Miei appunti dalla
conferenza del prof. Giuseppe Pulcinelli, biblista presso l’Università
Lateranense di Roma, sul tema Le
Beatitudini, svolta nel quadro del ciclo di incontri del gruppo romano
Uniroma Sapienza del MEIC - Movimento
Ecclesiale di Impegno Culturale sul Regno di Dio nella Cappella Universitaria
dell’Università Sapienza di Roma, dalle ore 18 del 13 novembre 2019 -
Mario Ardigò - Azione
Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
1. Introduzione
Le Beatitudini sono
inserite nel Discorso della Montagna, che nel Vangelo secondo
Matteo si trova nei capitoli da 5 a 7. Sono in genere poco
conosciute dai fedeli. Vanno approfondite e ne va spiegata l’attualità per la
nostra vita quotidiana.
Il Discorso del
Monte è invece molto conosciuto in ambito culturale, anche tra i
non cristiani. Tratta di una giustizia superiore, contiene
il Padre nostro, la regola di non giudicare e
la regola d’oro (fare agli altri quello che si vorrebbe
fosse fatto a se stessi). Ha quindi ad oggetto ciò che caratterizza il Regno
di Dio e lo statuto del discepolo.
Il brano evangelico delle Beatitudini viene
letto più volte nel corso dell’anno liturgico nella liturgia della Messa. Esso
appare imporre un’etica molto esigente. Come interpretarlo
correttamente? Si è detto da alcuni che l’etica del Regno di Dio va
considerata come un’utopia. Secondo altri, la grazia dello Spirito
Santo rende possibile vivere le Beatitudini, metterle
in pratica.
Di seguito uno schema per
una Lectio Divina sulle Beatitudini proposta
all’inizio dell’incontro Contiene anche il testo delle Beatitudini dal
Vangelo secondo Matteo 5,1-12, in italiano e in greco, e un confronto sinottico
con il parallelo brano del Vangelo secondo Luca.
La necessità di una corretta esegesi dei testi dei brani
evangelici relativi alla Beatitudini deriva dalla consuetudine
dell’antico ebraismo di usare espressioni iperboliche per colpire
l’immaginazione, non necessariamente da prendere alla lettera (ad esempio il
tagliare la mano e cavare l’occhio che danno scandalo).
I destinatari
dell’insegnamento evangelico sulle Beatitudini erano
coloro che avevano già aderito al Regno e che avevano un
cammino di discepolato in corso. Si tratta un insegnamento esigente, perché
rivolto a chi aveva già scelto Gesù come Maestro (ad esempio nella regola
d’oro: “Fai quello che vorresti fosse fatto a te”),
La struttura del brano
del Vangelo secondo Matteo che contiene le Beatitudini, Mt 5,1-12),
è innanzi tutto quella di una inclusione tra la 1° e l’8° Beatitudine,
nelle quali si parla del Regno dei Cieli. Inoltre si possono
distinguere due gruppi di insegnamenti, ciascuno con quattro Beatitudini. Le
prime quattro hanno struttura antitetica tra categorie
di persone alle quali manca qualcosa e l’azione di Dio per loro (ad
esempio poveri / Regno). Le altre quattro sono
centrate sul fare, sono indicazioni operative per i discepoli.
L’Introduzione alle Beatitudini è
ridondante per segnalare l’importanza di ciò che segue, una grande solennità
per indicare un insegnamento fondamentale:
“aperta la sua bocca / insegnava loro
dicendo”
Nel Vangelo secondo
Matteo il Discorso del Monte viene presentato come
svolto su un’altura, verosimilmente in Galilea, intorno a Cafarnao. Si è fatto
un parallelo con il monte Sinai e con Mosè. In effetti in altre parti dei
Vangeli vi sono accostamenti con la figura e la vicenda umana di Mosè, ad
esempio nel racconto della fuga in Egitto di Maria e Giuseppe con Gesù da
bambino. In sostanza la figura di Gesù viene presentata come quella di un Salvatore,
un nuovo Mosè, e tuttavia molto di più di un condottiero di
Israele. Va anche notato che Gesù dichiara di non voler sostituire
la legge data a Mosé, ma di volerla valorizzare portandola
a compimento. Gesù, per impartire l’insegnamento delle Beatitudini si
mette a sedere, come usavano fare i maestri della sua epoca. Va notato, sul
tema del modo in cui Gesù fu Maestro per i suoi discepoli, che nell’ebraismo
della sua epoca erano i discepoli a cercare i loro maestri, mentre Gesù sceglie
e chiama alla sequela i suoi discepoli.
Destinatari
dell’insegnamento del Discorso del Monte e delle Beatitudini furono
i suoi discepoli, ma anche le folle. Le Beatitudini sono
introdotte dall’espressione insegnava loro: infatti Gesù,
oltre a guarire e a predicare, insegnava.
2. Il macarismo
Beati - makàrioi (in greco
antico): nella seconda parte di ciascuna delle otto Beatitudini viene spiegato perché lo sono coloro che così sono
chiamati. La parola del greco biblico makàrioi
traduce quella dell’antico ebraico ’ašrê. Quest’ultima viene usata nell’Antico Testamento nello stile letterario
detto macarismo, che procede come nelle Beatitudini: ad esempio nel salmo n.1,1, «Beato l'uomo che non entra nel consiglio
dei malvagi,/
non resta nella via dei peccatori /
e non siede in compagnia degli arroganti». Il macarismo era un genere
letterario piuttosto diffuso. Viene utilizzato una quarantina di volte nel
Nuovo Testamento. Gesù lo fa, ad esempio,
in questo detto, che si trova nel Vangelo secondo Matteo 16,17: «E Gesù
gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né
sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».
Nelle Beatitudini
l’agente sottinteso è Dio,
che realizza la Beatitudine. I
destinatari della Beatitudini vengono
indicati con un’espressione forte che significa “Felici quelli e soltanto quelli che
possono applicare a sé la Beatitudine”.
3.1 Prima Beatitudine
Nella prima Beatitudine, nel testo del Vangelo secondo Matteo, sono i
“ptocòi to pnèumati” cioè i poveri
nello spirito: si dice che di essi è il Regno
dei Cieli. Deve intendersi è o sarà?
L’unico significato accettabile è appunto “è”,
perché il macarismo è un riconoscimento di una realtà. Il destinatario della Beatitudine è già beato.
Dal greco antico ptocòs deriva
la parola italiana pitocco, che
significa mendicante, accattone, un povero in senso materiale. Il termine greco
traduceva quello ebraico anawìm che
aveva un senso più esteso, e si riferiva anche ai deprivati, ai deprivati, agli oppressi
sociali, che non contano nulla. Descrive anche una persona curva davanti a
Dio, il povero di Dio. L’oppresso
innocente e giusto che si aspetta solo da Dio la salvezza. Nel Vangelo secondo
Luca non c’è l’espressione in spirito e dunque ci si riferisce ai poveri in senso
materiale. Il to pnèuma - in spirito del
Vangelo secondo Luca indica una disposizione interiore: uno spirito
contrassegnato dalla povertà, un atteggiamento interiore che è opera dello
Spirito Santo e che porta a riconoscersi poveri davanti a Dio. Può vedersi un
parallelo con l’elogio di Gesù dei bambini, che si riconoscono dipendenti dagli
altri, vi si vede una virtù, quella dell’umiltà.
Allora
gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i
discepoli li rimproverarono. Gesù
però disse: "Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è
come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli". E,
dopo avere imposto loro le mani, andò via di là. [Vangelo secondo Matteo 19,13-15]
Coloro che si riconoscono umili davanti a Dio sono nella giusta disposizione
per ottenere da lui un dono: riconoscono la sovranità di Dio e allora Dio si
mette dalla loro parte.
Probabilmente la versione della prima Beatitudine data da Gesù fu
più vicina a quella narrata nel Vangelo secondo Luca, Matteo l’arricchisce
teologicamente.
Si può vedere un parallelo in questo brano di
Paolo nella prima lettera ai Corinzi [1Cor 1,26-31]:
Considerate
infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal
punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma
quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti;
quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello
che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto
per ridurre al nulla le cose che sono, perché
nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie
a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera
di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché,
come sta scritto, chi si vanta,
si vanti nel Signore.
Dio ha fatto una scelta preferenziale -
non esclusiva: sta dalla parte delle vittime e il cristiano deve scegliere ciò
che Dio ha scelto. Si può osservare che certamente Dio non è politically
correct.
3.2. Seconda Beatitudine
La seconda Beatitudine riguarda i pentùntes
- afflitti, una parola che nel greco evangelico è un participio e che
indica chi piange nello sconforto, ad
esempio perché il Regno di Dio non è ancora in essere, ma anche per colpe
personali. Nel libro di Isaia vi è un passo che riguarda la consolazione
degli afflitti
[Is, 61, 1-3]
Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l'anno di grazia del Signore,
il giorno di vendetta del nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti,
per dare agli afflitti di Sion
una corona invece della cenere,
olio di letizia invece dell'abito da lutto,
veste di lode invece di uno spirito mesto.
Essi si chiameranno querce di giustizia,
piantagione del Signore, per manifestare la sua
gloria.
[versione
CEI 2008]
Nel brano evangelico il verbo che
introduce la seconda parte della Beatitudine
è al futuro paracletèsontai - saranno consolati, perché la consolazione non è
immediata, è invece attesa.
3.3. Terza Beatitudine
La terza Beatitudine ha come destinatario i praèis - miti. Non è facile rendere in
italiano il significato della parola del greco evangelico praèis: povero, umile, non violento. Sono coloro
che, in un contesto di prepotenza e violenza, affidano a Dio la loro causa.
Gesù dice di se stesso di essere mie
e umile di cuore. Dei miti è detto che erediteranno la terra, quella in cui Dio avrà attuato la piena
giustizia. La prima e la terza Beatitudine
sono espressione del medesimo ideale
spirituale.
3.4. Quarta Beatitudine
La quarta Beatitudine è rivolta ai peinòntes kai dipsòntes ten dikaiosùnen
- agli affamati e assetatati di
giustizia. Saranno saziati (nel
Vangelo secondo Luca si aggiunge adesso). Si tratta della fame e sete di Dio, di ascoltare la Parola di Dio, di nutrirsi della sua Sapienza. Non si tratta di giustizia in senso sociale o nel senso di giustificazione davanti a Dio, come
negli scritti di Paolo. E’ giustizia in
senso morale e corrisponde a santità. La
sazietà promessa va intesa come realizzazione
del Regno di Dio.
3.5. Quinta Beatitudine
Riguarda gli eleèmones -
misericordiosi sia in senso spirituale di pietà che in quello attivo di opera.
Un esempio di questa misericordia può essere visto nella parabola
evangelica del Buon Samaritano (Lc
10, 25-37).
«Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla
prova e chiese: "Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita
eterna?". Gesù gli
disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?". Costui
rispose: "Amerai il Signore tuo
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo
come te stesso". Gli disse:
"Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù:
"E chi è mio prossimo?". Gesù riprese: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a
Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo
percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada
e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un
Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe
compassione. Gli si fece
vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua
cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno
seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi
cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". Chi di questi
tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei
briganti?". Quello
rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va'
e anche tu fa' così".»
L’atteggiamento misericordioso riguarda anche quello verso i
peccatori e chi si offende.
3.6. Sesta Beatitudine
E’ indirizzata ai kataròi
te kardìa - puri di cuore. Si veda anche nel libro
dei Proverbi (Prov 22,11):
Chi ama la schiettezza del cuore
e la benevolenza sulle labbra, sarà amico del re.
il salmo 24:
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli,
chi non giura con inganno.
e il salmo 51
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
L’idea di purezza
davanti a Dio deriva dall’ambito
cultuale. Già i profeti però ammonivano contro un vuoto ritualismo.
Quando, in ambito biblico, si parla di cuore, non si riferisca ai sentimenti o
a un atteggiamento della volontà, ma alla sede della volontà, lì dove si
prendono le decisioni.
Il centro della spiritualità dell’ebraismo è
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il
Signore. Tu amerai il
Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
[De 5,4-5 -
versione CEI 2008].
Dei puri
di cuore è detto che vedranno Dio, la grande
aspirazione dell’ebraismo. Dei santi è detto che vedono Dio.
3.7. Settima Beatitudine
La settima Beatitudine è indirizzata ai eirenopoiòi - i facitori di pace. Non a chi è in pace, nell’animo, psicologicamente,
ma chi fa pace. Chi cerca di riconciliare le parti in
conflitto, nel senso in cui se nel parla nella lettera di Giacomo
Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto
di giustizia.[Gc 3,18 - versione CEI 2008]
Si anche Isaia 27, 1-5:
In quel giorno il
Signore punirà
con la spada dura, grande e forte,
il Leviatàn, serpente guizzante,
il Leviatàn, serpente tortuoso,
e ucciderà il drago che sta nel mare.
In quel giorno
la vigna sarà deliziosa:
cantàtela!
Io, il Signore, ne sono il guardiano,
a ogni istante la irrigo;
per timore che la si danneggi,
ne ho cura notte e giorno.
Io non sono in collera.
Vi fossero rovi e pruni,
muoverei loro guerra,
li brucerei tutti insieme.
Oppure
si afferri alla mia protezione,
faccia la pace con me,
con me faccia la pace!
Degli operatori di pace è detto che saranno chiamati Figli di Dio: hanno un
rapporto di filiazione con il Dio della pace.
E’ da segnalare che
tutto il Discorso del monte, che
comprende le Beatitudini, si sviluppa
nell’ottica di paternità / figliolanza.
3.8. Ottava Beatitudine
E’ rivolta ai dediogmènoi èneken dikaiosùnes
- perseguitati a causa della giustizia, vale subire violenza a dire a
motivo dell’adesione a Cristo. La Beatitudine
viene collocata in una prospettiva
escatologica del Regno dei Cieli, che è la ricompensa promessa e anche la
chiusura delle Beatitudini nell’inclusione del Regno dei Cieli.
4.Conclusione
Destinatari delle Beatitudini sono coloro che vivono
l’unione con Cristo nelle diverse situazioni della vita. Gesù le vive tutte.
Sono manifestazioni di un amore preferenziale di Dio per coloro che le vivono.
Come, però, si può essere felici in situazioni? Lo si può essere perché
i destinatari delle Beatitudini hanno Dio dalla loro parte. Dio si è schierato
con loro, perché li ama profondamente. Essi appaiono il ritratto del suo Figlio
diletto in cui si compiace.
Nei poveri vanno inclusi anche i peccatori (mai
scandalizzarsi!), quelli che hanno più bisogno.
Dell’amore
preferenziale di Dio per i poveri si è trattato nella lettera apostolica Novo millennio Ineunte / All’inizio del
nuovo Millennio diffusa nel 2001 dal papa Giovanni Paolo 2°:
49. […] Certo, non va dimenticato che nessuno
può essere escluso dal nostro amore, dal momento che « con l'incarnazione il
Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo ». Ma stando alle
inequivocabili parole del Vangelo, nella persona dei poveri c'è una sua
presenza speciale, che impone alla Chiesa un'opzione preferenziale per loro.
Attraverso tale opzione, si testimonia lo stile dell'amore di Dio, la sua
provvidenza, la sua misericordia, e in qualche modo si seminano ancora nella
storia quei semi del Regno di Dio che Gesù stesso pose nella sua vita terrena
venendo incontro a quanti ricorrevano a lui per tutte le necessità spirituali e
materiali.
come di una presenza speciale di Gesù in
loro. Questa radicalità è il cuore del Vangelo.
Le Beatitudini
sono state vissute concretamente da
Gesù e dai santi che lo hanno seguito.
Occorre lasciarsi ispirare da loro.
A differenza dei Comandamenti, che vietano
certe condotte, le Beatitudini prescrivono delle azioni, un fare.
La santità però non consiste in uno sforzo della persona pia, una performance. Questa visione
volontaristica non è li Vangelo.
I santi sono felici perché hanno trovato la perla
preziosa, il tesoro nascosto. La
Beatitudine
va intesa come santità.
Con il Battesimo noni siamo già santi.
Ad esempio, nella prima
Beatitudine, si proclama beato colui che è vuoto, perché Dio lo può riempire.
Il primo beato è il ladrone che, crocifisso sul Golgota
accanto a Gesù, si affidò a lui con le parole “Ricordati di me!”. Gesù lo ammise in Paradiso.
«Uno dei malfattori
appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e
noi!". L'altro invece lo rimproverava dicendo: "Non
hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi,
giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni;
egli invece non ha fatto nulla di male". E disse:
"Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno". Gli
rispose: "In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso".»
[Lc 23, 39-43 - Versione CEI
2008]
Non sono i nostri sforzi a
renderci santi.
La Parola di Dio opera anche se si parte da
una sola Beatitudine: sarà poi Dio a
prendere l’iniziativa.
Si veda l’inizio delle lettere di Paolo ai Corinzi: ai santi che sono a Corinto.
«Paolo, apostolo di
Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla Chiesa di Dio che è
a Corinto e a tutti i santi dell'intera Acaia: grazia a
voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.»
[2Cor, 1-2]
Occorre cambiare mentalità: il cristianesimo non è una morale, la morale
viene dopo ciò che Dio fa in noi. Gesù scandalizzava perché si mostrava amico
dei peccatori. Dio va incontro a chi è debole.
l’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate - Gioite ed esultate,
diffusa da Papa Francesco nel 2018, inizia con parole tratte dalle Beatitudini del Vangelo secondo Matteo.
Occorre ricordarsi sempre che al centro della
nostra fede c’è l’Incarnazione.