La via della pace. Seguendo Bobbio -1-
Da: Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie
della pace, Il Mulino, 1979, pag.31-33
Se la filosofia della storia è la riflessione sul destino
dell’umanità nel suo complesso, la presenza della guerra in ogni fase della
storia umana, almeno sino ad oggi, costituisce per questa riflessione uno dei
problemi più inquietanti e affascinanti. Anzi , come è stato più volte notato,
il luogo d’origine e di crescita delle filosofie della storia sono le grandi
catastrofi dell’umanità e tra queste la guerra ha un posto preminente. La
filosofia della storia come riflessione sistematica è nata con la rivoluzione
francese e le guerre napoleoniche (Hegel e Comte); ha avuto la sua seconda
rinascita con la prima guerra mondiale e la rivoluzione russa (Spengler,
Toynbee). La minaccia della guerra termonucleare, accompagnata dallo spettro
che essa evoca di una distruzione senza
precedenti e forse della «soluzione finale», è
destinata a sollevare, chi sa, una terza
ondata.
[…]
Sinora il compito
della filosofia della storia è stato quello di giustificare , come vedremo
meglio in seguito, la guerra. Non siamo giunti
forse al punto in cui spetta alla guerra, alla guerra atomica, dico, il
compito di ingiustificare la filosofia della storia, o per lo meno di
capovolgerne il senso, cioè di fare della filosofia della storia non il
processo, per eccellenza, di razionalizzazione del corso storico dell’umanità
ma, al contrario, la dimostrazione della sua assurdità?
Ritorniamo, ancora
per un momento, alle nostre tre metafore: se la «soluzione
finale» è inevitabile, noi siamo non come le mosche sapientemente
guidate dal filosofo verso l’uscita della bottiglia, ma come i pesci che si
dibattono inutilmente nella rete. E se, invece, fossimo esseri ragionevoli
erranti in un labirinto che si sono accorti che la guerra,
giunta alle dimensioni della guerra atomica, è puramente e semplicemente una
via bloccata?
[…]
che la guerra sia una via bloccata può voler dire due cose
diverse: a) la guerra è istituzione estenuata che ha ormai fatto il suo tempo,
ed è destinata a scomparire; b) la guerra è un’istituzione sconveniente o ingiusta o empia, che deve essere
eliminata. In altre parole, la fine della guerra è ormai un fatto scontato, ma
si tratta di sapere se questo evento sia l’oggetto di una predizione o
di un progetto umano. Le due posizioni
hanno dato origine, come vedremo a suo tempo, a due correnti di
pacifismo, che chiameremo pacifismo passivo e pacifismo attivo.
***************************
L’altro giorno ho partecipato ad un incontro in videoconferenza Zoom
avendo scelto come sfondo alle mie spalle il simbolo del pacifismo della mia
giovinezza
Questo segno significa Disarmo
nucleare. E’ composto dalle lettere
N e D (Nuclear Disarmament) nell’alfabeto semaforico, che si
trasmette agitando due bandiere e che è utilizzato in marina. Non indica
quindi, genericamente, che si è contro la guerra, ma, in particolare, che si
vuole agire politicamente per impedire una guerra con l’impiego di armi
nucleari. Queste ultime sono costruite secondo tre tecnologie fondamentali: la
fissione nucleare (bomba A, come atomica), la fusione nucleare (bomba H,
come hydrogen – idrogeno), e l’emissione di neutroni a partire
dall’esplosione di una piccola bomba a fusione (bomba N, a neutroni). I
primi due tipi di bombe, e la più devastante è la bomba H, provocano una
dispersione nell’atmosfera, a grandi quote, di ceneri e pulviscolo radioattivi
che ricadendo (fall-out) contaminano l’ambiente per lunghissimo tempo. La
bomba N causa gravi danni materiali in un raggio più limitato, ma, mediante
intensissimi flussi di neutroni, uccide gli esseri viventi, ogni essere vivente, in un raggio molto più ampio. Il tema delle armi nucleari è tornato d’attualità
nel corso della guerra che da diversi giorni è in corso in Ucraina dopo
l’invasione di quello stato da parte di un’armata della Federazione russa.
Infatti sia esponenti statunitensi che russi hanno evidenziato che, in caso di
conflitto tra la N.A.T.O., l’alleanza tra le potenze occidentali egemonizzata
dagli Stati Uniti d’America, e la Federazione russa armi del genere potevano
essere impiegate.
Una delle persone presenti all’incontro in Zoom, parlando del fatto che valutiamo troppo
superficialmente le persone, ha osservato che io, avendo dietro un simbolo
pacifista, potevo essere scambiato per un pacifista radicale. Era evidente che
dava una connotazione negativa alla radicalità pacifista, che è quella per cui si è contro la
guerra, senza distinguere, come invece ancora fa la dottrina sociale,
tra guerra giusta e ingiusta.
In questo ordine di idee una guerra di invasione, come quella scatenata dalla
Federazione russa, è ingiusta, mentre quella di difesa, che sta
combattendo la Repubblica ucraina, è giusta.
Ma, in effetti, io, essendomi
formato negli anni ’70, sono realmente un pacifista radicale nel senso che ho spiegato, e anche un
pacifista che vorrebbe essere attivo. E questo perché, come ha osservato
Bobbio, «la guerra, giunta alle dimensioni della guerra atomica, è
puramente e semplicemente una via bloccata», nel
senso che condurrebbe a tali devastazioni che sarebbe praticamente impossibile
per i sopravvissuti risollevarsene nell’arco della loro vita, e forse tali da
pregiudicare definitivamente la vita sulla Terra, in particolare quella degli
umani.
Storicamente l’arma atomica è stata utilizzata una sola volta in guerra,
nel 1945, dagli Stati Uniti d’America, sulle città giapponesi di Hiroshima,
prima, e, tre giorni dopo, su Nagaski. A quell’epoca solo gli Stati Uniti
d’America avevano costruito alcune bombe atomiche, che venivano sganciate ad
alta quota da aerei bombardieri. La decisione di impiegare quelle bombe su grandi
due città venne presa del presidente statunitense Harry Truman allo scopo di
produrre la fine della guerra con il Giappone, risparmiando le vite dei
combattenti statunitensi. Il risultato fu ottenuto. Penso che, nel caso di
guerra tra la N.A.T.O. e la Federazione russa le armi nucleari sarebbero
impiegate allo stesso scopo. Tuttavia ora entrambe le potenze avrebbero l’arma
nucleare e i programmi bellici di entrambi prevedono una reazione con armi
nucleari a un attacco con armi nucleari. Oggi le armi nucleari vengono montate su missili, lanciati da postazioni fisse di terra, ma anche da aerei,
sottomarini e postazioni mobili, su grandi autotreni. Sia gli Stati Uniti
d’America che la Federazione russa dispongono di migliaia di testate nucleari, quindi di bombe che possono essere
montate su vari tipi di vettori. Alcuni di questi ultimi sono molto
veloci e possono arrivare anche a grandissime distanze colpendo tuttavia con
grande precisione e, giunti a ridosso dal bersaglio, possono disperdere molte testate. Di
fronte ai vettori più veloci è difficile
l’intercettazione tempestiva. Quindi è stato osservato che, in caso di guerra
nucleare, tutto si risolverebbe nell’arco di poche ore.
Non mi pare che l’opinione pubblica italiana tenga più conto dei pericoli
di una guerra condotta con armi nucleari, anche se una serie di film molto
popolari, del genere catastrofico, sulle conseguenze di guerre di quel
tipo, potevano indurla a rendersene consapevole. Uno dei più famosi, all’epoca
della mia giovinezza, fu Il dottor
Stranamore, ovvero come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba, diretto nel 1964 dal regista Stanley Kubrik.
In quella pellicola si narra ancora di bombe atomiche sganciata dai grandi
bombardieri B52, che ancora sono in uso come piattaforme di lancio di missili
con testate nucleari. Un altro, molto citato, è Wargames diretto nel
1983 dal regista John Badham: qui il contesto è già quello missilistico.
Entrambi i film sono disponibili sulle piattaforme internet come Netflix e Prime Video e, naturalmente, su DVD.
L’informazione pubblica è centrata prevalentemente sul tema della guerra
ingiusta e di quella giusta. Assistiamo agli orribili
spettacoli delle distruzioni e delle atroci sofferenze del popolo che è stato
invaso e che si sta difendendo. L’Italia e diversi altri stati Occidentali sta
fornendo armi alla Repubblica ucraina. Si è tentati di intervenire nella guerra
a difesa di chi sta subendo un’invasione e quindi sta conducendo una guerra
che, sotto questo profilo, è considerata giusta, come è quella di chi si difende.
E, tuttavia, questo intervento sarebbe l’inizio di una guerra nucleare,
secondo quanto esplicitamente dichiarato dalle figure egemoni dei due
schieramenti contrapposti. A questo punto, tenuto conto delle conseguenze di
una guerra nucleare, potremmo continuare a considerarla giusta?
Un bel problema, certo.
Ma un problema certamente reale. La filosofia della storia,
insegnò Norberto Bobbio, ne è stata radicalmente condizionata. L’ideologia, e
anche la teologia, della guerra giusta non va
più tanto bene per quel tipo di guerra.
Bobbio, per
rendere l’idea della questione che si travaglia, ha usato anche la
metafora del pesce che si dibatte inutilmente
nella rete. Una volta entrati nell’ordine di idee che si possa
distinguere una guerra giusta da quelle che non lo sono, oggi si è come un
pesce nella rete. La rete che ci paralizza e ci trascina verso la morte è
l’idea della guerra giusta.
Certo, dal 1945 si sono combattute tante
guerre. Ci sono state immense devastazioni e tante morti, tante sofferenze, ma
quelle guerre non sono mai state come quella che siamo tentati di combattere
oggi, animati dall’ideologia, e dalla teologia morale, della guerra giusta. E non è la stessa cosa se si
combattono con le armi nucleari due potenze che ne hanno un numero limitato,
qualche decina, come nel mondo è per tutte le potenze nucleari, gli stati che
possiedono l’arma nucleare, che lo abbiano dichiarato o non, tranne che per
Stati Uniti d’America, Federazione Russa e Cina popolare, ovvero se la guerra
scoppia tra potenze che di quelle armi ne hanno migliaia, come Stati Uniti
d’America e Federazione russa. Una guerra tra queste due potenze non può essere
combattuta, per i motivi che ho descritto. La reazione all’impiego di un’arma
nucleare sarebbe inevitabile e inevitabilmente dello stesso tipo, e per di più quasi automatica: non avrebbe
fine se non con l’esaurimento di tutte le armi nucleari a disposizione o con il
venir meno della possibilità di lanciarle, ciò che avverrebbe molto
rapidamente.
Che dice il Magistero, in questo frangente? Certo, ha chiesto di fermare
la guerra, in considerazione delle tremende sofferenze che infigge anche ai
più piccoli, di cessare l’aggressione armata, definendola inaccettabile.
Fratelli
e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città
che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra
straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione
di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che
tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che
riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella
della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si
ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi!
Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano
effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro! [Angelus di papa Francesco, piazza San Pietro, 13-3-22]
E, tuttavia, sento che qualcosa manca ancora ed è il ripudio di ogni
guerra e l’esortazione alla lotta nonviolenta, che è l’unica che
appare in linea con il vangelo che comanda di fare agàpe anche con i
propri nemici. A tanto non si è arrivati. Si è ancora nell’ordine di idee della
guerra giusta, in fondo.
In Italia il pacifismo radicale, quello basato non sull’arrendevolezza verso
gli aggressori ma sulla lotta nonviolenta è stato teorizzato e praticato da Aldo
Capitini e Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto. Negli Stati Uniti d’America dal pastore battista Martin Luther King, e prima di loro dal
politico indiano Mohāndās Karamchand Gāndhī
detto Mahatma, Grande anima, ispirato a una profonda
visione religiosa della vita e della pace. Per quella via Gāndhī liberò
l’India dal giogo della colonizzazione europea, anche se, dopo che fu
assassinato, tra gli indiani liberati scoppiò un violentissimo conflitto civile
tra il partito induista e quello musulmano, con la creazione di due stati, ora
entrambi dotati dell’arma nucleare, caratterizzati da culture religiose
contrapposte, che ancora non hanno conquistato la pace.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli