Introduzione alla democrazia dell’Unione europea
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Si parla di democrazia ma mi sembra che in genere non si abbiano le
idee chiare su questo tema e, soprattutto, idee largamente condivise.
La democrazia non viene naturale alle persone,
le quali istintivamente sono portate a seguire la legge di natura della lotta
di tutti contro tutti, anche all’interno della medesima specie, salvo forme
opportunistiche di cooperazione.
La democrazia è prima una pratica che una teoria, ma l’una e l’altra richiedono
una evoluzione culturale. Questo in particolare per la democrazia avanzata che
si pratica nell’Unione Europea contemporanea, molto diversa da ogni altra dei
secoli passati. Questa diversità rende non più adeguati i concetti che furono
elaborati nell’antichità a partire dalle esperienze democratiche dell’antica
Grecia.
La parola democrazia, però, ci viene, così com’è dal greco antico. Ha
all’interno il dèmos (demo-crazia), uno dei modi nei quali si
definiva il popolo, e cràtos (demo-crazia), che è il potere.
La parola quindi significava potere del popolo e gli antichi filosofi greci
ne diffidavano, perché non vedevano come il popolo, preda di violente
emozioni collettive e poco portato alla razionalità, potesse fare scelte buone
per la società di riferimento.
Si può cominciare a osservare che il popolo
non esiste nella realtà, dove ci
sono solo popolazioni. Il popolo è una costruzione culturale di tipo mitologico.
Il mito, componente fondamentale di ogni cultura umana e per questo
essenziale per la costruzione sociale, è una narrazione immaginifica, per
parlare alle emozioni delle persone, che
serve a rendere in modo semplificato il senso degli eventi in una società. Pensarci
come popolo rende possibile considerarlo
un po’ come un unico essere vivente, superando la difficoltà che derivano dalla
grande varietà degli elementi caratterizzanti le dinamiche sociali delle popolazioni,
la cui complessità le rende non pensabili, per limiti insuperabili
della nostra mente. Solo pensando il popolo come un’unica entità gli
si può attribuire una volontà e, in particolare, una decisione che le
singole persone e gli altri gruppi sono obbligati a seguire, vale a dire un
potere.
Non abbiamo ancora trovato un modo più
appropriato per definire la democrazia come oggi la pratichiamo nell’Unione Europea,
quindi siamo costretti a continuare a chiamarla così, democrazia, anche
perché la riflessione sui processi partecipativi nelle società umane hanno
sempre utilizzato quel termine. Però dobbiamo avere consapevolezza che non è
questione di popolo, né di potere e, tantomeno, di potere del popolo.
L’essenza
delle democrazie praticate nell’Unione
Europea è la partecipazione delle masse ai processi decisionali pubblici in
modo da costituire un limite ad ogni potere pubblico o privato.
Una popolazione
stanziata su un territorio costituisce una massa. Gli ambienti vitali delle masse non
coincidono attualmente con i territori attribuiti agli stati nazionali, quelli che
si sono costruiti intorno al mito di nazione (estraendo arbitrariamente alcune caratteristiche delle
popolazioni facendone gli elementi costitutivi di una nazione). Quindi in ognuno di
questi stati sono presenti molte masse. Tra esse e i poteri pubblici e privati
istituiti vi è sempre una tensione. Questi ultimi cercano di conquistarne il
favore e l’adesione riducendone al minimo le resistenze. Nelle masse si
manifestano invece, costantemente, resistenze: sono proprio queste che limitano
i poteri sociali istituiti e producono dinamiche democratiche, a prescindere da
procedure formali, come ad esempio quelle elettorali o referendarie.
Uno dei modi
in cui i poteri sociali istituiti cercano di superare le resistenze delle masse
è costruire una mitologia giustificativa del potere che essi esercitano o
pretendono di esercitare. Un altro è la trattativa per scambiare consenso contro
erogazioni. Un altro ancora è suscitare il terrore del caos che conseguirebbe
alla resistenza o dei pericoli di nemici esterni che potrebbero prevalere resistendo
ai poteri istituiti. Infine vi è la violenza politica, della quale gli stati
pretendono di avere il monopolio. E’ politica la violenza che è esercitata per
superare le resistenze delle masse. La guerra è un tipo di violenza politica,
che prima di tutto è rivolta alle masse della propria società.
Quanto
sopra ho scritto deriva dall’osservazione realistica delle dinamiche sociali
come emergono dalla storia. Conoscere realisticamente la storia è essenziale
per lo sviluppo di pratiche democratiche consapevoli.
In un
tirocinio sulla democrazia si può mettere alla prova l’affidabilità dei
concetti che sopra ho enunciato verificando se funzionano per capire un qualche
segmento di storia. Enunciare un concetto può essere visto come l’esercizio di
un potere, la verifica dell’affidabilità di quel concetto come una forma di
resistenza. Nella formazione democratica è più importante suscitare resistenze
che pretendere l’adesione a concetti.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli.