venerdi 25 MARZO 2022 ore 18-20
Convegno su piattaforma ZOOM
" Forme sostanziali e storiche del
cristianesimo "
relatore: prof. don Pasquale BUA
Direttore Istituto
Teologico Leoniano di Anagni
E’ professore di teologia dogmatica
Sintesi di Mario Ardigò, dagli appunti presi nel corso della
relazione
-non rivista dal relatore-
1.
Quando si parla di forme sostanziali e storiche del cristianesimo la tentazione
è di considerare sostanza e storia come opposte. Riferirsi alla forma assume una accezione negativa.
E’ possibile distinguere la forma sostanziale da quella storica? Platone
era convinto di sì: distingueva una essenza che superava la storia. Oggi non si è più di
questo avviso. La sostanza, il quid, si dà solo nella storia. La storia è il
modo di darsi della realtà. Esistono solo sostanze storiche. Le formr storiche
influiscono sulla sostanza.
Però c’è un’eccedenza della sostanza rispetto alla storia. E’ un
traguardo mai raggiunto. Nella storia la realtà tende verso se stessa.
2.
Gesù non ha mai spiegato una volta per tutte la sostanza del cristianesimo. Ha
raccolto intorno a sé donne e uomini: il cristianesimo è un fatto storico. Non c’è una sua sostanza
immutabile. Però il cristianesimo non si può indentificare con una forma storica. Nel suo divenire fa capolino un
nocciolo irriducibile che preme oltre la storia, irriducibile alle sue forme
storiche.
Bisogna guardarsi da due estremi, entrambi
riduttivi.
Da una parte la chiesa invisibile dei protestanti e dall’altra la società
perfetta della Controriforma. Nella
prima concezione si distingue la Chiesa dalle sue forme storiche, per cui
diventa invisibile. Il credente è istruito da Dio solo, senza alcuna influenza
sociale: è infallibile in quanto istruito da Dio. Perché avrebbe bisogno di una
comunità che lo istruisca? Dio è percepito nell’intimo con l’aiuto della
Parola. Non vi è più nessun fine ragionevole della Chiesa visibile. La Chiesa è
estranea alle sue forme storiche istituzionale.
La reazione cattolica. Cita san Roberto Bellarmino. Nella sua concezione
si crede che nella Chiesa si trovino tutte le virtù, ma non si richiede ancora
interna al credente, ma solo la professione esterna e la comunione ai
sacramenti: la Chiesa è una società visibile, individuata attraverso le sue
forme storiche istituzionali, come l’impero romano. La Chiesa è identificata
con le sue forma storiche.
Cita poi la Lumen Gentium, 8°: cerca un
equilibrio tra ciò che è storico e ciò che è istituzionale. Cristo ha
costituito la sua Chiesa, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde
la verità e la grazia. La Chiesa celeste e quella terrestre risultano di un
duplice elemento umano e divino, analogamente al Verbo incarnato: è una realtà
complessa (v. anche Sacrosantum Concilium 2).
L’elemento divino è il principale, che ha a che fare con Cristo: rende
la Chiesa una realtà spirituale. Poi, indissolubilmente unito, un elemento
umano, un organismo fatto di istituzioni gerarchiche.
La Chiesa non trascende la società, ma non è
nemmeno un organismo politico tra gli altri, proprio perché realtà complessa.
La complessità della Chiesa deriva dalla complessità della figura di
Cristo.
Nel Cristo c’è da un lato la storicità: veramente uomo. Vivo strumento
di salvezza, di cui il divino si serve. E’ la legge dell’Incarnazione. Per la
Chiesa le sue forma storiche non sono un ostacolo alla realizzazione della sua
essenza, e nemmeno un rivestimento esteriore: attingiamo il mistero della
Chiesa attraverso le sue forme storiche. Nella Chiesa Cristo continua a
salvarci al modo umano. E’ il paradosso della Chiesa (De Lubac). Ha bisogno di
forme storiche, ma nessuna forma storica la esaurisce, per cui la Chiesa ha
bisogna di continua riforma – ecclesia semper reformanda (detto di derivazione
protestante).
E’ come l’asintoto, linea che si avvicina incessantemente ad un’altra
linea ma senza mai raggiungerla.
3.
Che cos’è la riforma? E’ il tentativo di
adeguare la Chiesa alla sua natura più profonda (Guardini). La riforma tende ad adeguare la forma attuale
della Chiesa al suo modello dell’essenza. Quest’ultima può solo essere
intravista. L’essenza può essere presentita, ma mai conosciuta, finché saremo
nella storia. Con un duplice sguardo, indietro e in avanti, si può presentire
l’essenza della Chiesa.
Come Gesù voleva la sua comunità (Gerhard
Lohfink)?
Lohfink evidenzia tre tratti.
Comunità fraterna ma con precisi incarichi di responsabilità, composta
di fratelli e sorelle, ma con alcuni in specifici incarichi, posti al di sopra
degli altri.
Comunità accogliente, con vocazione
trasnazionale, aperta a tutti, abbattendo separatezze etniche, sociali,
sessuali. Ma è una comunità che non può tollerare il peccato al proprio
interno: chiede ai peccatori di convertirsi.
Comunità orante. Prega ma non si estranea alla
società: in ginocchio e in piedi.
L’essenza della Chiesa come presentata nei
Vangeli è complessa. I Vangeli non sono un trattato sulla Chiesa, narrano ma
non spiegano. Bisogna salvaguardare le tensioni, senza schiacciare un polo su
un altro.
Guardini fece un bilancio di tutte le ricerche
sul Gesù storiche, tese a capire che cosa Gesù fosse stato realmente. Sostiene
che sono tutte fallite. I loro autori lessero i Vangeli con le loro lenti. Così
accade con la Chiese: cerchiamo nella Chiesa quello che vogliamo trovare, a
conferma di ciò che pensiamo della Chiesa.
La forma della Chiesa deve certo essere attinta guardano indietro, a
Gesù, ma anche guardando davanti, all’escaton. La Chiesa è nella storia ma non
della storia: la sua realtà rifulgerà solo alla fine della storia. Anche noi
personalmente capiremo la nostra realtà solo alla fine.
Nell’oggi della storia la Chiesa è chiamata ad anticipare la sua figura
definitiva futura (Metz – Moltmann): la Chiesa è chiamata a specchiarsi in un
futuro che ancora non c’è e che Gesù ha preannnunciata, memoria futuri.
Un futuro preannunciato.
La Chiesa si avvicina di più alla sua forma
escatologica:
-
nella liturgia, pregustiamo la communio
sanctorum, sotto il velo del simbolo;
-
nella carità (qui l’escaton è realizzato in
antcipo);
-
nella testimonianza fino all’estremo.
4.
Forma storiche del Cristianesimo
Si ispira ad un articolo di Giuseppe Alberigo,
che scrive di tre forme. Ne aggiunge però un’altra, la prima.
La
Chiesa ha attinto la sua fisionomia dalla storia, in mancanza di uno statuto preciso
dato da Cristo (la imitatio imperii, l’imitazione delle altre forme di
governo è stata una necessità e una tentazione). Le forme storiche del potere
non devono essere assunte acriticamente, senza uno sforzo di purificazione
interna.
La Chiesa non solo dà, ma riceve dal mondo,
in particolare le sue forme storiche istituzionale. A volte il mondo la precede
(ad esempio il principio di uguaglianza, da cui ora l’uguaglianza battesimale).
Le quattro forme storicamente assunte
dalla Chiesa:
-
la forma familiare, Chiesa domestica,
-
la forma imperiale,
-
la forma monarchica,
-
la forma democratica.
Tutti
questi modelli hanno vantaggi e limiti. Nessun modello esaurisce la Chiesa.
4.1 La
prima è attestata in san Paolo e nei primi secoli, la Chiesa si edifica come
famiglia di famiglie, formata da gruppi ridotti di persone, che possono vantare
una conoscenza reciproca e sulla condivisione dei beni, anche se non mancano
personalismi e scismi. E’ una Chiesa incarnata in un luogo (ad es. La Chiesa di
Laodicea), che però cerca di darsi forme che superino il localismo. Crescendo
il cristianesimo diventa improponibile.
4.2 La
Chiesa imperiale è quella della cristianità: a partire da Costantino e
addirittura fino al 20° secolo vi è connubio tra Chiesa e potere politico. E’
come se il cristianesimo avesse cambiato pelle (Barth). I suoi capi sono capi
politici, i suoi membri godono di garanzie e riconoscimenti. E’ più libera
perché non perseguitata, ma meno libera perché condizionata dal potere politico.
4.3.
Chiesa monarchica: è la Chiesa gregoriana (da Gregorio 7°, il Papa che
produsse la svolta nell’Undicesimo
secolo), che però trova espressione anche nell’Ottocento. Si propone un rigido
centralismo: ha nel vescovo di Roma una garanzia di cattolicità universale, ma
che si riduce alla diocesi del Papa. Ecclesiologia come papologia (Congar),
come antidoto agli scismi. E’ la Chiesa dell’uniformità.
4.4
Chiesa democratica: oggi si fa strada nel pensiero teologico. Già il dire che
sinodalità non è democrazia, come nel documento preparatorio sul Sinodo,
significa che non manchino i punti di contatto.
Una Chiesa democratica è una Chiesa di uguali,
chiesa della fraternità e della sororità, basato sul battesimo. Principio anche
di distinzione perché esistono pastori e maestri, attraverso i qali Cristo
continua a rendersi presente.
E’ una Chiesa dal basso, di designazione elettiva. Imparare a fare più
spazio ai processi elettivi è un’opportunità per consentire alla base di
sentirsi più rappresentata. Può essere utile a passare dal potere all’autorità.
Ma nella Chiesa le funzioni vengono dall’alto.
L’intero popolo di Dio dispone del sensus fidei che rende tutto il
popolo infallibile nel credere. Ma non ci si ascolta solo tra esseri umani
soltanto, ma bisogna prestare attenziona anche allo Spirito.
E’ una Chiesa di tutti. Ci si affranca
dal demone del clericalismo. Se però non ci si limita a sostituire le elite
clericali con elite laicali. Oggi stiamo vivendo ad un crisi della democrazia,
proprio perché non ha portato a un potere di tutti, ma a portato a un
ceto di professionisti della politica. Il passaggio da preti a laici potrebbe
non far uscire da un potere elitario.
5.
La riforma senza scisma secondo Congar) richiede quattro condizioni:
- primato della carità e dimensione
pastorale
- non isolarsi
- pazienza
- il rinnovamento è sempre un ritorno alle origini, non un
adattamento meccanico alle novità.
Come cristianesimo abbiamo sempre la necessità di scrutare i segni dei
tempi, a non fuggire la storia (luogo della salvezza), a non farci intrappolare
dalla storia.
Cento anni fa Guardini pubblicava Il senso
della Chiesa: la Chiesa è una realtà divino-umana, ciò che è contingente in
essa si lega al duraturo.