Introduzione alla democrazia dell’Unione
Europea - 2
Spesso sento collegare democrazia e Costituzione.
In
questa prospettiva, la democrazia consisterebbe nell’osservare la Costituzione,
intendendo per tale quella che la Repubblica italiana ebbe dal 1 gennaio 1948,
più volte modificata.
Questa mentalità corrisponde a quella che si
cerca di creare nelle persona nell’educazione religiosa, sostituita la Costituzione
con le leggi divine ed ecclesiastiche.
Insomma la Costituzione viene usata un po’ come
il Decalogo per la fede religiosa.
Va osservato che è solo dall’Ottocento che si
è iniziato a deliberare costituzioni scritte, con principi di etica pubblica e norme
sul funzionamento delle istituzioni pubbliche di vertice. Questa prassi rispondeva all’esigenza di tutelare
prassi e principi democratici dagli
abusi di sovrani e governi. Attualmente la nostra Costituzione non è il solo
documento del genere che regola la vita pubblica italiana: ad esempio ci sono
il Trattato sull’Unione Europea, modificato nel 2007 dal Trattato di
Lisbona entrato in vigore nel 2009 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europa, entrata in vigore lo stesso anno, con la stessa forza legislativa
del Trattato di Lisbona.
Ma la democrazia non consiste tanto nell’osservare
leggi, quanto nell’organizzare politiche, quindi decisioni collettive
riguardo alla vita pubblica di una popolazione, con la più larga partecipazione
delle persone. L’assenso politico a norme fondamentali come quelle delle Costituzioni
o atti simili può essere esercizio di democrazia nella misura in cui quegli
atti corrispondano a quell’obiettivo. Ma le prassi democratiche tendono sempre a
superare ogni risultato raggiunto e fissato in norme scritte. Si può essere
sempre più democratici.
La democrazia è prima
una prassi che una teoria: prima si è democratici e poi ci si ragiona sopra.
Come ho scritto, il significato etimologico
della parola democrazia, potere del popolo, è fuorviante. Il popolo è un’entità
mitica, che non esiste nella realtà. E alle entità mitiche non possono essere
attribuiti poteri se non nel
mito.
Nelle
popolazioni umane si manifestano dinamiche di potere. Questo dipende dai
rapporti di forza sociale e dall’utilità di collaborare a imprese collettive. In
molti si ottengono migliori risultati, così si cerca di organizzare le collettività
per lavorare insieme. Lo si può ottenere su basi consensuali, ma, in genere,
all’esercizio del potere pubblico è stata sempre connaturata la violenza
politica, che è quella mediante la quale la gente è costretta a fare quello che le si dice. Questo
si manifesta fin dalle società umane più semplici, quelle organizzate dai più
piccoli per giocare insieme. Così il tirocinio democratico può iniziare fin da
allora.
Prima
che si diffondesse la prassi di deliberare Costituzioni formali, in Europa
la teologia cristiana costruita dal Quarto secolo costituiva la Costituzione
delle popolazioni inculturate dai cristianesimi. Questa rimase la situazione
fino a che, dall’ultimo decennio del Settecento, in Europa si manifestarono i
processi di trasformazione democratica dei sistemi di governo. E’ per questo
che il Papato romano vi si oppose strenuamente, in particolare in Italia, con
tragici riflessi nello sviluppo di una democrazia di popolo. Fino al 1943 tra
la gente cattolica accostare democrazia e cristianesimo apparve spesso come un’eresia,
e come tale veniva considerata dalla gerarchia ecclesiastica. Sotto diversi profili,
la dottrina ecclesiastica cattolica è tuttora antidemocratica. Ma anche da persone
cattoliche la democraticità può migliorare, perché molti interdetti sono stati
levati.
La democrazia
è, prima di tutto, una prassi
collettiva.
Si dimostra
di essere democratici cercando di interagire con le altre persone.
L’agire
democratico si manifesta nel vietarsi la violenza pubblica di sopraffazione nei
riguardi delle altre persone con le quali si decide di interagire.
Naturalmente, storicamente, le democrazie non
furono regimi pacifici, tutt’altro. Furono, anzi, molto violente al loro
interno come verso l’esterno.
Il comprendere
la pace tra i valori democratici è uno sviluppo molto recente, grosso
modo dalla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, e riguarda solo i regimi democratici dell’Unione
Europea. Si tratta di uno sviluppo a cui hanno collaborato in modo determinante le persone cristiano
democratiche europee, questo nonostante che in precedenza i cristianesimi
fossero stati religioni molto bellicose. Ci sono dietro nuove teologie, che iniziarono
a svilupparsi in Europa dagli anni ’30 del secolo scorso.
In un
ambiente democratico, che può essere quello di uno stato come anche di un gruppo
molto più piccolo, ad esempio quello di una classe scolastica, quando sorge l’esigenza
di un decisione collettiva, per la quale occorre coinvolgere più persone, si
apre una discussione nel corso della quale si riconosce alle persone libertà di
pensiero e di parola.
Gli
antichi teorici della democrazia, che presero come riferimento gli antichi
greci, diffidavano dei processi democratici, perché non vedevano come da una
folla, discutendo, potessero uscire decisioni giuste. Le folle, osservavano
giustamente, sono in genere preda di emozioni collettive suscitate ad arte da
chi le vuole soggiogare e cadono in preda di questi ultimi. Inoltre, senza una adeguata
formazione civica, la gente presto ricorre alla violenza e allora prevale chi è
più forte. Sono dinamiche che tutte le persone conoscono bene.
Così i teorici
posteriori ritennero indispensabile, per le prassi democratiche, una formazione
popolare alla democrazia. In un ambiente altamente scolarizzato come quello
italiano si è molto avanti, ma bisogna dire che si è osservato un peggioramento
della situazione nelle persone più anziane, per la mancanza di occasioni di
formazione permanente. E la quota di persone anziane è sempre maggiore nelle
popolazioni dell’Unione Europea.
Si
tratta di un problema che si avverte anche nell’educazione religiosa.
L’Azione
cattolica italiana, pur nel desolante atteggiamento antidemocratico della gerarchia
ecclesiastica, è stata storicamente tra
le principali agenzie italiane di formazione alla politica. Da essa venne molta
parte del ceto politico che organizzò, dal 1946, la nuova democrazia repubblicana,
della quale la Costituzione attualmente vigente è espressione.
Più
gente partecipa a una decisione condivisa, più si manifesta la democrazia in un
certo ambiente.
L’altro aspetto
della democrazia è la resistenza collettiva agli arbìtri politici, che è quando
un centro di potere pubblico pretende obbedienza al di fuori di procedure democratiche,
quindi largamente condivise. E’ un potere di quel tipo la gerarchia
ecclesiastica cattolica, ma, in ambiente democratico, essa non ha più la forza
della violenza pubblica e ottiene l’adesione che la gente le riconosce. Storicamente
la gerarchia ecclesiastica ha esercitato un violenza politica molto intensa, in
Europa per circa cinque secoli. Nella propaganda ecclesiastica si cerca in
genere, soprattutto nella predicazione popolare, di sminuirla e giustificarla,
contestualizzandola, ma questo è contro la verità storica, quella che si basa
su fonti affidabili. Negare la storia è una forma di prevaricazione, contro la
quale le persone democratiche devono saper resistere.
In
genere, un processo democratico emerge come reazione ad un arbitrio di potere
che viene sentito come intollerabile da un gruppo di persone. E’ allora che ci
si organizza dando la propria disponibilità ad un’azione collettiva, alla quale
si consente a partecipare nella misura in cui si è ammessi a collaborare alla
decisione. Questo processo assume carattere democratico quando ci si propone di
estenderlo a più persone possibile e si
mantiene la libertà di pensiero e di parola. La democrazia è diffusiva o non è
tale. E’ quindi un processo progressivo, perché più persone vi vengono coinvolte e più essa cambia.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli