, che
siamo chiamati a «scrutare i segni dei tempi ed interpretarli alla luce del
Vangelo» (GS, n. 4). Si tratteggiano qui alcuni elementi dello scenario globale
più strettamente connessi al tema del Sinodo, ma il quadro andrà arricchito e
completato a livello locale.
5. Una tragedia globale come la pandemia da COVID-19 «ha
effettivamente
suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale
che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti: ci
siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente
insieme» (FT, n. 32). Al tempo stesso la pandemia ha fatto esplodere le
disuguaglianze e le inequità già esistenti: l’umanità appare sempre più scossa
da processi
di
massificazione e di frammentazione; la tragica condizione che i migranti vivono
in tutte le regioni del mondo testimonia quanto alte e robuste siano ancora le
barriere che dividono l’unica famiglia umana.
Le Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti
documentano la profondità delle fratture che percorrono l’umanità, e a quelle
analisi possiamo fare riferimento per metterci all’ascolto del grido dei poveri
e della terra e riconoscere i semi di speranza e di futuro che lo Spirito
continua a far germogliare anche nel nostro tempo: «Il Creatore non ci
abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di
averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la
nostra casa comune» (LS, n. 13).
6. Questa situazione, che, pur tra
grandi differenze, accomuna l’intera famiglia umana, sfida la capacità della
Chiesa di accompagnare le persone e le
comunità a rileggere esperienze di lutto e sofferenza, che hanno smascherato
molte false sicurezze, e a coltivare la speranza
e
la fede nella bontà del Creatore e della sua creazione. Non possiamo però
nasconderci che la Chiesa stessa deve affrontare la mancanza di fede e la
corruzione anche al suo interno. In particolare non possiamo dimenticare la
sofferenza vissuta da minori e persone vulnerabili «a causa di abusi sessuali,
di potere e di coscienza commessi da un numero notevole di chierici e persone
consacrate». Siamo continuamente interpellati «come Popolo di Dio a farci
carico del dolore dei nostri fratelli
feriti nella carne e nello spirito»: per troppo tempo quello delle vittime è
stato un grido che la Chiesa non ha saputo ascoltare a sufficienza. Si tratta
di ferite profonde, che difficilmente si rimarginano, per le quali non si
chiederà mai abbastanza perdono e che costituiscono ostacoli, talvolta
imponenti, a procedere nella direzione del “camminare insieme”. La Chiesa tutta
è chiamata a fare i conti con il peso di una cultura impregnata di
clericalismo, che eredita dalla sua storia, e di forme di esercizio dell’autorità
su cui si innestano i diversi tipi di abuso (di potere, economici, di
coscienza, sessuali). È impensabile «una conversione dell’agire ecclesiale
senza la partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio»: insieme
chiediamo al Signore «la grazia della conversione e l’unzione interiore per
poter esprimere, davanti a questi crimini di abuso, il nostro pentimento e la
nostra decisione di lottare con coraggio».
7. A dispetto delle nostre infedeltà, lo Spirito
continua ad agire
nella
storia e a mostrare la sua potenza vivificante. Proprio nei solchi scavati
dalle sofferenze di ogni genere patite dalla famiglia umana e dal Popolo di Dio
stanno fiorendo nuovi linguaggi della fede e nuovi percorsi in grado non solo
di interpretare gli eventi da un punto di vista teologale, ma di trovare nella
prova le ragioni per rifondare il cammino della vita cristiana ed ecclesiale. È
motivo di grande speranza che non poche Chiese abbiano già avviato incontri e
processi di consultazione del Popolo di Dio, più o meno strutturati. Dove sono
stati improntati a uno stile sinodale, il senso di Chiesa è rifiorito e la
partecipazione di tutti ha dato nuovo slancio alla vita ecclesiale. Trovano
altresì conferma il desiderio di protagonismo all’interno della Chiesa da parte
dei giovani, e la richiesta di una maggiore valorizzazione delle donne e di
spazi
di partecipazione alla missione della Chiesa, già segnalati dalle Assemblee
sinodali del 2018 e del 2019. In questa linea vanno anche la recente
istituzione del ministero laicale del catechista e l’apertura alle donne
dell’accesso a quelli del lettorato e dell’accolitato.
8. Non possiamo ignorare la varietà delle condizioni in
cui vivono le comunità cristiane nelle diverse regioni del mondo. Accanto a Paesi
in cui la Chiesa accoglie la maggioranza della popolazione e rappresenta un
riferimento culturale per l’intera società, ce ne sono altri in cui i cattolici
sono una minoranza; in alcuni di questi i cattolici, insieme agli altri
cristiani, sperimentano forme di persecuzione anche molto violente, e non di
rado il martirio. Se da una parte domina una
mentalità
secolarizzata che tende a espellere la religione dallo spazio pubblico,
dall’altra un integralismo religioso che non rispetta le libertà altrui
alimenta forme di intolleranza e di violenza che si riflettono anche nella
comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società. Non di rado i cristiani
assumono i medesimi atteggiamenti, fomentando le divisioni e le contrapposizioni anche nella
Chiesa. Ugualmente occorre tenere conto del modo in cui si riverberano
all’interno della comunità cristiana e nei suoi rapporti con la società le fratture
che percorrono quest’ultima, per ragioni etniche, razziali, di casta o per
altre forme di stratificazione sociale o di violenza culturale e strutturale.
Queste situazioni hanno un profondo impatto sul significato dell’espressione “camminare
insieme” e sulle possibilità concrete di darle attuazione.
9. All’interno di questo contesto, la sinodalità
rappresenta la
strada
maestra per la Chiesa, chiamata a rinnovarsi sotto l’azione dello Spirito e
grazie all’ascolto della Parola. La capacità di immaginare un futuro diverso
per la Chiesa e per le sue istituzioni all’altezza della missione ricevuta
dipende in larga parte dalla scelta di avviare processi di ascolto, dialogo e
discernimento comunitario, a cui tutti e ciascuno possano partecipare e
contribuire. Al tempo stesso, la scelta di “camminare insieme” è un segno
profetico per una famiglia umana che ha bisogno di un progetto condiviso, in
grado di perseguire il bene di tutti. Una Chiesa capace di comunione e di
fraternità, di partecipazione e di sussidiarietà, nella fedeltà a ciò che
annuncia, potrà mettersi a fianco dei poveri e degli ultimi e prestare loro la propria
voce. Per “camminare insieme” è necessario che ci lasciamo educare dallo
Spirito a una mentalità veramente sinodale, entrando con coraggio e libertà di
cuore in un processo di conversione senza il quale non sarà possibile quella
«continua riforma di cui essa [la Chiesa], in quanto istituzione umana e
terrena, ha sempre bisogno» (UR, n. 6; cfr. EG, n. 26).
II.
Una Chiesa costitutivamente sinodale
10. «Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso,
è già tutto contenuto nella parola “Sinodo”», che «è parola antica e veneranda nella
Tradizione della Chiesa, il cui significato richiama i contenuti più profondi
della Rivelazione». È il «Signore Gesù che presenta se stesso come “la via, la
verità e la vita” (Gv 14,6)», e «i cristiani, alla sua sequela, sono in origine
chiamati “i discepoli della via” (cfr At 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22)»10. La
sinodalità in questa prospettiva è ben
più
che la celebrazione di incontri ecclesiali e assemblee di Vescovi, o una
questione di semplice amministrazione interna alla Chiesa; essa «indica lo
specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e
realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel
radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri
alla sua missione evangelizzatrice». Si intrecciano così quelli che il titolo
del Sinodo propone come assi portanti di una Chiesa sinodale: comunione,
partecipazione e missione.
Illustriamo in questo capitolo in maniera
sintetica alcuni riferimenti teologici fondamentali su cui si fonda questa
prospettiva.
11. Nel primo millennio, “camminare
insieme”, cioè praticare
la
sinodalità, è stato il modo di procedere abituale della Chiesa compresa come
«Popolo radunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». A
coloro che dividevano il corpo ecclesiale, i Padri della Chiesa hanno opposto
la comunione delle Chiese sparse per il mondo, che S. Agostino descriveva come
«concordissima fidei conspiratio», cioè l’accordo nella fede di tutti i
Battezzati. Si radica qui l’ampio sviluppo di una prassi sinodale a tutti i
livelli della vita della Chiesa – locale, provinciale, universale –, che ha trovato
nel concilio ecumenico la sua manifestazione più alta. È in questo orizzonte ecclesiale,
ispirato al principio della partecipazione di tutti alla vita ecclesiale, che S. Giovanni Crisostomo poteva
dire: «Chiesa e Sinodo sono sinonimi». Anche nel secondo millennio, quando la
Chiesa ha
maggiormente
sottolineato la funzione gerarchica, non è venuto meno questo modo di procedere:
se nel medioevo e in epoca moderna la celebrazione
di sinodi diocesani e provinciali è ben attestata accanto a quella dei concili
ecumenici, quando si è trattato di definire delle verità dogmatiche i papi
hanno voluto consultare i Vescovi per conoscere la fede di tutta la Chiesa,
facendo ricorso all’autorità del sensus fidei di tutto il Popolo di Dio,
che è «infallibile “in credendo”» (EG, n. 119).
12. A questo dinamismo della Tradizione si è ancorato il
Concilio Vaticano II. Esso mette in rilievo che «è piaciuto a Dio di
santificare e salvare gli uomini non separatamente e senza alcun legame tra di
loro, ma ha voluto costituirli in un popolo che lo riconoscesse nella verità e
lo servisse nella santità» (LG, n. 9). I membri del Popolo di Dio sono accomunati
dal Battesimo e «se anche per volontà di Cristo alcuni sono costituiti dottori,
dispensatori dei misteri e pastori a vantaggio degli altri, fra tutti però vige
vera uguaglianza quanto alla dignità e all’azione nell’edificare il corpo di
Cristo, che è comune a tutti i Fedeli» (LG, n. 32). Perciò tutti i Battezzati,
partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo,
«nell’esercizio della multiforme e ordinata ricchezza dei loro carismi, delle
loro vocazioni, dei loro ministeri» sono soggetti attivi di evangelizzazione,
sia singolarmente sia come totalità del Popolo di Dio.
13. Il Concilio ha sottolineato come, in virtù
dell’unzione dello
Spirito
Santo ricevuta nel Battesimo, la totalità dei Fedeli «non può sbagliarsi nel
credere, e manifesta questa sua proprietà peculiare mediante il senso
soprannaturale della fede di tutto il Popolo, quando “dai Vescovi fino agli ultimi
Fedeli laici”, esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di
morale» (LG, n. 12). È lo Spirito che guida i credenti «a tutta la verità» (Gv
16,13). Per la sua opera, «la Tradizione che viene dagli Apostoli progredisce
nella Chiesa», perché tutto il Popolo santo di Dio cresce nella comprensione e nell’esperienza
«tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo
studio dei credenti che le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2,19 e 51), sia con
la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia
per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno
ricevuto un carisma sicuro di verità» (DV, n. 8). Infatti questo Popolo,
radunato dai suoi Pastori, aderisce al sacro deposito della Parola di Dio
affidato alla Chiesa, persevera costantemente nell’insegnamento degli Apostoli,
nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nella preghiera, «in modo
che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra
Pastori e Fedeli una singolare concordanza di spirito» (DV, n. 10).
14. I Pastori, costituiti da Dio come «autentici custodi,
interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa», non temano perciò di
porsi all’ascolto del Gregge loro affidato: la consultazione del Popolo di Dio
non comporta l’assunzione all’interno della Chiesa dei dinamismi della
democrazia imperniati sul principio di maggioranza, perché alla base della
partecipazione a ogni processo sinodale vi è la passione condivisa per la
comune missione di evangelizzazione e non la rappresentanza di interessi in
conflitto. In altre parole, si tratta di un processo ecclesiale che non può
realizzarsi se non «in seno a una comunità gerarchicamente strutturata». È nel
legame fecondo tra il sensus fidei del Popolo di Dio e la funzione di
magistero dei Pastori che si realizza il consenso unanime di tutta la Chiesa
nella medesima fede.
Ogni processo sinodale, in cui i Vescovi sono
chiamati a discernere ciò che lo Spirito dice alla Chiesa non da soli, ma ascoltando
il Popolo di Dio, che «partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo» (LG, n.
12), è forma evidente di quel «camminare insieme» che fa crescere la Chiesa.
S. Benedetto sottolinea come «spesso il
Signore rivela la decisione migliore» a chi non occupa posizioni di rilievo
nella comunità (in quel caso il più giovane); così, i Vescovi abbiano cura di
raggiungere tutti, perché nello svolgersi ordinato del cammino sinodale si
realizzi quanto l’apostolo Paolo raccomanda alle comunità: «Non spegnete lo
Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è
buono» (1Ts 5,19-21).
15. Il senso del cammino a cui tutti siamo chiamati è
anzitutto quello di scoprire il volto e la forma di una Chiesa sinodale, in cui
«ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di
Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo
“Spirito della verità” (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli “dice alle
Chiese” (Ap 2,7)»19. Il Vescovo di Roma, quale principio e fondamento di unità
della Chiesa, richiede a tutti i Vescovi e a tutte le Chiese particolari, nelle
quali e a partire dalle quali esiste l’una e unica Chiesa cattolica (cfr. LG,
n. 23), di entrare con fiducia e coraggio nel cammino della sinodalità. In
questo “camminare insieme”, chiediamo allo Spirito di farci scoprire come la
comunione, che compone nell’unità la varietà dei doni, dei carismi, dei ministeri,
sia per la missione: una Chiesa sinodale
è una Chiesa “in uscita”, una Chiesa missionaria, «con le porte aperte» (EG, n.
46). Ciò include la chiamata ad approfondire le relazioni con le altre Chiese e
comunità cristiane, con cui siamo uniti dall’unico Battesimo. La prospettiva
del “camminare insieme”, poi, è ancora più ampia, e abbraccia l’intera umanità,
di cui condividiamo «le
gioie
e le speranze, le tristezze e le angosce» (GS, n. 1). Una Chiesa sinodale è un
segno profetico soprattutto per una comunità delle nazioni incapace di proporre
un progetto condiviso, attraverso il quale perseguire il bene di tutti:
praticare la sinodalità è oggi per la Chiesa il modo più evidente per essere
«sacramento universale di salvezza» (LG, n. 48), «segno e strumento dell’intima
unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG, n. 1).
III.
In ascolto delle Scritture
16. Lo Spirito di Dio che illumina e vivifica questo
“camminare
insieme”
delle Chiese è lo stesso che opera nella missione di Gesù, promesso agli Apostoli
e alle generazioni dei discepoli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in
pratica. Lo Spirito, secondo la promessa del Signore, non si limita a
confermare la continuità del Vangelo di Gesù, ma illuminerà le profondità
sempre nuove della sua Rivelazione e ispirerà le decisioni necessarie a
sostenere il cammino della Chiesa
(cfr.
Gv 14,25-26; 15,26-27; 16,12-15). Per questo è opportuno che il nostro cammino
di costruzione di una Chiesa sinodale sia ispirato da due “immagini” della
Scrittura. Una emerge nella rappresentazione della “scena comunitaria” che
accompagna costantemente il cammino dell’evangelizzazione; l’altra è riferita
all’esperienza dello Spirito in cui Pietro e la comunità primitiva riconoscono
il rischio di porre limiti ingiustificati alla condivisione della fede.
L’esperienza sinodale del camminare insieme, alla sequela del Signore e
nell’obbedienza allo Spirito, potrà ricevere una ispirazione decisiva dalla
meditazione di questi due momenti della Rivelazione.
Gesù,
la folla, gli apostoli
17. Nel suo impianto fondamentale, una scena originaria
appare come la costante del modo con cui Gesù si rivela lungo tutto il Vangelo,
annunciando l’avvento del Regno di Dio. Gli attori in gioco sono essenzialmente
tre (più uno). Il primo naturalmente è Gesù, il protagonista assoluto che
prende l’iniziativa, seminando le parole e i segni della venuta del Regno senza
fare «preferenza di persone» (cfr. At 10,34). In varie forme, Gesù rivolge una
speciale attenzione ai “separati” da Dio e agli “abbandonati” dalla comunità (i
peccatori e i poveri, nel linguaggio evangelico). Con le sue parole e le sue
azioni offre la liberazione dal male e la conversione alla speranza, nel nome di
Dio Padre e nella forza dello Spirito Santo. Pur nella diversità delle chiamate
e delle risposte di accoglienza del Signore, il tratto comune è che la fede
emerge sempre come valorizzazione della persona: la sua supplica è ascoltata,
alla sua difficoltà è dato aiuto, la sua disponibilità è apprezzata, la sua
dignità è confermata dallo sguardo di Dio e restituita al riconoscimento della
comunità.
18. L’azione di evangelizzazione e il messaggio di
salvezza, in effetti, non sarebbero comprensibili senza la costante apertura di
Gesù all’interlocutore più ampio possibile, che i Vangeli indicano come la folla,
ossia l’insieme delle persone che lo seguono lungo il cammino, e a volte
addirittura lo inseguono nella speranza di un segno e di una parola di
salvezza: ecco il secondo attore della scena della Rivelazione.
L’annuncio evangelico non è rivolto solo a
pochi illuminati o prescelti.
L’interlocutore di Gesù è “il popolo” della
vita comune, il “chiunque” della condizione umana, che Egli mette direttamente
in contatto con il dono di Dio e la chiamata alla salvezza. In un modo che
sorprende e talora scandalizza i testimoni, Gesù accetta come interlocutori
tutti coloro che emergono dalla folla: ascolta le appassionate rimostranze della
donna cananea (cfr. Mt 15,21-28), che non può accettare di essere esclusa dalla
benedizione che Egli porta; si concede al dialogo con la Samaritana (cfr. Gv
4,1-42), nonostante la sua condizione di donna socialmente e religiosamente
compromessa; sollecita l’atto di fede libero e riconoscente del cieco nato
(cfr. Gv 9), che la religione ufficiale aveva liquidato come estraneo al
perimetro della grazia.
19. Alcuni seguono più esplicitamente Gesù, sperimentando
la fedeltà del discepolato, mentre altri sono invitati a tornare alla loro vita
ordinaria: tutti, però, testimoniano la forza della fede che li ha salvati (cfr.
Mt 15,28). Tra coloro che seguono Gesù prende netto rilievo la figura degli
apostoli che Lui stesso chiama, sin dall’inizio, destinandoli all’autorevole
mediazione del rapporto della folla con la Rivelazione e con l’avvento del Regno di Dio. L’ingresso di
questo terzo attore sulla scena non avviene grazie a una guarigione o
conversione, ma coincide con la chiamata di Gesù. L’elezione degli apostoli non
è il privilegio di una posizione esclusiva di potere e di separazione, bensì la
grazia di un ministero inclusivo di benedizione e di comunione. Grazie al dono dello
Spirito del Signore risorto, costoro devono custodire il posto di Gesù, senza
sostituirlo: non per mettere filtri alla sua presenza, ma per rendere facile
incontrarlo.
20. Gesù, la folla nella sua varietà,
gli apostoli: ecco l’immagine e il mistero da contemplare e approfondire
continuamente perché la Chiesa sempre più diventi ciò che è. Nessuno dei tre
attori può uscire di scena. Se viene a mancare Gesù e al suo posto si insedia qualcun
altro, la Chiesa diventa un contratto fra gli apostoli e la folla, il cui dialogo
finirà per seguire la trama del gioco politico. Senza gli
apostoli,
autorizzati da Gesù e istruiti dallo Spirito, il rapporto con la verità
evangelica si interrompe e la folla rimane esposta a un mito o una ideologia su
Gesù, sia che lo accolga sia che lo rifiuti. Senza la folla, la relazione degli
apostoli con Gesù si corrompe in una forma settaria e autoreferenziale della
religione, e l’evangelizzazione perde la sua luce, che promana dalla
rivelazione di sé che Dio rivolge a chiunque, direttamente, offrendogli la sua
salvezza.
21.
C’è poi l’attore “in più”, l’antagonista, che porta sulla scena la separazione
diabolica degli altri tre. Di fronte alla perturbante prospettiva della croce,
ci sono discepoli che se ne vanno e folle che cambiano umore. L’insidia che
divide – e quindi contrasta un cammino comune – si manifesta indifferentemente
nelle forme del rigore religioso, dell’ingiunzione morale che si presenta come
più esigente di quella di Gesù, e della seduzione di una sapienza politica
mondana che si vuole più efficace di un discernimento degli spiriti. Per
sottrarsi agli inganni del “quarto attore” è necessaria una conversione
continua. Emblematico a proposito è l’episodio del centurione Cornelio (cfr. At
10), antecedente di quel “concilio” di Gerusalemme (cfr. At 15) che costituisce
un riferimento cruciale di una Chiesa sinodale.
Una
duplice conversione: Pietro e Cornelio (At 10)
22. L’episodio narra anzitutto la conversione di
Cornelio, che
addirittura
riceve una sorta di annunciazione. Cornelio è pagano, presumibilmente romano,
centurione (ufficiale di basso grado) dell’esercito di occupazione, che pratica
un mestiere basato su violenza e sopruso. Eppure è dedito alla preghiera e
all’elemosina, cioè coltiva la relazione con Dio e si prende cura del prossimo.
Proprio da lui entra sorprendentemente l’angelo, lo chiama per nome e lo esorta
a mandare – il verbo della missione! – i suoi servi a Giaffa per chiamare – il
verbo della vocazione! – Pietro. La narrazione diventa allora quella della
conversione di quest’ultimo, che quello stesso giorno ha ricevuto una visione,
in cui una voce gli ordina di uccidere e mangiare degli animali, alcuni dei
quali impuri. La sua risposta è decisa: «Non sia mai, Signore» (At 10,14).
Riconosce che è il Signore a parlargli, ma gli oppone un netto rifiuto, perché
quell’ordine demolisce precetti della Torah irrinunciabili per la sua identità
religiosa, che esprimono un modo di intendere l’elezione come differenza che
comporta separazione ed esclusione rispetto agli altri popoli.
23. L’apostolo rimane profondamente turbato e, mentre si
interroga
sul senso di quanto avvenuto, arrivano gli uomini mandati da Cornelio, che lo
Spirito gli indica come suoi inviati. A loro Pietro risponde con parole che
richiamano quelle di Gesù nell’orto: «Sono io colui che cercate» (At 10,21). È
una vera e propria conversione, un passaggio doloroso e immensamente fecondo di
uscita dalle proprie categorie culturali e religiose: Pietro accetta di
mangiare insieme a dei
pagani
il cibo che aveva sempre considerato proibito, riconoscendolo come strumento di
vita e di comunione con Dio e con gli altri. È nell’incontro con le persone,
accogliendole, camminando insieme a loro ed entrando nelle loro case, che si
rende conto del significato della sua visione: nessun essere umano è indegno
agli occhi di Dio e la differenza istituita dall’elezione non è preferenza
esclusiva, ma servizio e testimonianza di respiro universale.
24. Sia Cornelio sia Pietro coinvolgono nel loro percorso
di
conversione
altre persone, facendone compagni di cammino. L’azione apostolica realizza la
volontà di Dio creando comunità, abbattendo steccati e promovendo l’incontro.
La parola svolge un ruolo centrale nell’incontro tra i due protagonisti. Inizia
Cornelio a condividere l’esperienza che ha vissuto. Pietro lo ascolta e prende
in seguito la parola, comunicando a sua volta quanto gli è accaduto e
testimoniando la vicinanza del Signore, che va incontro a ogni persona per
liberarla da ciò che la rende prigioniera del male e ne mortifica l’umanità (cfr
At 10,38). Questo modo di comunicare è simile a quello che Pietro adotterà
quando a Gerusalemme i fedeli circoncisi lo rimprovereranno, accusandolo di
aver infranto le norme tradizionali, su cui sembra concentrarsi tutta la loro
attenzione, noncuranti dell’effusione dello Spirito: «Sei entrato in casa di
uomini non circoncisi e hai mangiato insieme con loro!» (At 11,3). In quel
momento di conflitto, Pietro racconta quanto gli è accaduto e le sue reazioni
di sconcerto, incomprensione e resistenza. Proprio questo aiuterà i suoi
interlocutori, inizialmente aggressivi e refrattari, ad ascoltare e accogliere
quello che è avvenuto. La Scrittura contribuirà a interpretarne il senso, come poi
avverrà anche al “concilio” di Gerusalemme, in un processo di discernimento che
è un ascolto dello Spirito in comune.
IV.
La sinodalità in azione: piste per la consultazione del Popolo di Dio
25. Illuminato dalla Parola e fondato nella Tradizione,
il cammino sinodale si radica nella vita concreta del Popolo di Dio. Presenta
infatti una peculiarità che è anche una straordinaria risorsa: il suo oggetto –
la sinodalità – è anche il suo metodo. In altre parole, costituisce una sorta
di cantiere o di esperienza pilota, che permette di cominciare a raccogliere
fin da subito i frutti del dinamismo che la progressiva conversione sinodale
immette nella comunità cristiana. D’altro canto non può che rinviare alle
esperienze di sinodalità vissuta, a diversi livelli e con differenti gradi di
intensità: i loro punti di forza e i loro successi, così come i loro limiti e
le loro difficoltà, offrono elementi preziosi al discernimento sulla direzione
in cui continuare a muoversi. Certamente si fa qui riferimento alle esperienze
attivate dal presente cammino sinodale, ma anche a tutte quelle in cui già si
sperimentano forme di “camminare insieme” nella vita ordinaria anche quando nemmeno
si conosce o si usa il termine sinodalità.
L’interrogativo
fondamentale
26. L’interrogativo fondamentale che guida questa
consultazione del Popolo di Dio, come già ricordato in apertura, è il seguente:
Una Chiesa sinodale, annunciando il
Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi
nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere
per crescere nel nostro “camminare insieme”?
Per
rispondere siete invitati a:
a) chiedervi
quali esperienze della vostra Chiesa particolare l’interrogativo fondamentale richiama
alla vostra mente;
b) rileggere
più in profondità queste esperienze: quali gioie hanno provocato? Quali
difficoltà e ostacoli hanno incontrato? Quali ferite hanno fatto emergere?
Quali intuizioni hanno suscitato?
c) cogliere
i frutti da condividere: dove in queste esperienze risuona la voce dello
Spirito? Che cosa ci sta chiedendo? Quali sono i punti da confermare, le
prospettive di cambiamento, i passi da compiere? Dove registriamo un consenso?
Quali cammini si aprono per la nostra Chiesa particolare?
Diverse
articolazioni della sinodalità
27. Nella preghiera, riflessione e condivisione suscitata
dall’interrogativo
fondamentale, è opportuno tenere presenti tre piani su cui si articola la
sinodalità come «dimensione costitutiva dellaChiesa»:
•
il piano dello stile con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente, che ne
esprime la natura di Popolo di Dio che cammina insieme e si raduna in assemblea
convocato dal Signore Gesù nella forza dello Spirito Santo per annunciare il
Vangelo. Questo stile si realizza attraverso «l’ascolto comunitario della
Parola e la celebrazione dell’Eucaristia, la fraternità della comunione e la
corresponsabilità e partecipazione di tutto il Popolo di Dio, ai suoi vari
livelli e nella distinzione dei diversi ministeri e ruoli, alla sua vita e alla
sua missione»;
•
il piano delle strutture e dei processi ecclesiali, determinati
anche
dal punto di vista teologico e canonico, in cui la natura
sinodale
della Chiesa si esprime in modo istituzionale a livello
locale,
regionale e universale;
•
il piano dei processi ed eventi sinodali in cui la Chiesa è convocata
dall’autorità competente, secondo specifiche procedure determinate dalla
disciplina ecclesiastica.
Pur distinti da un punto di vista logico,
questi tre piani rimandano l’uno all’altro e devono essere tenuti insieme in
modo coerente, altrimenti si trasmette una controtestimonianza e si mina la
credibilità della Chiesa. Infatti, se non si incarna in strutture e processi,
lo stile della sinodalità facilmente degrada dal piano delle intenzioni e dei
desideri
a quello della retorica, mentre processi ed eventi, se non sono animati da uno
stile adeguato, risultano vuote formalità.
28. Inoltre, nella rilettura delle
esperienze, occorre tenere
presente
che “camminare insieme” può essere inteso secondo due diverse prospettive,
fortemente interconnesse. La prima guarda alla vita interna delle Chiese
particolari, ai rapporti tra i soggetti che le costituiscono (in primo luogo
quelli tra i Fedeli e i loro Pastori, anche attraverso gli organismi di
partecipazione previsti dalla disciplina canonica, compreso il sinodo
diocesano) e alle comunità in cui si articolano (in particolare le parrocchie).
Considera poi i rapporti dei Vescovi tra di loro e con il Vescovo di Roma,
anche attraverso gli organismi intermedi di sinodalità (Sinodi dei Vescovi
delle Chiesepatriarcali e arcivescovili maggiori, Consigli dei Gerarchi e
Assemblee dei Gerarchi delle Chiese sui iuris, Conferenze Episcopali,
con le loro espressioni nazionali, internazionali e continentali). Si allarga quindi
al modo in cui ciascuna Chiesa particolare integra al proprio interno il
contributo delle diverse forme di vita monastica, religiosa e consacrata, di
associazioni e movimenti laicali, di istituzioni ecclesiali ed ecclesiastiche
di vario genere (scuole, ospedali, università, fondazioni, enti di carità e
assistenza, ecc.). Infine, questa prospettiva abbraccia anche le relazioni e le
iniziative comuni con i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni
cristiane, con i quali condividiamo il dono dello
stesso
Battesimo.
29. La seconda prospettiva considera come il Popolo di
Dio
cammina
insieme all’intera famiglia umana. Lo sguardo si fermerà così sullo stato delle
relazioni, del dialogo e delle eventuali iniziative comuni con i credenti di
altre religioni, con le persone lontane dalla fede, così come con ambienti e
gruppi sociali specifici, con le loro istituzioni (mondo della politica, della
cultura, dell’economia, della finanza, del lavoro, sindacati e associazioni
imprenditoriali, organizzazioni non governative e della società civile,
movimenti popolari, minoranze di vario genere, poveri ed esclusi, ecc.).
Dieci
nuclei tematici da approfondire
I.
I COMPAGNI DI VIAGGIO
Nella
Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco afianco. Nella vostra
Chiesa locale, chi sono coloro che “camminanoinsieme”? Quando diciamo “la
nostra Chiesa”, chi ne fa parte? Chi ci chiede di camminare insieme? Quali sono
i compagni di viaggio, anche al di fuori del perimetro ecclesiale? Quali
persone o gruppi sono lasciati ai margini, espressamente o di fatto?
II.
ASCOLTARE
L’ascolto
è il primo passo, ma richiede di avere mente e cuore
aperti,
senza pregiudizi. Verso chi la nostra Chiesa particolare è “in debito di
ascolto”? Come vengono ascoltati i Laici, in particolare giovani e donne? Come
integriamo il contributo di Consacrate e
Consacrati? Che spazio ha la voce delle minoranze, degli scartati e
degli esclusi? Riusciamo a identificare pregiudizi e stereotipi che ostacolano
il nostro ascolto? Come ascoltiamo il contesto sociale e culturale in cui
viviamo?
III.
PRENDERE LA PAROLA
Tutti
sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà,
verità e carità. Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi
organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e
opportunismi? E nei confronti della società di cui facciamo parte? Quando e
come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore? Come funziona il rapporto con
il sistema dei media (non solo quelli cattolici)? Chi parla a nome della
comunità cristiana e come viene scelto?
IV.
CELEBRARE
“Camminare
insieme” è possibile solo se si fonda sull’ascolto
comunitario
della Parola e sulla celebrazione dell’Eucaristia. In che modo la preghiera e
la celebrazione liturgica ispirano e orientano effettivamente il nostro
“camminare insieme”? Come ispirano le decisioni più importanti? Come
promuoviamo la partecipazione attiva di tutti i Fedeli alla liturgia e
l’esercizio della funzione di santificare? Quale spazio viene dato
all’esercizio dei ministeri del lettorato e dell’accolitato?
V.
CORRESPONSABILI NELLA MISSIONE
La
sinodalità è a servizio della missione della Chiesa, a cui tutti i suoi membri
sono chiamati a partecipare. Poiché siamo tutti discepoli missionari, in che
modo ogni Battezzato è convocato per essere protagonista della missione? Come
la comunità sostiene i propri membri impegnati in un servizio nella società
(impegno sociale e politico, nella ricerca scientifica e nell’insegnamento,
nella promozione della giustizia sociale, nella tutela dei diritti umani e
nella cura della
Casa
comune, ecc.)? Come li aiuta a vivere questi impegni in una logica di missione?
Come avviene il discernimento sulle scelte relative alla missione e chi vi
partecipa? Come sono state integrate e adattate le diverse tradizioni in
materia di stile sinodale che costituiscono il patrimonio di molte Chiese, in
particolare quelle orientali, in vista di una efficace testimonianza cristiana?
Come funziona la collaborazione nei territori dove sono presenti Chiese sui
iuris diverse?
VI.
DIALOGARE NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ
Il
dialogo è un cammino di perseveranza, che comprende anche silenzi e sofferenze,
ma capace di raccogliere l’esperienza delle persone e dei popoli. Quali sono i
luoghi e le modalità di dialogo all’interno della nostra Chiesa particolare?
Come vengono affrontate le divergenze di visione, i conflitti, le difficoltà?
Come promuoviamo la collaborazione con le Diocesi vicine, con e tra le comunità
religiose presenti sul territorio, con e tra associazioni e movimenti laicali,
ecc.? Quali esperienze di dialogo e di impegno condiviso portiamo avanti con credenti di altre religioni e con chi non
crede? Come la Chiesa dialoga e impara da altre istanze della società: il mondo
della politica,
dell’economia,
della cultura, la società civile, i poveri...?
VII.
CON LE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE
Il
dialogo tra cristiani di diversa confessione, uniti da un solo
Battesimo,
ha un posto particolare nel cammino sinodale. Quali rapporti intratteniamo con
i fratelli e le sorelle delle altre Confessioni cristiane? Quali ambiti
riguardano? Quali frutti abbiamo tratto da questo “camminare insieme”? Quali le
difficoltà?
VIII.
AUTORITÀ E PARTECIPAZIONE
Una
Chiesa sinodale è una Chiesa partecipativa e corresponsabile. Come si identificano gli obiettivi da
perseguire, la strada per raggiungerli e
i passi da compiere? Come viene esercitata l’autorità all’interno della nostra
Chiesa particolare? Quali sono le pratiche di lavoro in équipe e di
corresponsabilità? Come si promuovono i ministeri laicali
e
l’assunzione di responsabilità da parte dei Fedeli? Come funzionano gli organismi di sinodalità a livello della
Chiesa particolare? Sono una esperienza feconda?
IX.
DISCERNERE E DECIDERE
In
uno stile sinodale si decide per discernimento, sulla base di un
consenso
che scaturisce dalla comune obbedienza allo Spirito. Con
quali
procedure e con quali metodi discerniamo insieme e prendiamo decisioni? Come si
possono migliorare? Come promoviamo la partecipazione alle decisioni in seno a
comunità gerarchicamente strutturate? Come articoliamo la fase consultiva con
quella deliberativa, il processo del decision-making (=fase preparatoria
di una decisione ) con il momento del decision-taking
(=fase
della deliberazione di una decisione )? In
che modo e con quali strumenti promuoviamo trasparenza e accountability
(=imputazione
precisa dei risultati ai soggetti che hanno diretto il processo all’esito del
quale si sono prodotti )?
X.
FORMARSI ALLA SINODALITÀ
La
spiritualità del camminare insieme è chiamata a diventare
principio
educativo per la formazione della persona umana e del cristiano, delle famiglie
e delle comunità. Come formiamo le persone,
in particolare quelle che rivestono ruoli di responsabilità all’interno della comunità cristiana, per renderle più
capaci di “camminare insieme”,
ascoltarsi a vicenda e dialogare? Che formazione offriamo al discernimento e all’esercizio dell’autorità?
Quali strumenti ci aiutano a leggere le
dinamiche della cultura in cui siamo immersi e il loro impatto sul nostro stile
di Chiesa?
31. Scopo della prima fase del cammino sinodale è
favorire un ampio processo di consultazione per raccogliere la ricchezza delle esperienze
di sinodalità vissuta, nelle loro differenti articolazioni e sfaccettature,
coinvolgendo i Pastori e i Fedeli delle Chiese particolari a tutti i diversi livelli, attraverso i mezzi
più adeguati secondo le specifiche
realtà locali: la consultazione,
coordinata dal Vescovo, è rivolta «ai Presbiteri, ai Diaconi e ai Fedeli laici
delle loro Chiese, sia singolarmente sia associati, senza trascurare il
prezioso apporto che può venire dai Consacrati e dalle Consacrate» (EC, n. 7).
In particolar modo viene richiesto il contributo degli organismi di
partecipazione delle Chiese particolari, specialmente il Consiglio presbiterale
e il Consiglio pastorale, a partire dai
quali veramente «può incominciare
a
prendere forma una Chiesa sinodale». Ugualmente sarà prezioso il contributo
delle altre realtà ecclesiali a cui sarà inviato il Documento Preparatorio,
come quello di chi vorrà mandare direttamente il proprio.
Infine, sarà di fondamentale importanza che
trovi spazio anche la voce dei poveri e degli esclusi, non soltanto di chi
riveste un qualche ruolo o responsabilità all’interno delle Chiese particolari.
32. La sintesi che ciascuna Chiesa particolare elaborerà
al termine di questo lavoro di ascolto e discernimento costituirà il suo
contributo al percorso della Chiesa universale. Per rendere più agevoli e
sostenibili le fasi successive del cammino, è importante riuscire a condensare i
frutti della preghiera e della riflessione in una decina di pagine al massimo.
Se necessario per contestualizzarle e spiegarle meglio, si potranno allegare
altri testi a supporto o integrazione. Ricordiamo che lo scopo del Sinodo e quindi di questa
consultazione non è produrre documenti,
ma «far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare
ferite, intrecciare relazioni, risuscitare
un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti,
riscaldi i cuori, ridoni forza alle
mani».