Governo mediante la teologia
Mediante approfondimenti storici anche non molto penetranti può essere facilmente dimostrato che ogni controversia teologica deriva da esigenze di governo.
ll problema fondamentale della teologia è di stabilire, con un discorso ragionevole, quali definizioni sul soprannaturale debbano essere accettate per poter essere considerati dentro la Chiesa. Questo, di stabilire chi è dentro e chi è fuori, e un’esigenza fondamentale di governo. L’altra è decidere chi stabilisce quali sono i criteri per distinguere chi è dentro e chi è fuori, quindi la legittimazione del potere.
La teologia serve anche a sacralizzare il potere rendendolo indiscutibile, perché non disponibile dalla società. Un potere sacralizzato ha infatti legittimazione soprannaturale.
Nella teologia cristiana la sacralizzazione si fa mitizzando il passato, quindi anche ricostruendolo in un modo che consenta la legittimazione soprannaturale del potere di riferimento. Questo spiega perché, a cavallo tra Ottocento e Novecento, l’analisi storico-critica dei testi sacri è stata tacciata di eresia. Il disvelamento storico pregiudicava la teologia costruita su miti.
Lo scrittore inglese George Orwell (1903-1950), nel romanzo 1984 (pubblicato nel 1948, agli inizi della guerra fredda tra il blocco Occidentale egemonizzato dagli Stati Uniti d’America e il blocco comunista egemonizzato dall’Unione Sovietica [esistita tra il 1922-1991, a seguito della rivoluzione comunista bolscevica del 1917]) scrisse una famosa frase che indica la strategia politica degli stati totalitari: “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato". Egli aveva in mente il comunismo sovietico, ma la definizione si adatta molto bene anche alla Chiesa cattolica, in particolare per come è diventata dalla metà dell’Ottocento. Essa infatti è diventata un’istituzione totalitaria, secondo quando espressamente dichiarò il papa Pio 11° in polemica con gli altri totalitarismo del tempo: solo la Chiesa ha il diritto di essere totalitaria, sentenziò.
Un sistema politico è totalitario quando non solo non ammette alcuna manifestazione esteriore di dissenso, ma richiede anche un’adesione interiore al proprio regime, considerando colpa, reato o peccato il non concederla, e infine vuole controllare tutta la società e tutta l'interiorità delle persone.
L’efferato sistema di polizia politica che travagliò il mondo dominato dai cristiani per quasi un millennio mirava appunto ad estirpare il dissenso interiore, considerando eretica l’idea di libertà di coscienza. Quest’ultima, condannata solennemente, ex cathedra si dice, dal papa Pio 9° nel 1864 [era compresa nell’elenco (Sillabo) delle proposizioni erronee allegato all’enciclica Con quanta cura / Quanta cura] venne solennemente proclamata nella Dichiarazione sulla libertà religiosa Della dignità umana / Dignitatis humanae, deliberata durante il Concilio Vaticano 2°, svoltosi un secolo dopo (1962-1965)
L'uomo coglie e riconosce gli imperativi della legge divina attraverso la sua coscienza, che è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività per raggiungere il suo fine che è Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso. Infatti l'esercizio della religione, per sua stessa natura, consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere umano si dirige immediatamente verso Dio: e tali atti da un'autorità meramente umana non possono essere né comandati, né proibiti. Però la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo comunitario.
Tuttavia la nostra Chiesa, molto pressante nel richiedere la libertà della propria religione (essenzialmente di quella delineata dalla propria teologia dogmatica), lo è stata molto meno nel riconoscere anche la libertà delle altre religioni, e pochissimo nel riconoscere quella dalla religione, così come anche la libertà nella religione. Si sente non di rado insegnare disinvoltamente che la libertà ci è data solo per rinunciarvi liberamente e che la virtù è legata all’obbedienza. Da qui poi anche l’idea della sinodalità obbediente che consiste nel pensare, dire e fare solo ciò che i nostri gerarchi ritengono giusto secondo la loro teologia di riferimento.
Noi persone laiche abbiamo talmente interiorizzato questo modo di pensare che quando ci riuniamo per discutere di temi religiosi o per meditare e pregare ci sentiamo persi se non c’è un prete a dirci che pensare, dire e fare.
Sviluppare una vera sinodalità in una parrocchia con questi presupposti è impossibile, perché la parrocchia è per tutti e quindi ci va gente che la pensa religiosamente in molti modi diversi. Secondo i nostri costumi religiosi antichi, la nostra non luminosa tradizione di prevaricazione, si cerca allora di prevalere escludendo gli altri, presentandoli come eretici scaraventando loro addosso l’opportuna teologia corredata della relativa mitologia storica.
Può sembrare paradossale, ma la condizione indispensabile per vivere pacificamente la parrocchia è concentrarsi sulle cose da fare lasciando perdere la teologia. Decidere una moratoria teologica, sul tipo di quella sulle armi nucleari. Al fondo di ogni questione emergeranno allora le vere questioni di potere, le quali, private degli imbellettamenti teologici costruiti per sacralizzarle, riveleranno la loro brutale natura e, in una società progredita come la nostra, probabilmente susciteranno orrore. Si arriverà allora, probabilmente, a una composizione pratica che lascerà vivere vicini gli uni e gli altri lavorando per il bene comune. Questo appunto perché siamo una società progredita, con un grado di istruzione elevato. Ad esempio, rimosse le sciocche prevenzioni teologiche contro le donne, esse potranno dare in condizioni di pari dignità con gli uomini quell’importantissimo contributo che già offrono nella società civile (e già anche nella Chiesa, pur non essendo loro riconosciuto in questo ambiente).
Mi riferisco, naturalmente, alla parrocchia, ad una realtà di base quindi, in cui l’inculturamento della democrazia è più forte e meno sensibile la pressione totalitaria del clero. Al di sopra di questo livello, nel mondo dei gerarchi, la riforma mi appare impossibile, ma cominciando da questo livello potrebbe poi estendersi, col tempo, continuando pazientemente a lavorarci sopra.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli