Parlare del Natale
Come
parlare del Natale a una persona cara che sta vivendo un momento difficile?
Bisogna essere sinceri e non nascondersi dietro un gergo.
Non si ha bisogno di particolari motivi per far festa.
Però in
Occidente sul Natale si è costruita una tradizione che vale un po’ come sceneggiatura,
per cui si sa come, quando, con chi, perché farla, e una mitologia che è quella
di Santa Claus / Babbo Natale, di uno spirito buono che suscita bontà
interrompendo, in un giorno, la dinamica cruda delle relazioni sociali.
Da qui, poi, anche l’idea di tregua, che è legata alla festa. La
coreografia prevede luci, musica e un buon pasto insieme. Con chi si mangia di
solito? Con parenti e amici: da qui la connotazione del Natale come festa di
famiglia, caratterizzata da una certa intimità. L’emotività che si sprigiona
dall’evento è talmente forte da far soffrire di deprivazione se non si riesce a
parteciparvi e questo spiega perché, di questi tempi, ci si esponga anche ad un
maggior rischio di contagio, partendo per lunghi viaggi, pur di essere
presenti. La festa legata ad quella dimensione che lo zio Achille
chiamava di mondi vitali dà senso alla vita. Il Natale è un’occasione
del genere.
Vi è, naturalmente, una dimensione parallela
della festa, con una diversa mitologia. E’ più antica di quella corrente, ma
non è quella originaria. Quest’ultima era legata al ciclo astronomico del sole,
che in questi giorni appare molto basso sull’orizzonte e che nei mesi a venire
si alzerà sempre di più fino a giugno. Ma ai tempi nostri il sole è stato
totalmente secolarizzato nella nostra cultura, cosicché non gli si fa più festa
tra noi.
L’aspetto diverso del
Natale di cui dicevo è legato a riflessioni sul senso della vita che animarono
la cultura mediterranea tra il Quarto e il Quinto secolo e che nel Sesto secolo
sfociarono nella costruzione di un’era, a partire da una svolta epocale
dalla quale si convenne di contare gli anni, per cui oggi sta declinando l’anno
2020 e sta per iniziare il 2021. A Capodanno,
il primo giorno dell’anno si celebra lo stesso evento. E’ questa un’altra festa,
ma celebrata con un senso diverso dal Natale: si festeggia il nuovo inizio,
con la speranza che il futuro sia migliore.
Acuni
giorni dopo, in questa tradizione, si festeggia nuovamente il Natale e,
in particolare, l’aver raggiunto la convinzione collettiva di poter realmente
essere migliori e quindi di essere
in grado di cambiare in meglio il mondo, e questo per aver vissuto in quell’aura
straordinaria che viene definita gloria.
Il tutto origina da un antico movimento di
popolo, che nei secoli ha avuto moltissime
metamorfosi. La tradizione narra che scaturì da un piccolo gruppo al seguito di
un maestro itinerante, nella Galilea del Primo secolo, sotto dominazione
romana. Si visse, all’epoca, quello che i sociologi chiamano esperienza di
stato nascente. Negli anni Sessanta mio
zio Achille Ardigò e il suo collega-avversario
Francesco Alberoni si confrontarono su questo tema: Alberoni con il suo Innamoramento
e amore, lo zio Achille con il più articolato Crisi di governabilità e mondi
vitali. Stato, in questo contesto sta per condizione. Quella
di stato nascente è
caratterizzata da fiducia nel futuro, proprio personale e collettivo. Alberoni
ne parlava come di fatto straordinario, lo zio Achille, invece, come di realtà permanente,
nei mondi vitali, le realtà di prossimità in cui la persona trova il
senso della propria vita.
Secondo questa tradizione del Natale, che,
come si è visto, riguarda in realtà un complesso integrato di festività,
non un solo giorno, si festeggia per manifestare una realtà di mondo vitale
nella sua condizione di stato nascente. In questa concezione ogni giorno
vissuto non si ripete, il futuro sarà veramente nuovo e non si assesterà mai nell’immediato
e anche sui tempi medi. Si vorrebbe quindi non essere più schiavi di cicli per
cui inesorabilmente si ritorna a come si era, per poi ripartire
nuovamente, un po’ come le stagioni. La differenza dovrebbe farla la nostra
umanità, che ci stacca dalla natura intorno quanto ai fatti sociali, perché la
nostra biologia invece ne rimane soggetta.
La pandemia in corso, con le sue raccomandazioni
di distanziamento, che sconsigliano il radunarsi, incide profondamente su tutti
i modi in cui si vive la festa del
Natale, ma in particolare sulla seconda di cui ho scritto, che richiede di evocare
una esperienza di mondo vitale. E’ un’esperienza dolorosa già solo per questa,
ma tanto più quando si è in altre difficoltà della vita, in cui non si vede
chiaro nel proprio futuro.
Se uno vive in Natale nel primo modo, allora
può consolarsi ricordando che di questi tempi va così, ma che ci saranno altri
Natali.
Per gli altri soccorre l’affetto degli altri,
la dimensione del mondo vitale, che non è creata nella festa, ma
solo evocata, e persiste. Certo, se poi una persona riesce anche a convincersi
di ciò che ho chiamato gloria, e che non è frutto solo di un ragionamento
ma anche di un sentire, e questo sentire è profondamente umano come ricordò
tanti anni fa Roberto Ardigò – di cui quest’anno ricorre il centenario della
morte-, allora il futuro si colora anche di speranza. C’è ancora e sempre qualcosa
da fare per ciascuno di noi, in qualsiasi condizione: si è, anzi, attesi, e, in questo, non
si è soli e nemmeno è bene rimanerlo. Lo zio Achille ci esortava: un atto di
coraggio al giorno; avanti!, avanti!.
Emotivamente collego tutto questo ad una strofa
di un canto di quando fui scout:
C'è chi dice che la vita
sia tristezza sia dolor
ma io so che viene il giorno
in cui tutto cambierà.
Evoca una potente mia passata realtà di mondo
vitale la cui memoria mi ha sempre
aiutato nelle difficoltà, come quest’altro, che, sempre da scout, sentii cantare
arrivando in un posto sicuro dove ero atteso, la nostra meta (gli altri si
erano arresi e furono recuperati solo più tardi), dopo un faticosissimo cammino
portando sulle spalle un sacco molto pesante :
Come alberi piantati lungo il fiume
noi aspettiamo la nostra primavera!
Come alberi piantati lungo il fiume
daremo i nostri frutti.
E’ su
https://www.youtube.com/watch?v=-_EsGYWtoFU
Canti che ebbi in mente in certe fasi
emozionanti della mia storia sanitaria, quando la capacità di ragionare non c’era
più.
Mario