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Dalle Indicazioni metodologiche per il cammino sinodale delle Chiese in Italia della Segreteria della
Conferenza Episcopale Italiana
Per la conduzione degli incontri di
consultazione, l’Appendice B del
Vademecum del Sinodo universale propone di assumere lo stile della
Conversazione spirituale. In sintonia con questa prospettiva si propone di
seguito una mappa di riferimento per la conduzione, che logicamente può essere
adattato e modificato a seconda dei casi. Questa mappa contiene 5 regole d’oro
e 6 passaggi ideali
Dall’Appendice
B del Vademecum per il sinodo universale:
Durante l’incontro, la preghiera comunitaria
e la liturgia svolgeranno un ruolo fondamentale. L’ascolto reciproco si fonda
sull’ascolto della Parola di Dio e dello Spirito Santo. Forme significative di
preghiera possono essere usate per chiedere la guida e l’ispirazione di Dio
affinché egli possa approfondire la nostra comunione reciproca.
La liturgia e la
meditazione della Scrittura fatta insieme possono risultare strumenti molto
utili a questo proposito.
Si può usare un metodo adatto per il dialogo
di gruppo che rifletta i principi della sinodalità.
Per esempio, il metodo della Conversazione
Spirituale promuove la partecipazione attiva, l’ascolto attento, il
discorso riflessivo e il discernimento spirituale.
I partecipanti formano piccoli gruppi di
circa 6-7 persone di diversa provenienza.
Questo metodo richiede almeno un’ora per la
sua esecuzione e comprende tre parti.
Nella prima, ognuno, a turno, condivide il
frutto della propria preghiera, in relazione alle domande per la riflessione
fatte circolare in precedenza [L’Interrogativo fondamentale e le Dieci domande in cui si articola.
Non è previsto alcun dibattito in questa
fase; i partecipanti semplicemente ascoltano a fondo ogni persona e osservano
come lo Spirito Santo sta agendo in loro stessi, nella persona che sta parlando
e nel gruppo nel suo insieme. Segue un tempo di silenzio per osservare i
movimenti interiori di ciascuno.
Nella seconda parte, i partecipanti
condividono ciò che li ha colpiti di più nel primo blocco e durante il tempo di
silenzio. Si può anche fare un po’ di dialogo ma mantenendo la stessa
attenzione spirituale. Anche questo blocco è seguito da un tempo di silenzio.
Infine, nel terzo blocco, i partecipanti
riflettono su ciò che nella conversazione ha loro mosso qualcosa dentro e su
ciò che li ha colpiti più profondamente.
Vengono rilevate anche intuizioni nuove e
domande che non hanno ancora trovato una risposta.
Preghiere spontanee di gratitudine possono
concludere la conversazione. Di regola ogni piccolo gruppo avrà un moderatore e
un segretario che prenda appunti (potete trovare una descrizione dettagliata di
questo processo sul sito web del Sinodo dei Vescovi).
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Per gli esercizi di sinodalità che
caratterizzeranno i cammini sinodali in corso, quello per le Chiese del
mondo e quello specifico per la Chiesa italiana (coincidenti fino all’agosto
2021), i vescovi ci suggeriscono il metodo della conversazione spirituale,
che però non comprende una fase di vero dialogo e, soprattutto, nessuna fase di
decisione collettiva. Serve ad indurre un atteggiamento spirituale ed è
essenzialmente rivolto alla singola persona. Vertendosi in materia di spiritualità
è facilmente manipolabile secondo le intenzioni di chi conduce l’incontro.
La spiritualità è una manifestazione dell’animo umano legata
alle emozioni. Queste ultime sono un prodotto del nostro organismo, nel
quale è coinvolta la nostra mente,
anch’essa un prodotto del nostro organismo. Sono molto importanti perché ci
spingono ad agire. Noi sentiamo prima di pensare: la nostra,
infatti, è una mente emotiva (lo spiega il premio Nobel Daniel Kahneman
in Pensieri lenti e veloci, Mondadori 2012). Del resto noi non
conosciamo in natura nessun altro tipo di mente: i sistemi prodotti
dagli elaboratori elettronici ancora non ne hanno prodotta nessuna, anche se ci
si attende che riescano a farlo nei prossimi dieci / vent’anni. Quindi: prima
decidiamo che fare, poi perché, e infine come. Ciò che
definiamo spiritualità integra le prime due fasi. Ci dà la sensazione di
essere una persona.
La spiritualità non si manifesta solo
nel campo delle religioni, ma in ogni momento della nostra vita in cui
cerchiamo di fare unità in noi stessi. Non dobbiamo confonderla con
ciò che è soprannaturale, anche se impiega sensazioni di soprannaturalità e
rappresentazioni allegoriche di vario genere. Parliamo anche di Spirito in senso soprannaturale, e anche filosofico,
ma si tratta materia diversa, così come quando cerchiamo di definire l’anima.
Le emozioni vengono prima della riflessione ragionevole e, nella
spiritualità, cerchiamo di dar loro credito. Nelle emozioni siamo in relazione
con l’ambiente naturale e sociale intorno, ma in modo irriflesso. Corrispondono
a modi di sentire elementari: amore/odio, dolore/piacere, serenità/rabbia, fame/sazietà,
desiderio/repulsione. Essi sono caratteristiche naturali della nostra
specie, ma che in gran parte condividiamo con tutti gli animali della classe
dei Mammiferi, ciò che ci consente una notevole empatia con loro, vale a dire che siamo in grado di capire
le loro emozioni, condividendole
con loro.
Gli adulti sanno bene che le emozioni che
provano sono spesso ingannevoli, ed è effettivamente così. L’educazione alla
vita comprende anche l’addestramento a sottoporre le emozioni al pensiero
razionale, riflessivo, che sviluppiamo essenzialmente nel dialogo, attività nella
quale ci si corregge a vicenda e si fa tesoro delle esperienze condivise. Tuttavia
le emozioni rimangono alla base dei nostri processi decisionali e, in vari
campi, ad esempio nel settore della promozione per gli acquisti nel commercio,
si cerca di sfruttarle. Nella spiritualità religiosa si cerca di indirizzarle.
Tipico è il caso degli Esercizi spirituali ideati da Ignazio di Loyola nel Cinquecento.
Tecniche del genere vengono correntemente utilizzate in psicologia, valendosi
delle dinamiche dei piccoli gruppi che si sono dimostrate
particolarmente efficaci in questo campo.
Il metodo della conversazione spirituale consigliato nell’appendice B al Vademecum per
il cammino sinodale per le Chiese del mondo, proponendo un piccolo gruppo nel quale le persone si aprono in base alla suggestioni di un animatore,
senza però mai aprire un reale dibattito, quindi un dialogo,
sostanzialmente lavora sulle emozioni dei partecipanti senza mai sottoporle ad
una riflessione razionale. Il clero è profondamente diffidente della capacità
di ragionevolezza della gente comune e questo perché, a ragione, teme di perderne
il controllo. Il problema, però, sono gli schemi troppo angusti e irrealistici
nei quali il clero pretende di rinchiudere le scelte della gente, non tanto la
capacità di scelta ragionevole di quest’ultima. Del resto, la ragionevolezza, a
differenza delle emozioni, non è innata, ma è un comportamento appreso e,
anche, deve essere alimentata, vale a dire che bisogna conoscere ciò su cui si tenta di ragionare. Nel dialogo,
che consiste nel condividere ed esaminare argomenti non emozioni, si cerca di creare un campo
comune di riflessione, sul quale poi ragionare: questo è il lavoro di mediazione
culturale, che è stato importantissimo nell’acculturazione dei cristiani
alla democrazia, che, in particolare tra i cattolici, è stata, e per certi
versi è ancora, alquanto problematica.
Il clero pare voglia coartare la sinodalità
nella gabbia della spiritualità per impedire imprevisti in ciò che può uscire
dal dialogo, del quale prevede e teme gli esiti probabili.
In realtà la spiritualità sarà senz’altro
coinvolta nella sinodalità, perché ha a che fare con le emozioni, e queste sono
e sempre saranno fondamentali nel processo decisionale. La spiritualità
religiosa serve anche a dar loro un certo ordine, conforme a ciò che riteniamo
essenziale nella nostra fede. Ma da sola non basta a veder chiaro e, se non
accompagnata dal discorso ragionevole sviluppato in dialogo, può anche
ingannare. In questo modo, per la sua capacità di ingannare, può ostacolare i
processi sinodali, nei quali è fondamentale, invece, cercare di non ingannarsi,
aiutando gli uni gli altri a capire, secondo il metodo del dialogo.
Forme di spiritualità religiosa aberranti
sono sempre emerse nella nostra fede e, ad esempio, vi è (ancora) una
spiritualità da Ku Klux Klan e simili, e vi furono spiritualità cristiane che
spinsero allo sterminio. Del resto nella Bibbia si possono trovare brani che
sembrano legittimare queste posizioni, come del resto si ritenne in passato. Ad
esempio, incuranti del comando evangelico di lasciare alla fine dei tempi la
cernita tra grano e zizzania, papi e vescovi ordinarono di buttare subito nel
fuoco quest’ultima e trovarono incoraggiamento in altri passi della Bibbia,
come quello, veramente tremendo, in cui venne ordinato di sterminare tutti gli
abitanti della città di Gerico, senza nessuna eccezione, dopo che
prodigiosamente ne erano state abbattute le mura. E’ ragionando, non secondo le
emozioni e quindi la spiritualità, che ci siamo distaccati (non da molto, per
la verità, e non dovunque) da certe efferatezze.
La sinodalità, per essere tale, deve portare
a una partecipazione reale alle
decisioni e, per prendere quelle giuste, bisogna veder chiaro; quindi,
nel dialogo ragionevole, portare le emozioni a confronto con la realtà com’è veramente,
non come quella che si vorrebbe che la gente pensasse che fosse secondo fantasiosi
schemi. Si raggiunge l’obiettivo della sinodalità non quando si è in pace
con la propria coscienza, ma quando si decide qualcosa tenendo conto del reale
bene di tutti. Secondo una massima
medievale che di questi tempi viene ricordata, ciò che riguarda tutti deve
essere deciso da tutti, cosa che nella nostra Chiesa, ancora oggi, non
accade praticamente mai. E’ proprio questa la sfida dei cammini sinodali
in corso, che non vanno quindi confusi
con cammini spirituali.
Mario Ardigò – Azione
Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli