La messa e la coscienza
Su La Repubblica di ieri si è dato conto di un sondaggio commissionato dal giornale a Demos & Pi sull’aderenza delle persone italiane maggiorenni all’etica cattolica. I risultati dovrebbero essere rappresentativi di quella fascia di popolazione con un margine di errore del 3%.
L’incarico di riferirne è stato affidato al sociologo Ilvo Diamanti, il quale in passato ha guidato studi di questo tipo. Mi pare che abbia adottato il punto di vista della gerarchia ecclesiastica, scrivendo di declino.
L’atteggiamento della gerarchia sulla religiosità della gente italiana è di solito questo: quando si tratta di ottenere finanziamenti pubblici la dice maggioritaria, quando parla alle persone di fede si lamenta che è minoritaria. E certamente è minoritaria la parte che è disposta a seguire acriticamente gli ordini etici della gerarchia. Questo è sicuramente un portato della profonda inculturazione dei processi democratici.
La frequenza alla messa domenicale è scesa sotto al 20% e le persone che ci vanno sono in maggioranza sui sessant’anni. Questo non stupisce, perché è evidente a chi ci va, e significa che tra una ventina d’anni al massimo, la spiritualità basata su questo rito si estinguerà.
Non si tratta di renderlo più piacevole e di accorciare le prediche. Anzi, trovo quest’ultimo suggerimento poco sensato, tenendo conto che per la maggior parte delle persone adulte l’omelia domenicale è la principale via di formazione permanente. È un rito poco partecipato, caratterizzato da elementi simbolici per i quali non si dispone più, in genere, delle chiavi culturali per comprenderli e che rimandano a contesti superati. Anche per me, sessantenne, che vi partecipo regolarmente e che dispongo di quelle chiavi di lettura, la messa è diventata molto noiosa, e non è colpa dei preti che celebrano, i quali, anzi, fanno del loro meglio, ma è proprio la posizione passiva in cui è relegata la maggior parte delle persone che umilia e il fatto di sentirsi ripetere per l’ennesima volta quello che ormai si è sentito e risentito da una vita, praticamente tale e quale.
Nei risultati del sondaggio di Demos & Pi c’è però un’informazione molto importante e che ci dice che la religiosità secondo la nostra fede è tutt’altro che in declino nella gente Italiana: una quota significativa della popolazione ritiene che l’etica cattolica sia utile, ma poi ciascuno si deve regolare secondo coscienza.
L’agire secondo coscienza fu al centro della riforma religiosa alla quale si cercò di dare impulso durante il Concilio Vaticano 2º, l’assise mondiale legislativa che i vescovi tennero dal 1962 al 1965 a Roma. Qualcosa di epocale, tenendo conto che dal secolo precedente e poi a lungo si era ritenuto che la pretesa di agire secondo coscienza fosse peccaminosa, uno degli errori dell’era contemporanea.
Si agisce secondo coscienza quando ci si sente responsabili e la responsabilità necessariamente richiama un universo etico, altrimenti si direbbe che si fa come a una persona piace o conviene e può, secondo le inclinazioni naturali. Siccome l’universo etico al quale l’intervista demoscopica faceva riferimento era quello cattolico, questo significa che esso è ancora rilevante per molte persone in Italia.
Certo, solo una minoranza è disposta ad ubbidire acriticamente a un centro di potere che rivendica sovranità, vale a dire di non poter essere messo in discussione. E questo è, appunto, conseguenza dell’ assimilazione diffusa del metodo democratico, che consiste proprio in quello.
Del resto l’etica predicata dalla gerarchia, che non coincide con l’etica cattolica , la quale è un prodotto culturale collettivo, sociale, è divenuta su diversi temi oggettivamente insostenibile e addirittura crudele. Per amore di pace si fa finta di crederle, da parte di noi persone di fede, e dall’altra parte si fa finta che noi realmente ci si creda. Ma è una situazione ipocrita.
Direi che non dovremmo perdere l’occasione di venire incontro a tutte queste persone che ragionano secondo coscienza e che, per questo, invece di essere apprezzate, vengono trattate con sospetto come disordinate e indocili.
È il tempo giusto per cercare di organizzare centri di autoformazione e orientamento nelle questioni sociali, dove si pratichino dialogo e democrazia ed ogni persona trovi modo di partecipare alla decisione di una linea comune facendo lavorare la propria coscienza, come già sa fare.
A volte mi pare che, invece, che per essere apprezzati dai pastori la coscienza la si debba dismettere, riporla fuori di chiese e santuari, entrandovi.
Mario Ardigo – Azione Cattolica in San Clemente papa- Roma, Monte Sacro, Valli