Crisi della democrazia
I giorni della 50^ Settimana sociale del cattolici in Italia sono stati, a leggere le cronache, un’esercizio molto partecipato di democrazia. Tuttavia, al termine, è venuta dalla gerarchia una predicazione sulla crisi della democrazia, in particolare perché poco partecipata. Avrebbe per questo il cuore ferito. Da qui, poi, l’invito alle persone cattoliche a impegnarsi per risanarla. È mancato un vero apprezzamento verso l’esercizio della democrazia, e, in definitiva, non poteva che essere cosi, perché l’ordinamento della nostra Chiesa è attualmente non solo non democratico, ma antidemocratico.
Manca ancora la condivisione dell’essenza della democrazia, che consiste nel porre un limite ad ogni potere sociale, pubblico e privato, civile e anche religioso. Perseguire il bene comune, nella concezione che ne dà la teologia cattolica, non è al centro, ma è solo lo strumento per dare alla gente la forza di opporsi in società all’arbitrio di potere.
È un principio che è espresso molto bene nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione (ancora) vigente, di chiara matrice socialista:
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La democrazia non serve a far star bene la gente, ma far star bene la gente è la condizione per la diffusione della democrazia.
Ogni potere sociale tende all’arbitrio. È la sua legge universale, che si ricava dalla memoria storica realistica. Anche i contropoteri le sono soggetti. Quando però i contropoteri sono largamente partecipati e presentano dinamica diffusiva, nel senso che tendono ad estendersi a fasce sempre più ampie della popolazione, in modo che realmente possano costituire una forza sociale capace di impedire l’arbitrio, allora, e solo allora, si può parlare di democrazia. Si realizza, allora, la condizione di eguaglianza (in dignità sociale e politica), che non dipende da un riconoscimento legale, e può mancare anche quando quest’ultimo vi sia, ma da una lotta, da una resistenza, contro gli arbitrii di potere, ad ogni livello sociale, sia micro che macro, per le quali la persona umana, fin dalle sue prime esperienze sociali, rifiuti di essere umiliata in una condizione meramente passiva.
L’arbitrio sociale porta inevitabilmente al conflitto, perché tende ad espandersi e a superare le resistenze sociali che incontra, sia quelle delle persone, sia quelle dei gruppi, e affermatosi poi un arbitrio che rivendichi sovranità, vale a dire che non riconosca alcun potere sociale superiore al suo, alla guerra.
L’arbitrio in sé è anche un male sociale, proprio per quelle dinamiche conflittuali.
Naturalmente ogni potere sociale che tende all’arbitrio costruisce una propria mitologia giustificativa, per la quale si presenta come potere giusto, e definisce giuste le sue guerre e ogni sua violenza sociale. La resistenza democratica si fa, quindi, anche svelando l’impostura di quelle mitologie, È la critica che del tutto legittimamente può muoversi contro il nostro ordinamento ecclesiastico. Ma naturalmente, a ben vedere, le società sono sempre attraversate da dinamiche di potere conflittuali tra poteri in fase espansiva e forze che vi resistono. Non si tratta di crisi della democrazia, ma della sua condizione permanente.
Ponendo limiti ad ogni potere sociale, come si fa nell’esercizio della democrazia, si pongono i presupposti per il trapasso di ogni potere e questo rende instabile la società democratica, più delle società non democratiche. La differenza rispetto a queste ultime è che il trapasso da un potere ad un altro si fa secondo procedure formali, e si resiste alla forzatura di queste ultime. Questa, in sintesi, è la condizione di stato di diritto.
Le Settimane sociali sono state storicamente l’espressione del tentativo di organizzare un potere sociale e politico guelfo, mobilitando le masse cattoliche in ambiente democratico sotto la direzione del Papato romano, superando il lungo e tragico divieto di partecipare alla politica democratica nazionale.
Iniziarono ad essere celebrate ai tempi tristi e crudeli della persecuzione antimodernista, agli inizi del Novecento, e furono sospese quando si ritenne, a torto come presto si vide, che il regime fascista trionfante, dopo il compromesso con il Papato, ne avesse rilevato le finalità (purtroppo la sospensione non fu espressione di antifascismo incipiente, se non in settori molto limitati del mondo cattolico di allora).
Ripresero alla caduta del fascismo per influire sul Partito cristiano, la Democrazia Cristiana, e organizzarle il consenso dell’attivismo cattolico, secondo il compromesso degasperiano con il Papato.
Furono sospese per circa vent’anni dal 1970 durante il grandioso moto di ricezione ecclesiale dei nuovi principi deliberati durante il Concilio Vaticano 2º, che videro le genti cattoliche italiane dividersi drasticamente e inconciliabilmente tra il cattolicesimo democratico ispirato ai valori conciliari e il populismo papista.
Ripresero al crepuscolo del Partito Cristiano, come supporto sociale all’attivismo politico della gerarchia ecclesiastica italiana, nello spirito del cosiddetto Progetto culturale, fino a quando, dal 2015, si cercò di rivitalizzare il mondo cattolico italiano inducendo moti sinodali, più partecipati, dei quali anche la Settimana sociale “Al cuore della democrazia” conclusasi lo scorso 7 luglio può considerarsi espressione, come anche le precedenti del 2017 e del 2021.
La gerarchia ecclesiastica, tuttavia, nel parlare di crisi della democrazia non ha manifestato ancora consapevolezza di esserne stata e di esserne ancora una delle principali cause, vietando una reale partecipazione democratica negli ambiti ecclesiali, come invece si pratica nella Chiesa tedesca. Il suo magistero è più contro la democrazia che per la democrazia e di questo è corollario il perdurante sospetto verso il grandioso processo democratico in atto nella costruzione dell’Unione europea.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.