Festa
La precauzione del distanziamento raccomandata in tempi di
pandemia da Covid 19 ostacola la celebrazione della festa. Questo si fa più doloroso in occasione delle festività natalizie, che nelle culture europee
sono un rito sociale importante. La loro origine si perde nei tempi antichi,
anche se ora ha ancora connotati cristiani. E’ legata all’osservazione dei
cicli del sole. L’astro venne considerato una potenza soprannaturale e nell’etimologia
della parola italiana festa ci sono le
dimensioni della luce, della religione ed anche della legge. Nella festa si evoca il senso sociale della vita.
La psicologia avverte che la festa ha una grande importanza nei fenomeni
mentali. In particolare aiuta a resistere nelle difficoltà della vita. Lo
psicoanalista austriaco Bruno Bettelheim, reduce da campi di concentramento
nazisti, in uno degli scritti raccolti in Sopravvivere,
edito da Feltrinelli nel 1981 e ora reperibile usato on line, narrò dei
bambini ebrei fuggiaschi che portavano con sé un qualche oggetto che ricordava loro
le feste e che osservò questo era stato molto importante per resistere in quella prova.
La festa comprende riti e simboli. Ma soprattutto il riunirsi. La gioia
è un’emozione che è molto legata a questo modo di fare festa. Ciascuno intende
che cosa è la gioia, ma descriverla non è facile. E’ un sentimento relazionale
e viene esaltato nella festa. Non riguarda solo il presente ma anche le
prospettive di una persona. In uno stato gioioso si è fiduciosi nel futuro.
Ecco perché la gioia festiva aiuta nelle difficoltà della vita. I riti e
simboli delle feste la evocano anche quando razionalmente c’è poco motivo per
gioire.
Si ricorda che, in un Natale di guerra vissuto in trincea durante la Prima
guerra mondiale, nelle linee contrapposte
si celebrò una tregua spontanea nel corso della quale i soldati nemici
celebrarono insieme la festa, in particolare cantando. Si erano massacrati fino
al giorno prima e continuarono a farlo da giorno dopo. Gli ufficiali sul posto
non riuscirono a trattenerli e ad un certo punto si unirono alla festa. Tanto
fu forte la necessità di fare festa.
Spesso nelle feste di oggi si finisce per cercare lo stordimento
alcolico o da altre sostanza perché mancano le dimensioni del rito e del
simbolo: così però non se ne ricava gioia, ma solo un certo malessere il giorno dopo, e qualche
volta peggio. Certamente nelle culture europee e asiatiche bere alcolici è però
un rito festivo, ma, appunto, in quanto rito avviene di solito in un contesto
di un pasto insieme, in cui è
fondamentale lo stare insieme e una lieve ebbrezza alcolica aiuta a
passare alla dimensione festiva, disinibendo, liberando dalle rigidità sociali feriali.
E’ possibile fare festa anche in tempo di Covid 19,
mantenendo le precauzioni per non ammalarsi? Penso di sì, recuperando le
dimensioni del rito e del simbolo. Le grandi tavolate sono sconsigliate, ma
quelle con meno persone sono possibili. E l’ambiente deve essere allestito con
luci e oggetti che riflettano la luce. La gioia è associata emotivamente alla
luce. L’albero di Natale è un esempio di
oggetto festivo.
La musica, in particolare il canto, è sempre presente nei riti festivi.
La festa richiede una colonna sonora.
A tavola e nei momenti precedenti e successivi bisogna riuscire a creare
un clima sereno, lasciando da parte ad esempio questioni di lavoro o altre
angosce.
Se non viene naturale di parlare serenamente può essere utile leggere una poesia natalizia; io ho un libro apposito. In ambienti acculturati alla religione si può leggere un testo che la liturgia o ta tradizione consiglia per il Tempo di Natale.
Infine il rito degli auguri e dello scambio
dei regali. C’è chi lo critica come troppo consumista,
ma c’è anche altro. Non è importante l’aver
acquistato, ma il dare e ricevere.
E’ infatti un rito relazionale. Ciò che si riceve sarà per sempre legato alla
persona che dà. Conservo ancora, tra i miei più cari ricordi, regalini che ho ricevuto da bambino.
Nell’allestimento della festa è molto importante il ruolo femminile. Gli
uomini non sanno far festa solo tra loro. Se ne possono cercare le ragioni, ma
tutto sommato basta constatare il fatto che è così. Si cerchi dunque, nella
celebrazione della festa, che di solito avviene nel contesto di un pasto, di
avere uomini e donne.
Nelle corti di una volta c’era la figura del maestro delle cerimonie: è importante che vi sia una persona che
curi la regia della festa, in particolare coinvolgendo anche chi tende ad
isolarsi o ad essere isolato dagli altri, e organizzando musica e giochi.
Il gioco festivo, ad esempio la tombolata, i giochi delle carte, altri giochi sociali da tavolo, sono, nella nostra cultura,
un elemento importante della festa, in cui possono essere coinvolti anche i più
piccoli. Soccorre quando, ad un certo punto, non si sa più che dire o fare.
E’ possibile usare la videoconferenza per creare l’ambiente festivo? E’
possibile, ma in questo contesto, per le caratteristiche di questo modo di
incontrarsi, è essenziale la regia di una persona che con il ruolo di maestr@ delle cerimonie. E’ quella verso
la quale, di solito, si dirige l’attenzione di tutti i presenti. In un gruppo
familiare l’ho visto spesso impersonata da una nonna. Nella mia famiglia,
quando ci si riuniva con lo zio Achille, era lui a svolgere quel ruolo.
Dunque, avanti!, proviamo a fare festa anche quest’anno!
Incollo qui di seguito la narrazione di due Natali diversi che ci fecero, nel ’74, durante la cena della vigilia Natale, il Cenone secondo la tradizione emiliana, la nonna Adelaide e o lo
zio Achille.
Buon Natale a tutti.
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Eravamo a cena la vigilia di Natale 1974, nella mia casa di Roma, riuniti
tra parenti. Iniziò la nonna Adelaide:
Siamo a Natale del 1974...sono
qui in casa tua Mario, m’hai fatto sentire la registrazione fatta
ques’estate... mi ha commosso, perché t’ho detto la verità e hai ricordato un
passato... se è stato doloroso, ma il Signore mi ha ricompensato perchè...
benché tuo nonno fosse un originale, fosse un uomo che aveva sofferto molto in
gioventù, era rude ma aveva un cuor d’oro. E questo l’ha trasmesso ai figli.
Perché tutti i miei figli...tutti i miei figli... e questa è la mia gioia, che
oramai sono vecchia e ho quasi ottantaquattr’anni e mezzo... ottantaquattr’anni
e mezzo!
voce dello zio Achille:
“Ottantaquattro!”
La nonna Adelaide:
Ottantaquattr’anni e mezzo!
voce dello zio Achille: “Non
ancora... che ancora non hai compiuto!”
La nonna Adelaide: Li ho
compiuti, che mi hai fatto anche il regalo! ... Tutti i miei figli hanno
ereditato molto da suo padre. Generosi con chi soffre e... e si sacrificano
loro, anche, per fare del bene, se hanno i mezzi necessari. Io a quest’età,
sono la più signora del mondo. Intendo “signora”, morale. Dai figli non ho che
delle soddisfazioni. Dai nipoti, spero che li tirano su com’io li ho tirati su...
nonostante il mondo adesso sia molto cambiato. E se prego... se ho qualche
pensiero, delle volte, prego per questa gioventù... in mezzo a un mondo così
brutto, così ... che non c’è affetto, non c’è niente. Dovrei dire... Potrebbero
un domani trovarsi male. Spero che il ricordo di suo nonno, eh!, rude e in apparenza volgare... aveva un cuor
d‘oro. Non l’ho registrato prima... un Natale... fatto in via Carlo Secondo...Natale che eravamo
tutti felici, non avevamo la stufa elettr... non avevamo neanche la stufa...
economica da far da mangiare. Era tutto... E io facevo da mangiare tutto sul
camino. Anche le torte le cuocevo sulla stufa. Ma...per noi Natale era una
festa grande perché l’era il giorn che si mangiava la mostarda (v.nota 1.62),
la sera, che si mangiava, oltre i tortelli di zucca... la mostarda, il pesce,
tutte quelle ghiottonerie mantovane. Tuo padre il pesce lo voleva comprare lui.
Alla sera, che l’era tutto pronto, va, a prendere il pesce in piazza della
Pescheria a Modena. Non torna mai a casa, la torta era già cotta sul
braciere...della cenere, come si faceva allora. E viene a casa, tutto mogio
mogio, con le mani ciondoloni. “Ma, il pesce, Mario?”. Lui... te lo dico in
dialetto, questo... perché l’è vero!... L’am tira da na part, dis “non l’ho
mi’a cumprà!”, “ Ma perché?”, “Ho truvà un mi’ amì“, che m’ha det anc il nome,
che io non ricordo, uno più ricco di Cremona quando loro... quando lui era
giovane, “Era sentà... una panchina dei giardini di Modena, dei giardini
pubblici di Modena, al duveva andar a Cremouna, al gn’aveva mi’a i sold del
vias”, lu la tirà fora i su sold el g’ha
dat, che doveva cumprà el pes, che tutti spetavan el pes (v.nota 1.63),
perché era l’unica pietanza che si mangiava, dopo i tortelli con la mostarda
e... viene a casa... el pes (v. nota 1.64). Allora, pianino, l’ho detto
ai due più grandini, che erano Annibale e Achille...han detto “Pense piè mi‘a, perché papà l’ha fat na carità”
(v.nota 1.65). Tutti allegri e
contenti... il papà allora aveva el mandulin...vi ricordate? Aveva el
mandulin...avù det “Allora Mario, comincia mò a suonare el mandulin,
intant che apareci e che s’ mang tuti cuntent”(v.nota 1.66). Al momento del
pesce, abbiamo mangiato l’insalata e la mostarda, che c’era. Ma nessuno si è
accorto di questa cosa. Più tardi poi gliel’abbiamo raccontato. Nel frattempo
mio fratello Lorenzo tutti gli anni mandava un gran pacco, enorme per noi!, che
c’era dentro giochi e mangiare. Proprio quell’anno lì il maestro di Annibale
gli era morta la moglie, sotto le feste di Natale. Non ti ricordi? Aveva un
figlio della stessa età. E allora tiriamo fuori il gioco, che eran giochi, dei
giochi speciali che non avevamo...non ne avevano sti ragazzi!, era un gioco com
una spes di biliardin (v.nota 1.67) che si buttavano...han giocato due o
tre volte e poi ho detto ad Annibale “Senti, quest’ tel port al tu compagn
perché le manca la mamma,(v.nota 1.68) almeno che si diverta il
giorno di Natale”. M’hanno guardato, sono stati lì un po’, indecisi,a
dir...come dire “l’unico gioco che abbiamo, diamo via”, poi tutti felici “si,
si, incartocciamolo, non lo rompiamo, lo portiamo a lui”. Questo è stato un
Natale che ha riempito di gioia me, ha fatto contento anche Mario, perché non
hanno brontolato per la mancanza del pesce, era andato oramai!, i ragazzi
avevano deciso anche loro che il gioco a
questo bambino, che le mancava la mamma... e questo è stato uno dei primi
Natali, fatti a Modena, che avevo solo allora Annibale e Achille.
Note:
(1.62) “perché l’era il
giùr che si mangiava la mostarda”. Parzialmente in mantovano. Trad.:
“perché era il giorno in cui si mangiava la mostarda”.
(1.63) “L’am tira da na
part, dis -non l’ho mi’a cumprà!-, -Ma perché?-, -Ho truvà un mi’ amì-, che
m’ha det anc il nome, che io non ricordo, uno più ricco di Cremona quando
loro... quando lui era giovane, -Era sentà... una panchina dei giardini di
Modena, dei giardini pubblici di Modena, al duveva andar a Cremouna, al gn’aveva
mi’a i sold del vias-, lu la tirà fora i su sold el g’ha dat, che doveva cumprà el pes, che
tutti spetavan el pes”. Parzialmente in mantovano. Trad.: “Mi ha tirato da
una parte, dice -non l’ho mica comprato!-, -Ma perché?-, -Ho trovato un mio
amico-, che mi ha detto anche il nome,
che io non ricordo, uno più ricco di Cremona quando loro... quando lui era
giovani, -Era seduto... una panchina dei giardini di Modena, dei giardini
pubblici di Mondena, doveva andare a Cremona, non aveva mica i soldi del
viaggio-, lui ha tirato fuori i suoi soldi e glieli ha dati, che doveva
comprare il pesce, che tutti aspettavano il pesce”.
(1.64) “el pes”. In
mantovano. Trad. : “il pesce”.
(1.65) “Pense piè mi‘a, perché papà l’ha fat na carità”. In mantovano. Trad.: “non ci pensare mica più,
perché papà ha fatto una carità”.
(1.66) “el mandulin...avù
det -Allora Mario, comincia mò a suonare el mandulin, intant che apareci e che
s’ mang tuti cuntent-. In mantovano. Trad.: “il mandolino... ho detto
-Allora Mario, comincia a suonare il mandolino, intanto che apparecchio e ce si
mangia tutti felici”.
(1.67) “spes di biliardin”.
In mantovano. Trad.: “specie di biliardino”.
(1.68) “quest’ tel port al
tu compagn perché le manca la mamma”. In mantovano. Trad.: “questo portalo al
tuo compagno, perché gli manca la mamma”.
Proseguì lo zio Achille:
Vorrei ricordare ai miei
nipoti Mario e Lucio un Natale di guerra. Era il Natale del 1944. Dall’ottobre
le truppe alleate erano ferme sulla cosiddetta linea gotica, si erano...
sbizzarrite a fare... bombardamenti di mortai e di altri aggeggi dalla linea
gotica sulle colline bolognesi e si stavano avvicinando. Noi sentivamo tutti i
giorni qualche obice scoppiare abbastanza vicino a noi... per avere contemporaneamente
due sentimenti, uno di preoccupazione e di paura, perché il prossimo non scoppi
troppo vicino a casa nostra, e l’altro di speranza perché gli alleati sarebbero
vicini.
Nel nostro quartiere, in via Saragozza, nei
pressi della strada per...
voce di mio padre: “Casaglia!”
Zio Achille: “Casaglia!”
voce della nonna Adelaide:
“Casaglia.”
Zio Achille: In quel
Natale stazionava un corpo tedesco, nel quale erano stati intruppati anche dei
russi bianchi, dei mongoli, cioè delle truppe russe che avevano disertato o
erano state fatte prigioniere e poi avevano disertato. Per cui avevano dei
vicini di casa oltremodo preoccupanti, quanto alle facce! Perché vedere dei
mongoli vestiti da tedeschi...
voce della nonna Adelaide:
“Proprio nella stessa scala!”
riprende lo zio Achille: E... avevamo poi una nostra sorella più
grande, la Luisa, la Luisina, che l’avevan cercata (incomprensibile) e...nei tram che sferragliavano sulle rotaie,
perché erano tram elettrici, non c’erano ancora gli autobus, la gente cercava
di andare a racimolare dai contadini, che avevano portato le loro vacche e i
loro maiali dentro gli appartamenti nella città, perché in quel periodo i
contadini si sentivano sicuri nella (incomprensibile) cittadina, per cui
erano scesi con tutti i loro maiali, buoi,
a cercar rifugio nella città. E i
cittadini andavano disperatamente alla ricerca di un poco di burro, di qualche po’ di farina, di un po’ di latte,
che potessero integrare le magrissime risorse che erano assegnate con la
tessera annonaria. E, in un certo senso, la nostra famiglia era partecipe delle
preoccupazioni e delle ansie di tutti, anche perché c’erano due transfughi, due
che erano nascosti e io stesso cercavo ogni tanto di andare di sotto dai
signori Bertani che se ne erano andati in un posto più sicuro, in un
appartamento gelido, per non farmi trovare. Avevo della stampa clandestina da
nascondere. E ricordo questa notte della vigilia, che per noi è sempre stata,
la notte della vigilia, è sempre stata una notte particolarmente intensa per la
tradizione lombarda, e mantovana in particolare, che tornavo a casa in questo
tram affollato di queste persone scarmigliate, di questa gente tutta
preoccupata, in cui c’erano anche queste
frotte di mongoli, di tedeschi russi che s‘erano poi, per così dire, arresi o
che avevano comunque disertato. E, vero, debbo dire la verità, che tra i tanti
Natali che ho passato, quello è stato il Natale più caratteristico, più
doloros... insieme più doloroso e più
carico di speranze, perché in quella notte non ci furono obici che colpirono le
postazioni, perché fecero una specie di piccola tregua, gli alleati, e noi
potemmo mangiare, non ricordo più cosa c’era, c’erano delle patate bollite,
c’era un poco di castagnaccio più o meno di scarto, e c’era qualche poco di carne
non so dove pescata, e qualche regalino molto misero, qualche dolcetto...
voce della nonna
Adelaide: “Un chilo di fiore dalla
Volpe...”
zio Achille: Un chilo di
fiore dalla Volpe, il fiore, cioè la farina bianca...
voce della nonna Adelaide:
“farina bianca”.
zio Achille: In fin dei conti, avevamo due soldati
transfughi, uno che faceva attività clandestina, mio padre che era... si era
dato, per debolezza, al fascismo negli ultimi minuti, però che anche lui aveva una tremarella in corpo da non dire, che aveva
fatto questo anche per proteggere i suoi
figliuoli che erano transfughi, che erano scappati dall’esercito. Insomma, in
quell’appartamento abbastanza freddo, per cui per scaldarsi, bisognava, per
così dire, sdraiarsi sopra la cucina economica,
che era l’unica vera fonte di riscaldamento, ecco, il Natale però, del
‘44, ricordo che rimase nella mia mente per questo, perché appunto non c’era
mai stata una situazione così drammatica, con la vicinanza di questa gente e
poi anche perché speravamo che fosse l’ultimo Natale di guerra.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli