Giaccardi/Magatti, La
scommessa cattolica, Il Mulino, 2019 – scheda di lettura – 4
C’è stato un modo di essere cristiani per
“adesione” a una certa dottrina definita da un’autorità e ad un’organizzazione
ecclesiale con le sue forme, i suoi riti, le sue regole, in particolare su chi
può comandare e chi deve ubbidire, sostengono i nostri autori. Si trattava
di un’appartenenza religiosa in termini
prima di tutto culturali e identitari, in cui era molto era importante
stabilire chi era dentro e chi era fuori.
In quello schema, il catechismo per i bambini e
i ragazzi, che per i più costituiva l’unica forma di istruzione religiosa della
loro vita, era il pilastro di tutto.
In questo modo la fede veniva trasmessa da
una generazione all’altra ed essa era in genere anche coerente con l’ideologia politica delle istituzioni di governo civile,
profondamente permeata di principi elaborati dalla cultura dei cristiani.
Secondo gli autori, questo modo di appartenere
alla Chiesa entrò in crisi dal 1968, con le sue forme di contestazione del
potere costituito, e poi con il capitalismo neoliberista basato sui desideri consumistici dell’individuo: quell’ultima
ondata della secolarizzazione, che iniziò a manifestarsi proprio al termine del
Concilio Vaticano 2° (1962-1965), rese sempre più anacronistica la fede per
adesione.
Obbietto che, in realtà, quel modo di essere
cristiani secondo l’adesione cominciò
ad essere considerato obsoleto molto prima, dagli anni ’30, al tempo degli
sconvolgimenti sociali e politici originati dalla Prima guerra mondiale,
davanti ai quali la Chiesa cattolica si era mostrata gravemente insufficiente,
arrivando infine a compromettersi con i concordati con la Germania nazista e
con l’Italia fascista, e in modo particolarmente intenso con quest’ultima
(richiamo, ad esempio, il pensiero di Jacques Maritain, il cui Umanesimo integrale, del 1936, era proprio centrato su quei temi).
A quell’epoca
risale l’idea di una nuova
cristianità, che, lievitando dopo la fine della Seconda guerra mondiale, fu poi sviluppata durante il Concilio Vaticano 2°. Quindi, non il secolarismo, vale a dire
la desacralizzazione delle relazioni di dominio politico, fu all’origine della
crisi dell’appartenere per adesione,
bensì il rifiuto consapevole in
religione di una fede per adesione in
quanto antievangelica determinò fenomeni di secolarizzazione. Questi ultimi
sono indispensabili per lo sviluppo di processi democratici (non vi è democrazia
quando qualcosa è sottratto alla discussione richiamandosi al sacro: in ciò
consiste la sacralizzazione del potere. La
democrazia come oggi la intendiamo è sempre desacralizzante: se ne parla come del principio della laicità dello stato),
che investirono anche la Chiesa cattolica
negli anni ’60 e ’70, venendo gelati, sospesi, d’autorità durante il
regno del papa Giovanni Paolo 2°. Da ciò la crisi, per certi versi terminale,
che l’organizzazione della Chiesa cattolica, non la fede cristiana, sta oggi
vivendo, e dalla quale non riusciamo a rialzarci.
Uno dei principali motivi di questa
difficoltà di uscirne è la profonda diffidenza del clero verso il laicato in
quanto portatore di istanze di libertà,
che preferirebbe ridotto allo stato di gregge
e che, quando invece rivendica partecipazione e voce in capitolo, viene
visto come una minaccia. In genere ogni suo anelito in quel senso viene spento disprezzando ed emarginando, e
addirittura diffamando, chi lo manifesta. Ciò è particolarmente sensibile e
grave riguardo alle donne, le quali, paradossalmente, rimangono la parte dei
fedeli più assidua. Ecco che, ad esempio, come ricordano i nostri autori, si accusano i genitori di considerare il
catechismo per i figli come uno scotto da pagare per arrivare ad
organizzare grandi feste dopo Cresima e
Prima comunione, quando è proprio la teologia del Magistero a dare un rilievo
eccessivo a queste tappe liturgiche della vita rispetto alla formazione
religiosa, e ciò perché vi viene amministrato un potere sacrale che si vuole
riservato al monopolio del clero come attualmente è, una schiera di maschi
consacrati. Nessuna meraviglia, quindi, che come ricordano giustamente gli
autori, la partecipazione alla vita parrocchiale crolli subito dopo la
somministrazione di quei sacramenti, Essa, in realtà, è scoraggiata e può farsi
solo nelle condizioni umilianti di gregge.
Mario Ardigò - Azione
Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro Valli.