Resoconto dell’incontro in Google
Meet di AC San Clemente del 13
Febbraio 2021
Carissime e carissimi,
in tempo di pandemia ci
siamo incontrati già 13 volte in video
conferenza su Google Meet. Gli incontri sono
stati molto interessanti e per tutto il mese di marzo continueremo a vederci
secondo questa modalità, in
considerazione dell’ancora troppo elevato numero di contagi.
Sono convinta che, anche quando ci riuniamo
in videoconferenza, Gesù sia tra noi, come ci ha promesso.
Sabato 13 marzo abbiamo programmato un ritiro,
un piccolo grande ritiro sempre su Google
Meet. Ci sarà tutto ciò che serve. La Parola, la predicazione, la
meditazione, la preghiera. Tutto molto concentrato. E’ come quando in montagna
si deve fare un’escursione faticosa: ci si alleggerisce di ciò che non è
indispensabile e ci si lega gli uni agli altri in una cordata,
per fare sicurezza. Infatti, se si rimane soli, è più facile cadere.
Poi, sempre a marzo, il 20 e il 27, proseguiremo nel dialogo sul
cammino cristologico di formazione
dell’AC “Da corpo a corpo” e sui temi dell’enciclica Fratelli
tutti.
Mi piacerebbe vedere tra noi anche le socie e
i soci che finora non sono riusciti a collegarsi (per le modalità di
collegamento faccio riferimento alle istruzioni già inviate). In ogni caso
rimaniamo comunque uniti nella preghiera e con la Lettera ai soci che mensilmente
inviamo per posta ordinaria.
Arrivederci a presto, dunque!
Giulia
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Eravamo collegati in 12, compreso l’assistente
ecclesiastico don Emanuele.
Abbiamo cominciato a dialogare sulla
quarta tappa del cammino cristologico proposto dal sussidio del Settore Adulti dell’Azione
Cattolica “Da corpo a corpo”,, caratterizzata dal verbo Sollevare e dal motto del
Progetto formativo di Azione Cattolica “In ricerca
di una verità che ci è data”. Essa viene così descritta:
Gesù solleva Giairo e la donna emorroissa
in diversi modi: con i gesti della cura, contagiando con la sua potenza
salvifica, affidando la ragazza risvegliata e
la donna risanata alla comunità.
Sollevare diventa stile della vita adulta: quando, riconoscendo i propri limiti, sa chiedere aiuto come Giairo; quando accoglie il contatto con
Gesù come via di salvezza, sull’esempio dell’emorroissa; quando riesce a
costruire una fraternità che collabora nella cura e nel servizio reciproco.
Per la meditazione viene proposto il seguente
brano evangelico:
Dal Vangelo secondo Marco,
capitolo 5, versetti da 21 a 43
Gesù ritornò sull’altra sponda del lago, e quando fu sulla
riva, una grande folla si radunò attorno a lui. Venne allora un capo della
sinagoga, un certo Giàiro. Quando vide Gesù si buttò ai suoi piedi e gli chiese con insistenza: «La mia
bambina sta morendo. Ti prego, vieni a mettere la tua mano su di lei, perché
guarisca e continui a vivere!». Gesù andò con lui, mentre molta gente
continuava a seguirlo e lo stringeva da ogni parte. C’era là anche una donna che già da
dodici anni aveva continue perdite di sangue. Si era fatta curare da molti
medici che l’avevano fatta soffrire parecchio e le avevano fatto spendere tutti
i suoi soldi, ma senza risultato. Anzi, stava sempre peggio. Questa donna aveva sentito parlare di
Gesù e aveva pensato: «Se riesco anche solo a toccare il suo mantello, sarò
guarita». Si mise in mezzo alla folla, dietro a Gesù, e arrivò a toccare il suo
mantello. Subito la perdita di sangue si fermò, ed essa si sentì guarita dal
suo male- In quell’istante Gesù si accorse che una forza era uscita da lui. Si
voltò verso la folla e disse: — Chi ha toccato il mio mantello? I discepoli gli
risposero: — Vedi bene che la gente ti stringe da ogni parte. Come puoi dire:
chi mi ha toccato? Ma Gesù si guardava attorno per vedere chi lo aveva toccato.
La donna aveva paura e tremava perché
sapeva quello che le era capitato. Finalmente venne fuori, si buttò ai piedi di
Gesù e gli raccontò tutta la verità. Gesù le disse: «Figlia mia, la tua fede ti ha salvata. Ora
vai in pace, guarita dal tuo male». Mentre Gesù parlava, arrivano dei messaggeri dalla casa
del capo-sinagoga e gli dicono: «Tua figlia è morta. Perché stai ancora a
disturbare il Maestro ?». Ma Gesù non diede importanza alle loro parole e disse a
Giàiro: «Non temere, soltanto continua ad aver fiducia». Prese con sé Pietro, Giacomo e suo
fratello Giovanni e non si fece accompagnare da nessun altro. Quando arrivarono
alla casa di Giàiro, Gesù vide una grande confusione: c’era gente che piangeva
e gridava forte. Entrò e disse: «Perché tutta questa
agitazione e perché piangete? La bambina non è morta, dorme». Ma quelli ridevano di lui. Gesù li
fece uscire tutti ed entrò nella stanza solo con il padre e la madre della bambina
e i suoi tre discepoli. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum»
che significa: «Fanciulla, alzati!». Subito la fanciulla si alzò e si mise a
camminare (aveva dodici anni). Tutti furono presi da grande meraviglia, ma Gesù ordinò severamente di non
parlarne con nessuno. Poi disse di darle qualcosa da mangiare.
Abbiamo visto un video in cui don Gabriele
Albertin proponeva alcune riflessioni su quel brano evangelico.
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Sintesi
Per approfondire il verso sollevare,
ascoltiamo oggi il brano al capitolo 5 del Vangelo secondo Marco, dove vengono
incastrati due racconti.
Il primo è quello di Giàiro, un
padre che corre da Gesù, si prostra davanti a lui e addirittura con insistenza
lo supplica perché Gesù vada a casa sua, perché la sua figlia dodicenne sta per
morire. Mentre Gesù accetta immediatamente questa proposta, mentre cammina una
donna, in mezzo alla folla, colpita da una malattia che da dodici anni le fa
avere delle perdite di sangue, si accontenta di sfiorare il manto di Gesù. Per
la mentalità di quel tempo i vestiti di una persona come Gesù godevano della
stessa santità, dello stesso potere, della stessa efficacia della persona. In
quel tocco la donna si trova guarita, dopo che per dodici anni si era affidata
ad altre cure. Questa donna si trova ad essere sollevata dalla sua
malattia. Gesù, ignaro di chi l’avesse toccato, chiede di poter incontrare quel
volto, quella persona che, in mezzo alla folla, ha incontrato a entrare in
contatto con lui. La donna, impaurita, viene allo scoperto e, ci racconta il
Vangelo, dice tutta la verità. Possiamo chiederci che cosè questa verità che
questa donna narra davanti a Gesù e davanti agli altri che era lì. Racconta che
il contatto con Gesù è ciò che l’ha salvata, che l’ha sollevata dalla sua
condizione di sofferenza. Una donna con quella malattia, con perdite continue
di sangue, era considerata impura e doveva rimanere fuori da ogni contatto
sociale e comunitario. Racconta quindi che il contatto, anche fisico, con Gesù
le ha fatto ritrovare la sua dignità, il suo posto nella società.
Di fronte a questa esperienza,
Gesù si rivolge a Giàiro, dopo che il parenti erano venuti ad avvisarlo che nel
frattempo la figlia era morta. Gesù indica a Giàiro l’esempio di quella donna,
la cui fede le ha procurato la salvezza. Forte di questo esempio anche Giàiro
torna a casa con Gesù e alcuni dei discepoli e anche lui fa l’esperienza di una
figlia che viene risollevata. Gesù infatti entra nella stanza, la prende
per mano e la alza in piedi, la
fa risollevare. Gesù quindi viene a sollevare anche attraverso dei
gesti: il prendere per mano e, dopo averla svegliata dal sonno della morte, la
consegna alla comunità che deve darle da mangiare.Anche questa è un’altra
esperienza di sollievo: una comunità che sa compiere gli stessi gesti di Gesù,
il gesto della cura, il gesto dell’attenzione, il gesto della compassione.
Questo è ciò che può aiutare le
nostre comunità cristiane ad essere comunità capaci di dare sollievo, di
sollevare.
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Carlo
Racconta del ritrovamento a Smirne (Turchia) di Elif, una bambina di tre
anni rimasta sepolta un terremoto. Ci mostra la foto del ritrovamento, alcuni
mesi addietro, da parte di un gruppo dei vigili del fuoco. La si vede coperta
da un lenzuolo termico, mentre la stanno portando in ambulanza. Lo ha commosso
vedere che l a bambina si attacca al pollice della mano di uno dei
soccorritori. La bambina era rimasta sepolta dalle macerie 65 ore. Possiamo
immaginare che cosa abbia provato in quel tempo. Quel suo aggrapparsi ha creato
un legame tra lei e il suo soccorritore.
Carlo ci ha mostrato anche
un’altra foto della bambina in ospedale, con ancora un occhio pesto. Intorno ha
molti giocattoli che ha ricevuto: la sua disavventura ha commosso molti, in
tutto il mondo.
Certe volte leggiamo nella Bibbia
episodi di miracoli, ad esempio, oltre alla figlia di Giàiro il servo del
Centurione, il figlio della vedova di Naim, unico figlio di una madre vedova, e
possono sembrarci episodi un po’ lontani, finché poi episodi simili si
avvicinano a noi.
In questo periodo di pandemia,
causata ad un virus inafferrabile,che colpisce a tradimento, c’è paura, si
cerca di scrutare i sintomi del contagio, della malattia, e poi c’è angoscia,
disperazione. Anche solamente il risultato di un test che esclude il contagio è
in grado di risollevare non solo fisicamente, ma soprattutto spiritualmente,
psicologicamente. L’esperienza del sollevare, di qualcuno che ti
solleva, come è stato di Gesù con Giàiro, c’è anche nella nostra vita. La
preghiera è un po’ come quell’afferrare il pollice del soccorritore da parte di
quella bambina, una via per cercare la salvezza.
Sergio
Ritiene che Gesù sapesse chi l’aveva toccato. Nell’episodio evangelico
non conta tanto l’aspetto sanitario, ma la fede. E’ narrato in tutti e tre i
Vangeli sinottici.
Gesù chiede alla donna di uscire
allo scoperto anche contro il parere dei discepoli, vuole che abbia fede e la
proclami. Anche in Giàiro c’è una grande fede. Un atteggiamento che si
riscontra in tutte le guarigioni operate da Gesù.
In Marco c’è quell’episodio di
un padre che porta il figlio da Gesù e lo solleva, perché non era in grado di
arrivarci: lo calano dal tetto addirittura. O il padre che porta il figlio
indemoniato, epilettico, dai discepoli e loro non lo riescono a guarire. Gesù
allora sembra quasi avere un moto di stizza: generazione incredula!, dice, fino a quando starò con voi?, fino a
quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me, ordina. Il padre gli dice “se
tu puoi qualcosa abbi pietà di noi e aiutaci!”. Anche qui c’è un dubbio… E
Gesù risponde “Se tu puoi!?, tutto è possibile per chi crede!”. E quel
padre subito rispose: “Credo! Aiuta la mia incredulità!”. Sembra un
ossimoro: come faccio a credere se sono incredulo? E Gesù guarisce il figlio.
Gli pare che questo credere
sia fondamentale.
Nel Siracide è scritto “Beato
l’uomo che non ha inciampato con le parole, non è tormentato dal rimorso dei
peccati, non ha nulla da rimproverarsi”. Sono tre cose impossibili. Chi è
che non è mai inciampato nelle parole, o non ha nulla da rimproverarsi o non è
tormentato dal rimorso di qualcosa che ha fatto? E poi aggiunge: “… e chi
non ha perduto la sua speranza.” Chi riesce a non perdere la sua speranza è
beato. Ci vuole fede per non perdere la propria speranza.
Angela
Ci ha raccontato l’esperienza della malattia grave di un suo alunno. Ha
subito un trapianto di midollo. Ha avuto delle complicanze. Si stava lasciando
andare. Allora hanno attivato l’istruzione scolastica domiciliare e sono
riusciti a sollevarlo da quello stato di sconforto. Gli registravano le lezioni
e lui le vedeva sul computer. Si è ripreso, ha iniziato a studiare di nuovo. E’
stato promosso con la media del nove pienamente meritata. Ora è campione
regionale di canottaggio.
Ci ha anche ricordato
l’esperienza di una collega insegnante che ha accompagnato sulla via
Franchigena dei ragazzi in esecuzione di pena, come misura alternativa al
carcere. Anche quello è stato un modo per sollevarli.
Gloriana
Il discorso della comunità che
solleva è molto interessante. Siamo chiamati ad essere noi quella mano di Dio
che solleva. Negli episodi evangelici che abbiamo letto, che si intrecciano tra
loro, abbiamo una persona ben inserita in società, Giàiro, e quella che oggi
chiameremmo una scartata, la donna malata. Giàiro chiede insistentemente,
mentre la donna non osa neanche parlare. Sono due tipi di persone che ci capita
di incontrare: alcune persone ci chiedono esplicitamente di essere aiutate e
sollevate, mentre ci sono delle persone che non osano parlare, magari ci
parlano solo attraverso un piccolo sguardo. Noi siamo chiamati a intercettare
entrambi, ad ascoltare quelli che ci parlano e chiedono, e prestare attenzione
anche solo a uno sguardo, a un piccolo accenno di altri. Dobbiamo essere capaci
di cogliere anche quelli, perché, come dice il Papa, riferendosi proprio
all’episodio di quella donna malata, Dio ci ha creati in piedi, e quindi anche noi siamo chiamati a rimettere
in piedi le persone, anche in senso molto concreto. E poi a ridare speranza, a
restituire la dignità alle persone.
Beatrice
Ci parla di una canzone del 1993 ,
Un più alto amore, del gruppo Depeche
Mode tratta da un album intitolato Canzoni di fede e devozione. Il
disco tratta argomenti angoscianti, ma termina con quella canzone che narra di
come ci si senta innalzati da un amore più alto
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Giulia ci ha poi mostrato un filmato con l’episodio
del film tratto dal romanzo I
miserabili, dello scrittore francese Victor Hugo, con l’incontro del vescovo di Digne con l’ex
forzato Jean Valjean, in cui quest’ultimo, che aveva rubato un candelabro
prezioso, gli viene presentato dalle guardie in ceppi e il vescovo dice di
averglielo regalato e anzi regalandogli l’altro che era rimasto in casa,
risparmiando a Valjean altra galera e, dopo le guardie si erano allontanate
lasciandolo libero, esortandolo a cambiar vita. Anche quello è un modello di
come si può risollevare una persona.
Potete
vedere la scena su
https://www.youtube.com/watch?v=0iS70kBEiXw
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Chiara
Ci parla di una lettera pastorale del 1991 del card. Martini, da
arcivescovo di Milano, che prese spunto proprio dall’episodio evangelico della
donna malata.
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Quest'anno
[…] prendo come miracolo emblematico di Gesù quello di una guarigione avvenuta
al semplice contatto del lembo del suo mantello. Perché?
[…]
Leggo
infatti in essa tre realtà che caratterizzano la nostra civiltà, tanto
condizionata dai mass media: la massa, la persona e la comunicazione.
Anzitutto
la massa: è la folla anonima che si accalca attorno a Gesù. Molti lo toccano
anche fisicamente, ma non succede nulla; nessuno si distingue, nessuno assume
un particolare rilievo, nessuno appare con un volto o un desiderio proprio. E
l'immagine delle masse che si qualificano come fruitori passivi dei mezzi
chiamati, appunto, "di massa".
Tra la
massa però una persona comincia a emergere. Ha un progetto, una volontà precisa
e soprattutto una grande fede. Gesù le dirà: "Figlia, la tua fede ti ha
salvato!". Ha una tale fiducia in Gesù da pensare che anche solo il contatto
con il lembo del suo mantello la possa guarire.
[…]
Ed è a
questo punto che ho intravisto la grande scommessa sottesa al secondo anno del
programma pastorale "comunicare". Anche mediante i mass media - che
pure sono qualcosa di molto marginale rispetto alla profonda e originaria
corrente del comunicare di Dio con l'uomo e degli uomini tra loro -, anche
mediante gli strumenti della massificazione dei messaggi è possibile una vera
comunicazione umanizzante e addirittura salvifica. E' necessario favorire il
processo di "uscita dalla massa", perché le persone, dallo stato di
fruitori anonimi dei messaggi e delle immagini massificate, entrino in un
rapporto personale come recettori dialoganti, vigilanti e attivi.
[…]
Concluse la lettera pastorale con una parafrasi
del “Cantico delle creature” di
Francesco d’Assisi
Signore,
come è bello stare quassù!
Lo sguardo si perde
negli infiniti spazi del cielo
trapuntato di stelle,
e la terra sembra così piccola,
da suscitare tenerezza.
La silenziosa scrittura dei cieli
mi parla di te
e in questa solitudine
piena di pace
mi sento avvolto
dall'oscuro,
vivificante grembo
del tuo amore.
Anch'io vorrei dirti,
come un giorno Pietro:
"Facciamo qui tre tende"!
Vorrei restare con te
su questo nuovo Tabor,
sospeso tra la terra e il cielo
e guardare le cose dalla fine,
nell'ultimo orizzonte
che di ciascuna
dà alla verità il senso.
Fa' che io sappia sempre
ricordarmi di te,
della patria verso cui sono diretto
dove tutto quanto è umano
appare così piccolo,
eppure così grande si avverte
l'abbraccio del tuo amore!
E fa'che ricordandomi di te
e di questo tuo cielo senza fine
io sappia anche ricordarmi
dei tanti volti amati
e dei tanti altri,
indifferenti o sconosciuti,
per capire che nessuno
è estraneo a te
e il valore infinito
d'ogni persona umana
sta in questo Amore eterno
che l'avvolge.
Ma tu
vuoi che io ridiscenda
verso il piccolo, grande mondo
dove hai posto la tua tenda
e la mia:
tu vuoi che io stia nel villaggio
e condivida la vita in comunione.
Sì, tu mi fai gustare
la bellezza del cielo,
ma tu mi vuoi fedele alla terra.
Comunicare con te
mi mette nel cuore l'urgenza
di comunicare con gli uomini,
miei compagni di strada.
Scendo allora con te verso la
terra,
mentre vedo le sagome lontane
diventare figure precise,
disegni e geometrie
della vita quotidiana del mondo.
Spiccano su tutto
le antenne e i campanili
della mia città.
Venendo da tanto lontano
mi sembra di guardarli
con nuova simpatia;
è come se la luce dei tuoi occhi
mi avesse reso capace
di riconoscere in tutto
l'impronta del tuo amore.
Fa', o Signore,
che le antenne e i campanili
sappiano dialogare tra loro.
Aiuta la tua Chiesa
a essere il popolo del dialogo,
capace di dire e di praticare
la comunicazione
al suo interno e con tutti.
Fa'che sappiamo educarci ed educare
a un uso libero e liberante
dei media,
per riconoscere e valorizzare
profeticamente in essi
il lembo del mantello
del Figlio tuo, fatto uomo per noi.
Donaci perciò persone capaci
di unire nella loro vita
l'antenna e il campanile,
fedeli al mondo presente
e fedeli alla patria promessa,
in grado di coniugare le due fedeltà
con professionalità e con amore.
Ed eccomi, infine,
nella mia stanza,
con te
davanti al mio televisore:
è come ritrovarmi con un fedele servitore
in compagnia dell'Amico,
che mai mi lascerà.
Ora so che anche nella massa
un incontro personale è possibile,
e che perfino attraverso un lembo di mantello
può raggiungermi la Vita che non passa,
la Verità che illumina e riscalda.
Aiutami a non dimenticarlo più,
fa'che io sappia lodarti
insieme al "villaggio globale"
che è il mio mondo,
come un giorno seppe lodarti
col suo mondo
Francesco,
il fratello universale,
l'uomo della comunicazione
con te
e con tutte le tue creature:
Altissimu onnipotente bon Signore
tue so' le laude la gloria e l'honore
et omne benedictione.
Ad te solo Altissimu se konfano
et nullo homo éne dignu te mentovare.
Laudato sii
mio Signore
con tutte le tue creature
specialmente fratello televisore
che riempie ore delle nostre giornate
ed è bello e irradiante con grande splendore
e di te Altissimo porta significazione.
Laudato sii
mio Signore per sorella radio
per cui le notizie attraversano i cieli
e il mondo diventa a me vicino.
Laudato sii mio Signore per fratello giornale
che mi informa sulle nubi e sul sereno
delle vicende umane
e mediante cui tu nutri la conoscenza e la riflessione
di tante tue creature.
Laudato sii
mio Signore
per ogni tipo di informazione
che è molto utile
quando sa essere umile e veritiera e casta.
Laudato sii
mio Signore per i comunicatori
grazie ai quali illumini la mente
e doni gioia e forza al nostro cuore,
quando essi servono la verità con modestia.
Laudato si' mi' Signore per sora nostra
matre terra
la quale ne sustenta et governa
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba:
essa diviene sempre più per noi
la casa comune
che i media ci fanno conoscere e amare.
Laudato si' mi' Signore per quelli ke
perdonano
per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke le sosterrano in pace
ka da te Altissimu sirano incoronati.
Specialmente sii lodato per quanti,
usando i mass media,
sapranno ricordarsi che nulla al mondo vale più
della persona umana.
Laudato si' mi' Signore
per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke se trovarà ne le tue sanctissime voluntati
ka la morte secunda no 'l farrà male.
Specialmente sii lodato per quanti,
ricordando che tutto passa
e che tu solo resti,
si sforzano di operare nei media
secondo verità e giustizia
e hanno cura dei deboli
così esposti al potere
della comunicazione di massa.
Laudate et benedicete mi' Signore et rengratiate
et servite a lui cum grande humilitate.
Lodatelo tutti, abitanti del "villaggio globale",
unendo la vostra alla voce di tutte le creature.
O Gesù, fa' che anch'io possa toccare con fede
il lembo del tuo mantello!
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La lettera pastorale è una delle
più note del card. Martini. Il lembo del
mantello, nella metafora usata nel testo, erano proprio i mezzi di
comunicazione di massa. Che potevano essere strumenti per sollevare, educare,
far crescere, se mettevano al centro la verità e la persona. C’è la bellissima
preghiera finale in cui Martini fa una parafrasi del Cantico delle Creature e
parla di fratello televisore, sorella radio, fratello
giornale.
La lettera è molto attuale: siamo tutti on
line. Potremmo parlare di fratello Google
Meet, fratello Zoom. Ci permettono di vederci, di incontrarci
spiritualmente.
Don Emanuele.
Quando pensa al sollevare ricorda anche di quando Gesù sollevò Pietro che stava affondando nell’acqua del lago di Tiberiade.
La fede deve risollevarci e spingerci a vivere da
risorti.
Il brano evangelico che abbiamo
letto nella riunione va preso molto sul serio.
Sui problemi della comunicazione
tra le persone e sull’influsso che vi ha la tecnologia consiglia:
TWENGE Jean Marie, Iperconnessi.
Perché i ragazzi di oggi crescono meno ribelli, più tolleranti, meno felici, e
del tutto impreparati a diventare adulti, Einaudi 2018, €19,00
[disponibile in e-book e Kindle ad
€9,99],
a cui abbiamo dedicato la riunione in Google
Meet del 27 febbraio [sul blog acvivearomavalli.blogspot.com trovata schede di
lettura del libro].
E’ vero
che le piattaforme on line ci collegano, ma creano anche problemi che gli
psicologi stanno studiando.
E’
importante che la comunicazione crei vere relazioni tra le persone. Dobbiamo
capire ciò che accade con le reti sociali on line, per aiutare i nostri
ragazzi. La fede è molto importante anche in questo.
sintesi di Mario Ardigò - Azione Cattolica in
San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli