Critica del comunismo
cinese
Note: after the
Italian text there is the translation in English, done with the help of Google
Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English,
some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have
experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be
understood by those who speak English, in the many national versions of the
world, or who use it as a second or third language. It is the function that in
ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples
corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still
current.
La critica del modello sociale comunista della Repubblica popolare
cinese è facile. Esso dichiara di ispirarsi la marxismo, ma ha ripudiato tutto
del marxismo. E potremmo finire qui. Poiché però, per la maggior parte degli europei,
il marxismo è un’ideologia, una dottrina economica e una filosofia ignota,
bisogna aggiungere qualcosa.
I marxismi sono collegati al pensiero del
filosofo e rivoluzionario tedesco Karl Marx (1818-1883). Il pensiero di Marx era
un complesso di teorie critiche che avevano di mira le società capitaliste del
suo tempo. Sosteneva che l’economia capitalista causava sofferenza ed
emarginazione sociale, riducendo in povertà, al limite della pura sussistenza,
la maggior parte della popolazione impiegata nelle lavorazioni alle dipendenze
altrui, in particolare nell’industria, l’attività economica che produceva la
maggiore ricchezza. Sosteneva anche che l’economia capitalista, producendo un
progressivo accentramento di ricchezza in poche mani, avrebbe creato le
condizioni per il suo superamento, sarebbe crollata sotto il peso della sua
stessa avidità sociale, o, detto con terminologia marxiana, delle sue
contraddizioni. Un regime economico basato sull’idea della libertà di
iniziativa e sulle opportunità offerte dal mercato, quindi dalla libera
contrattazione e sulle opportunità del libero commercio, avrebbe creato un
sistema di produzione sempre più dispotico, nel quale gli esseri umani
sarebbero stati inseriti come degli ingranaggi, e, riducendo il reddito della
maggior parte della popolazione, avrebbe distrutto il mercato, quindi la sua
stessa fonte di sopravvivenza. Il superamento, inevitabile per le sue stesse
contraddizioni, dell’economia capitalista, avrebbe consentito la liberazione
della classe di quelli che l’economia capitalista aveva asservito, i proletari,
vale a dire coloro che, lavorando alle dipendenze altrui, avevano un reddito
minimo di sussistenza, tanto quanto bastava per tirare avanti, fornire forza
lavoro, e riprodursi. Nell’economia capitalista essi erano finiti in quella
loro miserevole condizione perché era stati privati di una parte della loro
personalità, del lavoro, retribuito come una merce secondo le condizioni di
mercato e, quindi, in un mercato dominato dai capitalisti, vale a dire di chi
dirigeva l’attività di produzione e commercio avendo la proprietà degli
strumenti per produrre, in modo non proporzionato al loro reale contributo alla
produzione della ricchezza.
Il lavoro di una persona trattato come una
merce è, nel pensiero di Marx, lavoro alienato, che significa espropriato nelle
mani altrui. Una persona non dovrebbe mai essere trattata come una merce,
sosteneva Marx. La critica sociale e l’idea di liberazione sono i tratti che
storicamente hanno accomunato ogni tipo di marxismo. L’altra idea comune è che
le sofferenze sociali sono un prodotto sociale e possono essere superate con
una diversa organizzazione sociale: non
ci si deve rassegnare ad esse come a fenomeni della natura, come i terremoti
e i temporali. Infine c’è l’idea che il capitalismo, con la sua logica brutale
e selvaggia, dove i forti dominano i deboli e questi ultimi sono sempre di più,
non può durare, reca in sé stesso il germe del suo superamento.
L’organizzazione del proletariato, in questa visione, serve ad assecondare il
trapasso ad una nuova civiltà e a costruirla, a tempo debito. In questo quadro,
politica e religione sono sovrastrutture, organizzazioni al servizio del
sistema economico, determinate da esso e al sue manifestazioni strumentali, per ottenere il
dominio sulle masse, destinate ad essere superate con l’inevitabile trapasso di
civiltà. Per Marx il traguardo finale di questo processo era una civiltà
sostanzialmente anarchica, il regno della libertà, una civiltà di persone
libere. In tutti i marxismi troviamo
quelle idee.
Nelle versioni che risentono del pensiero del
rivoluzionario russo Lenin, pseudonimo di Vladimir Il'ič Ul'janov (1870-1924), per questo dette marxismi-leninismi,
assume molta importanza il partito comunista rivoluzionario, come agente del
superamento del capitalismo. Lenin lo concepì come composto di rivoluzionari di
professione, agitatori sociali che facevano i rivoluzionari per vivere e si
specializzavano in quel compiti, inquadrati con disciplina militare. La prima
rivoluzione socialista fu tentata nella Russia zarista, dove il capitalismo era
poco sviluppato e quindi dove, secondo la prospettiva marxista, non c’erano
ancora le condizioni per il trapasso di civiltà. Il partito comunista
rivoluzionario avrebbe dovuto forzare la situazione usando
spregiudicatamente la violenza politica
di massa, per contrastare le forze conservatrici e reazionarie, come in effetti
avvenne durante la rivoluzione russa del 1917, che in breve portò
all’affermazione di un regime comunista dominato da un partito comunista di
ispirazione leninista, che sbaragliò anche con la violenza politica ogni altra
formazione, combattendo non solo i reazionari zaristi, ma i suoi stessi
alleati, eliminando ogni dissenso. Lo scopo di questo partito leninista era
quello di instaurare una dittatura del proletariato, vale a dire di rendere
irreversibile la rivoluzione. In realtà presto venne instaurata una dittatura
del partito comunista rivoluzionario, che in una decina d’anni cadde nelle mani
di un despota sanguinario come Iosif Vissarionovič Džugašvili
detto Stalin (1878-1953). Questa
dinamica fu espressa da tutti i regimi in cui un partito comunista marxista
leninista riuscì a conquistare o ancne solo a condividere in posizione dominante
il potere, salvo che in Italia, dove un partito comunista leninista condivise
il potere in posizione dominante tra il 1944 e il 1947 e poi dal 1976 al 1979. Il
comunismo italiano, scaturito dal pensiero di Antonio Gramsci e altri
riformatori di quell’esperienza, rimase un’esperienza unica nel mondo. La
Costituzione italiana è il principale suo frutto (i socialisti sanno scrivere belle costituzioni). Essa non rimase un libro dei
sogni, venne attuata in gran parte, anche per l’azione svolta in società da
forze socialiste e cristiano - sociali.
Un sistema politico che doveva
essere espresso dalle realtà sociali di base, mediante una rete di soviet
(parola russa che significa assemblea) dei lavoratori, venne presto dominato da
una ristretta oligarchia di rivoluzionari di professione e poi, fino alla
morte, da Stalin,e da altre successive dittature personali fino all'avvento al potere di Michail Gorbaciov, nel 1985, che tentò senza successo di riformare quel comunismo con perestroika, democratizzazione, e glasnost, trasparenza dei processi decisionali, trasparenza del potere, che significava anche rendere conto alla gente di come lo si esercitava. La società felice immaginata dal marxismo risplendeva nella
Costituzione dell’Unione Sovietica (Sovietica, in quanto basata sui soviet dei lavoratori), il nuovo stato che era venuto dopo l’impero
degli Zar russi, ma la realtà era completamente diversa, era quella di un
crudele dispotismo che aveva privato la gente di ogni libertà e anche della sua
propria dignità, costringendola all’ipocrisia di proclamarsi felice e d’accordo
con i potenti di turno, mentre pativa un duro asservimento sociale. Certamente alcune conquiste sociali ebbero luogo.
Nessuno rimaneva senza casa, senza lavoro, senza cure sanitarie, ma in una
società nel complesso povera, per l’inefficienza del suo sistema economico,
dove imperava la corruzione. Venne realizzata l’uguaglianza effettiva tra
uomini e donne, ma in un contesto sociale in cui tutti erano asserviti a un
potere che rendeva tutti schiavi, salvo coloro che riuscivano a raggiungere un
posto di comando in quella oligarchia che con parola russa veniva detta nomenklatura, ed è usata in quel senso anche
in italiano.
La Repubblica Popolare Cinese dichiara di essere un sistema politico marxista leninista; essa è dominata da un partito comunista marxista leninista totalitario.
Ora, nel sistema politico,
economico e sociale della Repubblica popolare cinese sono evidenti tutti i
difetti della degenerazione marxista leninista e di quella del capitalismo. I
comunisti cinesi ritengono di poter riuscire a tenere a bada il capitalismo,
che hanno introdotto nel loro sistema sociale, con la disciplina propria del
marxismo leninismo, ma in questo modo negano uno della principali convinzioni del
marxismo, vale a dire che la politica è determinata dall’economia e non viceversa.
La povertà non è stata superata
nella Cina comunista. La ricchezza indotta dal capitalismo al quale si sono
aperte le porte in alcune regioni del grande Paese non è stata distribuita
equamente nel popolo, tanto che il regime avvia cicliche campagne per sollevare
dalla povertà i lavoratori delle campagne, segno di uno squilibrio sociale
tipico dei sistemi capitalisti. Il capitalismo ha stimolato nella gente avidità
e competizione nel proprio esclusivo interesse, per cui i cinesi che agiscono
nell’economia capitalista ci appaiono dominati dalla stessa smania arrivista,
dallo stesso attaccamento per le ricchezze materiali che dominano le società
occidentali in cui si è aperta la strada al liberismo sfrenato, riducendo o
eliminando i correttivi sociali allo sfruttamento del lavoro. I lavoratori
cinesi dell’industria non ci appaiono in condizione migliore dei più sfruttati
tra i lavoratori occidentali e questo lo osserviamo spesso anche nelle
industrie diretta da capitalisti cinesi in Italia. Il regime impedisce la
critica sociale, anche quella con moventi religiosi, come quella espressa dalla
dottrina sociale cattolica, e in questo si pone in contrasto con il marxismo dichiarato, che comporta un
movimento dal basso, il diritto di critica sociale e il dovere di autocritica, e non solo direttive dall’alto insindacabili. Se scrivessi
quello che ho scritto in Cina sarei arrestato
e condannato ad una dura pena, come criminale politico.
Può essere obiettato che anche
in Europa il nostro ideale di una “economia sociale di mercato”, che voleva
temperare con una legislazione sociale che garantisse i diritti fondamentali
degli esseri umani la durezza della competizione capitalista, della lotta di
tutti contro tutti in cui i deboli hanno
la peggio, ha fallito e addirittura stanno manifestandosi nuovamente i germi
del fascismo. E’ vero. La differenza è che in Europa lo si può dire liberamente
e, mediante la critica sociale e un movimento dal basso, cercare di esercitare
una costante opera di riforma.
Detto ciò, va anche osservato
che il comunismo cinese, a differenza di quasi tutti gli altri nel mondo, si è
manifestato come un’esperienza politica capace di riformare se stessa. Ho
ascoltato sul Web il discorso del presidente cinese Xi Jinping tenuto nel 2018
a Davos, all’incontro annuale sull’economia nel quale sostanzialmente si
ragiona di economia capitalista, l’unica, apparentemente, rimasta sulla Terra. Egli ha usato toni critici verso alcuni
problemi che il capitalismo ha creato, che sono stati anche autocritici, perché
la Repubblica popolare cinese ha accolto il capitalismo nel suo sistema
sociale. Ha parlato della povertà, della disoccupazione, dell’emarginazione sociale,
dei problemi dei migranti e dell’esigenza primaria di mantenere una pace
globale. In questa capacità di autocritica si scorge la possibilità di un
fecondo dialogo con gli europei, travagliati dai medesimi problemi.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli
Criticism of Chinese communism
The criticism of the communist social model of the People's Republic of
China is easy. It claims to be inspired by Marxism, but has repudiated
everything of Marxism. And we could end up here. But since, for most Europeans,
Marxism is an ideology, an economic doctrine and an unknown philosophy,
something needs to be added.
Marxisms are related to the thinking of the German philosopher
and revolutionary Karl Marx (1818-1883). Marx's thinking was a complex of
critical theories that targeted the capitalist societies of his time. He argued
that the capitalist economy caused suffering and social marginalization,
reducing to poverty, on the verge of pure subsistence, the majority of the
population employed in the work employed by others, particularly in industry,
the economic activity that produced the greatest wealth. He also argued that
the capitalist economy, by producing a progressive centralization of wealth in
a few hands, would have created the conditions for overcoming it, it would have
collapsed under the weight of its own social greed, or, with Marxian
terminology, its contradictions. An economic regime based on the idea of
freedom of initiative and the opportunities offered by the market, therefore
by free bargaining and on the opportunities of free trade, would have created
an increasingly despotic production system, in which human beings would have
been inserted like gears , and, by reducing the income of most of the
population, it would have destroyed the market, hence its very source of
survival. The overcoming, inevitable due to its own contradictions, of the capitalist
economy, would have allowed the liberation of the class of those that the
capitalist economy had enslaved, the proletarians, namely those who, working on
the dependencies of others, had a minimum income of subsistence, just enough to
get by, provide workforce, and reproduce. In the capitalist economy they had
ended up in their miserable condition because they had been deprived of a part
of their personality, of work, paid as a commodity according to market
conditions and, therefore, in a market dominated by capitalists, that is to say
of who directed the activity of production and commerce having the property of
the tools to produce, in a way not proportionate to their real contribution to
the production of wealth.
The work of a person treated as
a commodity is, in Marx's thought, alienated work, which means expropriated in
the hands of others. A person should never be treated as a commodity, Marx
argued. Social criticism and the idea of liberation are the traits that
historically have accumulated every kind of Marxism. The other common idea is
that social suffering is a social product and can be overcome with a different
social organization: we must not resign ourselves to them as phenomena of
nature, such as earthquakes and thunderstorms. Finally there is the idea that
capitalism, with its brutal and wild logic, where the strong dominate the weak
and the latter are more and more, cannot last, bears in itself the germ of its
overcoming. The organization of the proletariat, in this view, serves to support
the transition to a new civilization and to build it in due course. In this framework, politics and religion are superstructures, organizations at the service of the economic system, determined by it and its instrumental manifestations, to gain dominion over the masses, destined to be overcome with the inevitable passage of civilization. For Marx, the final goal of this process was a substantially
anarchist civilization, the kingdom of freedom, a civilization of free people.
In all Marxisms we find those ideas.
In the versions affected by the
thought of the Russian revolutionary Lenin, pseudonym of Vladimir Il'ič
Ul'janov (1870-1924), for this reason called marxism-leninism, the
revolutionary communist party, as the agent of overcoming capitalism, assumes
great importance. Lenin conceived it as composed of professional
revolutionaries, social agitators who were revolutionaries to live and
specialized in those tasks, framed by military discipline. The first socialist
revolution was attempted in Tsarist Russia, where capitalism was underdeveloped
and therefore where, according to the Marxist perspective, there were still no
conditions for the passage of civilization. The revolutionary communist party
should have forced the situation by unscrupulously using mass political violence
to counter conservative and reactionary forces, as indeed happened during the
Russian revolution of 1917, which soon led to the establishment of a communist
regime dominated by a Communist party of Leninist inspiration, which also
defeated any other formation with political violence, fighting not only the
tsarist reactionaries, but its own allies, eliminating all dissent. The purpose
of this Leninist party was to establish a dictatorship of the proletariat, that
is, to make the revolution irreversible. In reality a dictatorship of the
revolutionary communist party was soon established, which in the last ten years
fell into the hands of a bloodthirsty despot like Iosif Vissarionovič Džugašvili known as
Stalin (1878-1953). This dynamic was expressed by all the regimes in which a
Marxist-Leninist communist party managed to conquer or even only to share power
in a dominant position, except in Italy, where a Leninist communist party
shared power in a dominant position between 1944 and 1947 and then from 1976 to
1979. Italian communism, born from the thought of Antonio Gramsci and other
reformers of that experience, remained a unique experience in the world. The
Italian Constitution is its main fruit (the socialists know how to write beautiful constitutions). It did not remain a book of dreams, was
largely implemented, also due to the action carried out in society by socialist
and Christian-social forces.
A political system that had to
be expressed by the basic social realities, through a network of soviets
(Russian word meaning assembly) of workers, was soon dominated by a restricted
oligarchy of professional revolutionaries and then, until his death, by Stalin, and by other successive personal dictatorships until the advent to power of Mikhail Gorbachev, in 1985, who unsuccessfully tried to reform that communism with perestroika, democratization, and glasnost, transparency of decision-making processes, transparency of power, which also meant accountability to the people of how it was practiced. The happy society imagined by Marxism shone in the Constitution of the Soviet
Union (Soviet, as it is based on worker soviets), the new state that had replaced the empire of the Russian Tsars, but the
reality was completely different, was that of a cruel despotism that had
deprived people of all freedom and also of his own dignity, forcing the
hypocrisy to proclaim himself happy and in agreement with the powerful ones, while suffering a harsh social enslavement.
Certainly some social conquests took place. No one remained homeless, without a
job, without health care, but in a society that was poor overall, due to the
inefficiency of its economic system, where corruption prevailed. Effective
equality was achieved between men and women, but in a social context in which
everyone was enslaved to a power that made all slaves, except those who managed
to reach a command post in that oligarchy that was called a nomenklatura by
Russian word and it is used in that sense also in Italian.
The Chinese People's Republic declares to be a Marxist Leninist political system; it is dominated by a totalitarian Marxist Leninist communist party.
Now, in the political, economic and social system of the People's Republic of China all the defects of the Leninist Marxist degeneration and that of capitalism are evident. The Chinese communists believe they can manage to keep capitalism at bay, which they introduced into their social system, with the discipline proper to Marxism Leninism, but in this way they deny one of the main convictions of Marxism, namely that politics is determined from the economy and not vice versa.
Poverty has not been overcome in communist
China. The wealth induced by capitalism which opened its doors in some regions
of the great country has not been evenly distributed among the people, so much
so that the regime starts cyclical campaigns to lift rural workers out of
poverty, a sign of a social imbalance typical of the systems capitalists. Capitalism
has stimulated people's greed and competition in their own exclusive interest,
so the Chinese acting in the capitalist economy appear to be dominated by the
same avaricious mania, by the same attachment to the material riches that
dominate the western societies in which the road to unbridled liberalism,
reducing or eliminating social corrective measures to exploit labor. he Chinese workers of the industry do not appear to us in better condition than the most exploited among the western workers and this we often observe also in the industries directed by Chinese capitalists in Italy. The regime prevents social criticism, even the one with religious motives, such as that expressed by Catholic social doctrine, and in this it stands in contrast with the declared Marxism, which involves a movement from below, the right of social criticism and the duty of self-criticism, and not just unquestionable directives from above. If I wrote what I wrote in China I would be arrested and sentenced to a harsh sentence, as a political criminal.
It may be objected that even in Europe our ideal of a
"social market economy", which wanted to temper with a social
legislation that guaranteed the fundamental rights of human beings, the
harshness of capitalist competition, of the struggle of all against all where
the weak they have the worst, has failed and even the germs of fascism
are appearing again. It's true. The difference is that in Europe it can be said
freely and, through social criticism and a movement from below, try to exercise
a constant work of reform.
That said, it should also be noted that Chinese communism, unlike
almost all others in the world, has manifested itself as a political experience
capable of reforming itself. On the Web I listened to the speech by Chinese
President Xi Jinping held in 2018 in Davos, at the annual meeting on the
economy in which the main reasoning of the capitalist economy, the only one
apparently remained on Earth. He used critical tones towards some problems that
capitalism created, which were also self-critical, because the People's
Republic of China welcomed capitalism in its social system. He spoke about
poverty, unemployment, social exclusion, the problems of migrants and the
primary need to maintain global peace. In this capacity for self-criticism we
see the possibility of a fruitful dialogue with Europeans, troubled by the same
problems.
Mario Ardigò - Catholic Action in the
Catholic parish of San Clemente Pope - Rome, Monte Sacro, Valli district