L’importanza della storia
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Della Chiesa si può dare (legittimamente sul piano
teologico) una lettura metastorica, che pure può avvalersi della sua storia in
chiave apologetica, oppure la si può valutare, in modo antistorico,
decontestualizzando e dunque sostanzialmente travisando fenomeni e testi per
argomentare la propria avversione: così la storia si fa ancella, nel primo caso
della teologia, nel secondo caso dell’ideologia. La storia non ha nulla a che
vedere con questi suoi impieghi ideologici; piuttosto la Chiesa che si proclama
cattolica, apostolica e romana è un’istituzione che, proponendosi come
salvifica in virtù di un fondamento soprannaturale, si è trasformata
continuamente nei secoli. La sua trasformazione in un’entità
politico-istituzionale che si pone come perno della cristianità occidentale
avviene e si compie in età medievale: questo processo è l’oggetto del percorso
che si propone.
Deliberatamente si è adottata una prospettiva di Chiesa-istituzione
delineando i modi in cui essa si è andata definendo nei secoli medievali, in
collegamento con altre istituzioni non ecclesiastiche. Ad esempio imperi e
regni, anch’essi soggetti a metamorfosi persino radicali, sono istituzioni
propriamente politiche che tuttavia, in età medievale non sono scevre da
componenti sacrali che le legittimano e attraverso le cui caratteristiche si
autorappresentano.
Lo studio della Chiesa in dimensione istituzionale è necessario anche
per una piena comprensione della storia religiosa, la quale, per come si è
definita nella seconda metà del Novecento, riguarda il sentire religioso, le esperienze attraverso cui lo si esperimenta
e le pratiche con cui lo si manifesta a tutti i livelli della Chiesa e della
società. I due termini “ecclesiastico” e “religioso”, che sembrano affini, non
lo sono affatto, e della storia ecclesiastica fanno parte molti fenomeni propri
della storia della religiosità: ad esempio gli ordini religiosi sono
istituzioni ecclesiastiche che danno corso ad aspirazioni religiose e che
influenzano la vita religiosa dei fedeli; ma essi sono anche, nel loro sorgere
e affermarsi, esito e strumento di processi propriamente politico-istituzionali
[da Letizia Pellegrini, Storia della
Chiesa. 2.L’età medievale, EDB 2020, anche in e-book]
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La storia della nostra Chiesa non rientra di solito nella formazione di
base e neanche in quella di secondo livello, dove si perde tanto tempo in
discorsi a sfondo intimistico-spirituale. La formazione degli adulti in genere
non si fa, se non nelle poche informazioni che si danno per ammetterli al
matrimonio religioso.
Sui fedeli si riversano però narrazioni pesantemente propagandistiche su
ciò che la Chiesa fu ed è, per indurre la gente a seguire ciò che la gerarchia
ordina o raccomanda, vale a dire a fini di governo.
Ai preti e a chi frequenta studi universitari umanistici la storia
ecclesiastica viene insegnata realisticamente, ma si tratta di una parte esigua
di ciò che ai tempi nostri si è ripreso a designare come Popolo di Dio.
Certamente la storia della nostra Chiesa contiene molte atrocità, una
violenza che oggi non si riesce nemmeno a immaginare se non si hanno tra le
mani i libri giusti. Così non di rado, superficialmente, si sogna di tornare al
passato, immaginandolo veramente molto migliore di quello che è stato: in
realtà è un passato, appunto, immaginato, un neo-passato. In
queste fantasie i capi della nostra Chiesa, in particolare i Papi, stanno quasi
sempre dalla parte del bene e, di solito, se un capo ci fa una brutta figura è
perché si trovò in dissenso con qualche Papa.
Se si vuole prendere sul serio la sinodalità che ci viene oggi proposta, con la
prospettiva, in definitiva, di una riforma ecclesiale che si sviluppi dal basso,
occorrerebbe, almeno, prendere coscienza di questo:
-la nostra Chiesa come struttura istituzionale e nella
teologia che la sorregge e legittima risale al Medioevo, non alle origini,
sulla base di trasformazioni culturali attuate a partire dal Quarto secolo, ma
poi si è trasformata continuamente, anche se alcune idee fondamentali si sono
mantenute; l’idea di una Chiesa – istituzione che è rimasta sempre, come
istituzione, una e la stessa fin dalla Pentecoste non è realistica;
-il processo di riforma che l’ha investita dagli scorsi anni
’50 la sta lentamente distaccando dalle atrocità del passato, che naturalmente
non sono state solo proprie dei cattolici, ma di quasi tutte le denominazioni
cristiane storiche (e, anzi, di quasi tutte le religioni storiche, con poche
eccezioni);
-in quel processo abbiamo poco da imparare dal passato, in
particolare dalla teologia delle istituzioni del passato, anche se da
quest’ultima dobbiamo ricavare concetti molto importanti e un certo metodo;
-l’attuale modo di convivenza che sperimentiamo nell’Unione
Europea, oggi minacciato dalla guerra che
superpotenze (sedicenti cristiane) stanno inscenando sul nostro continente, è stato organizzato con il
contributo determinante di cristiani che sono stati capaci di sottoporre a
critica veritiera il proprio passato alla luce del vangelo, ciò che il papa
Giovanni Paolo 2° definì purificazione della memoria; non è quindi
qualcosa di anticristiano, come non di rado i nostri fondamentalisti dicono,
ma, al contrario, è qualcosa che può esserci utile nella riforma sinodale.
Le riforme attuate dalla nostra Chiesa nel passato,
almeno fino a quella progettata nel corso del Concilio Vaticano 2°, svoltosi a
Roma tra il 1962 e il 1965, si sono in genere risolte nella rovina di molti.
Infatti si concludevano con il lancio di anatemi, solenni maledizioni.
Poi si passava a vie di fatto. I documenti deliberati dai saggi del Concilio
Vaticano 2° sono i primi che, nella storia della Chiesa, non li contenevano.
Quello che dovremmo cercare di attuare oggi è una riforma non contro qualcuno, contro una Chiesa sbagliata secondo certe fantasiose definizioni, ma
per consentire a tutti di vivere
nella Chiesa come a casa propria secondo l’agàpe evangelica. Perché il comando è di amarsi
gli uni gli altri, mostrandoci benevoli, solidali, misericordiosi, non
gelosi del nostro ma disposti a dividerlo con gli altri. E’ la politica del Samaritano
della parabola, che non a caso il Papa ha posto a fondamento della sua
ultima enciclica sociale Fratelli tutti, del 2020 (teniamola sempre
presente nei cammini sinodali in
cui siamo impegnati).
Sembra una cosa
ovvia, ma la storia ecclesiastica dimostra che non lo è mai stata e che non è nemmeno
stata facile da attuare, anche quando lo si è voluto.
Costruiamo dunque la
sinodalità parrocchiale, che è quella alla nostra portata, come quando, nella
festa del nostro San Clemente romano, organizziamo per dare da mangiare e far
divertire quelli che abbiamo invitato, cercando di fare in modo che trascorrano
ore liete insieme a noi, prevedendone gusti ed esigenze e apparecchiando come
si deve.
La perfetta
letizia di cui parlava Francesco d’Assisi…
Anche questa è alla
nostra portata, sembra, malgrado tutta la malvagità che c’è in giro tra noi, come
insegnò quel santo.
In una fredda e ventosa giornata d’inverno,
San Francesco d’Assisi e frate Leone erano sulla strada che da Perugia
portava a Santa Maria degli Angeli. Frate Leone chiese a Francesco:
“Padre, te lo chiedo
nel nome di Dio, dimmi dove si può trovare la perfetta letizia”.
E san Francesco gli
rispose così:
“Quando saremo arrivati
a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la
neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta
del convento. E il frate portinaio chiederà:
Chi siete voi?
E noi risponderemo:
Siamo due dei vostri
frati.
E Lui non
riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai
poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e
alla fame mentre si fa notte.
Allora se noi a tanta
ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male
del nostro confratello (…) scrivi che questa è perfetta letizia.
E se noi costretti dalla
fame, dal freddo e dalla notte, continuassimo a bussare piangendo e pregando
per l’amore del nostro Dio il frate portinaio perché ci faccia entrare, e lui
ci dirà:
Vagabondi insolenti, la
pagherete cara.
E uscendo con un grosso
e nodoso bastone ci piglierebbe dal cappuccio e dopo averci fatto rotolare in
mezzo alla neve, ci bastonerebbe facendoci sentire uno ad uno i singoli nodi.
Se noi subiremo con
pazienza ed allegria pensando alle pene del Cristo benedetto e che solo per suo
amore bisogna sopportare, caro frate Leone, annota che sta in questo la
perfetta letizia. Ascolta infine la conclusione, frate Leone: fra tutte le
grazie dello Spirito Santo e doni che Dio concede ai suoi fedeli, c’è quella di
superarsi proprio per l’amore di Dio per subire ingiustizie, disagi e dolori.
[Dai Fioretti di Francesco
d’Assisi]