Un processo lungo
Costruire
una Chiesa interamente sinodale, una
cosa mai tentata fino ad oggi, sarà un processo lungo e faticoso. Ma, come è
stato scritto, è molto importante iniziarlo.
La sinodalità, che significa compartecipazione e corresponsabilità,
può portare a vivere la fede in modo nuovo se entra nell’abito mentale di tutti
e in tutto ciò che si fa.
La prima difficoltà che si incontra per
quella via non è costituita dalle istituzioni ecclesiastiche, sicuramente non
centrate sulla sinodalità, che è configurata più che altro come una parentesi tra
forme di esercizio del potere autocratiche, ma in noi fedeli che della
sinodalità non abbiamo alcuna esperienza. I più sono stati formati solo seguire
e quelli che sono stati formati ad andare un po’ più in là si trovano a disagio
quando devono mostrarsi veramente autonomi. Lo stesso è, in genere, per clero e
religiosi, salvo per coloro ai quali è stata conferita un’autorità. Questi ultimi
trovano, dal canto loro, altre difficoltà nella sinodalità, perché in genere
sono abituati a fare da sé e non sempre ne sentono veramente il bisogno.
Nella storia della nostra Chiesa, i capi del
clero si riunivano in sinodo per cercare di risolvere qualche problema che si
era creato fra di loro, sui principi, sull’organizzazione e sulla disciplina. Sinodi
e concili, questi ultimi più centrati sulle dichiarazioni sui principi, hanno
espresso anche dinamiche piuttosto turbolente e, certo, ci si riuniva, ma non
sempre c’era quello che oggi chiamiamo spirito di sinodalità. La
violenza e la prevaricazione sono state endemiche nella nostra Chiesa, come del
resto in ogni altra società umana. Com’è che altrimenti potette accadere che
uno dei Dodici tradisse il Maestro?
Ma poi dalle lettere di Paolo di Tarso ne conosciamo di tutti i colori sui
problemi, diciamo, di sinodalità delle prime comunità che si erano riunite per
seguire la via indicata dal Maestro. Ad un certo punto emerse l’idea di fare
unità intorno ai capi del clero che
si era andato costituendo e strutturando, ma l’esperienza ha insegnato che
questo non è bastato. Tra i cattolici, da quando ha iniziato ad essere diffusa
la dottrina sociale, l’etica sociale e politica a sfondo religioso insegnata
sotto l’autorità dei Papi, si è progressivamente
piuttosto mitizzata la persona di questi ultimi, fino alla spettacolarizzazione
addirittura della loro vita privata che si è avuta dagli anni ’70 del secolo
scorso. Così siamo tutti diventati un po’ “Papa-boys”. Ora è proprio da
quell’autorità che ci viene l’esortazione alla sinodalità diffusa, cioè a fare finalmente
la nostra parte. Perché, come è stato
giustamente osservato, c’è tanto interesse intorno alla persona dei Papi, ma
poi in genere non se ne seguono le esortazioni, e in società la fede sembra
contare sempre meno, nonostante tutto il gran parlare che si fa dei Papi.
C’è stato il tempo in cui ci si è mandati in
giro per fare propaganda alla
fede, ma questo è servito a poco. La società ha preso ad andarsene per conto
suo e il tempo della vita di fede è cominciato a diventare una specie di vacanza
dalla realtà, un po’ come quando si va a visitare un santuario e poi si ritorna
alla vita di sempre con qualche ricordino in mano. E questo nonostante che
proprio i cristiani avessero contribuito in modo determinante a ricostruire le
società europee dopo la fine della follia dell’ultima guerra mondiale. Una cosa,
la nuova Europa, che è loro riuscita bene, perché ha assicurato un periodo di
pace che mai c’era stato sul continente, fin dai tempi preistorici. Ora tutto è
entrato in crisi e, giustamente, si parla di crisi della democrazia, ma
c’è qualcosa di più, in realtà, perché la democrazia, la vera democrazia, c’è
quando si decide che è l’ora di finirla con le violenze e le prevaricazioni e
di cominciare a vivere in modo più umano e bello, coinvolgendo tutti: questa
appunto è sinodalità. Il suo motto dovrebbe essere: nessuno escluso.
Quanto spesso invece, nella tremenda storia della nostra Chiesa, si è preteso
di purificare escludendo o peggio! Cerchiamo allora di conoscerla meglio questa
storia della Chiesa, nel corso della formazione alla sinodalità, per prendere
le distanze da quelle violenza. Non basta la storia sacra! E la storia, quel poco
che piano piano si riesce ad assimilare, deve essere veritiera, per purificarne
la memoria, secondo l’insegnamento di san Karol Wojtyla, uno dei principali
attori della storia del Novecento europeo.
Giustamente è stato osservato che sinodalità
etimologicamente - è parola che ci
deriva, come tante altre della nostra fede, dal greco antico - non richiama
solo l’idea di camminare insieme,
ma prima di ciò, semplicemente, di stare insieme. Facile a dire,
difficile a farsi.
Anni fa don Remo, in una Quaresima, si invitò
ad una serie di incontri che possiamo considerare una e vera e propria
iniziazione alla sinodalità. Egli precorse i tempi! Trovò una grave situazione
di divisione nella parrocchia, dove, tra gruppi, organizzati non ci si sopportava
proprio. E le cose si mettevano male quando si cercava di accordarsi su come
organizzare le liturgie della Settimana Santa. Pensate! Ma non è cosa nuova
nella storia della nostra Chiesa. Si dovette faticare molto, lavorando
sinodalmente ma anche non, per determinare i criteri per determinare la data
della Pasqua, e ci si odiò molto per questo. E come fini tra noi? Non finì bene,
certo. Dopo aver pregato e aver ascoltato le esortazioni del celebrante, ci
siamo divisi in commissioni per discutere e il risultato è che ognuno ha deciso
che voleva continuare come prima, senza sentire il bisogno di coinvolgere le
altre persone. Al dunque, quando ci si incontra faccia a faccia, la sinodalità
affonda presto se non ci si fortifica un po’ di più su quella via. Del resto, come
è stato osservato, non è che, finito il
lavoro e di curarsi della famiglia, ci rimanga poi tanto tempo libero per
esperienza veramente sinodali. E allora si preferisce rimanere nel club dei soliti conoscenti, autoreferenziale.
E poi, quando ci si impegna in certi progetti di perfezionamento interiore, tutto
quello che c’è all’esterno è vissuto come un ostacolo o addirittura un
pericolo. Così però, pian piano, la realtà svanisce dall’orizzonte della fede e
la si comincia a vivere in una sorta di sogno sacro, dal quale ciclicamente
ci si risveglia per rientrare nel mondo vero, che, nel frattempo, privo dell’apporto
dei cristiani, va come va.
Insomma, praticare la sinodalità richiede un
certo impegno e anche una certa formazione, per la quale ci vuole tempo, e soprattutto è
necessario fare della sinodalità tirocinio, per impratichirsene. Non basta
leggerne e parlarne. Ciascuno dovrebbe provare a vedere come gli riesce a farla.
Ecco, in una parrocchia, bisognerebbe allora organizzare delle strutture
sociali dedicate a questo, e ciò a partire da quando si è molto piccoli. E’
cosa che andrebbe inserita nella formazione religiosa di base. Si dovrebbe essere
sinodali fin dalle prime esperienza di socialità, che si fanno all’età
della scuola primaria. Questo naturalmente pone il problema dei formatori. Per
insegnare la sinodalità occorre esservi formati e averne fatto personale tirocinio,
altrimenti si rimane sempre sul vago. Oggi questa formazione dei formatori è
scarsa.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli