Resoconto dell’incontro
del gruppo AC San Clemente del 23 gennaio 2021, in Google Meet, per dialogare
sul Messaggio per la Giornata della pace 2021 di papa Francesco, alla
luce anche dell’enciclica Fratelli tutti
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La prossima riunione
per continuare il dialogo sui temi dell’enciclica Fratelli tutti sarà
Sabato 20 febbraio alle
ore 16:45
Chi desidera partecipare, chieda il codice di accesso con una email a
mario.ardigo@acsanclemente.net
comunicando il proprio nome, la parrocchia di appartenenza e i temi di interesse. Questi dati saranno cancellati dopo ogni riunione e dovranno essere nuovamente inviati per partecipare ad una successiva
Per la riflessione sarà proposta l'introduzione
all'enciclica di Bruno Forte nell'edizione Scholé - Morcelliana 2020.
Nel paragrafo n.152 dell’enciclica si
evoca "lo spirito di vicinato" che si vive ancora nei quartieri
popolari, dove ciascuno sente il dovere di aiutare e accompagnare il vicino,
come modello per una vicinanza cordiale tra i popoli. E' una visione
idealizzata o corrisponde ad una realtà ancora viva? E nel nostro quartiere,
nella nostra parrocchia, possiamo riconoscere quel modo di essere vicini?
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Nella riunione del 23 gennaio scorso, eravamo
in 11, compreso l’assistente ecclesiastico don Emanuele.
Presidente:
Collegheremo alle riflessioni che andiamo
facendo sull’enciclica Fratelli tutti il tema della pace. Quindi affronteremo anche
il messaggio di papa Francesco per la 54° Giornata della pace, celebrata il 1
gennaio 2021,
Sul sito dell’Azione Cattolica https://azionecattolica.it/
sono stati pubblicati
vari commenti all’enciclica
VIDEO dei lavori del
XLI Convegno Bachelet
https://www.youtube.com/watch?v=ngtk5xKj2Uk
SCENARI DI FRATERNITÀ AL
TEMPO DELLA PANDEMIA
Vi proponiamo la video
registrazione dei lavori del XLI Convegno Bachelet, tenutosi in modalità
webinar la mattina di sabato 13 febbraio 2021. Titolo dell’appuntamento: Il grido della terra e
il grido dei poveri e dei sofferenti ci interpellano. Il cammino
della fraternità e dell’amicizia sociale. I temi dell’ecologia integrale e
di una rinnovata fraternità sono stati al centro
della relazione del gesuita Francesco Occhetta (Dalla
Laudato si' alla Fratelli tutti. Un percorso di speranza in questo tempo
tormentato), cui è seguita la tavola rotonda ispirata all’immagine
evangelica de (Il buon Samaritano e…), che accompagna
il magistero di papa Francesco, con gli interventi di: Rosy Bindi (…la
società civile e lo stato sociale), Lorenzo Caselli (…l’economia
e il lavoro), Luigi Fusco Girard (…la custodia
del Creato) e Nadia Matarazzo (…il Mondo e chi lo abita).
I lavori del XLI Convegno Bachelet sono stati aperti e coordinati da Gian
Candido De Martin, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto
“V. Bachelet”, e si sono conclusi con l’intervento di Matteo Truffelli,
presidente nazionale dell’Ac, che ha fatto sintesi dei contributi offerti.
La presidente ci ha informati che alla fine
dell’incontro, alle 18, ci sarebbe stata una Veglia per la pace, a cui si poteva
accedere con un link accedere con un link, e che domenica 31 l’ACR avrebbe
organizzato, al posto della consueta Carovana della pace, un evento
trasmesso su YouTube, un specie di telegiornale, con contributi delle
varie parrocchie, sul tema della pace.
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Messaggio di papa
Francesco per la Giornata mondiale della pace 2021
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Sintesi del Messaggio di papa Francesco per la 54° Giornata mondiale della pace - 2021 [8-12-20]
Propongo una sintesi del Messaggio.
In fondo trascrivo i brani dell’enciclica Fratelli
tutti (3-10-20) citati nel Messaggio.
La sintesi consente una conoscenza
del Messaggio sufficiente per valutarlo e per diffonderlo.
Al termine, trascrivo il messaggio completo
Mario
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Sintesi
LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO
DI PACE
La pace è una costruzione sociale
che richiede lo sviluppo di una cultura, intesa come pensiero, azione ed
educazione
1. Alla base di una cultura della pace vi è
il prendersi cura gli uni degli altri e della natura.
I racconti biblici ci
esortano a questo.
In particolare Gesù si è presentato come il Buon Pastore, che si prende cura delle pecore; il
Buon Samaritano che si china sull’uomo ferito, medica le sue piaghe e si
prende cura di lui.
Al culmine della sua missione, Gesù suggella la sua cura per noi offrendosi sulla croce e liberandoci
così dalla schiavitù del peccato e della morte.
Nella sua attività di assistenza a
malati e bisognosi la Chiesa ha voluto seguire il suo insegnamento e il suo
esempio.
2. Principi
della dottrina sociale sulla cura:
a) La cura si manifesta come
promozione della dignità e dei diritti della persona.
Il concetto di persona dice sempre relazione, non individualismo, afferma l’inclusione e non l’esclusione;
b) Il bene comune è insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività
sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e
più celermente.
c) La solidarietà è la determinazione ferma e perseverante di
impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché
tutti siamo veramente responsabili di tutti.
d) La realtà creata è
interconnessa, così anche pace, giustizia e salvaguardia del creato. Alla base
della cura vi è un sentimento del cuore: tenerezza, compassione e
preoccupazione per gli esseri umani.
3. Per una
cultura della cura, occorre imprimere una rotta comune al
processo di globalizzazione, una rotta veramente umana.
Tutti devono sentirsi impegnati a diventare profeti e testimoni della cultura
della cura, per colmare tante disuguaglianze sociali. E ciò sarà possibile
soltanto con un forte e diffuso protagonismo delle donne, nella famiglia e in
ogni ambito sociale, politico e istituzionale.
Le
relazioni tra le Nazioni dovrebbero
essere ispirate alla fratellanza, al rispetto reciproco, alla solidarietà e
all’osservanza del diritto internazionale.
La promozione della cultura della cura richiede un processo
educativo che coinvolga famiglia, istituzioni educative, stampa, televisione e altre mezzi di
comunicazione sociale, religioni.
- Le religioni in
generalepossono svolgere un ruolo insostituibile nel trasmettere ai fedeli e
alla società i valori della solidarietà, del rispetto delle differenze,
dell’accoglienza e della cura dei fratelli più fragili.
L’educazione deve essere più aperta ed
inclusiva, capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo e di mutua
comprensione.
4. Non
c’è pace senza la cultura della cura
La cultura
della cura, per la costruzione della pace, è l’impegno comune, solidale e partecipativo
per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti, quale disposizione
ad interessarsi, a prestare attenzione, alla compassione, alla riconciliazione
e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca.
Tutti insieme bisogna
collaborare per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di
fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza
reciproca. Non cediamo alla tentazione di disinteressarci degli altri.
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Presidente
Il Papa quindi mette in correlazione la pace
con il prendersi cura gli uni degli altri. Si tratta di un tema che ricorre
negli scritti di papa Francesco e, da ultimo, nell’enciclica Fratelli tutti.
La
presidente dà quindi la parola a Mario
per un’ulteriore presentazione del tema.
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Il
simbolo dei movimenti pacifisti negli anni Sessanta: rappresenta le lettere ND Nuclear Disarmament – Disarmo
Nucleare nel codice di trasmissione con le bandierine da segnalazione, usato
in marina. Mi fu insegnato tra gli scout. All’epoca la minaccia più grave
veniva considerata la guerra con l’utilizzo delle bombe atomiche
Il Messaggio
è un documento del magistero
pontificio che contiene dottrina sociale.
La dottrina
sociale è considerata parte della
teologia morale e contiene principi per costruire e governare le società alla
luce di quelli evangelici.
La nostra Chiesa ha sempre diffuso dottrina sociale anche in documenti,
quindi in testi scritti. Un grandioso esempio nell’antichità è l’opera La città di Dio del vescovo Agostino
d’Ippona, scritta nel 5° secolo.
A partire dalla metà dell’Ottocento, i
problemi politici che il Papato ebbe, in particolare in Italia dove il
nazionalismo era riuscito infine a porre termine al suo piccolo regno
territoriale con capitale Roma, portarono il Papato ad assecondare i moti civili
dei cattolici di opposizione al nuovo regno unitario, di impostazione
nazionalista, monarchica fedele a Casa Savoia, liberale, blandamente
anticlericale e fortemente avversa alle rivendicazioni territoriali del Papato,
considerate sovversive e come tali trattate anche con misure di polizia. Da qui la nuova
dottrina sociale che si fa iniziare
con l’enciclica Le novità - Rerum novarum,
diffusa nel 1891 sotto l’autorità del papa Leone 13°. Essa fu centrata sul
socialismo, sul proletariato e sulle politiche di giustizia sociale. Prese le
parti dei ceti popolari che, sottomessi in vario modo ad ingiustizie sociali,
erano rimasti fedeli al Papato e al clero, ma volle allontanare le iniziative
sociali in loro favore dal socialismo di quell’epoca, che si manifestava
irreligioso oltre che fortemente anticlericale e tentato dalla violenza di
piazza. In Benito Mussolini quando militò nel socialismo italiano (il Partito
socialista italiano fu fondato nel 1892, l’anno successivo all’enciclica Le novità, ma già in Italia vi erano
state altre formazioni che al socialismo si richiamavano) vediamo ben
rappresentato il modello del socialista rivoluzionario italiano a cavallo tra
Ottocento e Novecento.
Per il Papato l’Italia è sempre stata un
laboratorio politico molto importante. Da noi fece pratica di azione sociale al
tempo dell’affermazione delle democrazie popolari, basate sul suffragio
universale, e dei fascismi storici. Da questa esperienza sociale maturò nuove
convinzioni su democrazia e pace: la prima come via per la seconda e la seconda
come condizione della prima. I principi del magistero sociale del Papato furono
fondamentali nel processo di unificazione europea che ha avuto (finora) il suo
culmine nel 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e con la
costruzione dell’Unione Europea come oggi la viviamo.
I radiomessaggi natalizi di papa Pio 12^ tra
il 1942 e 1945, mediante i quali i Papato ordinò all’Azione cattolica di
costruire in Italia un regime democratico che prevenisse nuove guerre
catastrofiche, la Costituzione La gioia e la speranza del Concilio
Vaticano 2^ (terminato nel 1965), e il magistero dei Papi Giovanni 23^, in
particolare con l’enciclica La pace in terra (1963), Paolo 6^, in
particolare con l’enciclica Lo sviluppo dei popoli (1967), a cui seguì,
dal 1 gennaio 1968 l’istituzione della Giornata mondiale della pace, e
Giovanni Paolo 2^, in particolare con l’enciclica Il Centenario (in
occasione dei cento anni dall’enciclica Le novità) furono altrettante
tappe di questo processo culturale. Con l’enciclica Il Centenario si
volle dare la base ideologica per la rifondazione dell’unione continentale
europea dopo la fine delle divisioni con la parte orientale finita sotto regimi
comunisti di impostazione sovietica.
Il magistero di papa Francesco ha affrontato i
problemi di pacificazione del nuovo mondo in cui la sopravvivenza di otto
miliardi di persone dipende da un sistema di strettissime interconnessioni
economiche a livello globale. Tutto il mondo è diventato la nostra casa
comune e non abbiamo più scelta: non potremo sopravvivere se non rifondando
una nuova fraternità su scala immensa, in modo da prenderci cura di
quella casa comune che ormai è l’intero pianeta.
In questo contesto si situa il Messaggio di
quest’anno.
I Papi dagli anni Sessanta producono
veramente molti documenti di magistero sociale. Non sempre però abbiamo la
pazienza di leggerli. “La pace”, un nuovo documento del papa
sulla pace. Ah, la “pace”… E tiriamo fuori meccanicamente quello che di solito ci sentiamo dire in
tema, pronti a prenderne realisticamente le distanze nelle situazioni di crisi
che ci riguardano, in cui le colpe degli attentati alla pace sono sempre degli
avversari. E il nuovo documento del papa sulla pace rimane inesplorato.
Ragioniamo in fondo come se si trattasse sempre della stessa dottrina di
sempre, come nel caso dei dogmi: invece la dottrina sociale si sta
rapidamente evolvendo, perché segue la velocissima evoluzione delle società di
riferimento. Dunque non è mai “la
solita” dottrina. E i documenti dei Papi debbono essere letti, e soprattutto capiti,
quindi letti con attenzione.
Nel Messaggio 2021 siamo esortati, tutti,
a collaborare a costruire una nuova cultura della cura, come base per
processi di pace. Vengono proposte come esemplari le figure del Buon
Pastore e del Buon Samaritano. Proteggere, andare a salvare, medicare,
le azioni conseguenti. Ma su scala globale.
“Siamo noi i custodi dei fratelli lontani?”. Sì! E questo perché
la realtà è interconnnessa e solo in una nuova solidarietà fraterna ci si
salva, altrimenti si perisce, tutti insieme.
Nella dottrina sociale fino a Paolo 6^ la
principale minaccia per l’umanità era considerata una guerra mondiale condotta
con l’impiego dell’arma atomica. Nel magistero di Giovanni Paolo 2^ i
totalitarismi atei e l’asservimento delle persone. In quello di papa Francesco un modello di sviluppo
economico che, con il totalitarismo ateo del consumismo individualistico, in
cui ognuno pensa per sé, crea le condizioni per l’asservimento di popoli interi
e per l’esaurimento delle risorse del pianeta, quindi poi per conflitti
fratricidi per accaparrarsele. Le nostre società, se non decidiamo di
prendercene cura, diverranno epicentri di insicurezza, causa di guerra.
Nel Messaggio siamo esortati a
costruire processi per progettare e mettere in pratica questa nuova cultura
della cura su scala planetaria. Solo un Papa, oggi, arriva a pensare
qualcosa di simile, mente gli altri grandi capi sociali in genere partono dal “WE
FIRST”, “NOI PRIMA DI TUTTO” dove il NOI sono i gruppi,
stati, alleanze di stati a cui devono rispondere, mentre un papa pensa di dover
rispondere innanzi tutto a Dio. Ecco che allora, in un discorso politico, può
ancora far appello alla tenerezza, compassione e preoccupazione per tutti
gli esseri umani senza timore delle accuse di tradimento dei suoi.
***********************************
La Presidente evidenzia che il Papa, nel Messaggio,
dopo aver ricordato come anche Gesù si è preso cura degli altri, come il Buon Pastore o il Buon
Samaritano delle parabole evangeliche, e le opere sociali dei suoi seguaci, al
punto 6 fa espresso riferimento alla dottrina sociale della Chiesa come
base della cultura della cura e
come la bussola che ci deve orientare nel metterli in atto, in particolare nei
principi relativi a:
-
promozione
della persona umana;
-
La
solidarietà con i poveri e gli indifesi;
-
la
sollecitudine per il bene comune;
-
la
salvaguardia del Creato.
E’ necessario approfondire la cultura della
cura in un processo educativo in cui ogni persona umana svolge un ruolo
fondamentale, ad esempio nella famiglia, nella scuola, nell’università, nella
Chiesa. Tutti quanti siamo chiamati a portare avanti la cultura della cura
che significa non solo prendersi cura della casa comune, cioè del Creato, ma
anche gli uni degli altri.
Al termine del Messaggio il papa
afferma che non c’è pace senza cultura della cura. Proprio di questi tempi travagliati, conclude
il Papa, quei principi possono orientare la nostra navigazione per una rotta
sicura e comune. E ci esorta a non disinteressarci degli altri.
***************Dibattito**************
Viene quindi data la
parola ad Antonietta per presentare la preghiera recitata dal padre
gesuita O’Donovan durante la cerimonia del giuramento del nuovo Presidente
statunitense Joe Biden. Antonietta ha letto la preghiera.
Poco prima che Joe Biden prestasse giuramento come 46 ° presidente
degli Stati Uniti, il 20 gennaio 2021, il Rev. Leo O'Donovan, SJ, amico di
lunga data e mentore del presidente Biden, ha recitato questa preghiera.
Dio misericordioso e pieno di grazia, in questo tempo sacro
veniamo davanti a te nel bisogno, anzi in ginocchio. Ma veniamo ancora più con
speranza, e con i nostri occhi rialzati di nuovo alla visione di una
"unione più perfetta" nella nostra terra, un'unione di tutti i nostri
cittadini per "promuovere il benessere generale e assicurare le
benedizioni della libertà a noi stessi e ai nostri posteri. " Siamo un
popolo di molte razze, credi e colori, background nazionali, culture e stili -
ora molto più numerosi e su un territorio molto più vasto di quando
l'Arcivescovo John Carol scrisse la sua preghiera per l'inaugurazione di George
Washington 232 anni fa. L'Arcivescovo Carol ha pregato che tu, o Creatore di
tutti, "aiutassi con il tuo Santo Spirito di consiglio e fortezza il
Presidente di questi Stati Uniti, affinché la sua amministrazione possa essere
condotta in rettitudine, ed essere estremamente utili al tuo popolo.
"Oggi, confessiamo i nostri fallimenti passati nel vivere secondo la
nostra visione di uguaglianza, inclusione e libertà per tutti. Eppure ci
impegniamo risolutamente ancora ora a rinnovare la visione, a prenderci cura
gli uni degli altri in parole e atti, soprattutto i meno fortunati tra noi, e
così diventando luce per il mondo. C'è un potere in ognuno di noi che vive
rivolgendosi a ciascuno di noi, una spinta dello spirito ad amare, prendersi
cura e stare vicino agli altri, e soprattutto ai più bisognosi. Si chiama
amore, e la sua via è dare sempre di più di sé. Oggi si chiama patriottismo americano,
nato non dal potere e dal privilegio ma dalla cura del bene comune - " con
malizia verso nessuno e con carità per tutti ". Per il nostro nuovo
presidente, ti chiediamo la saggezza cercata da Salomone quando si inginocchiò
davanti a te e pregò per "un cuore docile perché sappia rendere giustizia
al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male". Confidiamo nel
consiglio della Lettera di Giacomo: "Se qualcuno di voi manca di sapienza,
la chieda a Dio, che dona generosamente a tutti senza trovare colpa, e vi sarà
data". Papa Francesco ci ha ricordato quanto sia importante sognare
insieme ... "Da soli", ha scritto, "rischiamo di vedere miraggi,
cose che non ci sono. I sogni, invece, si costruiscono insieme". Sii con
noi, Santo Mistero d'Amore, mentre sogniamo insieme, per riconciliare le
persone della nostra terra, restaurare il nostro sogno e rivestirlo di pace e
giustizia e della gioia che è il traboccare dell'amore. Alla gloria del tuo
nome per sempre. Amen.
**************************************************
Antonietta
Ha evidenziato il
passo del discorso di insediamento del Presidente statunitense Biden quando ha
detto: «mamma mi diceva, da bambino ‘Mettiti nei panni degli altri». Una
cosa semplice, ma importante. E poi quando ha chiesto l’aiuto di Dio per riordinare la democrazia statunitense,
perché quel giorno era il giorno della democrazia, e ha detto agli avversari “Ascoltiamoci!”. Antonietta
ha detto di aver ascoltato con molta attenzione il discorso di Biden e quella
preghiera, che le sono piaciuti molto (durante la trasmissione televisiva c’era
la traduzione simultanea).
Antonietta ritiene
che Biden sia stato sincero quando ha invitato gli avversari repubblicani al
dialogo. Le sue non sono state le solite parole di circostanze dopo una
vittoria elettorale.
Anche la
vicepresidente Kamala Harris ha detto delle bellissime parole.
Antonietta si
interessa di politica perché è dell’Azione Cattolica e perché il Papa ci ha
invitati a fare una buona politica.
Lina
Anche a lei sono piaciuti il discorso di Biden e la
preghiera.
Elisa
Sono 232 anni che
l’inaugurazione della Presidenza statunitense inizia con una preghiera. Loro,
gli statunitensi, sono molto più religiosi di noi, anche nelle loro
manifestazioni politiche.
La comandante dei
Vigili del fuoco ha recitato la preghiera che tutti gli alunni recitano nelle
scuole pubbliche la mattina. Da noi non si usa.
Poi c’è stata una
ragazza, Amanda Gorman, che ha letto una bella poesia. Ha solo 22 anni ed è già
laureata nell’università Harvard.
Questa volta O’Donovan
ha potuto citare papa Francesco. All’epoca del presidente Kennedy non si
poté citare un Papa. Kennedy si dovette
difendere perché insinuarono che avrebbe preso ordini del Papa. Adesso sono
passati cinquant’anni…i tempi sono cambiati.
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La poetessa 22enne
Amanda Gorman ha entusiasmato la folla
con la sua lettura durante il giuramento di Joe Biden. Ecco la trascrizione del
suo testo
Quando arriva quel giorno
Quando arriva quel giorno, ci chiediamo dove possiamo
trovare la luce in questa ombra senza fine?
La perdita che portiamo, un mare che dobbiamo
guadare.
Abbiamo sfidato la pancia della bestia.
Abbiamo imparato che la quiete non è sempre
pace,
e che le norme su quello che è "giusto" non sono sempre giustizia.
Eppure, l'alba è venuta
a noi prima che ce ne accorgessimo.
In qualche modo ce la facciamo.
In qualche modo abbiamo
resistito e assistito a una nazione che non è spezzata,
ma semplicemente incompiuta.
Noi, i giovani
di un Paese e di una storia in cui una ragazza nera magra discendente da
schiavi e cresciuta da una madre single possono sognare di diventare
presidente.
E sì, siamo tutt'altro che raffinati,
tutt'altro che incontaminati,
ma questo non significa che non ci stiamo
sforzando di formare un'unione che sia perfetta.
Ci stiamo sforzando di forgiare la nostra
unione con uno scopo.
Per comporre un paese accogliente per tutte le
culture, colori, caratteri e condizioni dell'uomo.
E così alziamo lo sguardo non su ciò che sta tra noi, ma su ciò che ci sta davanti.
Chiudiamo il divario perché sappiamo, per
mettere al primo posto il nostro futuro, dobbiamo prima mettere da parte le
nostre differenze.
Mettiamo le braccia in modo da poter allungare
le braccia l'una all'altra.
Non progettiamo
danni per nessuno ma armonia per tutti.
Lascia che il mondo, se non altro, dica che
questo è vero:
Anche se ci addoloravamo, siamo cresciuti.
Anche se ci siamo feriti, speravamo.
Anche se eravamo stanchi, abbiamo provato.
Che saremo per sempre legati insieme,
vittoriosi.
Non perché non conosceremo mai più la
sconfitta, ma perché non semineremo mai più la divisione.
La Scrittura ci dice di
immaginare che ognuno si siederà sotto la propria vite e il proprio fico e
nessuno li spaventerà.
Se vogliamo essere
all'altezza dei nostri tempi, la vittoria non sta nella lama, ma in tutti i
ponti che abbiamo creato.
Questa è la promessa di
radura, la collina che scaliamo, se solo osiamo.
È perché essere
americani è più di un orgoglio che ereditiamo.
È il passato in cui entriamo e come lo
ripariamo.
Abbiamo visto una forza
che avrebbe distrutto la nostra nazione piuttosto che condividerla.
Distruggerebbe il
nostro paese se significasse ritardare la democrazia.
Questo sforzo è quasi riuscito.
Ma mentre la democrazia
può essere periodicamente ritardata,
non può mai essere definitivamente sconfitta.
In questa verità, in questa fede, ci fidiamo,
poiché mentre noi abbiamo gli occhi sul futuro,
la storia ha i suoi occhi su di noi.
Questa è l'era della giusta redenzione.
Lo temevamo sin dall'inizio.
Non ci sentivamo
preparati a essere gli eredi di un'ora così terrificante,
ma al suo interno abbiamo trovato il potere di
scrivere un nuovo capitolo, di offrire speranza e risate a noi stessi.
Quindi, mentre una volta
ci siamo chiesti: "Come potremmo eventualmente prevalere sulla
catastrofe?", Ora affermiamo: "Come potrebbe la catastrofe prevalere
su di noi?"
Non torneremo indietro
a ciò che era, ma passeremo a ciò che sarà:
Un paese ferito ma
intero, benevolo ma audace, feroce e libero.
Non verremo respinti o
interrotti dall'intimidazione perché sappiamo che la nostra inerzia e inazione
saranno l'eredità della prossima generazione.
I nostri errori diventano i loro fardelli.
Ma una cosa è certa:
Se uniamo la misericordia
con il potere e il potere con il diritto, allora l'amore diventa la nostra
eredità e il cambiamento, il diritto di nascita dei nostri figli.
Allora lasciamoci alle
spalle un paese migliore di quello che ci è stato lasciato.
Con ogni respiro dal
mio petto martellato di bronzo, innalzeremo questo mondo ferito in un mondo
meraviglioso.
Risorgeremo dalle colline dorate dell'ovest.
Risorgeremo dal
nord-est spazzato dal vento, dove i nostri antenati realizzarono per la prima
volta la rivoluzione.
Sorgeremo dalle città
circondate da laghi degli stati del Midwest.
Risorgeremo dal sud soleggiato.
Ricostruiremo, riconcilieremo e ci
riprenderemo.
In ogni angolo
conosciuto della nostra nazione, in ogni angolo chiamato il nostro paese,
la nostra gente,
diversa e bella, emergerà, malconcia e bella.
Quando arriva il giorno, usciamo dall'ombra,
ardenti e senza paura.
La nuova alba sboccia mentre la liberiamo.
Perché c'è sempre la luce,
se solo fossimo abbastanza coraggiosi da
vederlo.
Se solo fossimo abbastanza coraggiosi da
esserlo.
*************************************
Presidente
E’ importante parlare
anche dell’attualità e noi, come Azione Cattolica, ne dobbiamo parlare. In
questo caso, i discorsi che si sono fatti si collegano alla necessità di
prendersi cura gli uni degli altri.
Daniele
Ci ha raccontato di un’esperienza che lo ha accompagnato per
tanti anni, che è cominciata nel 2000. Quell’anno partecipò ad un pellegrinaggio,
con una quarantina di giovani di varie associazioni, promosso dalla Conferenza
Episcopale Italiana in Terra Santa. Non c’era solo la dimensione spirituale
collegata con i luoghi santi, ma incontrarono anche molti componenti della
società civile sia israeliana che palestinese.
Andarono anche ad
incontrare il leader palestinese Yasser Arafat (1929-2004), che in quei mesi
era asserragliato nel suo quartier generale a Ramallah.
Quel pellegrinaggio
gli aprì gli occhi sulla situazione veramente complicata che c’era tra
israeliani e palestinesi.
Un po’ ingenuamente,
prima di quel viaggio non riusciva a capacitarsi di come non si riuscisse a
trovare una modalità di convivenza. Il conflitto c’era stato da sempre, era
perpetuo.
La cosa che lo colpì
di più, e che gli sembrò irrisolvibile, era la situazione degli insediamenti di
colonie ebraiche sui territori palestinesi. Di fatto erano quartieri grossi,
quasi delle città, abitati da ebrei israeliani, che si barricavano per
difendere le loro case.
Se fossero andati
via, dove sarebbero andati? Consideravano quelle zone casa loro.
Dopo quel viaggio
capì quella frase dell’enciclica Pacem in terris (1963 – papa Giovanni
23°) che dice “Non c’è pace senza giustizia; non c’è giustizia senza
perdono”. Lì la chiave di volta era il perdono.
Papa Francesco ci
parla della cura. La giustizia da sola, se si vanno a pesare le cose in
maniera precisa, razionale, non basta. Bisogna andare su un altro livello, che
è quello del perdono, che è quello della cura.
In quel
pellegrinaggio i partecipanti furono invitati a fare qualcosa di concreto per
la Terra Santa. Erano tutti ragazzi tra i venti e i trent’anni. Certo però
erano lì in rappresentanza delle loro associazioni.
Tornato, riferì al
presidente del Centro Sportivo Italiano CSI di questo mandato che aveva
ricevuto e di cui si sentiva responsabile.
Quattro anni dopo, in
maniera un po’ provvidenziale, si presentò l’occasione, nel 2004, quando come
CSI e Opera Romana Pellegrinaggi fu promossa la prima maratona-pellegrinaggio
in Terra Santa. Un evento particolarissimo, in cui si correva tra la città di
Betlemme e quella di Gerusalemme, in gruppo con italiani, palestinesi ed ebrei.
Si oltrepassava il muro che divide Gerusalemme da Betlemme. Contemporaneamente furono
organizzati altri eventi sportivi e di incontro. L’iniziativa fu portata avanti
per varie edizioni, fino a che fu possibile dal punto di vista organizzativo.
Daniele ci ha mostrato un breve video su quell’iniziativa.
Non sempre la
giustizia razionale basta, ha concluso bisogna provarle un po’ tutte, trovare
paradigmi diversi.
Carlo
Ci racconta
dell’esperienza di un viaggio in Libano con don Remo per l’Opera romana
pellegrinaggi, durante il quale ebbe l’opportunità di incontrare il Corpo
italiano di pace che era impegnato alla frontiera tra Libano e Israele, nel
quadro di una missione di pace delle Nazioni Unite, per cercare di tenere
separate le due realtà in potenziale conflitto, vale a dire gli israeliani e le
milizie Hezbollah che fanno riferimento all’Iran.
Lì ebbe modo di
capire come si fa il peace keeping, l’azione di mantenimento della pace,
come in concreto si riesce a far fare
pace a persone che litigano e a volte combattono in modo cruento. Gli italiani
tradizionalmente riescono molto bene in questo lavoro, con una serie di azioni
che spiegano come la pace può essere costruita anche mediante le forze armate.
Il nostro contingente di pace era lì con tutte le autoblindo, i cannoni, le
armi insomma, ma per una finalità di creazione della pace. E’ stata
un’esperienza importante nel campo della pace.
C’è poi un aspetto che
riguarda tutti noi singolarmente. Qualche giorno prima in Azione Cattolica era
stata presentata l’esperienza di Parole ostili
un movimento che tenta di rompere la spirale dell’odio on
line, cioè mediante quelle espressioni denigratorie, di bullismo e odio, che
ormai circolano nelle reti sociali e nei mezzi di comunicazione di massa.
Questa esperienza, generata fra l’altro da una ragazza che viene dall’Azione
Cattolica, Giusy, ha stilato un decalogo della comunicazione
non ostile, cioè di una comunicazione rispettosa di contrasto all’hate
speech, vale dire alla parole di odio che circolano on line.
Un’altra bella
esperienza è quella che è stata creata dall’Università del Sacro Cuore che si
chiama mediavox,
che combatte l’odio online seguendo le indicazioni del
Consiglio d’Europa attraverso tutta una serie di azioni. Loro dicono che non
c’è un rimedio definitivo all’odio on line, ma sono possibili buone pratiche,
può essere svolta un’attività di sensibilizzazione da fare che è preziosa.
Angela
Ci fa ascoltare l’inno ebraico che gli ebrei cantano la sera
quando inizia lo Shabat, Shalom aleichem.
Pace a voi,
angeli "ministri", angeli dell'Altissimo,
del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli
sia.
Venite in pace, angeli di pace, angeli dell'Altissimo,
del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli
sia.
Beneditemi con la pace, angeli di pace, angeli
dell'Altissimo,
del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli
sia.
Andate in pace, angeli di pace, angeli
dell'Altissimo,
del Supremo Re dei re, il Santo, Benedetto Egli
sia.
Manifesta una volontà di pace che difficilmente gli esseri
umani riescono a realizzare, anche impegnandosi. Per questo il popolo ebraico
chiama in aiuto gli angeli dell’Altissimo, del supremo Re dei Re, proprio
perché portino la pace agli esseri umani e questa pace la presentino
all’Altissimo.
E’ un canto che è una
preghiera.
Don Emanuele
In questa riunione anche noi abbiamo favorito la cultura
dell’incontro. E’ stata una arricchimento per tutti.
In uno degli
articoli di Avvenire del venerdì precedente l’incontro, si ricordava il
raggiungimento di un accordo contro l’impiego delle armi nucleari, secondo
l’auspicio anche di papa Francesco. Ora, dopo quel trattato, ha scritto Avvenire,
viviamo in un mondo migliore. Naturalmente c’è ancora di un lungo cammino da
fare. In molte diocesi, tra cui quella pugliese di Santa Maria di Leuca, si
sono suonate le campane per la pace. Come ha detto papa Francesco, una volta
suonavano per chiamare alla guerra e ora
suonano per la pace. Forse con questo grande pace potremo veramente progredire
nella costruzione della pace.
Abbiamo concluso con la benedizione impartita da don
Emanuele.
Resoconto di Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli