La nuova sinodalità – 1 –
È stato reso disponibile il testo del Documento finale deliberato al termine della seconda sessione della 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità ecclesiale che si è conclusa sabato 26 ottobre 2024, al termine di lavori, denominati cammino sinodale, iniziati nell’9 ottobre 2021. Si può leggere a questo indirizzo sul Web:
Il Papa ha deciso di non deliberare una propria enciclica con cui recepire gli orientamenti emersi nell’Assemblea del Sinodo dei vescovi. Il Documento finale avrà quindi questa funzione. È stato spiegato nella conferenza stampa svolta dopo la conclusione dei lavori, di cui si è dato conto sul portale del Sinodo:
https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-10/sinodo-conferenza-stampa-finale.html
Il Documento finale ha valore di Magistero
La scelta del Papa di non pubblicare una esortazione post-sinodale come va interpretata per il futuro dei documenti papali? È il primo interrogativo per sgombrare dubbi sul carattere magisteriale del Documento finale. Il teologo Battocchio risponde che ciò che ha dichiarato il Pontefice è conforme alla costituzione Episcopalis communio in cui si dice che, se approvato espressamente dal Romano pontefice il documento partecipa del suo Magistero, non con valore normativo, ma dando delle linee di orientamento.
"C’è un documento che non è scritto ed è l’esperienza - aggiunge il cardinale Grech - una esperienza che nell’ultimo anno è stata bellissima. Il primo frutto è il metodo sinodale che è allo stesso tempo la chiave per poter indirizzare altre tematiche". Hollerich ricorda che lo scorso anno c’erano nell'assise gruppi di maggioranza e minoranza reciprocamente sospettosi. Con il crescere nel metodo è cambiato questo atteggiamento, "alcune opinioni restano diverse, è inevitabile, ma quest’anno abbiamo veramente vissuto la sinodalità. Nessuno era triste. Ora dobbiamo diventare ambasciatori di questo frutto. Non ci siamo infatti riuniti solo per guardare alle strutture della Chiesa o per fare una battaglia tra fazioni".
Si è evidenziato che c’è un valore che non consiste in ciò che è scritto nel Documento finale ed è l’esperienza di sinodalità che s’è fatta. Qualcosa di analogo emerse al termine dei lavori del Concilio Vaticano 2º, nel 1965, e varrà anche per tutte le pratiche di sinodalità che d’ora in poi saranno tentate, sulla linea di quanto deliberato dall’Assemblea del Sinodo dei vescovi. Nella sinodalità il tirocinio vale quanto la teorizzazione e quest’ultima verosimilmente verrà ulteriormente sviluppata in base all’esperienza sul campo. E, in questo, anche le pratiche nelle realtà di prossimità, anche su minima scala, saranno molto importanti, tenendo conto che le comunità locali sono quelle in cui realmente si vive l’ecclesialità che, a livelli più estesi, è di necessità mediata dai miti biblici e teologici e dal diritto che rendono via via più formali le relazioni umane.
Il Documento finale è stato redatto secondo le consuetudini per i documenti del magistero, vale a dire involto in un involucro teologico racchiuso in immagini bibliche. Quindi assume la struttura formale di una estesa omelia. Quest’ultima è il genere letterario con cui la gerarchia ecclesiastica di solito somministra i suoi insegnamenti alla gente esercitando la sua autorità. Questa struttura rende assai difficoltoso individuare genesi e contenuto delle decisioni. Per capirne di più, dietro quello che viene definito muro d’incenso, bisogna pazientemente analizzare il testo del documento liberandolo dal guscio letterario che lo contiene ma anche lo nasconde.
Il rivestimento serve a dare un’immagine di autorevolezza ai deliberati, collegandoli a una antica tradizione e presentandoli come frutto di un lavoro di discernimento su base biblica e, in specie, evangelica. Il discernimento, nei termini in cui se ne è trattato nei lavori sinodali, è un concetto derivato dagli insegnamenti di Ignazio di Lojola, fondatore dei gesuiti, (1491-1556) e significa decidere individuando nella propria coscienza ciò che è secondo Dio, ciò che richiede, in una prima fase, di individuare bene l’oggetto della decisione e le alternative possibili e, nella seconda fase, di stabilire, in coscienza, quale di queste ultime corrisponde al volere di Dio. Decidere in coscienza significa non farlo solo secondo il principio della maggiore utilità economica del risultato ma anche sulla base della propria coscienza. Questo mette in questione l’emotività personale mediata dai propri riferimenti dottrinali e biblici, vale a dire ciò che si intende per spiritualità personale, che è al centro degli insegnamenti evangelici e che li rende così coinvolgenti nell’interiorità.
Tuttavia quando si progettano le organizzazioni sociali e i loro metodi ciò che è utile per la spiritualità non lo è sempre per capire bene l’oggetto del decidere e soprattutto il contesto sociale in cui è sorta l’esigenza di una decisione e le forze sociali in campo. Ecco quindi la necessità preliminare di aprire l’involucro omiletico dei documenti del magistero (vale a dire ciò che li rende simili ad un’omelia e meno ad una legge, della quale tuttavia per definizione hanno anche il valore).
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
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[Ricerca mediante ChatGPT di OpenAI del 29-10-24]
1. Il discernimento nella spiritualità ignaziano. Nel pensiero di Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, il "discernimento" è un processo spirituale fondamentale per distinguere e comprendere le mozioni interiori che spingono verso Dio e quelle che, invece, allontanano da Lui. Per Ignazio, il discernimento è l'arte di riconoscere l'azione dello Spirito Santo nelle proprie emozioni, pensieri e desideri, distinguendo ciò che promuove una relazione più autentica con Dio da ciò che la ostacola.
Il discernimento ignaziano si basa sull'idea che l’anima umana sia sempre soggetta a forze contrastanti: il "buon spirito," che porta alla pace interiore e alla gioia in Dio, e il "cattivo spirito," che causa inquietudine, turbamento e allontanamento spirituale. Ignazio elaborò queste intuizioni nelle sue **Regole per il discernimento degli spiriti**, inserite negli *Esercizi Spirituali*, un manuale di preghiera e riflessione per coloro che desiderano intraprendere un percorso spirituale.
Nel contesto della spiritualità gesuitica, il discernimento è un'attitudine continua che va coltivata per prendere decisioni illuminate dalla volontà divina, cercando sempre di "cercare e trovare Dio in tutte le cose". Questa pratica va oltre una singola scelta e diventa una modalità di vita in cui ogni decisione, piccola o grande, è orientata alla maggior gloria di Dio (ad maiorem Dei gloriam). Ignazio invita a osservare attentamente i moti dell'anima, prestando attenzione ai segni di "consolazione" e "desolazione," che possono indicare se si sta percorrendo la via giusta o ci si sta allontanando.
In sintesi, il discernimento nella spiritualità ignaziana non è solo un metodo per risolvere dilemmi o fare scelte, ma è una disciplina spirituale che cerca di mantenere l'anima aperta alla presenza e alla guida divina in ogni momento.