Introduzione alla democrazia dell’Unione Europea – 8
Dunque, stiamo cercando di capire perché in Europa ci si è spietatamente combattuti per duemila anni e poi dagli scorsi anni ’50 la situazione è iniziata a cambiare, in concomitanza con il processo di unificazione europea, e, fino ad oggi, tra i sistemi politici coinvolti in quel processo non è più scoppiata nessuna guerra.
La risposta non è semplice perché la domanda riguarda realtà sociali e politiche molto complesse.
Non può essere dipeso solo dall’assetto democratico di quei sistemi politici, perché le democrazie si sono sempre dimostrate storicamente molto bellicose. Né, ad esempio, per il prevalere di orientamenti religiosi ispirati ai cristianesimi, perché anche questi ultimi lo sono sempre stati. In particolare la dottrina sociale della nostra Chiesa sulla guerra giusta non è sostanzialmente cambiata da quando, nel Medioevo europeo, i Papi indissero “Crociate” per riappropriarsi della cosiddetta “Terra santa”. E, in politica, non è cessata la mitizzazione delle epopee militari dei rispettivi eserciti, ragione per la quale, fin dalle medie, mi insegnarono a empatizzare con i soldati italiani inviati a combattere contro l’Unione Sovietica, durante la Seconda guerra mondiale, non mettendo in risalto che si partecipò a una guerra di invasione. Così come mi educarono a fare memoria del nostro Risorgimento senza mettere in risalto che si trattò di un movimento politico nazionalista che animò sanguinose guerre di aggressione, non solo contro l’occupante austriaco nel Nord, ma anche contro italiani nel Meridione e nel regno dei Papi nel Centro Italia. Mi ha sempre meravigliato, poi, come, con riferimento alla presa di Roma, a scapito del Papato che la possedeva dall’alto Medioevo, noi cattolici potessimo empatizzare contemporaneamente con il Papa, il cui regno era stato indubbiamente invaso, e con gli italiani invasori. E si potrebbe continuare a lungo, riferendoci anche alla storia dell’antica Roma, un sistema politico estremamente aggressivo a scapito anche degli altri europei.
Insomma, a mitologie sostanzialmente invariate, comprese quelle a sfondo religioso, non ci si è più combattuti.
Può apparire frustante non avere bella e pronta la soluzione del problema, ma è bene accettare la fatica di fare i conti con la complessità, invece di accontentarsi di semplificazioni superficiali, spesso condite arbitrariamente con la mitologia. Un disegno “Provvidenziale”? Io, in realtà, non ve ne vedo traccia, tenendo conto che ci si è continuati a combattere oltre le frontiere delle Comunità europee e poi dell’Unione Europea, quando quest’ultima fu costituita a partire da quelle nel 1993, con il Trattato di Maastricht. E che gli stessi sistemi politici federati nel processo di unificazione europea hanno continuato a combattere guerre, anche se non fra loro, oltre le frontiere delle Comunità europee.
Va ricordato, in particolare, che noi europei occidentali combattemmo, guidati dagli statunitensi e nel quadro dell’alleanza nella N.A.T.O, una lunghissima e sanguinosa guerra di invasione in Afghanistan dal 2001, conclusasi con una disastrosa e precipitosa ritirata nel 2021. E che, prima di allora, nel 1999, la N.A.T.O. aveva aggredito la Serbia, senza mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con pochi scrupoli.
Uno degli elementi che mi paiono aver caratterizzato la situazione europea dalla metà degli anni ’40 e che non si riscontrano nella storia precedente fu l’affermarsi dell’egemonia dell’Unione Sovietica, con istituzioni ed economia orientate dal comunismo marxista-leninista rivisitato sotto il regime autocratico di Iosif Stalin (nato a Gori, in Georgia, nel 1878, e morto a Mosca, in Russia, nel 1953), in Europa orientale, secondo gli accordi presi da statunitensi, sovietici e britannici nella conferenza di Yalta, in Crimea, che all’epoca faceva parte della Repubblica Socialista Federativa Russa (fu ceduta alla Repubblica Ucraina nel 1954), nel febbraio del 1945.
La necessità di organizzarsi per difendersi da un’invasione sovietica mi pare che abbia portato i governi europei a cercare intese sempre più strette.
Vi fu anche l’esigenza di ricostruire le economie dell’Europa occidentale devastate dalla guerra mondiale conclusasi in Europa nel maggio 1945, anche in questo caso tenendo conto della proposta concorrenziale costituita dai regimi comunisti europei orientali, che promettevano di liberare i proletari (i lavoratori che dipendono dai capitalisti per vivere) dall’asservimento alle dure condizioni di lavoro imposte dai capitalisti. Da qui lo sviluppo di politiche sociali per aumentare il benessere generalizzato delle popolazioni in condizioni però di libertà civili molto più ampie di quelle minime e non garantite riconosciute dai regimi comunisti.
E poi un elemento molto importante: i partiti comunisti che controllavano le istituzioni dei regimi comunisti dell’Europa orientale vennero considerati nemici, ma non così le popolazioni da essi governate, considerate invece come vittime di quei partiti. Questo consentì una rapida integrazione di gran parte di quelle popolazioni nell’Unione Europea, alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, dal 1991.
Si produsse un confronto\scontro di civiltà tra regimi di democrazia capitalista e regimi di (almeno formale) democrazia comunista, dove nell’impossibilità di una guerra in una condizione nella quale l’impiego delle bombe nucleari avrebbe assicurato la reciproca distruzione totale (il cosiddetto equilibrio del terrore), divenne un fattore cruciale il convincere le masse, con i fatti, della superiorità dei regimi democratici capitalisti, in modo da esercitare una forza di attrazione anche verso le masse cadute nel dominio dei regimi comunisti.
La polarizzazione della tensione europea nei due schieramenti Occidentale e Orientale costituì un potente fattore di risoluzione delle tensioni all’interno dei due schieramenti, in una situazione in cui, né a Occidente né ad Oriente, si era ideologicamente spinti ad odiare le popolazioni della parte opposta, considerate cadute sotto il dispotismo dei rispettivi regimi, e dunque da liberare. In linea con questo modo di pensare fu il magistero politico del papa Karol Wojtyla, regnante tra il 1978 e il 2005 come Giovanni Paolo 2º, che fu molto importante nell’evoluzione degli eventi politici europei degli anni ’80, Quel Papa, profondo conoscitore dell’Europa orientale e dei regimi comunisti che la governavano, predicava la riunificazione europea nello spirito della riscoperta delle radici cristiane del continente.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli