Incontro del MEIC – Movimento ecclesiale
di impegno culturale del Lazio sui cammini sinodali
Ieri sera, sulla
piattaforma Zoom, si è tenuto un incontro del MEIC – Movimento
ecclesiale di impegno culturale del Lazio sul tema dei cammini sinodali in
corso. Ha partecipato anche il nuovo presidente nazionale, docente di diritto
costituzionale a Messina, il ha tenuto una conferenza iniziale. Era presente il professore che ha coordinato una estesa ricerca sociologica sulla religione in Italia, pubblicata di recente.
E’ stata rilevata una difficoltà di comunicazione con l’episcopato, che
appare autoreferenziale. In periferia i cammini sinodali stentano ad
affermarsi. Manca una struttura di partecipazione che costruisca una qualche autonomia
delle persone laiche, le quali, sostanzialmente, intervengono su chiamata dei
vescovi. Tutto ciò che diverge dagli orientamenti prevalenti nell’episcopato
viene semplicemente ignorato. Si è fatto il caso del Progetto culturale,
l’organizzazione mediante la quale l’episcopato italiano intendeva influire maggiormente
sulla società italiana, sostanzialmente fallito, il cui vescovo ideatore nel
corso di un’intervista mostrò di ignorare uno dei principali contributi critici
in merito, pubblicato da un’editrice religiosa di primo piano.
Nel contempo si è rilevata la rarefazione del tessuto ecclesiale di base
e quindi la serietà della crisi della presenza religiosa cristiana, con la
concreta possibilità di un veloce ridimensionamento che equivarrebbe
sostanzialmente ad una dissoluzione.
Uno degli intervenuti ha riferito della sua esperienza
di assemblea sinodale fatta in parrocchia che è stata sostanzialmente analoga
alla nostra, qui a San Clemente: ai partecipanti non sono date informazioni su sinodo
e sinodalità, hanno partecipato prevalentemente
gli aderenti ai gruppi già costituiti in parrocchia, le persone si sono
mostrate interessate, ma a livello di spiritualità personale senza riuscire per
ora a costruire le basi per un impegno collettivo di rinnovamento ecclesiale.
Il MEIC è un movimento ecclesiale nazionale e di
solito agisce nel campo dell’elaborazione culturale agendo sinodalmente nell’ambiente
di chi lavora in università o comunque l’ha frequentata o è consapevole dei temi
che vi si dibattono. E questo anche se il mutamento della denominazione da Movimento
Laureati (di Azione Cattolica) a
quella attuale e lo statuto di autonomia dall’Azione Cattolica avrebbe voluto
allargare la cerchia delle persone coinvolte a tutte le persone interessate a
ragionare su fede e cultura. Tuttavia mi è sembrata apprezzata la mia proposta
di contribuire ad animare i processi sinodali anche in sede di prossimità,
nelle parrocchie. Anche se questo impegno può sembrare meno visibile nella
società, può lasciare tracce durature che poi potrebbero dare frutto.
Dal punto di osservazione del Lazio, l’inizio dei cammini sinodali è stato
piuttosto stentato e la sinodalità difficile da attuare in concreto, anche per la
presenza talvolta di diversità di vedute veramente radicali e apparentemente
incomponibili.
Del resto, ho osservato io, lo stesso studio della storia della nostra
Chiesa può essere un’esperienza scioccante, per la brutalità che l’ha caratterizzata
almeno fino al secondo dopoguerra, sorretta da una teologia che definisco efferata,
per rendere l’idea dei disastri che ha provocato.
Se il proprio delle persone laiche è l’esercizio più largo di libertà e
autonomia, per l’azione in società, per loro c’è ancora pochissimo spazio nella
Chiesa, al di là di raggruppamenti specializzati come il MEIC, che appaiono come bolle
di sinodalità in un oceano dominato dalla
religione per procura, quella secondo la quale, senza coinvolgere la
propria interiorità, si delega l’istituzione sociale a manifestare la religione a fini identitari e di difesa
sociale. Anche il nostro gruppo parrocchiale di AC mi appare come una di queste
bolle.
Paradossalmente, da un lato le persone mi appaiono molto restie ad impegnare
la propria interiorità in qualsiasi iniziativa a carattere religioso, probabilmente
timorose di finire stritolate da umilianti catene gerarchiche, dall’altra
invece piuttosto propense a spenderla piuttosto superficialmente nelle reti
sociali che solo apparentemente sono libere, intendendo per libero
ciò da cui ci si può sganciare
rapidamente e in modo indolore, e invece, quando se ne rimane invischiati, soprattutto
tra i giovani, creano catene addirittura più pesanti di quelle delle gerarchie
formali.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli