Società come sacramento
[…] la
Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo
strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano […]
Dalla
Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce
per le genti, deliberata durante il Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
Il tempo
dei preti che si occupano dei fedeli mi pare sia quasi interamente preso dai
sacramenti e dalla preparazione ai sacramenti, intendendo Battesimo, Comunione,
Cresima, Penitenza, Matrimonio, Unzione
degli infermi e ricerca di candidati all’Ordine Sacro. Le Scritture, del resto,
ci insegnano a contare i nostri giorni, per raggiungere
la saggezza. Sono pochi, il tempo della nostra vita è poco. Ce se ne accorge
soprattutto da anziani, quando sembra che prenda a correre. I più giovani, ai quali sembra che il tempo non passi mai, faticano a rendersene
conto: crescendo capiranno.
Anche la Chiesa stessa, però, è sacramento, in qualche modo, scrissero i saggi del
Concilio Vaticano 2° negli anni Sessanta. In
che modo?
Qualche volta le narrazioni della teologia
affascinano. Di certe parti sono insofferente, anche se so che servono, come le
pompe funebri e il mestiere che faccio. Mi piacciono soprattutto le parti in
cui si è imparato dalla vita, senza cercare di tiranneggiarla.
Purtroppo la nostra teologia ha le basi nelle
durissime controversie dei primi secoli: la cosiddetta dottrina si è formata
discriminando sulla base di parole e concetti, e non solo. E’, come dire, una sua tara
ereditaria, che talvolta è molto sensibile. Non dobbiamo pensare ai primi tempi
come a un’età dell’oro. In particolare si era assai poco amorevoli. Ci si
scambiavano scomuniche, anatemi e altre maledizioni tra bellicosi patriarchi e
puntigliosi scrittori di teologia. Ora va appena un po’ meglio e i regimi
democratici impediscono di far fuori i contraddittori, secondo l’uso invalso
più o meno fino a metà Settecento.
Dunque, questa teologia della Chiesa come sacramento mi piace. Me ne viene un’immagine
meno mortifera di quelle che la storia mi rimanda. La Chiesa è sacramento in
quanto popolo si insegna nella Luce per le genti, citando il pensiero di tre Padri della Chiesa,
Cipriano, Agostino d’Ippona e San Giovanni Damasceno, vissuti tra il Terzo e l’Ottavo
secolo (il primo di questi "padri" è considerato il nostro Clemente papa, l’ultimo
San Giovanni Damasceno, un arabo siriano). Lo è in quanto deriva la sua unità dall'unità del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo. E da dove deriva la
sua storica disunità? Naturalmente da noi cristiani, che non sappiamo andare d’accordo
e per ragioni di fede abbiamo fatto di tutto agli altri, umiliato,
discriminato, silenziato, incarcerato e ammazzato, su piccola e grande scala.
Questa è storia e non ci si può far nulla se è accaduta così: si può essere
diversi solo oggi e domani. Il passato può essere cambiato solo falsificandolo
e san Karol Wojtyla, quando fu Papa, ci guidò invece a farne memoria veritiera,
purificandola dagli inganni che la sfigurano.
Poiché è
sacramento di unità, la Chiesa opera perché l’intero genere umano sia
ricondotto all'unità della famiglia di Dio. Tutti gli esseri umani sono quindi chiamati a questa cattolica
(universale) unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace
universale. Pertanto unità finalizzata alla pace universale. Ricondurre ad unità non significa naturalmente sotto un’unica autorità terrena. L’unità
abbraccia anche i non cristiani.
16. Infine, quanto a quelli che non hanno ancora
ricevuto il Vangelo, anch'essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio. In
primo luogo quel popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse e dal
quale Cristo è nato secondo la carne (cfr. Rm 9,4-5), popolo molto amato in
ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio
sono irrevocabili (cfr. Rm 11,28-29). Ma il disegno di salvezza abbraccia anche
coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i
quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico,
misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non e neppure
lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini,
poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e
come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). [Cost.
Luce per le genti]
Questa
forma sacramentale di popolo è molto interessante nel mondo di oggi, in cui,
per la prima volta da nella storia dell’umanità, si sta effettivamente cercando
di fare di tutti i popoli della Terra un’unica società. Il popolo di Dio, quello sacramentale, si raccoglie da diversi popoli e la sua unità non è pregiudicata
dalla diversità di culture [Cost. Luce
per le genti, 13]. Può aiutare, in quel processo globale. Ma chi si cura di
questo sacramento di popolo? Sembra che manchi il tempo di
farlo, perché gli altri sacramenti assorbono quasi completamente il tempo dei
pastori.
Bene,
questo del popolo sacramentale
dovrebbe essere il campo principale di quel sacerdozio
comune che compete a tutti i fedeli,
compresi i laici, uomini e donne. Per fare
popolo non occorre avere ricevuto
una speciale unzione ministeriale.
Aggiungo che fare popolo viene spontaneo, perché lo facciamo tutte le
volte che usciamo di casa e interagiamo in società. In una suggestiva metafora,
ci vediamo come lievito nell’impasto, o come sale che dà alla società il suo sapore.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in san Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli