Interrogare
la storia
-5-
Note: after the Italian text there is
the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to
correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that
automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even
with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who
speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a
second or third language. It is the function that in ancient times carried out
the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient
vocation of the Church of Rome, which is still current.
Ci sono periodi della storia che sono più
intensi di altri. Essi segnano passaggi di fase tra un ciclo storico e un
altro. Uno di questi lo vivemmo in Europa negli scorsi anni ’80. Pose fine ad
un ciclo storico iniziato in Europa nel 1914, con la Prima Guerra Mondiale
(1914-1918). Secondo lo storico inglese Eric Hosbawn, il Novecento fu un secolo breve. Fino al 1914 ebbe le
caratteristiche dell’Ottocento, dopo il 1991 ebbe quelle del nuovo Millennio.
Una delle figure più importanti degli anni ’80 fu l’arcivescovo polacco di
Cracovia Karol Wojtyla, eletto Papa nel 1978. All’epoca la Polonia era
governata da un regime comunista di ispirazione marxista-leninista, secondo
l’ideologia dogmatica diffusa dall’Unione Sovietica, la grande repubblica
federale comunista eurasiatica che nel
1917 era succeduta all’impero zarista russo. La Chiesa cattolica polacca, sotto l’ispirazione e la guida del Papa
Wojtyla - Giovanni Paolo 2°, contribuì in maniera determinante a produrre una
rivoluzione anticomunista in Polonia, portata a termine nel 1989 con elezioni
vinte dal sindacato-partito Solidarietà -
Solidarnosc, guidato da Lech Walesa, che nel 1990 fu eletto primo
Presidente della nuova Repubblica liberal-democratica, con economia
capitalista. Gli eventi polacchi contribuirono in maniera notevole a rafforzare
l’opposizione agli altri regimi comunisti dell’Europa Orientali, finiti sotto
l’influenza dell’Unione Sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale, a seguito di
accordi politici di spartizione conclusi nella città di Jalta, in Crimea, nel
febbraio 1945, tra statunitensi, inglesi e sovietici, le principali potenze Alleate che stavano vincendo la guerra contro i
fascismi europei. Nel quadro di quegli accordi l’Italia ricadde nella sfera di influenza statunitense.
L’importanza degli eventi di quel decennio,
degli anni ’80, è segnalata dal fatto che il Papa Wojtyla ne fece memoria
espressa, fatto inusuale per quel tipo di documento del Magistero, nell’enciclica
sociale diffusa nel 1991, quanto tutto era ormai compiuto in Europa, con il
titolo Il Centenario - Centesimus annus,
nell’anniversario dei cento anni dal primo documento della dottrina sociale
moderna della Chiesa Cattolica, l’enciclica Le Novità - Rerum Novarum del 1891, del papa Vincenzo Gioacchino Pecci -
Leone 13°:
III - L'anno 1989
22. Partendo dalla situazione mondiale ora descritta, e già
ampiamente esposta nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis, si comprende
l'inaspettata e promettente portata degli avvenimenti degli ultimi anni. Il
loro culmine certo sono stati gli avvenimenti del 1989 nei Paesi dell'Europa
centrale ed orientale, ma essi abbracciano un arco di tempo ed un orizzonte
geografico più ampi. Nel corso degli anni '80 crollano progressivamente in
alcuni Paesi dell'America Latina, ma anche dell'Africa e dell'Asia certi regimi
dittatoriali ed oppressivi; in altri casi inizia un difficile, ma fecondo
cammino di transizione verso forme politiche più partecipative e più giuste. Un
contributo importante, anzi decisivo, ha dato l'impegno della Chiesa
per la difesa e la promozione dei diritti dell'uomo: in ambienti
fortemente ideologizzati, in cui lo schieramento di parte offuscava la
consapevolezza della comune dignità umana, la Chiesa ha affermato con
semplicità ed energia che ogni uomo — quali che siano le sue convinzioni
personali — porta in sé l'immagine di Dio e, quindi, merita rispetto. In tale
affermazione si è spesso riconosciuta la grande maggioranza del popolo, e ciò
ha portato alla ricerca di forme di lotta e di soluzioni politiche più
rispettose della dignità della persona.
Da questo processo storico
sono emerse nuove forme di democrazia, che offrono la speranza di un
cambiamento nelle fragili strutture politiche e sociali, gravate dall'ipoteca
di una penosa serie di ingiustizie e di rancori, oltre che da un'economia
disastrata e da pesanti conflitti sociali. Mentre con tutta la Chiesa rendo
grazie a Dio per la testimonianza, spesso eroica, che non pochi Pastori, intere
comunità cristiane, singoli fedeli ed altri uomini di buona volontà hanno dato
in tali difficili circostanze, prego perché egli sostenga gli sforzi di tutti
per costruire un futuro migliore. È, questa, infatti una responsabilità non
solo dei cittadini di quei Paesi, ma di tutti i cristiani e degli uomini di
buona volontà. Si tratta di mostrare che i complessi problemi di quei popoli
possono essere risolti col metodo del dialogo e della solidarietà, anziché con
la lotta per la distruzione dell'avversario e con la guerra.
23. Tra i numerosi fattori della caduta dei regimi oppressivi
alcuni meritano di essere ricordati in particolare. Il fattore decisivo, che ha
avviato i cambiamenti, è certamente la violazione dei diritti del lavoro. Non
si può dimenticare che la crisi fondamentale dei sistemi, che pretendono di
esprimere il governo ed anzi la dittatura degli operai, inizia con i grandi
moti avvenuti in Polonia in nome della solidarietà. Sono le folle dei
lavoratori a delegittimare l'ideologia, che presume di parlare in loro nome, ed
a ritrovare e quasi riscoprire, partendo dall'esperienza vissuta e difficile
del lavoro e dell'oppressione, espressioni e principi della dottrina sociale
della Chiesa.
Merita, poi, di essere
sottolineato il fatto che alla caduta di un simile «blocco», o impero, si
arriva quasi dappertutto mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole
armi della verità e della giustizia. Mentre il marxismo riteneva che solo
portando agli estremi le contraddizioni sociali fosse possibile arrivare alla
loro soluzione mediante lo scontro violento, le lotte che hanno condotto al
crollo del marxismo insistono con tenacia nel tentare tutte le vie del
negoziato, del dialogo, della testimonianza della verità, facendo appello alla
coscienza dell'avversario e cercando di risvegliare in lui il senso della
comune dignità umana.
Sembrava che l'ordine
europeo, uscito dalla seconda guerra mondiale e consacrato dagli Accordi
di Yalta, potesse essere scosso soltanto da un'altra guerra. È stato,
invece, superato dall'impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre
rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo trovare di volta in
volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità. Ciò ha disarmato
l'avversario, perché la violenza ha sempre bisogno di legittimarsi con la
menzogna, di assumere, pur se falsamente, l'aspetto della difesa di un diritto
o della risposta a una minaccia altrui.54 Ringrazio
ancora Dio che ha sostenuto il cuore degli uomini nel tempo della difficile
prova, pregando perché un tale esempio possa valere in altri luoghi ed in altre
circostanze. Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza,
rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, come alla guerra
in quelle internazionali.
24. Il secondo fattore di crisi è certamente l'inefficienza del
sistema economico, che non va considerata come un problema soltanto tecnico, ma
piuttosto come conseguenza della violazione dei diritti umani all'iniziativa,
alla proprietà ed alla libertà nel settore dell'economia. A questo aspetto va
poi associata la dimensione culturale e nazionale: non è possibile comprendere
l'uomo partendo unilateralmente dal settore dell'economia, né è possibile
definirlo semplicemente in base all'appartenenza di classe. L'uomo è compreso
in modo più esauriente, se viene inquadrato nella sfera della cultura
attraverso il linguaggio, la storia e le posizioni che egli assume davanti agli
eventi fondamentali dell'esistenza, come il nascere, l'amare, il lavorare, il
morire. Al centro di ogni cultura sta l'atteggiamento che l'uomo assume davanti
al mistero più grande: il mistero di Dio. Le culture delle diverse Nazioni
sono, in fondo, altrettanti modi di affrontare la domanda circa il senso
dell'esistenza personale: quando tale domanda viene eliminata, si corrompono la
cultura e la vita morale delle Nazioni. Per questo, la lotta per la difesa del
lavoro si è spontaneamente collegata a quella per la cultura e per i diritti
nazionali.
La vera causa delle novità,
però, è il vuoto spirituale provocato dall'ateismo, il quale ha lasciato prive
di orientamento le giovani generazioni e in non rari casi le ha indotte,
nell'insopprimibile ricerca della propria identità e del senso della vita, a
riscoprire le radici religiose della cultura delle loro Nazioni e la stessa
persona di Cristo, come risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di
bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo. Questa ricerca è stata
confortata dalla testimonianza di quanti, in circostanze difficili e nella
persecuzione, sono rimasti fedeli a Dio. Il marxismo aveva promesso di
sradicare il bisogno di Dio dal cuore dell'uomo, ma i risultati hanno
dimostrato che non è possibile riuscirci senza sconvolgere il cuore.
25. Gli avvenimenti dell' '89 offrono l'esempio del successo della
volontà di negoziato e dello spirito evangelico contro un avversario deciso a
non lasciarsi vincolare da principi morali: essi sono un monito per quanti, in
nome del realismo politico, vogliono bandire dall'arena politica il diritto e
la morale. Certo la lotta, che ha portato ai cambiamenti dell' '89, ha
richiesto lucidità, moderazione, sofferenze e sacrifici; in un certo senso,
essa è nata dalla preghiera, e sarebbe stata impensabile senza un'illimitata
fiducia in Dio, Signore della storia, che ha nelle sue mani il cuore degli
uomini. È unendo la propria sofferenza per la verità e per la libertà a quella
di Cristo sulla Croce che l'uomo può compiere il miracolo della pace ed è in
grado di scorgere il sentiero spesso angusto tra la viltà che cede al male e la
violenza che, illudendosi di combatterlo, lo aggrava.
Non si possono, tuttavia,
ignorare gli innumerevoli condizionamenti, in mezzo ai quali la libertà del
singolo uomo si trova ad operare: essi influenzano, sì, ma non determinano la
libertà; rendono più o meno facile il suo esercizio, ma non possono
distruggerla. Non solo non è lecito disattendere dal punto di vista etico la
natura dell'uomo che è fatto per la libertà, ma ciò non è neppure possibile in
pratica. Dove la società si organizza riducendo arbitrariamente o, addirittura,
sopprimendo la sfera in cui la libertà legittimamente si esercita, il risultato
è che la vita sociale progressivamente si disorganizza e decade.
Inoltre, l'uomo creato per
la libertà porta in sé la ferita del peccato originale, che continuamente lo
attira verso il male e lo rende bisognoso di redenzione. Questa dottrina non
solo è parte integrante della Rivelazione cristiana, ma ha anche un
grande valore ermeneutico, in quanto aiuta a comprendere la realtà umana.
L'uomo tende verso il bene, ma è pure capace di male; può trascendere il suo
interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato. L'ordine sociale sarà
tanto più solido, quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà
l'interesse personale a quello della società nel suo insieme, ma cercherà
piuttosto i modi della loro fruttuosa coordinazione. Difatti, dove l'interesse
individuale è violentemente soppresso, esso è sostituito da un pesante sistema
di controllo burocratico, che inaridisce le fonti dell'iniziativa e della
creatività. Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di
un'organizzazione sociale perfetta che renda impossibile il male, ritengono
anche di poter usare tutti i mezzi, anche la violenza o la menzogna, per
realizzarla. La politica diventa allora una «religione secolare», che si illude
di costruire il paradiso in questo mondo. Ma qualsiasi società politica, che
possiede la sua propria autonomia e le sue proprie leggi,55 non
potrà mai esser confusa col Regno di Dio. La parabola evangelica del buon grano
e della zizzania (cf Mt 13,24-30.36-43) insegna che spetta
solo a Dio separare i soggetti del Regno ed i soggetti del Maligno, e che
siffatto giudizio avrà luogo alla fine dei tempi. Pretendendo di anticipare fin
d'ora il giudizio, l'uomo si sostituisce a Dio e si oppone alla sua pazienza.
Grazie al sacrificio di Cristo sulla Croce, la vittoria del Regno
di Dio è acquisita una volta per tutte; tuttavia, la condizione cristiana
comporta la lotta contro le tentazioni e le forze del male. Solo alla fine
della storia il Signore ritornerà nella gloria per il giudizio finale (cf Mt 25,31)
con l'instaurazione dei cieli nuovi e della terra nuova (cf 2 Pt 3,13; Ap 21,1),
ma, mentre dura il tempo, la lotta tra il bene e il male continua fin nel cuore
dell'uomo.
Ciò che la Sacra Scrittura
ci insegna in ordine ai destini del Regno di Dio non è senza conseguenze per la
vita delle società temporali, le quali — come dice la parola — appartengono
alle realtà del tempo con quanto esso comporta di imperfetto e di provvisorio.
Il Regno di Dio, presente nel mondo senza essere del mondo,
illumina l'ordine dell'umana società, mentre le energie della grazia lo
penetrano e lo vivificano. Così son meglio avvertite le esigenze di una società
degna dell'uomo, sono rettificate le deviazioni, è rafforzato il coraggio
dell'operare per il bene. A tale compito di animazione evangelica delle realtà
umane sono chiamati, unitamente a tutti gli uomini di buona volontà, i
cristiani ed in special modo i laici.
26. Gli avvenimenti dell' '89 si sono svolti prevalentemente nei
Paesi dell'Europa orientale e centrale; tuttavia, hanno un'importanza
universale, poiché ne discendono conseguenze positive e negative che
interessano tutta la famiglia umana. Tali conseguenze non hanno un carattere
meccanico o fatalistico, ma sono piuttosto occasioni offerte alla libertà umana
per collaborare col disegno misericordioso di Dio che agisce nella storia.
Prima conseguenza è stato,
in alcuni Paesi, l'incontro tra la Chiesa e il Movimento operaio, nato
da una reazione di ordine etico ed esplicitamente cristiano contro una diffusa
situazione di ingiustizia. Per circa un secolo detto Movimento era finito in
parte sotto l'egemonia del marxismo, nella convinzione che i proletari, per
lottare efficacemente contro l'oppressione, dovessero far proprie le teorie materialistiche
ed economicistiche.
Nella crisi del marxismo
riemergono le forme spontanee della coscienza operaia, che esprimono una
domanda di giustizia e di riconoscimento della dignità del lavoro, conforme
alla dottrina sociale della Chiesa. Il Movimento operaio confluisce in un più
generale movimento degli uomini del lavoro e degli uomini di buona volontà per
la liberazione della persona umana e per l'affermazione dei suoi diritti; esso
investe oggi molti Paesi e, lungi dal contrapporsi alla Chiesa cattolica,
guarda ad essa con interesse.
La crisi del marxismo non elimina nel mondo le situazioni di
ingiustizia e di oppressione, da cui il marxismo stesso, strumentalizzandole,
traeva alimento. A coloro che oggi sono alla ricerca di una nuova ed autentica
teoria e prassi di liberazione, la Chiesa offre non solo la sua dottrina
sociale e, in generale, il suo insegnamento circa la persona redenta in Cristo,
ma anche il concreto suo impegno ed aiuto per combattere l'emarginazione e la
sofferenza.
Nel recente passato il sincero desiderio di essere dalla parte
degli oppressi e di non esser tagliati fuori dal corso della storia ha indotto
molti credenti a cercare in diversi modi un impossibile compromesso tra
marxismo e cristianesimo. Il tempo presente, mentre supera tutto ciò che c'era
di caduco in quei tentativi, induce a riaffermare la positività di un'autentica
teologia dell'integrale liberazione umana. Considerati da questo punto di
vista, gli avvenimenti del 1989 risultano importanti anche per i Paesi del Terzo
Mondo, che sono alla ricerca della via del loro sviluppo, come lo sono stati
per quelli dell'Europa centrale ed orientale.
27. La seconda conseguenza riguarda i popoli dell'Europa. Molte
ingiustizie, individuali e sociali, regionali e nazionali, sono state commesse
negli anni in cui dominava il comunismo ed anche prima; molti odi e rancori si
sono accumulati. È reale il pericolo che questi riesplodano dopo il crollo
della dittatura, provocando gravi conflitti e lutti, se verranno meno la
tensione morale e la forza cosciente di rendere testimonianza alla verità che
hanno animato gli sforzi nel tempo passato. È da auspicare che l'odio e la
violenza non trionfino nei cuori, soprattutto di coloro che lottano per la
giustizia, e cresca in tutti lo spirito di pace e di perdono.
Occorrono, però, passi
concreti per creare o consolidare strutture internazionali capaci di
intervenire, per il conveniente arbitrato, nei conflitti che insorgono tra le
Nazioni, sicché ciascuna di esse possa far valere i propri diritti e
raggiungere il giusto accordo e la pacifica composizione con i diritti delle
altre. Tutto ciò è particolarmente necessario per le Nazioni europee, unite
intimamente tra loro nel vincolo della comune cultura e storia millenaria.
Occorre un grande sforzo per la ricostruzione morale ed economica nei Paesi che
hanno abbandonato il comunismo. Per molto tempo le relazioni economiche più
elementari sono state distorte, ed anche fondamentali virtù legate al settore
dell'economia, come la veridicità, l'affidabilità, la laboriosità, sono state
mortificate. Occorre una paziente ricostruzione materiale e morale, mentre i
popoli stremati da lunghe privazioni chiedono ai loro governanti risultati
tangibili ed immediati di benessere ed adeguato soddisfacimento delle loro legittime
aspirazioni.
La caduta del marxismo
naturalmente ha avuto effetti di grande portata in ordine alla divisione della
terra in mondi chiusi l'uno all'altro ed in gelosa concorrenza tra loro. Essa
mette in luce più chiaramente la realtà dell'interdipendenza dei popoli, nonché
il fatto che il lavoro umano per sua natura è destinato ad unire i popoli, non
già a dividerli. La pace e la prosperità, infatti, sono beni che appartengono a
tutto il genere umano, sicché non è possibile goderne correttamente e
durevolmente se vengono ottenuti e conservati a danno di altri popoli e
Nazioni, violando i loro diritti o escludendoli dalle fonti del benessere.
28. Per alcuni Paesi di Europa inizia, in un certo senso, il vero
dopoguerra. Il radicale riordinamento delle economie, fino a ieri
collettivizzate, comporta problemi e sacrifici, i quali possono esser
paragonati a quelli che i Paesi occidentali del Continente si imposero per la
loro ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale. È giusto che nelle
presenti difficoltà i Paesi ex-comunisti siano sostenuti dallo sforzo solidale
delle altre Nazioni: ovviamente, essi devono essere i primi artefici del
proprio sviluppo; ma deve esser data loro una ragionevole opportunità di
realizzarlo, e ciò non può avvenire senza l'aiuto degli altri Paesi. Del resto,
la presente condizione di difficoltà e di penuria è la conseguenza di un
processo storico, di cui i Paesi ex-comunisti sono stati spesso oggetto, e non
soggetto: essi, perciò, si trovano in tale situazione non per libera scelta o a
causa di errori commessi, ma in conseguenza di tragici eventi storici imposti
con la violenza, i quali hanno loro impedito di proseguire lungo la via dello
sviluppo economico e civile.
L'aiuto degli altri Paesi
soprattutto europei, che hanno avuto parte nella medesima storia e ne portano
le responsabilità, corrisponde ad un debito di giustizia. Ma corrisponde anche
all'interesse ed al bene generale dell'Europa, che non potrà vivere in pace, se
i conflitti di diversa natura, che emergono come conseguenza del passato,
saranno resi più acuti da una situazione di disordine economico, di spirituale
insoddisfazione e disperazione.
Questa esigenza, però, non
deve indurre a rallentare gli sforzi per il sostegno e l'aiuto ai Paesi del
Terzo Mondo, che soffrono spesso di condizioni di insufficienza e di povertà
assai più gravi. Sarà necessario uno sforzo straordinario per mobilitare
le risorse, di cui il mondo nel suo insieme non è privo, verso fini di crescita
economica e di sviluppo comune, ridefinendo le priorità e le scale di valori,
in base alle quali si decidono le scelte economiche e politiche. Ingenti
risorse possono essere rese disponbili col disarmo degli enormi apparati
militari, costruiti per il conflitto tra Est e Ovest. Esse potranno risultare
ancora più ingenti, se si riuscirà a stabilire affidabili procedure per la
soluzione dei conflitti, alternative alla guerra, ed a diffondere, quindi, il
principio del controllo e della riduzione degli armamenti anche nei Paesi del
Terzo Mondo, adottando opportune misure contro il loro commercio.60 Ma
soprattutto sarà necessario abbandonare la mentalità che considera i poveri —
persone e popoli — come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono
di consumare quanto altri han prodotto. I poveri chiedono il diritto di
partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro
capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero.
L'elevazione dei poveri è una grande occasione per la crescita morale,
culturale ed anche economica dell'intera umanità.
29. Lo sviluppo, infine, non deve essere inteso in un modo
esclusivamente economico, ma in senso integralmente umano. Non si tratta
solo di elevare tutti i popoli al livello di cui godono oggi i Paesi più
ricchi, ma di costruire nel lavoro solidale una vita più degna, di far crescere
effettivamente la dignità e la creatività di ogni singola persona, la sua
capacità di rispondere alla propria vocazione e, dunque, all'appello di Dio, in
essa contenuto. Al culmine dello sviluppo sta l'esercizio del diritto-dovere di
cercare Dio, di conoscerlo e di vivere secondo tale conoscenza. Nei
regimi totalitari ed autoritari è stato portato all'estremo il principio del
primato della forza sulla ragione. L'uomo è stato costretto a subire una
concezione della realtà imposta con la forza, e non conseguita mediante lo
sforzo della propria ragione e l'esercizio della propria libertà. Bisogna
rovesciare quel principio e riconoscere integralmente i diritti della
coscienza umana, legata solo alla verità sia naturale che rivelata.
Nel riconoscimento di questi diritti consiste il fondamento primario di ogni
ordinamento politico autenticamente libero. È importante riaffermare tale
principio per vari motivi:
a) perché le antiche forme di totalitarismo e di autoritarismo non
sono ancora del tutto debellate, ed esiste anzi il rischio che riprendano
vigore: ciò sollecita ad un rinnovato sforzo di collaborazione e di solidarietà
tra tutti i Paesi;
b) perché nei Paesi sviluppati si fa a volte un'eccessiva
propaganda dei valori puramente utilitaristici, con la sollecitazione sfrenata
degli istinti e delle tendenze al godimento immediato, la quale rende difficile
il riconoscimento ed il rispetto della gerarchia dei veri valori dell'umana
esistenza;
c) perché in alcuni Paesi emergono nuove forme di fondamentalismo
religioso che, velatamente o anche apertamente, negano ai cittadini di fedi
diverse da quelle della maggioranza il pieno esercizio dei loro diritti civili
o religiosi, impediscono loro di entrare nel dibattito culturale, restringono
il diritto della Chiesa a predicare il Vangelo e il diritto degli uomini, che
ascoltano tale predicazione, ad accoglierla ed a convertirsi a Cristo. Nessun
autentico progresso è possibile senza il rispetto del naturale ed originario
diritto di conoscere la verità e di vivere secondo essa. A questo diritto è
legato, come suo esercizio ed approfondimento, il diritto di scoprire e di
accogliere liberamente Gesù Cristo, che è il vero bene dell'uomo.
Furono poi i democratici
cristiani tedeschi, guidati da Helmut Kohl, capo del governo tedesco dal 1982
al 1998, a guidare il processo di integrazione nell’Unione Europea degli stati
che erano usciti dal comunismo e dall’influenza del nuovo stato russo.
«Per alcuni Paesi di Europa inizia, in un certo senso, il vero
dopoguerra. Il radicale riordinamento delle economie, fino a ieri
collettivizzate, comporta problemi e sacrifici, i quali possono esser
paragonati a quelli che i Paesi occidentali del Continente si imposero per la
loro ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale. È giusto che nelle
presenti difficoltà i Paesi ex-comunisti siano sostenuti dallo sforzo solidale
delle altre Nazioni: ovviamente, essi devono essere i primi artefici del
proprio sviluppo; ma deve esser data loro una ragionevole opportunità di
realizzarlo, e ciò non può avvenire senza l'aiuto degli altri Paesi.», aveva
scritto il papa Wojtyla nell’enciclica Il
Centenario - Centesimus annus. Questo fu il principio che orientò l’allargamento
dell’Unione Europea verso stati che erano stati nemici, dal punto di vista
economico, bellico e ideologico. Non era scontato che le cose andassero così. L’influenza
di quel Papa fu determinante per spingerle in quella direzione. Egli espresse l’unica
vera ideologia di integrazione europea che fu all’epoca disponibile e un
orientamento politico che in particolare trovò nei partiti democristiani europei tedesco e
italiano la forza politica necessaria ad attuarla. In questo modo, mentre la
Russia, uscita del comunismo e dal duro confronto con gli Occidentali
denominato Guerra Fredda, si presentò come la parte
perdente, in una guerra vinta dagli Stati Uniti d’America, non così avvenne per
gli stati che vennero integrati nell’Unione Europea. Circa cento milioni di
stranieri extracomunitari vennero in breve integrati e divennero cittadini
europei a pieno titolo. Il sistema politico ed economico di riferimento fu
quello della Germania democratica, che non era organizzata secondo il
capitalismo brutale sostenuto da alcune potenti correnti ideologiche degli
Stati Uniti d’America ma secondo l’economia sociale di mercato che coniugava
liberalismo economico con importanti principi di solidarietà sociale. Di questo
vi sono importanti tracce nel trattato sull’Unione Europea del 2007, entrato in
vigore il 1 dicembre 2009, detto Trattato
di Lisbona, che ha riformato l’Unione Europea, nel quale agli articoli 2
e 3 si si legge:
Articolo 2
L'Unione si fonda sui valori del rispetto
della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello
Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle
persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri
in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla
tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e
uomini.
art.3
1.
L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei
suoi popoli.
2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio
di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia
assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate
per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo,
l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro
quest'ultima.
3.
L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile
dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei
prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla
piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e
di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso
scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le
discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra
donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del
minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la
solidarietà tra gli Stati membri. Essa rispetta la ricchezza della sua
diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo
del patrimonio culturale europeo.
[…]
Dunque: competizione e solidarietà, due
principi che orientano la società in opposte direzioni. L’economia capitalista
si regge sulla competizione. La solidarietà umana è stata storicamente l’obiettivo
del socialismo, ma prima di esso, della teologia sociale cristiana. Realizzare
politiche solidali, come quelle indicate nella moderna dottrina sociale, e in
particolare dall metà del secolo scorso, richiede un’azione dei governi e un’azione
collettiva delle masse verso comportamenti sociali virtuosi, tesi anche a
legittimare democraticamente la politica di gioverno in quella direzione. Nella
nuova Europa scaurita dalle rivoluzioni anticomuniste dell’Europa orientale e
dal processo di integrazione europea verso di essa sono progressivamente venuti
meno quegli elementi necessari per politiche solidali. Questo perché, nel nuovo
corso, il socialismo europeo, che li aveva storicamente espressi, è stato
considerato come la parte perdente in quanto in qualche modo compromesso con i
regimi totalitari comunisti dell’Europa orientale. In realtà, nelle sue
versioni dell’Europa occidentale, esso, dagli anni Sessanta, si era
profondamente integrato con l’ideologia democratica e promuovendo nell’Europa
occidentale politiche e principi solidali aveva determinato un considente
miglioramento delle condizioni della classe lavoratrice sotto ogni punto di
vista. Questo era stato particolarmente evidente in Italia, dove la Repubblica
democratica aveva avuto dal 1948 una
Costituzione piena di principi socialisti, deliberata con l’apporto determinate
di forze politiche socialiste e cattolico democratiche. Uno dei frutti di
queste politiche in Italia fu, nel 1978, la riforma sanitaria che diede ad ogni
italiano la possibilità di essere curato da un servizio sanitario pubblico,
anche se disoccupato, quasi completamente in modo gratuito e, comunque, in modo
gratuito per tutte le patologie gravi. Questo obiettivo è stato raggiunto
storicamente solo in alcuni regimi comunisti, insieme ad altri che forse oggi
potrebbero sorprendere: ad esempio non ci si doveva dannare per trovare e
conservare un lavoro o per trovare un’abitazione, essi venivano assegnati dallo
stato. Naturalmente l’accentramento di potere politico che quel tipo di
programmazione inevitabilmente richiedeva portò, a mia memoria in tutti gli
stati a regime comunista storicamente realizzati, a sistemi politici fondati su
dittature personali, quindi all’emergere di regnanti comunisti e di loro corti,
ad oligarchie fondate su singole personalità dominanti, regimi che
contrastavano brutalmente ogni dissenso e il ricambio politico. Questo però
privò di senso il socialismo che a parole quei regimi proclamavano e scrivevano
nelle loro costituzioni, che ha come elemento costitutivo la critica sociale
razionale diretta a svelare ogni impostura organizzata per sottomettere le
masse al dominio di una classe di privilegiati.
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
Interrogating
history
- 5 -
There are periods of history that are more
intense than others. They mark phase transitions between one historical cycle
and another. We experienced one of these in Europe in the past 80s. He put an
end to a historical cycle begun in Europe in 1914, with the First World War
(1914-1918). According to the English historian Eric Hosbawn, the twentieth
century was a short century. Until 1914 it had the characteristics of the
nineteenth century, after 1991 it had those of the new millennium. One of the
most important figures of the '80s was the Polish archbishop of Krakow, Karol
Wojtyla, elected Pope in 1978. At that time Poland was governed by a Marxist-Leninist
communist regime, according to the dogmatic ideology spread by the Union
Soviet, the great Eurasian communist federal republic that in 1917 had
succeeded the Russian tsarist empire. The Polish Catholic Church, under the
inspiration and guidance of Pope Wojtyla - John Paul II, contributed decisively
to producing an anti-Communist revolution in Poland, completed in 1989 with
elections won by the Solidarity-Solidarity union-party, led by by Lech Walesa,
who in 1990 was elected first President of the new liberal-democratic Republic,
with a capitalist economy. Polish events contributed significantly to
strengthening opposition to the other Eastern European communist regimes, which
ended up under the influence of the Soviet Union after the Second World War,
following political partition agreements concluded in the city of Yalta,
Crimea, in February 1945, between the Americans, the British and the Soviets,
the main Allied powers that were winning the war against European fascism. In
the framework of those agreements Italy fell back into the US sphere of influence.
The
importance of the events of that decade, of the Eighties, is signaled by the
fact that Pope Wojtyla made an explicit memory of it, made unusual for that
type of document of the Magisterium, in the social encyclical spread in 1991,
when everything was already accomplished in Europe, with the title Il
Centenario - Centesimus annus, on the anniversary of one hundred years from the
first document of the modern social doctrine of the Catholic Church, the
encyclical Le Novità - Rerum Novarum of 1891, by Pope Vincenzo Gioacchino Pecci
- Leone 13 °:
III. THE YEAR 1989
22. It is on the basis of the world situation just described, and
already elaborated in the Encyclical Sollicitudo rei socialis, that
the unexpected and promising significance of the events of recent years can be
understood. Although they certainly reached their climax in 1989 in the
countries of Central and Eastern Europe, they embrace a longer period of time
and a wider geographical area. In the course of the 80s, certain dictatorial
and oppressive regimes fell one by one in some countries of Latin America and
also of Africa and Asia. In other cases there began a difficult but productive
transition towards more participatory and more just political structures. An
important, even decisive, contribution was made by the Church's
commitment to defend and promote human rights. In situations strongly
influenced by ideology, in which polarization obscured the awareness of a human
dignity common to all, the Church affirmed clearly and forcefully that every
individual — whatever his or her personal convictions — bears the image of God
and therefore deserves respect. Often, the vast majority of people identified
themselves with this kind of affirmation, and this led to a search for forms of
protest and for political solutions more respectful of the dignity of the
person.
From this historical process new forms of democracy have emerged
which offer a hope for change in fragile political and social structures
weighed down by a painful series of injustices and resentments, as well as by a
heavily damaged economy and serious social conflicts. Together with the whole
Church, I thank God for the often heroic witness borne in such difficult
circumstances by many Pastors, entire Christian communities, individual members
of the faithful, and other people of good will; at the same time I pray that he
will sustain the efforts being made by everyone to build a better future. This
is, in fact, a responsibility which falls not only to the citizens of the
countries in question, but to all Christians and people of good will. It is a
question of showing that the complex problems faced by those peoples can be
resolved through dialogue and solidarity, rather than by a struggle to destroy
the enemy through war.
23. Among the many factors involved in the fall of oppressive
regimes, some deserve special mention. Certainly, the decisive factor which
gave rise to the changes was the violation of the rights of workers. It cannot
be forgotten that the fundamental crisis of systems claiming to express the
rule and indeed the dictatorship of the working class began with the great
upheavals which took place in Poland in the name of solidarity. It was the
throngs of working people which foreswore the ideology which presumed to speak
in their name. On the basis of a hard, lived experience of work and of
oppression, it was they who recovered and, in a sense, rediscovered the content
and principles of the Church's social doctrine.
Also worthy of emphasis is the fact that the fall of this kind of
"bloc" or empire was accomplished almost everywhere by means of
peaceful protest, using only the weapons of truth and justice. While Marxism
held that only by exacerbating social conflicts was it possible to resolve them
through violent confrontation, the protests which led to the collapse of
Marxism tenaciously insisted on trying every avenue of negotiation, dialogue,
and witness to the truth, appealing to the conscience of the adversary and
seeking to reawaken in him a sense of shared human dignity.
It seemed that the European order resulting from the Second World
War and sanctioned by the Yalta Agreements could only be
overturned by another war. Instead, it has been overcome by the non-violent
commitment of people who, while always refusing to yield to the force of power,
succeeded time after time in finding effective ways of bearing witness to the
truth. This disarmed the adversary, since violence always needs to justify
itself through deceit, and to appear, however falsely, to be defending a right
or responding to a threat posed by others. Once again I thank God for
having sustained people's hearts amid difficult trials, and I pray that this
example will prevail in other places and other circumstances. May people learn
to fight for justice without violence, renouncing class struggle in their
internal disputes, and war in international ones.
24. The second factor in the crisis was certainly the inefficiency
of the economic system, which is not to be considered simply as a technical
problem, but rather a consequence of the violation of the human rights to
private initiative, to ownership of property and to freedom in the economic
sector. To this must be added the cultural and national dimension: it is not
possible to understand man on the basis of economics alone, nor to define him
simply on the basis of class membership. Man is understood in a more complete
way when he is situated within the sphere of culture through his language,
history, and the position he takes towards the fundamental events of life, such
as birth, love, work and death. At the heart of every culture lies the attitude
man takes to the greatest mystery: the mystery of God. Different cultures are
basically different ways of facing the question of the meaning of personal
existence. When this question is eliminated, the culture and moral life of
nations are corrupted. For this reason the struggle to defend work was
spontaneously linked to the struggle for culture and for national rights.
But the true cause of the new developments was the spiritual void
brought about by atheism, which deprived the younger generations of a sense of
direction and in many cases led them, in the irrepressible search for personal
identity and for the meaning of life, to rediscover the religious roots of
their national cultures, and to rediscover the person of Christ himself as the
existentially adequate response to the desire in every human heart for
goodness, truth and life. This search was supported by the witness of those
who, in difficult circumstances and under persecution, remained faithful to
God. Marxism had promised to uproot the need for God from the human heart, but
the results have shown that it is not possible to succeed in this without throwing
the heart into turmoil.
25. The events of 1989 are an example of the success of
willingness to negotiate and of the Gospel spirit in the face of an adversary
determined not to be bound by moral principles. These events are a warning to
those who, in the name of political realism, wish to banish law and morality
from the political arena. Undoubtedly, the struggle which led to the changes of
1989 called for clarity, moderation, suffering and sacrifice. In a certain
sense, it was a struggle born of prayer, and it would have been unthinkable
without immense trust in God, the Lord of history, who carries the human heart
in his hands. It is by uniting his own sufferings for the sake of truth and
freedom to the sufferings of Christ on the Cross that man is able to accomplish
the miracle of peace and is in a position to discern the often narrow path
between the cowardice which gives in to evil and the violence which, under the
illusion of fighting evil, only makes it worse.
Nevertheless, it cannot be forgotten that the manner in which the
individual exercises his freedom is conditioned in innumerable ways. While
these certainly have an influence on freedom, they do not determine it; they
make the exercise of freedom more difficult or less difficult, but they cannot
destroy it. Not only is it wrong from the ethical point of view to disregard
human nature, which is made for freedom, but in practice it is impossible to do
so. Where society is so organized as to reduce arbitrarily or even suppress the
sphere in which freedom is legitimately exercised, the result is that the life
of society becomes progressively disorganized and goes into decline.
Moreover, man, who was created for freedom, bears within himself
the wound of original sin, which constantly draws him towards evil and puts him
in need of redemption. Not only is this doctrine an integral part of
Christian revelation; it also has great hermeneutical value insofar as
it helps one to understand human reality. Man tends towards good, but he is
also capable of evil. He can transcend his immediate interest and still remain
bound to it. The social order will be all the more stable, the more it takes
this fact into account and does not place in opposition personal interest and
the interests of society as a whole, but rather seeks ways to bring them into
fruitful harmony. In fact, where self-interest is violently suppressed, it is
replaced by a burdensome system of bureaucratic control which dries up the
wellsprings of initiative and creativity. When people think they possess the
secret of a perfect social organization which makes evil impossible, they also
think that they can use any means, including violence and deceit, in order to
bring that organization into being. Politics then becomes a "secular
religion" which operates under the illusion of creating paradise in this
world. But no political society — which possesses its own autonomy and
laws — can ever be confused with the Kingdom of God. The Gospel parable of
the weeds among the wheat (cf. Mt 13:24-30; 36-43) teaches that it is for God
alone to separate the subjects of the Kingdom from the subjects of the Evil
One, and that this judgment will take place at the end of time. By presuming to
anticipate judgment here and now, man puts himself in the place of God and sets
himself against the patience of God.
Through Christ's sacrifice on the Cross, the victory of the
Kingdom of God has been achieved once and for all. Nevertheless, the Christian
life involves a struggle against temptation and the forces of evil. Only at the
end of history will the Lord return in glory for the final judgment (cf. Mt
25:31) with the establishment of a new heaven and a new earth (cf. 2 Pt 3:13;
Rev 21:1); but as long as time lasts the struggle between good and evil
continues even in the human heart itself.
What Sacred Scripture teaches us about the prospects of the
Kingdom of God is not without consequences for the life of temporal societies,
which, as the adjective indicates, belong to the realm of time, with all that
this implies of imperfection and impermanence. The Kingdom of God, being in the
world without being of the world, throws light on the order of
human society, while the power of grace penetrates that order and gives it
life. In this way the requirements of a society worthy of man are better
perceived, deviations are corrected, the courage to work for what is good is
reinforced. In union with all people of good will, Christians, especially the
laity, are called to this task of imbuing human realities with the Gospel.
26. The events of 1989 took place principally in the countries of
Eastern and Central Europe. However, they have worldwide importance because
they have positive and negative consequences which concern the whole human
family. These consequences are not mechanistic or fatalistic in character, but
rather are opportunities for human freedom to cooperate with the merciful plan
of God who acts within history.
The first consequence was an encounter in some
countries between the Church and the workers' movement, which
came about as a result of an ethical and explicitly Christian reaction against
a widespread situation of injustice. For about a century the workers' movement
had fallen in part under the dominance of Marxism, in the conviction that the
working class, in order to struggle effectively against oppression, had to
appropriate its economic and materialistic theories.
In the crisis of Marxism, the natural dictates of the consciences
of workers have re-emerged in a demand for justice and a recognition of the
dignity of work, in conformity with the social doctrine of the Church. The
worker movement is part of a more general movement among workers and other
people of good will for the liberation of the human person and for the
affirmation of human rights. It is a movement which today has spread to many
countries, and which, far from opposing the Catholic Church, looks to her with
interest.
The crisis of Marxism does not rid the world of the situations of
injustice and oppression which Marxism itself exploited and on which it fed. To
those who are searching today for a new and authentic theory and praxis of
liberation, the Church offers not only her social doctrine and, in general, her
teaching about the human person redeemed in Christ, but also her concrete
commitment and material assistance in the struggle against marginalization and
suffering.
In the recent past, the sincere desire to be on the side of the
oppressed and not to be cut off from the course of history has led many
believers to seek in various ways an impossible compromise between Marxism and
Christianity. Moving beyond all that was short-lived in these attempts, present
circumstances are leading to a reaffirmation of the positive value of an
authentic theology of integral human liberation.58 Considered
from this point of view, the events of 1989 are proving to be important also
for the countries of the Third World, which are searching for their own path to
development, just as they were important for the countries of Central and
Eastern Europe.
27. The second consequence concerns the peoples of Europe
themselves. Many individual, social, regional and national injustices were
committed during and prior to the years in which Communism dominated; much
hatred and ill-will have accumulated. There is a real danger that these will
re-explode after the collapse of dictatorship, provoking serious conflicts and
casualties, should there be a lessening of the moral commitment and conscious
striving to bear witness to the truth which were the inspiration for past
efforts. It is to be hoped that hatred and violence will not triumph in
people's hearts, especially among those who are struggling for justice, and
that all people will grow in the spirit of peace and forgiveness.
What is needed are concrete steps to create or consolidate
international structures capable of intervening through appropriate arbitration
in the conflicts which arise between nations, so that each nation can uphold
its own rights and reach a just agreement and peaceful settlement vis-à-vis the
rights of others. This is especially needed for the nations of Europe, which
are closely united in a bond of common culture and an age old history. A great
effort is needed to rebuild morally and economically the countries which have
abandoned Communism. For a long Time the most elementary economic relationships
were distorted, and basic virtues of economic life, such as truthfulness,
trustworthiness and hard work were denigrated. A patient material and moral
reconstruction is needed, even as people, exhausted by longstanding privation,
are asking their governments for tangible and immediate results in the form of
material benefits and an adequate fulfilment of their legitimate aspirations.
The fall of Marxism has naturally had a great impact on the
division of the planet into worlds which are closed to one another and in
jealous competition. It has further highlighted the reality of interdependence
among peoples, as well as the fact that human work, by its nature, is meant to
unite peoples, not divide them. Peace and prosperity, in fact, are goods which
belong to the whole human race: it is not possible to enjoy them in a proper
and lasting way if they are achieved and maintained at the cost of other
peoples and nations, by violating their rights or excluding them from the
sources of well-being.
28. In a sense, for some countries of Europe the real post-war
period is just beginning. The radical reordering of economic systems, hitherto
collectivized, entails problems and sacrifices comparable to those which the
countries of Western Europe had to face in order to rebuild after the Second
World War. It is right that in the present difficulties the formerly Communist
countries should be aided by the united effort of other nations. Obviously they
themselves must be the primary agents of their own development, but they must
also be given a reasonable opportunity to accomplish this goal, something that
cannot happen without the help of other countries. Moreover, their present
condition, marked by difficulties and shortages, is the result of an historical
process in which the formerly Communist countries were often objects and not
subjects. Thus they find themselves in the present situation not as a result of
free choice or mistakes which were made, but as a consequence of tragic
historical events which were violently imposed on them, and which prevented
them from following the path of economic and social development.
Assistance from other countries, especially the countries of
Europe which were part of that history and which bear responsibility for it,
represents a debt in justice. But it also corresponds to the interest and
welfare of Europe as a whole, since Europe cannot live in peace if the various
conflicts which have arisen as a result of the past are to become more acute
because of a situation of economic disorder, spiritual dissatisfaction and
desperation.
This need, however, must not lead to a slackening of efforts to
sustain and assist the countries of the Third World, which often suffer even
more serious conditions of poverty and want.59 What
is called for is a special effort to mobilize resources, which are not lacking
in the world as a whole, for the purpose of economic growth and common
development, redefining the priorities and hierarchies of values on the basis of
which economic and political choices are made. Enormous resources can be made
available by disarming the huge military machines which were constructed for
the conflict between East and West. These resources could become even more
abundant if, in place of war, reliable procedures for the resolution of
conflicts could be set up, with the resulting spread of the principle of arms
control and arms reduction, also in the countries of the Third World, through
the adoption of appropriate measures against the arms trade. But it will be necessary above all to abandon
a mentality in which the poor — as individuals and as peoples — are considered
a burden, as irksome intruders trying to consume what others have produced. The
poor ask for the right to share in enjoying material goods and to make good use
of their capacity for work, thus creating a world that is more just and
prosperous for all. The advancement of the poor constitutes a great opportunity
for the moral, cultural and even economic growth of all humanity.
29. Finally, development must not be understood solely in economic
terms, but in a way that is fully human. It is not only a
question of raising all peoples to the level currently enjoyed by the richest
countries, but rather of building up a more decent life through united labour,
of concretely enhancing every individual's dignity and creativity, as well as
his capacity to respond to his personal vocation, and thus to God's call. The
apex of development is the exercise of the right and duty to seek God, to know
him and to live in accordance with that knowledge. In the totalitarian and
authoritarian regimes, the principle that force predominates over reason was
carried to the extreme. Man was compelled to submit to a conception of reality
imposed on him by coercion, and not reached by virtue of his own reason and the
exercise of his own freedom. This principle must be overturned and total
recognition must be given to the rights of the human conscience, which
is bound only to the truth, both natural and revealed. The recognition of these
rights represents the primary foundation of every authentically free political
order. It is important to reaffirm this latter principle for several
reasons:
a) because the old forms of totalitarianism and authoritarianism
are not yet completely vanquished; indeed there is a risk that they will regain
their strength. This demands renewed efforts of cooperation and solidarity
between all countries;
b) because in the developed countries there is sometimes an
excessive promotion of purely utilitarian values, with an appeal to the
appetites and inclinations towards immediate gratification, making it difficult
to recognize and respect the hierarchy of the true values of human existence;
c) because in some countries new forms of religious fundamentalism
are emerging which covertly, or even openly, deny to citizens of faiths other
than that of the majority the full exercise of their civil and religious
rights, preventing them from taking part in the cultural process, and
restricting both the Church's right to preach the Gospel and the rights of
those who hear this preaching to accept it and to be converted to Christ. No
authentic progress is possible without respect for the natural and fundamental
right to know the truth and live according to that truth. The exercise and
development of this right includes the right to discover and freely to accept
Jesus Christ, who is man's true good.
It
was then the Christian Democrats of Germany, led by Helmut Kohl, head of the
German government from 1982 to 1998, who led the process of integration into
the European Union of states that had emerged from communism and the influence
of the new Russian state.
«For
some countries of Europe the real post-war period begins, in a certain sense.
The radical reorganization of the economies, until recently collectivized,
involves problems and sacrifices, which can be compared to those that the
western countries of the continent imposed themselves for their reconstruction
after the second world war. It is right that in the present difficulties the
ex-communist countries should be supported by the solidarity effort of other
nations: obviously, they must be the first architects of their own development;
but they must be given a reasonable opportunity to carry it out, and this
cannot happen without the help of other countries. », wrote Pope Wojtyla in the
encyclical Il Centenario - Centesimus annus. This was the principle that
oriented the enlargement of the European Union towards states that had been
enemies, from an economic, war and ideological point of view. It was not
obvious that things went like this. The influence of that Pope was instrumental
in pushing them in that direction. He expressed the only true ideology of
European integration that was at the time available and a political orientation
that particularly found the necessary political force to implement it in the German and
Italian European Christian Democratic parties. In this way, while Russia, exit
of communism and from the hard confrontation with the Westerners called Cold
War, presented itself as the losing part, in a war won by the United States of America,
not so happened for the states that were integrated in the 'European Union.
About one hundred million non-EU foreigners were soon integrated and became
full citizens of Europe. The political and economic system of reference was
that of democratic Germany, which was not organized according to brutal
capitalism supported by some powerful ideological currents of the United States
of America but according to the social market economy which combined economic
liberalism with important principles of solidarity social. There are important
traces of this in the 2007 European Union treaty, which came into force on 1
December 2009, called the Lisbon Treaty, which reformed the European Union, in
which in articles 2 and 3 it is written:
Article 2
The Union is founded on the values of respect
for human dignity, freedom, democracy, equality, the rule of law and respect
for human rights, including the rights of persons belonging to minorities.
These values are common to the Member States in a society in which pluralism,
non-discrimination, tolerance, justice, solidarity and equality between women
and men prevail.
Article 3
1.
The Union's aim is to promote peace, its values and the well-being of its
peoples.
2.
The Union shall offer its citizens an area of freedom, security and justice
without internal frontiers, in which the free movement of persons is ensured in
conjunction with appropriate measures with respect to external border controls,
asylum, immigration and the prevention and combating of crime.
3.
The Union shall establish an internal market. It shall work for the sustainable
development of Europe based on balanced economic growth and price stability, a
highly competitive social market economy, aiming at full employment and social
progress, and a high level of protection and improvement of the quality of the
environment. It shall promote scientific and technological advance.
It
shall combat social exclusion and discrimination, and shall promote social
justice and protection, equality between women and men, solidarity between
generations and protection of the rights of the child. It shall promote
economic, social and territorial cohesion, and solidarity among Member States.
It shall respect its rich cultural and linguistic diversity, and shall ensure
that Europe's cultural heritage is safeguarded and enhanced.
[…]
Therefore:
competition and solidarity, two principles that guide society in opposite
directions. The capitalist economy is based on competition. Human solidarity
has historically been the goal of socialism, but before it, of Christian social
theology. Realizing solidarity policies, such as those indicated in modern
social doctrine, and in particular from the middle of the last century,
requires action by governments and collective action by the masses towards
virtuous social behavior, also aimed at democratically legitimizing the policy
of government in that direction. In the new Europe, weakened by the
anticommunist revolutions of Eastern Europe and by the process of European
integration towards it, those elements necessary for solidarity policies have
gradually disappeared. This is because, in the new course, European socialism,
which had historically expressed them, was considered to be the losing party in
that it was in some way compromised with the totalitarian communist regimes of
Eastern Europe. In fact, in its versions of Western Europe, it had been deeply
integrated with democratic ideology since the 1960s and by promoting solidarity
policies and principles in Western Europe had determined a consensus
improvement in the conditions of the working class in every respect view. This
had been particularly evident in Italy, where the Democratic Republic had had
since 1948 a constitution full of socialist principles, deliberated with the
determined contribution of socialist and Catholic democratic political forces.
One of the fruits of these policies in Italy was, in 1978, the health reform
that gave every Italian the chance to be treated by a public health service,
even if unemployed, almost completely for free and, in any case, free of charge
for all serious diseases. This objective has been reached historically only in
some communist regimes, together with others that perhaps today might surprise:
for example, one should not be damned to find and keep a job or to find a home,
they were assigned by the state. Naturally the centralization of political
power that this kind of programming inevitably required led, in my memory, in
all the historically realized communist states, to political systems based on
personal dictatorships, therefore to the emergence of communist rulers and their
courts, to oligarchies founded on single dominant personalities, regimes that
brutally contrasted any dissent and political change. This, however, deprived
socialism of its meaning from words that those regimes proclaimed and wrote in
their constitutions, whose constituent element is rational social criticism
aimed at revealing every imposture organized to submit the masses to the
domination of a class of privileged.
Mario
Ardigò - Catholic Action in San Clemente pope - Rome, Monte Sacro, Valli
district