La religione dei laici
C’è chi pensa che, se non si può andare in
chiesa perché c’è la pandemia che
infuria, allora non c’è più modo
di fare religione e si è meno
Chiesa. Non sono d’accordo. Sarebbe come dire che non si è Chiesa
se non in chiesa.
Ricordo che alle elementari, che feci nel
nostro quartiere, alla Parini, il sacerdote della nostra parrocchia che
veniva a farci religione ci spiegò una volta che, appunto, c’era un differenza
tra Chiesa, vale a dire noi che eravamo legati dalla fede nel vangelo, e
chiesa, cioè l’edificio dove si celebravano la messa, la più importante
delle nostre liturgie, e altri sacramenti. Era da poco finito il Concilio
Vaticano 2°. Io sono di quei bimbi che ricevette la carezza del Papa,
quando fu aperto.
Qualche giorno fa, ragionavamo in
videoconferenza Zoom con gli amici del gruppo della Sapienza del Meic - il Movimento ecclesiale di impegno
culturale sulla nostra Chiesa e
della sua riforma, che il Papa ha detto di aver iniziato, e il Presidente ha
osservato che in tempo di pandemia i laici, in famiglia, hanno preso a
celebrare delle loro liturgie, per sentirsi sempre Chiesa anche se molte attività che prima si erano
fatte in chiesa avevano subito delle limitazioni. Se uno considera la Chiesa
sulla base delle persone che vanno
in chiesa, già prima della pandemia penso fosse piuttosto sconfortato,
perché ce ne venivano di meno. Ma, se invece considera la Chiesa per la fede che sempre, anche ora che si deve
andare meno in chiesa, si manifesta, e non solo individualmente, ma
anche come comunità, a cominciare dalle liturgie di famiglia, pur se costretta
a incontrarsi sulle piattaforme telematiche, come il nostro Meet o Zoom, allora è diverso.
E’ importante, in particolare, che ci sia
stato un certo protagonismo laicale. Il clero di solito non mostra di esserne
consapevole. Vede le chiese deserte o quasi e pensa che anche fuori sia così.
Si sa, I laici, in genere, non contano nulla nella nostra Chiesa, o
meglio, così sembrano pensare in genere vescovi e preti, perché, in realtà,
loro dominano solo in chiesa, ma fuori è tutto in mano ai laici, e la
società allora, e in fondo anche la Chiesa del clero che fatalmente ne risente,
è come la riescono a fare i laici, con un ruolo molto importante per le donne,
che nella nostra Chiesa, e anche in chiesa, sono in genere umiliate,
diffamate, insomma strapazzate. Ad esempio con questa storia della concessione dell’accolitato femminile, che è solo un
riconoscere qualcosa che dagli anni ’70 è prassi corrente, e invece
bisognerebbe riconoscere molto altro. Bene, si è visto di questi tempi che
laiche e laici sanno fare Chiesa. E se non fosse stato per loro
effettivamente la Chiesa se la
passerebbe male. Non va sottovalutato anche il lavoro che s’è fatto per tener
su di morale preti e vescovi che, poverini, una volta che la chiesa non è stata più tanto centrale,
si sentivano perduti. La gente
tornerà in chiesa?, si chiedono
smarriti. Temono di no. Ma si, ma si, tornerà… O, almeno, torneranno le persone
che anche prima ci andavano, e che per
la verità hanno continuato ad andarci anche in tempo di pandemia, secondo come
si poteva in base alle norme delle autorità sanitarie che sono state formulate
d’intesa con quelle ecclesiastiche. Però è importante che si sia riusciti a fare Chiesa anche in tempi come questi,
ingegnandosi al di fuori delle chiese, non supplendo ma agendo da laiche e laici di fede, in una
nuova forma di ministerialità ecclesiale. Non bisogna tornare indietro, quando
si tornerà senza limitazioni
nelle chiese.
Il Papa
vuole il sinodo della Chiesa italiana, ma lo vuole come processo che coinvolga tutte le persone che l’animano
con la loro fede, compresi laiche e laici. Ecco che, allora, potremmo mettere a frutto quell’esperienza
che andiamo facendo di una Chiesa anche fuori della chiesa. Innanzi tutto pretendendo ascolto, rispetto,
partecipazione. Pretendendo che
le donne non siano più diffamate, umiliate ed emarginate. Il nostro clero
dovrebbe dare un’occhiata a un libro che è uscito in questi giorni, di Michela Murgia (leggo nella sua biografia che è stata animatrice in Azione Cattolica), Stai zitta e altre nove
frasi che non vogliamo sentire più, Einaudi
2021: si sforzi di non dire più quelle frasi. Perché io gliele sento dire. Pretendendo
anche, laiche e laici, di contare, di poter co-decidere, di non essere più relegati, nel migliore
dei casi, a consulenti. Il luogo e il momento giusti per
cominciare ad essere diversi, in quel modo, è in quella parte del processo sinodale che
si svilupperà nelle parrocchie.
In un
recente nostro incontro in Meet si è ricordato
il diverso modo di confrontarsi con le autorità civili nella decisione di
modificare l’assetto di piazza Sempione, dove si affaccia la parrocchia degli
Angeli Custodi, a me molto cara perché vi fui a lungo scout, e di Largo Val Santerno, dove c’è il sagrato della
nostra parrocchia. Nei due casi le comunità parrocchiali non si sono espresse,
diciamo così, sinodalmente, ma solo per voce dei loro parroci. Nel primo caso
ci sono state difficoltà, nel secondo no. Dipende dai parroci non dalle loro Chiese. Una concezione proprietaria
della chiesa, che però umilia la Chiesa che
l’abita. La risistemazione di Largo
Val Santerno ha apportato grandi benefici alla gente del nostro quartiere e
anche alla nostra chiesa, quindi anche alla Chiesa che siamo noi qui.
Un sagrato largo era previsto nel progetto originario della nostra chiesa, ma
poi il progetto fu modificato. Mia madre se ne lamentava sempre. Ora abbiamo il
sagrato largo con delle panchine dove la gente si
riunisce. C’è più spazio per stare insieme. L’assedio delle automobili è stato
tolto anche se sono stati mantenuti diversi spazi per parcheggiare. Agli Angeli
Custodi si vorrebbe fare qualcosa di simile e si vorrebbe spostare la venerata
statua della Madonna, che ora è al centro della piazza, inaccessibile e
confinata in un recinto, più verso la chiesa, così che la Chiesa la possa realmente abbracciare.
Ricordo che da ragazzo pensai che sarebbe stato meglio così, perché pensavo
sempre alla Madonna in mezzo alla sua gente, come mi aveva insegnato mia madre.
Mia madre negli anni ’70 e ’80 portava di casa in casa, tra la gente del
quartiere, nelle famiglie, una grande
statua della Madonna di Fatima, animando gruppi di preghiera. Poi, quando si
trasferì a Palestrina, nel suo servizio
di volontaria laica presso il Centro dello Spirito Santo che c’è lì, la tenne
sempre davanti al suo letto, in modo da vederla svegliandosi e addormentandosi.
Poi la portò con sé negli ultimi anni al pensionato delle suore qui vicino a
noi, e quando non poté più tenerla in stanza trasferendosi in una residenza
sanitaria la affidò a me. E io, quando sarà il momento, l’affiderò alle mie
figlie. La Madonna rimarrà sempre il più vicino possibile a noi.
Che ne
penseranno i parrocchiani degli Angeli Custodi di tutte le polemiche di questi
giorni? Chi lo sa? Sappiamo come la pensa il parroco. Ma è giusto che la sua
Chiesa non conti nulla, o meglio, che non se ne sappia nulla, tanto da farci
sospettare che non conti nulla?
In un
processo sinodale sarebbe diverso, però bisogna capire che non vi si è coinvolti
solo per dire la propria. Bisogna formarsi, imparare, formarsi alla corresponsabilità, farne
tirocinio,
imparare
il rispetto e la coesistenza con gli altri, e non
bisogna dare per scontato di avere in sé una specie di sinodalità
naturale,
anzi appare di solito proprio in contrario.
Se fossimo
capaci di sinodalità naturale, noi di San Clemente papa, non saremmo così
divisi, così accaniti nel criticarci. Ad esempio sui riti della Settimana
Santa, una vera battaglia santa, per così dire. Negli anni passati è stata dura,
tra chi voleva la veglia pasquale dal tramonto all’alba e chi chiedeva una veglia dal
volto umano.
E non era la sola questione aspramente controversa. Anni fa, in Quaresima, il
parroco promosse un ciclo di incontri per farci conoscere gli uni gli altri,
sperando che conoscendoci meglio ci si potesse anche stimare. Credo che ne
rimase deluso. Mi pare che ognuno rimase un po’ sulle sue, me compreso. Forse
si sarebbe dovuto insistere. La sinodalità non è una liturgia, in cui ci si
accontenti dei simboli e delle frasi recitate e via così, è un tirocinio: non conta la facciata, ma il
risultato, che è il camminare insieme.
Noi invece, me compreso, si preferisce andare ognuno per la sua via.
La sinodalità non è cosa solo per preti e
vescovi, perché, se la si concepisce così, va poco in là. Questo stuolo di
maschi celibi che ci governa raramente si mostra veramente sinodale e, come
lamenta il Papa, ha non di rado il vizio della chiacchiera cattiva e la
tentazione dell’arrivismo: rimane così piuttosto autoreferenziale, parlandosi e
sparlandosi addosso, nel senso che vede solo verso l’interno e mai dall’altra
parte, al mondo che c’è fuori, e che pure si muove. Per questo il Papa ha
consigliato una Chiesa in uscita, vale a dire una Chiesa fuori della
chiesa. Ma, da dentro, si attende che passi la pandemia, e che la gente torni, valutando poco o nulla quello che
in quest’epoca travagliata s’è fatto di fuori, del resto, come ho detto, i
laici sono valutati nulla; e da fuori si fa, ci si attiva, ma siccome questo non è considerato da quelli
dentro, allora si pensa che effettivamente quello che si fa non conti nulla, sia qualcosa che si fa per ingannare il tempo
che rimane per poter fare come prima, e
che si sarà veramente Chiesa solo quando si potrà tornare per bene dentro.
E, infatti, anche tra noi sento chiedere di
tanto in tanto “quando torneremo?”, e, se le autorità sconsideratamente
dessero il via, magari si tornerebbe
realmente, nonostante che purtroppo si stiano prospettando forse i due, tre,
mesi più duri della pandemia, capiamolo bene!, con tipi del virus molto più
contagiosi di quelli di prima. E sento anche discorsi dei nostri vescovi che
lamentano che si progetti di aprire i cinema, i musei e i ristoranti e che
ancora si mantengano limitazioni per le chiese. E non si rendono
conto che l’assimilazione tra cinema, musei, ristoranti e chiese non è tanto
onorevole: un quadro in cui tutti, spettatori, avventori e fedeli, sono ridotti
a meri clienti di
eventi allestiti da altri. A me, laico, non va più tanto di stare in chiesa in quel modo, come quando vado al cinema, al museo e al ristorante. E,
quando pretendono che lo faccia, mi offendo, ma, in fondo, finora l’ho fatto,
per quieto vivere. E voi?
Ora: sia il sinodo!
Mario Ardigò - Azione Cattolica in san Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli