Introduzione alla democrazia dell’Unione
Europa - 4
L’ordine giuridico voluto da un regime politico viene imposto anche
alle persone dissenzienti, salvo i casi nei quali è espressamente consentito
derogarvi, come spesso accade nelle transazioni economiche e nelle istituzioni
private, quindi create per interessi particolari. L’imposizione comporta anche
l’esercizio delle violenza pubblica, che nelle società democratiche, dove ogni
potere ha un limite, viene regolato da norme giuridiche.
Quanto più esigente è l’ordine sociale voluto
da un regime politico, tanta più violenza pubblica sarà necessaria per imporlo.
Alla lunga, però, tutta questa violenza alienerà al regime il consenso della
popolazione. Se viene vietata l’espressione del dissenso, la gente voterà
con i piedi e cercherà di emigrare.
E’ una legge sociale universale, dimostrata in modo eclatante dall’esperienza
storica.
Però il conseguimento degli obiettivi sociali
richiede un certo ordine, per rendere prevedibili le dinamiche sociali e
sorreggere la fiducia reciproca nelle transazioni sociali, a partire da quelle
economiche.
La dottrina sociale è molto sensibile a questo
tema, sulla base di teologie molto antiche.
Tuttavia l’esperienza storica ha dimostrato
che questo ordine sociale non può essere affidato solo all’arbitrio dei
pubblici poteri e alla violenza pubblica da loro espressa e ciò, in
particolare, per la più efficace organizzazione dell’economia. Potrebbe
sembrare una buona idea far decidere tutto da un sovrano saggio, ispirato all’etica
del buon padre di famiglia e guidato dal pensiero razionale, ma in
pratica, quando si è tentato di farlo, non ha mai funzionato bene.
E’ necessario lasciare un certo grado di
libertà alle persone e ai gruppi da esse formati, perché si organizzino da sé.
Questo in parole povere è il principio di sussidiarietà, che, teorizzato
nella dottrina sociale cattolica dagli anni ’30 (venne enunciato nell’enciclica
Il Quarantennale – Quadragesimo anno diffusa nel 1931 sotto l’autorità del papa
Achille Ratti, regnante dal 1922 al 1939 come Pio 11°), è stato inserito
nel Trattato sull’Unione Europea.
Articolo 5
1. La delimitazione delle
competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione.
L'esercizio delle competenze dell'Unione si fonda sui principi di
sussidiarietà e proporzionalità.
2. In virtù del principio di
attribuzione, l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le
sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da
questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati
appartiene agli Stati membri.
3. In virtù del principio di
sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione
interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non
possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello
centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o
degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di
Unione. Le istituzioni dell'Unione applicano il principio di sussidiarietà
conformemente al protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e
di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio
di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo.
4. In virtù del principio di
proporzionalità, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a
quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Le
istituzioni dell'Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente
al protocollo sull'applicazione dei
principi di sussidiarietà e di proporzionalità [vedi sul WEB: Protocollo n.2
sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:12008M/PRO/02
]
Il principio di sussidiarietà unitamente a quelli di attribuzione e di proporzionalità che lo integrano costituisce il principale
limite a un potere, come quello degli organismi di vertice dell’Unione Europea,
che, conformemente alle legge universale dell’espansione dei poteri sociali,
potrebbe portare ad un accentramento di un potere molto rilevante. Va tenuto
conto, infatti, che l’Unione Europea integra alcuni degli stati più potenti del
mondo e con le economie più forte e popolazioni che nel complesso arrivano a
circa 450 milioni di persone, un numero superiore alla popolazione degli Stati
Uniti d’America e della Federazione russa.
Le democrazie contemporanee, così, dove le si sono
realmente sviluppate, si sono dimostrate regimi politici più efficienti nel mantenere
l’ordine sociale rispetto ai regimi autoritari, tanto che questi ultimi, per dare
impulso alle proprie economie si sono trovati costretti ad ampliare gli spazi
di libertà al loro interno.
Una libertà è un diritto che non richiede la collaborazione
di altri per il suo esercizio salvo che nel non impedirlo. E’ un diritto
perché ha senso di parlare di libertà solo in un ordinamento giuridico che qualche
cosa vieta e altre no, e quando non le vieta delinea, appunto, una libertà. Ci
sono però anche diritti che si hanno verso altre persone, la cui collaborazione
è necessaria per realizzarli. Quando si ha diritto ad ottenere qualche
prestazione da un servizio pubblico, quello è un diritto sociale, come
sono tipicamente quelli relativi all’accesso al servizio pubblico sanitario. Ad
esempio, nell’ordinamento giuridico italiano, decidere di interrompere volontariamente
la propria gravidanza, nei limiti in cui le norme lo consentono e con la procedura da esse prevista, è una libertà. Ottenere l’interruzione della
gravidanza, all’esito di quelle procedure, in un servizio sanitario pubblico è
un diritto sociale. Fino al 1978 era vietato alle donne decidere di
interrompere volontariamente la gravidanza e praticare loro questa procedura.
Si vide però che, nonostante le sanzioni penali applicate e addirittura alla
scomunica in ambito cattolico, il divieto era largamente disatteso e le
procedure attuate illegalmente, spesso con metodi primitivi, erano molto
pericolose per le donne che vi si sottoponevano. Si decideva di interrompere la
gravidanza, in genere, per non avere
figli in condizioni sociali che avrebbero gravemente pregiudicato la madre, ma
anche per non avere altri figli,
quando non si prevedeva di poter disporre delle risorse per mantenerli. La
legge del 1978, confermata da un referendum popolare del 1981 (votò il 79% degli
aventi diritto: la proposta di abrogazione patrocinata da movimenti cattolici
fu respinta con il 68% dei voti espressi, quella dei radicali per un
ampliamento della possibilità di interruzione volontaria della gravidanza con l’88%
dei voti). Dobbiamo riconoscere che la popolazione italiana di allora conquistò
una libertà e un diritto sociale.
La gerarchia ecclesiastica cattolica considera un crimine l’interruzione volontaria della gravidanza e
non ha cessato di opporvisi, ottenendo solo che un sanitario non possa essere
obbligato ad applicare la procedura. Egli può, legalmente, fare obiezione di
coscienza. E anche questo un esercizio di una libertà.
In una società autoritaria, come furono
quelle dell’Europa orientale rette da regimi comunisti di impostazione
leninista, si cerca di regolare fin nei particolari la vita della gente, ma, a
meno di non riuscire ad esercitare una pervasiva e penetrante violenza politica,
la società tende sempre a sfuggire alla costrizione e, alla lunga, anche a
resistere e reagire contro la violenza politica. Nell’esperienza politica della
Cina continentale contemporanea, il più potente regime comunista mai
costituito, si è riusciti ad attenuare la resistenza accentuando gli spazi di libertà
economica in certe grandi aree dell’immenso territorio della Repubblica
popolare e realizzando, con misure mirate, un moderato incremento delle
condizioni di vita della generalità della gente, che non sembra più afflitta
dalla povertà estrema. E’ comunque necessario mantenere un gigantesco apparato
di polizia politica per avere ragione del dissenso che ormai è endemico, anche
perché trova spazio tra la gente emigrata in altre parti del mondo.
Nell’Unione Europea si riesce ad ottenere risultati
molto migliori di quelli esercitando una
violenza politica incomparabilmente minore. E questo nonostante che una cerca
anarchia nelle condotte della gente sia tollerata. Essa, che significa
fondamentalmente un orientamento per cui si rivendica libertà nel condursi in
società anche in senso divergente da quello riuscito maggioritario e
patrocinato dai pubblici poteri, è una componente indispensabile nell’attuazione
della democrazia europea. Significa riconoscersi l’effettiva libertà di critica, di espressione del proprio
pensiero e anche del dissenso politico, di organizzazione sociale, compresa quella
di riunione pubblica.
E, tuttavia, ciononostante, le società europee
appaiono attualmente ordinate e, soprattutto, sicure, oltre che perfuse di un
benessere superiore a quello della maggior parte delle altre arre del pianeta.
Non è sempre stato così. La situazione fu ben peggiore fino alla metà degli scorsi anni Quaranta. Il
processo politico e culturale di unificazione europea vi ha influito in modo determinante.
Non si volle che fosse un’operazione politica di vertice, ma che nascesse dall’integrazione
tra le popolazioni costruita nelle relazioni sociali ed economiche, e anche
attivando particolari esperienze di studio in altri stati dell’Unione da parte
dei giovani europei.
Nel 1861 alcuni stati meridionali degli Stati
Uniti d’America vollero separarsi da quelli settentrionali: ne scaturì una
sanguinosa guerra civile durata fino al 1865 con circa 600.000 morti. Gli stati
meridionali, che la persero, furono quasi completamente distrutti.
Nel 2016, circa il 52% dei cittadini britannici decisero che il loro stato uscisse dall’Unione Europea, ciò che avvenne pacificamente, al termine di un lungo e difficile negoziato, nel 2020. In una commovente cerimonia al Parlamento Europeo, presieduto quel giorno da David Sassoli, i parlamentari britannici uscenti furono salutati con il canto dell’Auld Lang Syne, da amici, come si è rimasti anche dopo.
[v. sul Web la videoregistrazione dell'evento
https://www.google.com/search?q=parlamento+europeo+brexit+auld+lang+syne&rlz=1C1YTUH_itIT1016IT1016&oq=parlamento+europeo+brexit+auld+lang+syne&gs_lcrp=EgZjaHJvbWUyBggAEEUYOTIHCAEQIRigATIHCAIQIRigATIHCAMQIRigATIHCAQQIRigAdIBCTEyODcwajBqNKgCALACAA&sourceid=chrome&ie=UTF-8#fpstate=ive&vld=cid:e9bd2d45,vid:P-sudRFfY34,st:0
I cittadini britannici forse si sono poi resi conto che aveva proposto la separazione dall’Unione Europea aveva fatto promesse di miglioramento del benessere che non si sono realizzate. Le forze politiche che avevano guidato la Gran Bretagna verso la separazione sono state duramente punite alle ultime elezioni. Ma anche se si decidesse di richiedere nuovamente l’ammissione nell’Unione Europea, verosimilmente quel risultato non si potrà ottenere prima di un ventennio, anche perché probabilmente l’Unione Europa di oggi non accetterebbe la Gran Bretagna alle speciali condizioni che erano state trattate quando fu ammessa nel 1973, all’esito di un negoziato iniziato il 1960.
Le dolorose vicende della cosiddetta Brexit
rendono chiaro come l’Unione Europea
sia differente da ogni altra esperienza politica della passata storia umana.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro Valli