Storia
bizzarra
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[da:
Norbert Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino
1979]
La storia umana è troppo complicata perché il
suo disegno possa essere abbracciato con una immagine; oppure è tanto
complicata che non potendo esporla in concetti dobbiamo accontentarci di
immagini approssimative (ma in questo caso dobbiamo essere ben consapevoli
della differenza che passa tra un’immagine e un concetto).
[…]
l’abbandono di una via bloccata (ed obbligata)
della storia è una necessità (naturale)
o un compito (umano)? O, in altre parole, noi non proseguiamo
perché il proseguire è impossibile, oppure perché è moralmente condannevole o
economicamente disutile, o comunque
inopportuno, e quindi non è impossibile, ma indesiderabile? Come
vedremo, questa domanda è importante per distinguere atteggiamenti diversi di
fronte alla guerra. Per ora basti notare che di fronte alle vie bloccate della
storia sono possibili due atteggiamenti diversi: l’esaurimento di una
istituzione può essere oggetto di una mera constatazione (o, che è lo stesso,
di una previsione, se l’esaurimento è soltanto in corso), oppure di un
progetto, cioè di un programma di lavoro che si ispira a certe valutazioni dei
fini, dei mezzi, dei rapporti tra mezzi e fini.
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Che cosa
è la guerra? E’ l’organizzazione politica di una violenza collettiva per
distruggere beni e vite di un’organizzazione considerata nemica fino alla sua
resa, o allo sterminio totale se la stessa esistenza in vita di chi la esprime
viene considerata intollerabile (nella Bibbia si narra di ordini divini di
sterminio).
Spesso tuttavia si paragonano le stati e
altre organizzazioni che si fanno guerra alle aggressioni tra le persone: tuttavia
questa è un’immagine approssimativa, e in fondo insoddisfacente. La differenza
la fa la politica. Nella violenza tra persone ognuno mantiene la libertà di
decidere se proseguire o non: questa non
è guerra. Guerra è quando si deve combattere e non si ha scelta. La guerra viene
sempre ordinata.
Così una persona può essere individualmente
incline alla violenza, ma manifestarsi contraria alla guerra in generale,
o a una qualche guerra particolare.
Nella violenza tra le persone non è
implicata la politica, quindi il governo della società in cui si è immersi,
come invece lo è sempre nella
guerra. Alla guerra ordinata dai capi politici di uno stato o di un’altra
organizzazione ai quali si è soggetti non ci si può sottrarre. Nella
nostra Costituzione ciò viene espresso con le parole dell’art.51, 1° comma: «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino». Il secondo comma ordina l’obbligatorietà del servizio militari, sia pure nei
limiti e nei modi stabiliti dalla legge. Questo va tenuto presente nello
scagliarsi contro i soldati degli eserciti nemici: si tratta di persona che,
come noi, non hanno avuto scelta.
Quando in quell’articolo della Costituzione
si parla di sacro, non si fa riferimento alla religione: si vuole
intendere che a quel dovere di fare la guerra quando è ordinato non è ammesso
sottrarsi per decisione personale, per nessun motivo. Nell’Occidente europeo
avanzato, però, leggi prevedono il diritto all’obiezione di coscienza:
allora una decisione personale di non partecipare alla guerra in armi
viene riconosciuto, a certe condizioni (non esclusivamente pe scelta
personale), ma, comunque, in genere alla guerra si deve partecipare, anche se non usando armi.
Storicamente ha fatto eccezione la Gran Bretagna, nella quale in genere non vi
fu la leva obbligatoria e ci si arruolò volontariamente, spesso spinti da una
fortissima pressione sociale in quel senso. Una volta arruolati in armi, però,
si perde la facoltà di decidere: si fa come viene ordinato.
Così è accaduto nell’attuale guerra tra
Russia e Ucraina. Nella prima è stato
ordinato di invadere e nella seconda di resistere all’invasione: in entrambi i
casi, che si invada o ci si difenda, lo si fa aggredendo il nemico e cercando
di distruggerlo.
Ci sono trattati internazionali in materia di
guerra che cercano di limitarne le efferatezza, ma l’esperienza insegna che
spesso sono violati.
La guerra è sempre decisa e la si combatte obbedendo. E questo
anche se ci si arruola volontari. Ci si arruola per obbedire,
perché è così che si fa la guerra e non c’è un modo diverso di farla.
Si dice che la prima vittima della guerra è la
verità, ma non sono d’accordo: la prima vittima della guerra è la libertà. Da
essa deriva anche la perdita della libertà. Scrisse la filosofa Simone Weil che
in guerra si diventa schiavi della forza. Si è come trascinati dagli eventi.
E tuttavia la guerra, in quanto evento
politico, non è mai del tutto necessitata: in una certa misura rimane sempre
influenzabile dalle dinamiche sociali, e quindi prevenibile.
Si pensava che una guerra tra l’Europa
occidentale e la Russia fosse divenuta impossibile, in quanto avrebbe
comportato l’uso delle armi nucleari e quindi l’effetto MAD (in inglese
significa pazzo, ma è anche l’acronimo dell’espressione Mutual Assicured
Destruction, in italiano reciproco assicurato annientamento, nessun
vincitore possibile dunque). Come constatiamo in questi giorni, quel
tipo di guerra non è per nulla impossibile, fondamentalmente perché i
belligeranti si sono costruiti una illusoria fiducia di poterla controllare.
Ma, appunto, è proprio questo che è impossibile nel caso della guerra, come la
storia dimostra: una guerra non è mai controllabile, risolvendosi in una esplosione
incontrollata di violenza. Questa illusione di controllo viene comunemente
chiamata realismo, che è l’atteggiamento che più favorisce la guerra.
Per realismo ci si arma, e per realismo
si decide di invadere e di resistere
combattendo in armi, e questo anche se astrattamente consapevoli dell’effetto MAD.
Resistere in quel modo è virtuoso si dice. Ma anche se ciò porta al
proprio annientamento? Di fatto, difficile non resistere in armi a chi
aggredisce in armi in una guerra. Soprattutto quando si dispone di armi
tremende, in virtù delle quali si confida di poter respingere l’aggressione.
Ma il corso della storia, anche quello delle
guerre, è dunque qualcosa che ci sovrasta, per cui noi si è come pupazzi a
recitare in una specie di teatro una storia che noi non abbiamo scritto? In
altre parole, è possibile progettare la pace?
La storia dell’Europa occidentale tra il 1945
e quest’anno, dimostra che sicuramente è possibile. Lo abbiamo fatto e potremmo
rifarlo, e, aggiungo, avremmo potuto farlo anche in questa occasione.
E’ che la minaccia della guerra ci ha colti
in un momento particolare, in cui avevamo mente solo per noi stessi, per la
faccenda della pandemia di Covid 19. L’Ucraina è uno stato extracomunitario,
nei confronti del quale, fino ad un mese fa, ci barricavamo nei nostri confini.
Nessuno tra gli stati dell’Europa Occidentale, e tanto meno l’Unione Europea,
ha tentato di intromettersi prima che fosse troppo tardi. Gli eventi sono
rimasti nelle mani della Russia, dell’Ucraina e di una superpotenza
extraeuropea estremamente bellicosa, gli Stati Uniti d’America. Quest’ultima e
la Federazione Russa sono a un passo di una guerra catastrofica, che certamente
trascinerebbe anche noi dell’Unione Europea. Come andrebbe a finire quella
guerra lo sappiamo: MAD. E allora com’è che da noi i mezzi di
comunicazione di massa ci spingono all’intervento e in Russia spingono a
sostenere l’invasione? Come sarebbe nel giro di pochi giorni lo dimostra
l’Ucraina di oggi: quello saremmo noi, ma, appunto, non nel giro di un mese, ma
di pochi giorni, o addirittura ore, perché così funziona la guerra con
l’impiego delle armi nucleari.
Il Papa ha certamente visto giusto quando ci
ha dato dei pazzi.
C’è però una differenza rispetto ad altre
epoche. L’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, l’Ucraina e la Federazione
Russa, sì anch’essa stando alla sua Costituzione, sono sistemi democratici,
dove la politica, in certa misura può essere influenzata dalle masse, quelle
che hanno più da perdere dall’estendersi della guerra. I soldati non hanno
scelta: devono combattere perché così è stato loro ordinato; ammazzare o essere
ammazzati, dal nemico o dalla giustizia del proprio stato. Ma ai cittadini,
nell’esercizio della politica democratica, è rimessa in definitiva la scelta ultima tra
guerra e pace: in democrazia è una responsabilità comune, condivisa. Lo insegnò
Lorenzo Milani. Qualcosa si può dunque ancora fare. Solo che ci si lasci
interrogare dalla coscienza. E non ci si lasci suggestionare da immagini
approssimative che paragonano la guerra alla violenza tra individui.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.