Capire di che si tratta
[…] nella teologia cattolica si era affermata una visione che accentuava prima di tutto la visibilità della chiesa, la forma esteriore della sua organizzazione, e che nello stesso tempo metteva al centro la gerarchia [=il sistema del clero: papa, vescovi, preti, diaconi - nota mia]. Riprendendo il pensiero del teologo e cardinale gesuita Roberto Bellarmino (1542-1621) la chiesa fu definita come la comunità di coloro che sono battezzati, confessano la retta fede e vivono nell’obbedienza verso il papa e i vescovi. Nel corso del Medioevo e dell’epoca moderna la gerarchia era diventata, come abbiamo visto, sempre più potente e si era appropriata di tutti i poteri esercitati nella chiesa, arrivando a presupporre, perlomeno tacitamente, una equiparazione tra chiesa e clero.
Ora, di fronte a questa immagine della chiesa, il concilio Vaticano 2° [celebrato tra il 1962 e il 1965 - nota mia] dichiarava che la chiesa non è in primo luogo un’istituzione con un determinato ordinamento. […] è fondata nel disegno di Dio sul mondo. In essa è permanentemente presente ciò che Cristo ha portato nel mondo e ciò che deve continuare ad essere vivo nella forza del suo Spirito. […] Prima ancora della differenziazione in diversi ordini, uffici e funzioni, all’inizio della sua presentazione della chiesa il concilio ha messo in evidenza l’uguaglianza fondamentale de suoi membri. La chiesa non è stata più descritta, cosa che fino ad allora era usuale, come comunità di diseguali. Tutti coloro che nel battesimo e nell’eucaristia partecipano di ciò che è santo, che mediante la Parola e i sacramenti vengono santificati, sono uguali gli uni agli altri nella dignità e nella chiamata all’apostolato della chiesa. Ancor prima di ogni differenza riguardante gli uffici e i compiti, il concilio sottolinea la fondamentale unicità che abbraccia tutti i credenti e i santificati da Cristo.
[…]
La teologia del popolo di Dio del Vaticano 2° afferma che tutti i credenti, uniti nella comunione, sono chiesa […] ha affermato chiaramente che nella chiesa tutta la potestà è affidata al popolo di Dio nella sua totalità e che è il popolo ad attuarla.
[…] I laici non vengono quindi visti in primo luogo come «non-chierici» […] Da questa uguaglianza fondamentale dei battezzati deriva, per il concilio, la chiamata comune di tutti all’apostolato nella chiesa. […] I laici partecipano all’apostolato della chiesa stessa, vi sono chiamati da Cristo stesso. In questo modo si fa semplicemente cadere l’impianto dell’Azione Cattolica [come costruito all’epoca della sua istituzione, nel 1906 - nota mia], secondo il quale i laici potevano soltanto partecipare all’apostolato della gerarchia o eventualmente collaborare con esso. Se, secondo questa concezione, l’apostolato è mediato dalla gerarchia e, quindi, in qualche modo dipende ontologicamente da essa, ora si dice invece che l’apostolato è partecipazione alla missione della chiesa stessa. In virtù della loro appartenenza alla chiesa, di cui sono membri, i laici hanno il diritto e il compito di collaborare all’apostolato della chiesa e di realizzarlo secondo le loro rispettive possibilità. Questo non richiede nessuna delega speciale o nessun conferimento di poteri da parte del clero o della gerarchia, ma deriva direttamente dall’appartenenza alla chiesa. Né il conferimento né l’attuazione concreta di questo apostolato avvengono mediante una delega, dunque in dipendenza dall’ordine sacro, ma risultano entrambi dalla potestà trasmessa nei sacramenti del battesimo e della cresima. Ogni argomentazione o idea di un «prolungamento del braccio dei vescovi» viene abbandonata.
[…]
La sottomissione tradizionale dei laici nella chiesa era causata in buona parte dal privilegio del clero derivante dalla sua formazione teologica. Per dare a tutti la possibilità di essere corresponsabili dell’apostolato e di parteciparvi, il concilio ha chiesto che «i laici si applichino con diligenza all’approfondimento della verità rivelata e domandino insistentemente a Dio il dono della sapienza»[ costituzione Luce per le genti - Lumen gentium 35].
[…]
Il concilio attribuisce ai laici, in modo particolare, il carattere secolare (Luce per le genti - Lumen Gentium 31] [secolare= quanto riguarda la costruzione, l’organizzazione e il governo delle società civili. Secolare, in quanto soggetto al mutamento dei tempi, distinto dall’eternità della cose sacre, date (irrealisticamente) per immutabili- nota mia]. Essi devono e possono essere «sale della terra» là dove la chiesa può essere presente ed efficace attraverso di loro. Nella costituzione sulla chiesa [Luce per le genti - Lumen gentium] queste affermazioni non sono intese in senso restrittivo, come se fosse proprio dei laici esclusivamente un apostolato nel mondo e non anche in ambito ecclesiale. […] E’ una vera e propria alterazione del significato del testo conciliare la lettura fatta da alcuni documenti successivi che traggono da questa affermazione del carattere secolare la conclusione che i laici abbiano competenze esclusivamente secolari e che l’ambito ecclesiale debba restare riservato al clero, interpretando così il compito secolare in termini restrittivi.
[da Peter Neuner, Per una teologia del popolo di Dio, Queriniana 2016]
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La Chiesa di Dio è convocata in sinodo, si legge nel manifesto del Sinodo universale/italiano che inizierà il mese prossimo. Nel deludente Documento preparatorio che è stato diffuso questo mese, per quanto riguarda noi laici se ne parla come di una sorta di sondaggio. In realtà, poiché il tema che verrà trattato è la sinodalità, vale a dire come fare chiesa tutti insieme, c’è molto più di questo, ed effettivamente è una questione decisiva per la vita e la missione della chiesa, come anche si legge in quel manifesto, e non è cosa che riguarda solo i vescovi e il Papa, ma tutti noi, per quel diritto e dovere di apostolato che ci deriva dall’essere battezzati, menzionato da Neuner nel brano che ho trascritto.
Dobbiamo decidere, tutti insieme, come proseguire ad essere Chiesa insieme nel mondo di oggi, nella realtà, non in un qualche fantasia per il tempo libero.
Tuttavia, credo che non moltissimi, tra quelli che ancora praticano, o almeno sono interessati, l’abbiano veramente capito, anche perché l’informazione che viene data alla generalità dei fedeli o manca del tutto o è molto insufficiente.
La Chiesa come la comunità di coloro che sono battezzati, confessano la retta fede e vivono nell’obbedienza verso il papa e i vescovi, così si pensava nel Seicento. Per molti di noi, non è ancora questo che si intende per Chiesa?
E quanti di noi si sono veramente applicati con diligenza all’approfondimento della verità rivelata, vale a dire hanno studiato un pochino per capire le questioni implicate nell’essere cristiani, secondo gli auspici dei saggi dell’ultimo Concilio? Per i più, ma in fondo per tutti nei momenti di ignavia, non si è fatto forse come sempre, stando a rimorchio dei preti?
Ciò che noi siamo e facciamo nel mondo è anche apostolato: non è che lo si fa solo negli spazi liturgici o durante le cosiddette attività pastorali. L’apostolato non è tanto propaganda religiosa, ma è un ordinare il mondo, e quindi, ad esempio, noi laici che abbiamo in qualche modo collaborato ad un processo di unificazione europea che ha realizzato un lunghissimo periodo di pace continentale, anche così abbiamo fatto apostolato, per quanto da parte della gerarchia in genere non venga riconosciuto come tale. La costruzione, l’organizzazione e il governo delle società possono essere un’alta forma di carità, si è cominciato a insegnare dagli anni Trenta del Novecento. Su queste basi i cristiani democratici hanno collaborato a rivoluzionare l’assetto degli stati dell’Europa occidentale.
Ma anche la Chiesa stessa è il campo del nostro apostolato laicale. Questo significa che, partecipandovi attivamente, dobbiamo contribuire a organizzarla in modo che sia sempre più conforme agli alti principi morali della nostra fede e, prima di tutto, alla sua natura.
La nostra Chiesa com’è adesso non scaturì per incanto dopo la Resurrezione, né c’era prima. E’ il risultato di una costruzione sociale che in gran parte risale al Secondo Millennio e poggia sulla costruzione di una cristologia che si è affermata dal Quarto al Nono secolo del Primo Millennio. E’ solo con molta immaginazione che la si può far risalire, tutta, alle origini. Per dire: nel Primo secolo non si era neanche formato un vero e proprio clero, che oggi è la parte dominante nell'organizzazione ecclesiale. L’evoluzione delle concezioni sociali nei due millenni della storia cristiana ha pesantemente influito su quelle riguardanti la natura e la missione della Chiesa. Così si è stati cristiani secondo i propri tempi. E, in base ai principi di civiltà dei tempi nostri, i primi tempi non furono interamente e propriamente virtuosi, ma anzi molto intolleranti, violenti, bellicosi. E, per la verità, si proseguì così. E' solo dal Novecento, e in particolare dalla seconda metà di quel secolo, che i cristiani, nel grandioso movimento ecumenico, hanno vissuto la loro fede per fare veramente la pace tra loro. Quando lo si è realmente voluto, la pace fu fatta. Però si è diventati migliori della nostra tremenda storia solo da poco.
La separazione della nostra Chiesa dai tempi in cui vive, per certi versi il suo anacronismo, che per alcuni è addirittura una virtù ma che in realtà è all’origine della crescente disaffezione della gente per l’istituzione pur in un crescente interesse per le questioni spirituali, dipende essenzialmente dal fatto che noi stessi siamo divisi nell’animo nostro e non sappiamo più bene raccordare, come si dice, fede, religione e vita. Così, progressivamente, le questioni sulla fede sono diventate argomento quasi esclusivo della teologia che vi ha agito in modo dispotico e autoreferenziale. In fondo andiamo in chiesa più che altro per sentirne parlare, e allora lo spazio è tutto del clero, che vi è stato formato, perché noi ne sappiamo troppo poco. Purtroppo la teologia, la cui affermazione come scienza, in particolare dal Duecento europeo, non è stata storicamente sempre tanto positiva per le nostre Chiese, per come si è sviluppata nel Secondo Millennio ha ancora troppo scarsa capacità di mediazione con gli altri aspetti della vita e, più che altro, tenta di assimilarli. Così, ad esempio, è accaduto che nelle questioni religiose tra i coniugi si sia venuto oscurando il carattere naturale dei problemi per cercare di far quadrare tutto con la teologia in tema, quella del matrimonio come sacramento molto centrata sull’atto formale di costituzione del vincolo, in una visione molto legalistica che è una costruzione sociale risalente fondamentalmente al Secondo Millennio, anche se in precedenza il rapporto coniugale aveva avuto sempre un chiaro valore religioso. In altre parole: il matrimonio non è stato sempre un sacramento, è stato costruito come tale, non ci è arrivato così com'è dal Cielo.
La domanda fondamentale: la caratteristica propria del nostro essere persone cristiane è quella dell’andare in chiesa ad ascoltare i preti e nel fare riferimento ad un’etica personale conforme ai precetti insegnati dai preti o c’è dell’altro? E, se c’è dell’altro, questo altro lo si fa da soli o con altre persone? E queste altre persone con le quali fare dell’altro, le troviamo solo in chiesa, quando noi siamo ed esse sono in chiesa, o anche fuori, e, in quest’ultimo caso, qual è il confine tra fuori e dentro, e tra chi è dentro e chi è fuori? Se noi siamo Chiesa, quali altre persone, intorno a noi, consideriamo Chiesa con noi?
E poi: quando i preti ci parlano delle cose della fede, quanto capiamo veramente di quello che ci dicono? Soprattutto quando ci parlano di comunione?
Cari amici, vi consiglio di leggere e rileggere i brani del libro di Peter Neuner che ho sopra trascritto, di rifletterci sopra e di discuterne tra voi. Riuscite a capire veramente tutto quello che scrive, e in particolare i termini che usa? Approfondite. In particolare prendendo in mano i documenti dell’ultimo Concilio Vaticano 2°, a partire dal decreto sull’apostolato dei laici L’apostolato - Apostolicam actuositatem
https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decree_19651118_apostolicam-actuositatem_it.html
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli