High noon (2015)
I temi
dell’ecologia non mi hanno mai appassionato. Sono un ragazzo di città. Da
ragazzo trattavo con sufficienza i verdi, che, come diceva un amico, sembrava
avessero barattato la rivoluzione per un fenicottero. Stavo per archiviare la
cosa, quando stasera, a cena al ristorante con persone importanti della mia
vita, mia moglie e le mie figlie, ho dovuto ripensarci.
Abbiamo fatto velocemente il punto sullo stato
del mondo, mutamenti in corso, rivoluzioni del passato, Gramsci, Gobetti,
Ginzburg, resistenze e resistenti, l’ultimo libro di Scurati su Ginzburg, la
ricerca e la cura, fin da piccoli, per preservarli e farli crescere, di quei
pochi “dai quali dipende la sopravvivenza di tutti gli altri” (Scurati), scuola, sistemi economici, guerre passate, la
guerra prossima ventura e, infine, se proporre agli alunni di mia moglie, per
la fine dell’anno, la visione del film Hair (Forman) (contro l’ “uomo a una
dimensione” -Marcuse) o di Mezzogiorno di Fuoco - High Noon (John Ford)
(centrato sulla resistenza individuale al male).
Un pensiero dell’economista Alessandra
Smerilli ci ha offerto la chiave per capire la portata potenzialmente
rivoluzionaria dei temi ecologici.
Una delle poche cose (finora) positive di cui
si è saputo del grande baraccone milanese dell’Expo è un documento
denominato Terra Viva che ha ricordato
il legame tra ecologia ed economia. Entrambe le parole hanno dentro di sé “òikos”, che in greco significa “casa” e, per
estensione, l’ambiente in cui si vive e da cui la vita dipende.
L’ecologia è una scienza della natura, ma si
propone anche un ruolo attivo oltre che conoscitivo: studia come mantenere le
condizioni della vita sulla terra. L’incidenza sempre più grande dell’umanità
sulla Terra richiede un suo ruolo attivo, richiede di essere saggi
amministratori. E qui entra in gioco l’economia. Oggi la pensiamo essenzialmente come l’arte
di far soldi sfruttando opportunisticamente certe condizioni sociali. La
Smerilli ricorda che per Aristotele era invece l’arte di vivere in armonia con
la natura. Per lui l’arte di far soldi aveva un altro nome: crematistica.
Se non creiamo le condizioni per una crescita
e uno sviluppo intelligenti, dice la Smerilli, citando un antico detto Veda
risalente al millecinquecento dell’era antica, la Terra deperirà e ci condurrà
alla rovina.
La parola “economia” è fatta anche del
termine greco “nòmos”, che significa “legge”, “organizzazione”. E qui
c’entriamo noi giuristi. I fatti “economici” non ci sono e non ci debbono
essere estranei.
In nessun caso l’economia, se vuole restare
fedele alla sua missione, può limitarsi a registrare l’esistente: deve studiare
come modificarlo, deve dare norme ecologiche, per mantenere la vita sulla
Terra. Esse devono diventare leggi collettive e tocca ai giuristi renderle vive
in una società.
Conciliare economia ed ecologia: ecco
l’obiettivo indicato dal manifesto Terra Viva.
Ed è un obiettivo politico, che richiede di
rivoluzionare, vale a dire di normare di nuovo, l’esistente sociale.
Le dinamiche selvagge dell’economia
capitalistica contemporanea, diffuse ormai a livello globale, sono suicide,
portano sicuramente alla catastrofe sociale. Un mondo così complesso come
quello contemporaneo non può essere fondato sull’ideologia della lotta di tutti
contro tutti. E’ questa la spettacolare aporia dell’ideologia economia
neoliberista dominante: proporre dinamiche selvagge e irrazionali mentre a
livello sistemico sono indispensabili scelte razionali per mantenere la vita
sulla Terra. Viene in questione la politica, vale a dire il sistema di potere
che regge le sorti del mondo. Ecco perché il documento del vegliardo capo
religioso è tanto temuto. Ma non sarà da lì che verrà la svolta, perché non è
dalla religione che origina il pensiero critico che ne indica la necessità.
Gramsci, Gobetti, Ginzburg: queste grandi figure
simboleggiano le origini di quella critica sociale. E’ dunque da lì che occorre
ricominciare. Ci indicano anche il dovere e la bellezza del resistere. E la
necessità di farlo argomentando. Rischiando ciò che c’è da rischiare. Ginzburg,
nel ’34 libero docente a Torino, rifiutò di giurare fedeltà al fascismo, con
altri tredici professori universitari. Si tratta di un dovere etico, che sembra
creare, in chi lo adempie, una gioia intima violenta e turbinosa (Scurati).
Lo sceriffo di High Noon - Mezzogiorno di
Fuoco è posto, nel giorno delle sue nozze che è anche l’ultimo giorno del suo
servizio, nell’alternativa di farsi gli affari suoi, senza demerito perché
appunto il suo servizio è finito, o rimanere in città per resistere ai
pistoleri che gliel’hanno giurata e tornano per mangiarsi la città. Egli
resiste, contro tutto e contro tutti, resiste contro i ragionevoli consigli
degli amici, degli aiutanti e anche della giovane sposa. Resiste anche rimasto
completamente solo. Tutti, a uno a uno, se ne vanno, con motivazioni
all’apparenza ragionevoli. Solo un ragazzino si offre di fagli da aiutante,
troppo piccolo per combattere. Bisogna essere coraggiosi, dice la ballata nella
colonna sonora del film, o essere sepolti da codardi. “Non lasciarmi solo, mia
cara”, fa un verso della canzone: la resistenza è anche sempre un appello agli
altri. Non lasciateci soli. Nel film, animato da una forte impronta etica come
tutti quelli di Ford, la moglie dello sceriffo poi torna e addirittura spara il
colpo decisivo che consente allo sceriffo di prevalere. Solo a lavoro compiuto,
lo sceriffo si disfa della stella di latta che getta a terra e poi parte con la
sposa. Oltre alla ragazza, l’unico personaggio del film che, oltre allo
sceriffo, è presentato come positivo è quel ragazzino, uno dell’età degli
alunni di mia moglie, che potrebbero identificarsi con lui.
Hair è
un film contro la cattiva economia e la cattiva politica, che ingabbiano la
gente dentro costrizioni sociali opprimenti. Quando lo vidi, da universitario, mi coinvolse, ora
invece molto meno. Del resto era destinato a scandalizzare una società ancora
piuttosto rigorista. Lo vedo meno adatto a una civiltà sbracata come l’attuale.
Il ritorno alla natura non mi convince. La natura è il regno della lotta di
tutti contro tutti che costituisce il modello del neoliberismo corrente. In
questo sono rimasto un ragazzo di città: sento la necessità di “nòmos”, di
organizzazione, di etica. Non proporrei ai ragazzini di oggi il modello degli
hippies della mia generazione. E’ tuttavia attuale il confronto con l’impegno
in guerra. Nel film, il personaggio più hippy di tutto alla fine prende il
posto del bravo ragazzo dell’Oklahoma che era stato chiamato alle armi.
Nell’ultima sequenza lo si vede imbarcarsi su un aereo militare, per il
Vietnam. E una guerra non si sa mai
come va a finire. In guerra non ci sono esclusioni di colpi. Bisogna preparare
i nostri figli a questo scenario.