INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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sabato 25 settembre 2021

La 49° Settimana Sociale a Taranto

 

La 49° Settimana Sociale a Taranto

 

0.  Ieri sera, nel mio gruppo MEIC – Movimento ecclesiale di impegno culturale, abbiamo discusso su una proposta da inviare alla 49° Settimana sociale che si terrà a Taranto dal 21 al 24 ottobre prossimi sul tema “Il pianeta che speriamo – Ambiente lavoro futuro - #tutto  è connesso, con evidente rimando al magistero di papa Francesco, in particolare nell’enciclica Laudato si’ (2015). Continueremo venerdì prossimo, in  videoconferenza Zoom. Nella Settimana sociale ci si propone di  portare un contributo per sostenere e orientare la formazione di un nuovo modello di sviluppo capace di ridefinire il rapporto tra economia e ecosistema, ambiente e lavoro, vita personale e organizzazione sociale. Al di là dell’apparenza superficiale, il tema è quindi  politico, perché riguarda il governo delle società.

  La settimana sociale si svolge a Taranto, città la cui economia si basa ancora su un’industria siderurgica che è risultata gravemente inquinante, tanto da riuscire pericolosa per la salute pubblica, ma essenziale per la sussistenza di larghe fasce della popolazione locale, e in cui tutte  le istituzioni pubbliche, governo nazionale e locale, istituzioni giudiziarie, partiti politici, sindacati e altri movimenti attivi sulle questioni sociali e Chiesa cattolica hanno finora clamorosamente fallito nel progettare e costruire un modello cittadino di sviluppo sostenibile, vale a dire capace di integrare tutto ciò che rientra nell’idea di benessere umano, in particolare il sostentamento dignitoso delle famiglie, la salute pubblica, il paesaggio.

  Sul sito

https://www.settimanesociali.it/

potrete trovare ulteriori informazioni e documentazione sull’evento.

  Ci si è preparati da tempo, dal novembre scorso, riflettendo sugli argomenti esposti nello Strumento di lavoro  che potete trovare su

https://www.settimanesociali.it/wp-content/blogs.dir/57/files/sites/61/2020/11/Inst_Lab_completo_2020-2-1.pdf

  In particolare, nelle diocesi del nord si sono svolti seminari che hanno prodotto proposte interessanti, che potete leggere su

https://www.settimanesociali.it/wp-content/blogs.dir/57/files/sites/61/2021/08/Doc_Proposte_Diocesi_Nord_Set_Soc.pdf

 La maggiore attenzione dei cattolici su questi argomenti, riconducibile essenzialmente al magistero di papa Francesco, ha sicuramente contribuito (finora) al buon esito di una proposta di legge di modifica costituzionale, in particolare per inserire, dopo il  secondo comma dell’art.9 della Costituzione – norma compresa nei Principi fondamentali,

[La Repubblica] Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione.

un altro comma

La Repubblica tutela l’ambiente e l’ecosistema, protegge le biodiversità e gli animali, promuove lo sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni

approvata dal Senato il 9 giugno di quest’anno. Il corso legislativo è ancora lungo, perché, dopo l’approvazione della Camera dei Deputati, ci dovrà essere una nuova approvazione di entrambi i rami del Parlamento dopo un intervallo di almeno tre mesi. Sul tema si sono levate voci critiche, perché talvolta innovazioni per la tutela dell’ambiente, in particolare lo sviluppo di fonti di energia sostenibili, nella specie pale eoliche e i campi fotovoltaici, ha inciso negativamente sul paesaggio. Si vorrebbe una riformulazione della norma per bilanciare più chiaramente i valori costituzionali implicati. La modifica costituzionale produrrebbe importantissimi effetti su tutto il sistema legislativo, in particolare orientando il legislatore e le interpretazioni delle norme, in sede giudiziaria e amministrativa. Questo rende più chiaro il significato politico di certi temi.

2.  La consapevolezza del significato funzionale degli ecosistemi  risale agli anni Trenta del Novecento. La nozione di ecosistema è questa: l’insieme degli organismi viventi e delle sostanze non viventi con le quali i primi stabiliscono uno scambio di materiali e di energia, in un’area delimitata [così definita in https://www.treccani.it/enciclopedia/ecosistema]. L’idea è che tutti i viventi sono profondamente integrati fra loro e nel loro ambiente. Questa integrazione è il risultato di una lunga evoluzione dei viventi e dei non viventi, che può essere studiata scientificamente. Se ne cambia qualche elemento, anche l’insieme cambia.

  Con le stragi atomiche di Hiroshima e Nagasaki, il 6  e il 9 agosto 1945, durante il conflitto tra gli Stati Uniti d’America e l’Impero nipponico, si cominciò ad acquisire consapevolezza che gli esseri umani erano in grado di incidere su larga scala sugli ecosistemi vitali per l’umanità. Si comprese che un conflitto con l’impiego dell’arma atomica sarebbe stato addirittura in grado, per le conseguenze del fallout radioattivo, la ricaduta di particelle radioattive disperse nell’atmosfera dall’esplosione atomica, di rendere l’intero pianeta, o comunque sue aree vastissime, inabitabile per gli umani per lunghissimo tempo, avvelenando gli ecosistemi di riferimento. Il discorso ecologico iniziò quindi ad assumere un significato politico, tuttavia, in questa prima fase, con riguardo essenzialmente alla salvaguardia della vita umana, per la prevenzione di confitti catastrofici.

  Dagli anni Sessanta del Novecento si cominciò ad avere consapevolezza che l’attività umana incideva in molti altri modi sugli ecosistemi, in particolare a causa della dispersione dei sottoprodotti della civiltà industriale, e che, inoltre, le materie prime e la produzione di energia da fonti non rinnovabili avevano limiti  che potevano essere stimati, e quindi previsti. Se non si fosse cambiato il modello di sviluppo, esso avrebbe portato al collasso i sistemi sociali  che lo esprimevano. All’epoca era invece diffusa l’idea che potesse esservi uno sviluppo crescente indefinito,  che avrebbe portato a risolvere in modo pacifico i maggiori problemi dell’umanità dai quali erano anche scaturiti i ciclici conflitti bellici.

  Si legge in un rapporto dal titolo I limiti dello sviluppo - Rapporto del System Dynamics Group Massachussets Institute of Technology (MIT) per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità, in Italia pubblicato nel 1972 da Mondadori, che fece all’epoca molto scalpore:

 

 La storia del faticoso progresso dell’uomo e dei suoi sforzi per conciliare le necessità dell’esistenza con le limitazioni dell’ambiente fisico è fatta di successi e di fallimenti, ma solo i primi sono rimasti a formare la tradizione culturale dominante. Considerando in particolare gli ultimi trecento anni, la storia sembra presentare una successione trionfale di progressi tecnologici spettacolari, in un continuo superamento dei limiti naturali volta a volta incontrati sulla via dello sviluppo economico e della crescita demografica. Incoraggiata da tale passato, è naturale allora che la maggior parte delle persone veda nella tecnologia lo strumento che consentirà di avanzare indefinitamente, innalzando il tetto delle possibilità materiali. Queste persone parlano del futuro con marcato ottimismo tecnologico.

Sia per le materie prime sia per l’energia, non si vede alcun limite sostanziale che non si possa pensare di superare mediante modificazioni della struttura dei prezzi, sostituzione di alcuni prodotti con altri, più rapidi progressi della tecnologia o del controllo dell’inquinamento.

 Affermazioni di tal genere, una così totale fiducia nelle nuove tecno­logie, andrebbero verificate nel contesto di una più completa rappre­sentazione del sistema mondiale, in particolare nei cinque settori fon­damentali, interconnessi, del sistema popolazione-capitale, per. accertare se e in quale misura esse si concilino, a breve e a lunga scadenza, con i limiti naturali dello sviluppo e con la tendenza del sistema stesso alla crescita e al successivo collasso.

   L’ecologia, la scienza che studia gli ecosistemi, cominciò allora ad assumere, in Occidente e specialmente nell’Europa occidentale,  un forte significato politico, nel senso che venne adottata come ideologia di riforma sociale dai movimenti critici nei confronti dello sviluppo delle società capitalistiche, in particolare dai movimenti socialisti. Questo non caratterizzò invece la politica dei regimi comunisti del mondo, detti del socialismo reale, dove l’assillo principale era la crescita industriale. E’ solo nel neo-comunismo cinese secondo Xi Jinping che l’ecologia, quindi la comprensione e la tutela degli ecosistemi, è divenuta un obiettivo politico, del partito unico e quindi dello stato.

  Negli anni ’70 la giurisprudenza del pretore,  ufficio giudiziario monocratico che trattava dell’ambiente e del  lavoro, cominciò a svilupparsi innovativamente, rispetto al passato, interpretando le leggi vigenti in modo più aderente alla Costituzione, che prevede l’ambiente, il paesaggio e la salute come valori costituzionali. Anche da questa giurisprudenza scaturirono poi modifiche legislative, sorrette dalla politica democratica di allora.

  La Chiesa cattolica italiana fu coinvolta in questo movimento.

  Quanto alla prima fase, quella volta alla prevenzione di un conflitto catastrofico, si ricorda l’enciclica La pace in terra, del 1963. La seconda fase vide il protagonismo del popolo, seguito molto più tardi dal Magistero. Chi ha vissuto negli anni ’70 ricorda sicuramente che di problemi ecologici si parlava molto, essenzialmente in funzione di critica del modello dell’economia capitalista: oltre a creare i poveri, esso distruggeva l’ambiente, che, in religione, veniva immaginato con gli occhi di Francesco d’Assisi, come il prodigio della Provvidenza che non doveva essere guastato da mani umane. Nel 1971, papa Paolo 6°, nella Lettera apostolica L’Ottantesimo anniversario avvicinandosi  [dell’enciclica Le novità -Rerum novarum] – Octogesima adveniens vi accennò brevemente.

 

21. Mentre l'orizzonte dell'uomo si modifica, in tale modo, tramite le immagini che sono scelte per lui, un'altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica quanto inattesa dell'attività umana. L'uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l'ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l'uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l'intera famiglia umana.

 A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato ormai comune.

 

  Vi era una differenza di accenti, tra l’atteggiamento dei popolo e quello del Magistero. Il primo era connotato più specificamente da una polemica politica, seguendo sostanzialmente quella sviluppata dai socialismi europei occidentali, il secondo era diretto maggiormente contro la pretesa dell’uomo di essere il solo legislatore dell’universo, prescindendo dal volere divino, artefice della natura e quindi anche degli ecosistemi. Quest’ultima posizione riteneva indispensabile, ma tutto sommato sufficiente, un cambiamento morale  dell’umanità, mentre l’altra riteneva necessari provvedimenti di governo della società, quindi una strategia propriamente politica. In questa fase il Magistero scontava il condizionamento dell’essere sostanzialmente alleato delle potenze Occidentali, le quali sostenevano il capitalismo mondiale.

  Anche nell’era dominata dal papa Giovanni Paolo 2° quella rimase la posizione del Magistero

 

Il senso essenziale della regalità, del dominio dell’uomo sul mondo visibile, a lui assegnato come compito dallo stesso Creatore, consiste nella priorità dell’etica sulla tecnica, nel primato della persona sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia» . [enciclica Il Redentore dell’uomo (1979)

 

pur iniziando a trattare sempre più diffusamente dell’esigenza di una programmazione economica che tenesse conto anche delle esigenze ambientali.

  Insomma la polemica era fondamentalmente etica, contro l’uomo “dominatore” del liberalismo e del socialismo

 

L’uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della terra e la sua stessa vita. Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio. Egli pensa di poter disporre arbitrariamente della terra, assoggettandola senza riserve alla sua volontà, come se essa non avesse una propria forma ed una destinazione anteriore datale da Dio, che l’uomo può, sì, sviluppare, ma non deve tradire. Invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui» [dall’enclica Il Centenario – Centesimus Annus, 1991, nell’anniversario dei cento anni dall’enciclica Le novità  - Rerum Novarum].

 

 L’idea era quella di una natura fondamentalmente buona  e ordinata, che veniva rovinata dall’azione degli umani per il loro  smodato desiderio di avere e  di godere.

  A questi argomenti, da parte capitalista si replicava osservando che tutta l’umanità, e le stesse Chiese cristiane, avevano beneficiato dello sviluppo consentito dall’economia capitalista, che per questo non poteva essere considerata in sé malvagia, perché, particolare, si basava sulla libertà e dignità delle persone e del loro lavoro e sul principio di equità degli scambi.

  Con il forte declino dei movimenti socialisti a livello mondiale, prodottosi improvvisamente nel corso degli anni ’90, la capacità di argomentare contro il capitalismo come fonte di emarginazione sociale e di povertà fu sempre meno diffusa. E il Magistero non mostrava interesse a riprendere quel discorso. Diverso fu l’atteggiamento nei popoli cristiani, specialmente in Europa occidentale e in America Latina.  In particolare in quelle due zone del mondo si mantenne la visione politica  del problema che aveva dato il socialismo, che nell’Europa occidentale aveva subìto in parte importante una conversione ecologica  sfociando nei partiti Verdi. Dal 2013, il Magistero di papa Francesco ha ripreso questa linea di riflessione, che è anche politica, prefigurando un diverso governo delle società. Riferendosi all’ecologia integrale,  egli comprende anche le politiche di riforma delle società, non solo quelle di manutenzione e di tutela degli ecosistemi naturali. La società intera, con le sue istituzioni, movimenti, economia, insediamenti umani, è vista come un grande ecosistema.

3. Il principale problema nell’approccio cattolico ai  temi ecologici sta nel pregiudizio, di origine teologica su base scritturistica, di una natura buona  guastata dagli umani. Questa idea è irrealistica.

  Premesso che le nozioni di bontà  e di cattiveria hanno senso solo se poste in riferimento alla vita umana, la natura non appare essere stata progettata per gli umani, e dunque non è buona, in quel senso. Le frange radicali dell’ecologismo politico da questo derivano la convinzione che gli esseri umani si debbano fare da parte, puramente e semplicemente.

  Il richiamo all’esperienza e al pensiero di Francesco d’Assisi è del tutto inconferente, e quindi inutile per i nostri problemi. Il personaggio è vissuto nel Medioevo, in cui appariva manifesto il senso soverchiante della Natura, assolutamente non disponibile per gli umani, vista come espressione del potere divino. Essa si imponeva con la sua forza e brutalità, dava vita e morte. Bisognava piegarsi, accettarla, e anche amarla in ciò che di buono, ma anche di cattivo, presentava. Anche le belve, in questo quadro, avevano un senso, e, allora, se poverette avevano fame, uno poteva anche decidersi, per amor loro, di offrirsi loro come pasto. Non c’è in Francesco d’Assisi un  senso ecologico della natura, ma solo lo stupore per la sua forza, espressione di quella divina. Follia umana era pensare di sottrarvisi! Fu un naturismo che entrava in polemica con l’artificiosità delle costruzioni sociali e culturali del suo tempo, viste, in particolare, come anti-evangeliche nelle loro dinamiche di potere.

  Bisogna dire che certamente il santo trasse le sue convinzione su basi evangeliche, anch’esse piuttosto irrealistiche.

 

Guardate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non valete forse più di loro? [Mt 6,26  - versione TILC]

 

 Fin da piccolo, stando per circa tre mesi a Palestrina in mezzo alla campagna, mi colpì il fatto che quel brano evangelico non ritraeva realisticamente la vita degli uccelli come io la vedevo: essi si dovevano freneticamente sfinire per procurare da mangiare per lo stessi e per la loro prole e in più dovevano difendersi dai molti predatori. Non erano nutriti dal Cielo. Dovevano darsi da fare e, se non lo facevano, morivano e allora venivano mangiati. E questa era sicuramente la situazione dell’Italia di Francesco d’Assisi e lo è ancora in gran parte del mondo. Vivendo in Occidente può sanguinare il cuore per la sorte di tigri e squali, ma per chi vive loro vicino quotidianamente sono pericoli mortali. In una città come Roma ci siamo abituati a non essere più attaccati dalle belve e ci sorprendiamo quando le bestie selvagge fanno improvvisamente irruzione tra di noi come accade con le passeggiate tra le strade urbane dei cinghiali, animali che possono diventare pericolosi in certe circostanze. Ma anche quando ci imbattiamo in un orso in un parco naturale. La natura è un ambiente in cui tutti mangiano tutti ed è solo per il progresso recente delle nostre civiltà che ce ne siamo chiamati fuori. La natura non è mai, in sé, un ambiente propizio per la nostra vita. Deve essere resa tale, lavorandoci sopra. Sotto questo profilo l’esperienza da scout mi è stata molto formativa.

  Nella fase di preparazione alla Settimana sociale di Taranto, mi pare che ci si sia un po’ affrancati da quella visione (che però rimane sullo sfondo), focalizzando l’attenzione sulle politiche necessarie per preservare gli ecosistemi, a partire naturalmente da quelli umani. Insomma, non c’è solo la contemplazione estatica di una natura buona. Si è progettato un nuovo modello di sviluppo che possa consentire tutti i benefici sociali della modernità, ma estesi il più possibile, prevenendo il collasso da esaurimento delle risorse e l’avvelenamento terminale. In particolare questo è risaltato nel lavoro delle diocesi del nord.

  La relazione d’arcivescovo di Modena Ario Castellucci ha ricalcato molto il tradizionale magistero, nella linea Paolo 6° - Giovanni Paolo 2°, proponendo il valore etico della sobrietà. Non so che effetto potrebbe fare tra la cittadinanza di Taranto, costretta, come tante altre sfortunate parti del mondo, nel dilemma tra il disastro economico e quello sanitario e ambientale.

 Nel suo intervento, Piero Cerfogli ha posto in risalto la crescente influenza che l’atteggiamento di consumatori e movimenti sociali ha nell’orientamento delle strategie d’impresa, addirittura in campo finanziario. Il modello d’impresa che è capace di confrontarsi con esso appare più resistente nelle crisi.

Essere sostenibili significa anticipare e gestire opportunità e rischi di carattere economico, sociale e ambientale presenti e futuri […] Questo approccio si traduce in vantaggio competitivo e in capacità di creare valore nel lungo periodo

 Anche la politica delle istituzioni ne è influenzata e ha prodotto un corrispondente sviluppo normativo, in particolare da parte dell’Unione Europea e della Banca Centrale Europea.

  Giuseppe Tripoli ha presentato un interessante excursus storico sull’idea di economia circolare, basata sul principio di riparazione  e riciclo  dei materiali esistenti e quindi sul reimpiego degli scarti e dei rifiuti.

  Nel documento contenente le proposte delle diocesi del nord sono indicate anche, come fattore per la transizione ecologica, quindi per il passaggio ad un diverso modello di sviluppo, la digitalizzazione, da rendere  accessibile a quante più persone possibile,  e la dematerializzazione. Si pone l’accento sulla necessità di adeguate politiche industriali.

  Complessivamente però, del resto nella linea del Magistero di papa Francesco, pur essendosi acquisita più sempre più chiara consapevolezza della dimensione politica implicata nell’idea di ecologia integrale, non si è sviluppato in modo conseguente il discorso politico, che in particolare richiederebbe di individuare un agente politico del cambiamento, inteso come complesso di  forze sociali le quali, in un modello economico fondato sull’idea di sfruttamento indiscriminato e crescente delle risorse, premano  per il cambiamento. L’appello semplicemente etico  si è sempre rivelato inefficace. Fare la predica ai potenti della Terra e cercare di impietosirli con lo spettacolo delle sofferenze umane non è mai bastato.

  Proporre di cambiare un potente modello di sviluppo, che ha soggiogato la Terra intera, significa inevitabilmente, e di questo non pare essersi presa consapevolezza tra noi cattolici, impegnarsi in un duro conflitto. In Occidente noi abbiamo l’ulteriore problema che siamo i principali beneficiari di quel modello di sviluppo. Attraverso quel modello di sviluppo noi abbiamo dominato il mondo. Nelle altre parti del mondo, ad esempio nella Cina continentale contemporanea, ora si diffida delle prediche ecologiche che vengono dall’Occidente, proprio perché quest’ultimo è stato il principale beneficiario del sistema intensivo di sfruttamento e distruzione delle risorse planetarie e gli altri, che ora si affacciano a modesti livelli di benessere, non vogliono più esserne esclusi.

4. La via della decrescita  e della sobrietà  non sono praticabili su un pianeta nel quale la maggior parte dei popoli vive male e in modo insicuro.

 Il benessere, un moderato livello benessere, secondo il ragionevole obiettivo che oggi si propone la Cina continentale, deve essere un obiettivo globale. Questo non può essere considerato uno sconsiderato ed empio desiderio di avere e di godere.

   Benessere  significa  cibo, vestiario, casa, un lavoro non schiavizzante, cure sanitarie, istruzione, libertà di pensiero e di espressione, sicurezza pubblica, per tutti, uomini e donne, dovunque. Questi devono essere obiettivi universali, altrimenti non ci sarà mai l’agente collettivo  in grado di premere  per il cambiamento contro un sistema economico-sociale che nei decenni passati si è fatto totalitario e sempre più resistente, in quanto globalizzato.

 L’obiettivo del benessere universale richiede di cambiare la natura intorno a noi: non dobbiamo illuderci che non sia così. Questo cambiamento però deve essere governato, non può essere lasciato alle dinamiche dell’economia capitalista, basata sul dominio proprietario, perché altrimenti non ce ne sarà per tutti e, soprattutto, non ce ne sarà a lungo. Secondo questa logica, minoranze di proprietari dominano su maggioranze di impossidenti. Questo è il senso del conflitto di classe, che ci si è illusi fosse sparito come per incanto e che, invece, è più reale che mai. Viene icasticamente definito come la signoria dell’ “1%” contro tutti gli altri,  comunque  dei pochi sui molti. Anche nella prevenzione sanitaria del Covid 19 è andata così.

  Il pensiero dell’ecologia integrale, in cui non prevalga a scapito della maggioranza la logica proprietaria, rimanda all’idea di beni comuni, quelli che riguardano diritti fondamentali della persona e che possono essere fonte di benessere umano, e in questo senso possono essere goduti,  solo se sottratti all’appropriazione privata. Tipicamente l’ambiente e il paesaggio sono beni comuni, come anche un certo equilibrio  nel ciclo del prelievo, trasformazione e re-immissione di sostanze nell’ambiente.

  L’ideologia del benessere  come frutto dell’affermazione dei beni comuni può essere la base per l’aggregazione di una forza sociale sufficiente a divenire agente collettivo del cambiamento, in particolare per sostenere politiche sociali e industriali  adeguate.

  L’affermazione dei beni comuni richiede il contenimento delle risorse oggetto di appropriazione privata. Non ci si illuda che questo possa avvenire senza conflitto. Proprio a Taranto abbiamo visto come ciò possa essere difficile. Di fatto, lavorazioni industriali dannose per la salute pubblica sono state fatte proseguire, addirittura per forza di legge, perché non si è vista altra soluzione possibile. E la popolazione si è  mostrata combattuta tra lo spettro della disoccupazione, inevitabile con la cessazione di quell’attività industriale, e quello del danno alla salute, perché ancora non si è riusciti a rimediare alla dispersione nell’ambiente di sostanze.  Anche i cattolici si trovano nello stesso dilemma, che si pose  anche con riguardo a problemi industriali a Mestre.

  Il nostro contributo può limitarsi alla ripetizione della tradizionale teologia estatica in materia di natura, che ha quei limiti ai quali ho accennato?

  In una democrazia, ci sono vie politiche  per risolvere i problemi politici. Un primo contributo che possiamo dare in ambito ecclesiale è, dunque, quello della formazione delle persone alla politica democratica, quindi ad affrontare ragionevolmente e dialogicamente le questioni che si pongono. L’ecologia integrale, come proposta ora dal Magistero, comprende anche questa capacità prettamente politica. La si dovrebbe insegnare inserita nella formazione religiosa di base, anche come via alla sinodalità  come oggi la si intende.

 L’altro contributo è quello di agire collettivamente come stakeholders (soggetti capaci di influenzare decisioni in quanto risentono gli effetti di tali decisioni e hanno interesse a indirizzarle) in relazione al sistema del commercio al consumo, che influenza fortemente la produzione, quindi per assumere collettivamente, come consumatori, atteggiamenti negli acquisti che cerchino di favorire le imprese che mostrano atteggiamenti virtuosi in tema di economia circolare. Ciò che facciamo come consumatori ha un valore politico. Non facciamo politica solo iscrivendoci ad un partito o mettendo un segno su una scheda elettorale. Questa capacità di un consumo etico  non è innata, si impara: bisogna quindi insegnarla. Potrebbe rientrare nella formazione religiosa di base, visto anche che l’ecologia integrale è ora parte importante del magistero.

  Il contributo, infine, che specificamente può dare un’associazione ecclesiale come il MEIC è legato fondamentalmente al valore della competenza culturale e professionale delle persone che vi partecipano, che si arricchisce delle occasioni di dialogo e di riflessione che creiamo.   Non dobbiamo sottovalutare l’importanza di tradurre in discorsi ragionevoli, argomentati, gli aneliti della gente.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli