Il mito del popolo nell’enciclica Fratelli tutti - i numeri da 154 a 167 del documento
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intervento per l’incontro
di AC del 20-2-21
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Dall’enciclica Fratelli tutti -
par. da 154 a 167
CAPITOLO QUINTO
LA MIGLIORE POLITICA
(sintesi)
154. Per rendere
possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, è necessaria la migliore
politica, posta al servizio del vero bene comune.
Populismi
e liberalismi
155. Il disprezzo per i
deboli può nascondersi in forme liberali al servizio degli interessi economici
dei potenti. Popolare o populista
156. [Si pretende] di
classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da
una divisione binaria: “populista” o “non populista”. Ormai non è possibile che qualcuno si
esprima su qualsiasi tema senza che tentino di classificarlo in uno di questi
due poli, o per screditarlo ingiustamente o per esaltarlo in maniera esagerata.
157. [Si] ignora la legittimità
della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale
categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo
del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la
società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine
“popolo”. […] è molto difficile progettare qualcosa di grande a
lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo. Tutto ciò
trova espressione nel sostantivo “popolo” e nell’aggettivo “popolare”. Se non
li si includesse – insieme ad una solida critica della demagogia – si
rinuncerebbe a un aspetto fondamentale della realtà sociale.
158. Popolo non è una
categoria logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che
tutto quello che fa il popolo sia buono, o nel senso che il popolo sia una
categoria angelicata. Ma no! È una categoria mitica […] La parola popolo ha
qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del popolo è far parte di un’identità
comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica,
anzi: è un processo lento, difficile… verso un progetto comune.
159. Ci sono leader popolari capaci di
interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi
tendenze di una società. Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può
essere la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita, che
implica anche la capacità di cedere il posto ad altri nella ricerca del bene
comune. Ma esso degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di
qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la
cultura del popolo,.
160. I gruppi populisti chiusi deformano la parola
“popolo”, poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo. Infatti, la
categoria di “popolo” è aperta. Un popolo vivo, dinamico e con un futuro è
quello che rimane costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in sé ciò che
è diverso. Non lo fa negando sé stesso, ma piuttosto con la disposizione ad
essere messo in movimento e in discussione, ad essere allargato, arricchito da
altri, e in tal modo può evolversi.
161. Un’altra
espressione degenerata di un’autorità popolare è la ricerca dell’interesse
immediato.
162. Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente
popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la
possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue
capacità, la sua iniziativa, le sue forze.
[…]
la
politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di
una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie
capacità e il proprio impegno. Infatti, non esiste peggiore povertà di quella
che priva del lavoro e della dignità del lavoro.
Valori
e limiti delle visioni liberali
163. La categoria di
popolo è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in
cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono. Per
queste visioni, la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che in
realtà non esiste. Tuttavia, qui si crea una polarizzazione non necessaria,
poiché né quella di popolo né quella di prossimo
sono categorie puramente mitiche o romantiche, tali da escludere o disprezzare
l’organizzazione sociale, la scienza e le istituzioni della società civile.
164. La carità riunisce entrambe le dimensioni – quella mitica e quella
istituzionale – dal momento che implica un cammino efficace di trasformazione
della storia che esige di incorporare tutto. Perché non c’è di fatto vita privata se non è protetta da un ordine
pubblico. 165. La vera carità è capace di
includere tutto questo nella sua dedizione.
Anche
il buon samaritano ha avuto bisogno che ci fosse una locanda che gli
permettesse di risolvere quello che lui da solo in quel momento non era in
condizione di assicurare. L’amore al prossimo è
realista.
166. Tutto ciò potrebbe avere ben poca consistenza, se
perdiamo la capacità di riconoscere il bisogno di un cambiamento nei cuori
umani, nelle abitudini e negli stili di vita.
Il pericolo maggiore non sta nelle cose, nelle realtà
materiali, nelle organizzazioni, ma nel modo in cui le persone le utilizzano. La questione è la
fragilità umana, la tendenza umana costante
all’egoismo. Esiste da che l’uomo è uomo e semplicemente si trasforma, acquisisce
diverse modalità nel corso dei secoli, utilizzando gli strumenti che il momento
storico mette a sua disposizione. Però è possibile dominarla
con l’aiuto di Dio.
167. L’impegno
educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita
umana più integralmente, la profondità spirituale sono realtà necessarie per
dare qualità ai rapporti umani.
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Nel mio intervento mi servirò dell’introduzione del teologo Bruno Forte
al testo dell’enciclica Fratelli tutti pubblicato lo scorso anno da Scholè - Morcelliana.
Secondo
il consiglio di Forte ho individuato nell’enciclica il tema del popolo per approfondirlo, si trova al centro del
documento, ai numeri da 154 a 167, nel capitolo La migliore politica.
E’ una collocazione giusta, perché quello di popolo - nazione come inteso
nell’enciclica, è un concetto politico, quindi che a che fare
con il governo delle società. In natura non esistono popoli, ma solo popolazioni, con le loro culture, vale a
dire con le loro usanze e credenze.
Al centro dei Vangeli vi è il popolo
degli israeliti, in senso etnico culturale, e in particolare religioso, e nessun altro. E tuttavia, al termine del
Vangelo di Matteo troviamo questo ordine del Maestro [Mt 28,19]:
·19 πορευθέντες ⸀οὖν μαθητεύσατε πάντα
τὰ ἔθνη, ⸀βαπτίζοντες
αὐτοὺς εἰς τὸ ὄνομα τοῦ πατρὸς καὶ τοῦ υἱοῦ καὶ τοῦ ἁγίου πνεύματος,
cioè
[19]Andate dunque e fate discepoli
tutti le stirpi [etnie], battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito.
L’idea di popolo
- nazione, come realtà di massa con
un proprio retaggio storico, è una
costruzione culturale ottocentesca. Essa è stata alla base del Risorgimento
italiano e dei processi di emancipazione nazionale dalle potenze europee
in America Latina.
Nell’enciclica. la migliore politica, quindi il
miglior governo della società, è
legata all’idea di una identità in un
popolo-nazione. E’ contrapposta alla politica secondo l’ideologia
liberale che è vista come legata all’egoismo
proprietario. Questa visione risente
marcatamente dell’esperienza latinoamericana che, in particolare, ha visto una
contrapposizione durissima tra populismo
paternalistico, propugnato dai gesuiti in favore dei lavoratori
impossidenti, e liberalismo politico,
indotto dall’influenza statunitense, espresso in particolare dalla classe dei
proprietari terrieri (da qui il motto delle Tre
“T”: Tierra, Techo, Trabajo, cioè Terra,
Casa, Lavoro, dove Terra ha oggi poco senso in Europa). Risente della teologia del popolo espressa dai teologi
argentini Lucio Gera, Juan Carlos
Scannone, Rafael Tello. Di quest’ultimo è pubblicato in traduzione italiana Popolo e cultura, Edizioni Messaggero Padova 2020, con
prefazione di papa Francesco. In questa prospettiva il popolo - nazione è una realtà comunitaria che sorregge le persone,
in particolare le più povere e deboli, e aiuta a dare prospettive, ma anche a
premere collettivamente per cambiare la società mediante moti sociali (da qui l’interesse di papa Francesco per i movimenti popolari). E’ legato a una cultura,
intesa come convinzioni profonde e stili di vita. Nella visione dell’enciclica essere parte del
popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali.
Essa non è spiegabile del tutto in termini puramente razionali, bisogna far
ricorso al mito, che spiega il senso
dell’appartenenza. Si appartiene secondo un mito
identitario di popolo, secondo il
quale vengono messi in rilievo, come fattori di coesione, alcuni elementi
sociali e culturali. Si parte dalle persone per arrivare al popolo o viceversa?
In realtà è la costruzione dell’idea di popolo che precede: nell’enciclica si
dichiara infatti che «non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento,
difficile… verso un progetto comune».
Scrive Bruno Forte: «Non è difficile riconoscere nell’enciclica l’impronta
del mondo culturale, sociale, politico e religioso, in cui papa Francesco si è
formato e ha trascorso con passione e dedizione gran parte della sua vita».
Nell’enciclica si confida dell’emergere di
«leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la
sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società». In diverse
occasioni papa Francesco ha espresso ammirazione per il rivoluzionario
venezuelano Simon Bolivar (1783-1830), detto Il Liberatore, protagonista
dell’emancipazione latino-americana dalla Spagna, proclamato presidente delle
repubbliche di Bolivia, Colombia, Perù e Venezuela. Si è consapevoli del
pericolo di una loro degenerazione autoritaria, ma si confida che lo spirito di
carità, in definitiva la religione, in particolare nella capacità di indurre fraternità, sia un correttivo
sufficiente ad impedirla.
Nell’enciclica si avverte la storica
diffidenza del magistero verso i processi democratici, visti come fattore di
conservazione sociale in favore dei potenti e in danno del popolo. Essi invece hanno caratterizzato l’unificazione
continentale europea negli ultimi settant’anni, generando una lunga epoca di
pace, come mai si era avuta nella storia dell’umanità, e importantissimi
cambiamenti sociali e e politici, impedendo realmente la strumentalizzazione
populista di aspiranti autocrati. Tuttavia, probabilmente anche per le più
intense relazioni con alcuni vescovi italiani di sua nomina che ne appaiono più
acculturati, recentemente si avverte nel pensiero di papa Francesco qualche
sviluppo in quel senso, ad esempio nel discorso tenuto l’8 febbraio scorso al
Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede:
D’altronde, come affermava Pio XII nel
suo memorabile Radiomessaggio del Natale 1944: «Esprimere
il proprio parere sui doveri e i sacrifici, che gli vengono imposti; non essere
costretto ad ubbidire senza essere stato ascoltato: ecco due diritti del
cittadino, che trovano nella democrazia, come indica il suo nome stesso, la
loro espressione». La democrazia
si basa sul rispetto reciproco, sulla possibilità di tutti di concorrere al
bene della società e sulla considerazione che opinioni differenti non solo non
minano il potere e la sicurezza degli Stati, ma, in un confronto onesto,
arricchiscono vicendevolmente e consentono di trovare soluzioni più adeguate ai
problemi da affrontare. Il processo democratico richiede che si persegua un
cammino di dialogo inclusivo, pacifico, costruttivo e rispettoso fra tutte le
componenti della società civile in ogni città e nazione.
[…]
Lo sviluppo di una coscienza
democratica esige che si superino i personalismi e prevalga il rispetto dello
stato di diritto. Il diritto è infatti il presupposto indispensabile per
l’esercizio di ogni potere e deve essere garantito dagli organi preposti
indipendentemente dagli interessi politici dominanti.
Che cosa è, realmente, popolo per voi?
Il card. Biffi, arcivescovo di Bologna, una
volta disse che, se si esclude la religione cattolica, l’unico elemento che
caratterizza il popolo italiano è la pastasciutta. E’ così o c’è dell’altro.
Vi sentite parte di un mito identitario del popolo italiano [Mussolini nel 1935 propose
questo: “Italiani, popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori”]? In caso positivo, di
che cosa è fatto?
Mario Ardigò -
Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli