Cattolicesimo democratico 38
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Valori aggiunti
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[da: Vittorio Emanuele Giuntella, La religione amica della democrazia. I cattolici democratici del Triennio rivoluzionario (1796-1799), Edizioni Studium, 1990]
[Questo volume] raccoglie alcuni scritti diffusi nel cosiddetto Triennio giacobino, che, più precisamente, va dall’estate del 1796 all’autunno del 1799, quando gli Stati della penisola uno dopo l’altro (qualcuno, come quello della Serenissima per pochi mesi del 1797 e quello toscano per poche settimane del 1799) furono «democratizzati»; ebbero, cioè, dei regimi costituzionali, sotto la tutela degli occupanti [i francesi rivoluzionari scesi in Italia con un’armata] e un rimaneggiamento dei territori per la soppressione dei ducati [ducati di Parma-Piacenza, di Modena-Reggio, di Massa-Carrara, di Lucca e l’annessione di essi, delle Legazioni [Le Legazioni erano delle province dello Stato Pontificio situate nel nord-est dell'Italia, che avevano un grado speciale di autonomia amministrativa. Erano governate da un "Legato", un rappresentante del Papa con poteri sia amministrativi che giudiziari. Le principali Legazioni erano quelle di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì – ChatGPT di Open AI 19-10-24] e di una porzione notevole dello Stato della Chies alla Repubblica Cisalpina.
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La pietra angolare
da: Riccardo Bartoli, I diritti dell’uomo. Catechismo cattolico-democratico, del cittadino Riccardo Bartoli, frate Minore Osservante, pubblicato in Reggio Emilia nel 1797 dall’editore Davolio
Ora si richiamino i popoli all’esatto adempimento di tutte le regole della divina carità del Vangelo, e li avremo di nuovo quei virtuosissimi democratici, che furono con tanta sorpresa ammirati dal mondo ai giorni felici dei Santi Apostoli: Act. Apost. cap.4, v.32, et sequent [Atti degli apostoli, capitolo 4, versetti 32 e seguenti]. Osta ella forse a questa divina pratica la presente nostra Repubblicana democrazia o non è anzi lo stesso, che insinua, ed esige da noi? Sbandiamo affatto da noi in uno con tutte le insegne dell’alterigia i sentimenti odiosissimi dell’egoismo e della superbia, consideriamoci tutti un impasto della medesima creta; riconosciamoci tutti sinceramente un solo ritratto esprimente nel più ricco egualmente che nel più povero la stessa augustissima immagine del Creatore; ascoltiam vivamente il sentimento della natura e molto più della Grazia alla vista delle miserie dei nostri fratelli e non esiteremo un momento a tenerci per loe eguali come in faccia di Gesù Cristo, così in faccia alla legge civile, in faccia alla patria. Può egli vantarsi vero cristiano colui che non abbia in cuore e non pratichi cotesti sacrosanti adorabili sentimenti? Egli è dunque tutt’uno «il dire popolo perfettamente cristiano e il dire popolo fedele osservatore della più pura democrazia». Non vi ha che il fine del loro operare che li possa distinguer tra loro. «Non vi è governo, che più rispetti le massime della nostra Religione, che più ne adotti i principi (del democratico). E non vi è Religione che più della cristiana si conformi ad un governo democratico, ossia popolare il di cui principio è la virtù, ossia l’amore dei nostri simili». Così definisce una dotto prelato italiano in una sua enciclica, tutta ridondante il vero spirito del Buon Pastore evangelico, il vescovo di Brescia. Questa perfetta eguaglianza adunque, massime se sostenuta dallo spirito del Vangelo, sarà la gran pietra angolare, su di cui immobile reggerà la Repubblica.
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[da Jacques Maritain, Cristianesimo e democrazia, in Man in Contemporary Society, volume 2°, pubblicato da Columbia University Press, 1955, contenuto, in traduzione in italiano, in Maria Teresa Vigliolia, Riflessioni di Jacques Maritain e Norberto Bobbio, Booksprintedizioni.it, 2014, in ebook sulla piattaforma Feltrinelli-Ibs]
La vera essenza della democrazia
Le idee e le aspirazioni di cui ho appena parlato caratterizzano la mentalità e la filosofia democratico dell’uomo e della società, sotto l’influenza del fermento evangelico in atto nel mondo, e dove presero forma nella coscienza laica. Durante il Diciannovesimo secolo, particolarmente in Europa, come conseguenza della più assurda delle contraddizioni, queste idee e aspirazioni furono incluse nella cosiddetta filosofia dell’emancipazione del pensiero che le privò della loro essenza, le ripudiò e le distrusse, tutto mentre si fingeva di “spegnere le stelle” in nome della scienza, e di trasformare l’uomo in una scimmia senz’anima, tanto che i casi di mutazioni zoologiche si rivelarono favorevoli. Da sole, tuttavia, queste idee e queste aspirazioni rimasero e sempre rimarranno essenzialmente legate al messaggio Cristiano e all’azione di una stimolazione nascosta che questo messaggio esprime al massimo la coscienza laica del mondo.
Tutto questo perché, come detto sopra, l’impeto democratico esplode nella storia come una manifestazione temporanea di ispirazione evangelica. Gli statisti lo sanno bene, ed è non senza una ragione che nella loro difesa della democrazia, oggi invocano il Sermone della Montagna. Nel suo messaggio del 4 gennaio 1939 , che si è detto contenga “il profilo di quella ricostruzione nella loro filosofia morale che le democrazie devono garantire se vogliono sopravvivere”, il presidente Roosevelt [Franklin Delano Roosevelt, presidente statunitense dal 1933 al 1945] evidenziava il fatto che la democrazia, il rispetto per la persona umana, per la libertà, e per la buona fede internazionale trovano i loro più sani fondamenti nella religione e che esse procurano alla religione le migliori garanzie. Di recente egli affermava: «Noi (le Nazioni Unite) cercheremo … La costituzione di un ordine internazionale nel quale lo spirito di Cristo guiderà il cuore degli uomini e delle nazioni».
In un importante discorso rilasciato l’8 maggio del 1943, Henry A. Wallace, vicepresidente degli Stati Uniti, dichiarò a sua volta: «l’idea di libertà … deriva dalla Bibbia con la sua straordinaria enfasi sulla dignità dell’individuo. La democrazia è l’unica vera espressione politica della Cristianità». Verso la fine della sua vita Chateaubriand espresse lo stesso pensiero [Francois-René Chateaubriand (1768-1848), aristocratico francese, rifugiatosi a Londra nell’epoca della rivoluzione in Francia, per breve tempo funzionario dell’amministrazione napoleonica, dopo la Restaurazione della monarchia dei Borbone, diplomatico e ministro, fortunato autore di vari testi in cui propose il cristianesimo come principio di riforma sociale]. Nel suo libro, Le due fonti della moralità e della religione, Henry Bergson [1859-1941, filosofo francese, nato da genitori ebrei, fautore di una società aperta. Vedi alla nota ulteriori informazione] asserì che «dal momento che nel motto repubblicano “la fratellanza è cosa essenziale”, dobbiamo constatare che la democrazie è sostanzialmente evangelica». Per sfortuna e a causa della confusione delle idee del mondo moderno, Rousseau [Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), filosofo svizzero convertitosi al cattolicesimo, scrisse in francese, visse anche in Italia e in Francia, dove morì. E’ considerato uno dei principali esponenti dell’Illuminismo (v. nota 2)] e Kant [Immanuel Kant (1707-1804). Filosofo tedesco, considerato un altro dei principali esponenti dell’Illuminismo (v.nota 2)] rivestirono il pensiero democratico con le loro formule sentimentali e filosofiche. Sappiamo, tuttavia, quanto Kant francese debba al suo pietismo [vedi alla nota 3] e Rousseau all’interazione con il Cattolicesimo. Le fonti di un ideale democratico devono essere ricercate molti secoli prima di Kant e Rousseau. Non soltanto lo spirito democratico deriva dall’ispirazione evangelica, ma non potrebbe esistere senza.
Per continuare a credere al progresso dell’umanità, nonostante tutte le tentazioni fornite dalla storia, e in particolare della storia contemporanea, per la disperazione dell’uomo; aver fede nella dignità della persona e nell’umanità comune, nei diritti umani e nella giustizia, vale a dire, essenzialmente, nei valori spirituali; avere, non con le formule, ma nella realtà, il senso e il rispetto della dignità delle persone, che è una dignità spirituale rivelata a chiunque sappia come amare; sostenere e resuscitare un senso di uguaglianza senza cadere in un egualitarismo livellante; rispettare l’autorità, sapendo che i suoi detentori sono solo uomini, come coloro che governano, e ottengono la fiducia degli altri attraverso il consenso o la volontà delle persone di cui sono vicari o rappresentanti; credere nella santità della legge e nell’efficace virtù – a lungo raggio – della giustizia politica di fronte ai trionfi scandalosi della falsità e della violenza; avere fede nella libertà e nella fratellanza, un’ispirazione eroica e una convinzione eroica sono necessari per rafforzare e animare la ragione, che nessun altro, eccetto Gesù Cristo, portò nel mondo.
[…]
Comprendiamo che al fine di godere i privilegi da adulti nella vita politica senza correre il rischio di fallimento, un popolo deve essere in grado di agire da adulto: poi capiremo che l’era non è ancora passata quando per la forza stessa della democrazia – una forza giusta- separata dal suo ruolo normale di presidio della società, deve ancora giocare un ruolo di protezione contro il ritorno di un istinto di dominazione, sfruttamento o egoismo anarchico. Soprattutto capiremo tutti che, al fine di limitare il più possibile, ed eliminare per gradi queste funzioni sussidiarie di forza, la democrazia ha bisogno più che mai di realizzare e far perdurare il fermento evangelico.
Il durevole avvento dello spirito democratico e della filosofia democratica di vita richiedono l’energia del Vangelo per penetrare l’esistenza laica, addomesticando l’irrazionale con la ragione e incorporandola nel dinamismo vitale delle tendenze e degli istinti naturali, al fine di modellare e stabilizzare nel più profondo subconscio quei riflessi, abitudini e virtù senza le quali l’intelletto, che guida l’azione, fluttua nel vento, distruggendo l’egoismo nell’uomo.
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I due testi che ho trascritto sono stati pubblicati a distanza di circa un secolo e mezzo, ma sviluppano una medesima linea argomentativa: i valori democratici hanno origine evangelica.
L’azione e il pensiero del filosofo francese Jacques Maritain [vedi informazioni a note 5 e 6], autore del secondo, furono molto importanti nella stesura, nel 1948, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, documento che venne preso di riferimento per convenzioni concluse a livello regionale, in particolare dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo del 1950, che ha forza di legge in Italia, e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, entrata in vigore il 1 dicembre 2009 insieme al Trattato di Lisbona, che, quale diritto europeo, viene applicato dai giudici italiani nel caso di contrasto tra diritto europeo e diritto nazionale, salvo alcuni limiti nel caso di contrasto con principi costituzionali italiani (vedi maggiori informazioni a nota 7).
Il problema è che la storia non conferma che la democrazia come la si è praticata dalla fine del Settecento a partire dall’Europa occidentale e progressivamente, in molte varianti, nella maggior parte dei sistemi politici del mondo, derivi da uno sviluppo di principi evangelici, semplicemente per il fatto che nel vangelo predicato dal Maestro la politica semplicemente non c’è, in particolare quella democratica.
Ma non solo.
Lo sviluppo dei sistemi politici democratici contemporanei ha visto la dura opposizione delle Chiese cattolica e ortodosse e anche di alcune correnti del protestantesimo. Questo in particolare in Italia, dove si abbatté più duramente la condanna di un cattolicesimo democratico nel senso politico, quindi della democrazia cristiana di cui ne scrissero Bartoli e Maritain, fatta con l’enciclica Le gravi dispute sulla questione sociale - Graves de communì re del 1901, del papa Leone 13º.
Di una democrazia cristianizzata si cominciò a parlare solo nel Medioevo europeo nell’esperienza dei Comuni-Stati e naturalmente nella costruzione della democrazia inglese (vedi ulteriori informazioni alla nota 8).
I valori religiosi cristiani che sono stati mediati nelle democrazie contemporanee, e che certamente vi sono, scaturiscono, poi, da sviluppi recenti del pensiero sociale cristiano, che indubbiamente fa riferimento a valori evangelici.
I principi fondamentali delle prassi democratiche emersero storicamente e furono teorizzati prima della venuta tra noi del Maestro e dello sviluppo dei cristianesimi e furono assimilati da alcuni di questi ultimi dal Medioevo, senza che però vi fosse la democrazia come oggi la si pensa, in particolare rispettosa dei diritti fondamentali umani, integrata con diritti fondamentali sociali, ad esempio il diritto al lavoro e dei diritti dei lavoratori, per cui nella nostra Costituzione si legge che la Repubblica Italiana è una democrazia fondata sul lavoro.
Va tenuto conto che, come risulta in quasi tutti i processi democratici storicamente affermatisi prima della Seconda Guerra mondiale, lo sviluppo delle democrazie non fu rispettoso della dignità delle persone umane in senso evangelico, perché fu pieno di violenza, come del resto anche nello sviluppo dei sistemi ecclesiastici fino a quando le democrazie li privò del potere di punire i dissenzienti anche con morte, altre pene corporali e reclusione. E le democrazie, a parte quelle federate nell’Unione Europea, ma solo nei rapporti tra di esse, furono (e sono) molto aggressive verso l’esterno e quindi non considerarono (e non considerano) la pace internazionale come un valore fondamentale.
Insomma, i valori cristiani aggiunti ai principi democratici oggi generalmente professati non risalgono alle origini o a una tradizione antica, ma al pensiero sociale dei cristiani contemporanei.
Mario Ardigò – Aziona Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
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[Ricerche mediante ChatGPT di OpenAI del 19 e 20-10-24]
1.Henry Bergson.
Henry Bergson, filosofo francese del XIX e XX secolo, ha sviluppato una filosofia morale e sociale centrata sull'importanza della vita e del dinamismo creativo. Le sue idee si distaccano dall'intellettualismo razionale per dare enfasi all'intuizione e alla spontaneità vitale, due concetti chiave nel suo pensiero. Ecco una sintesi dei suoi punti principali riguardanti la morale e la società:
### 1. **Moralità chiusa e moralità aperta**:
- **Moralità chiusa**: Bergson distingue tra due tipi di moralità. La **moralità chiusa** si riferisce a una moralità rigida e statica, che sorge all'interno delle società organizzate. È caratterizzata da norme e leggi che mantengono l'ordine e la coesione sociale. Questa moralità è spesso conservatrice, poiché protegge le tradizioni e le istituzioni.
- **Moralità aperta**: In contrapposizione, la **moralità aperta** è dinamica e universale. Non è vincolata da strutture sociali rigide, ma nasce dall'intuizione creativa e dall'amore verso l'umanità in generale. Essa si riflette in figure carismatiche come i santi o i profeti, che incarnano un'azione etica che va oltre i confini delle convenzioni sociali.
### 2. **L'Élan Vital** (Slancio vitale):
- Al centro della filosofia bergsoniana si trova il concetto di **élan vital**, una forza vitale che pervade la vita e guida la creatività e l'evoluzione. Questo principio non è solo biologico ma anche morale: la vita morale, secondo Bergson, deve seguire lo stesso dinamismo creativo che caratterizza la vita in generale. Per vivere autenticamente, bisogna aprirsi a questa forza creativa e all'intuizione, che permette una moralità autentica e una comprensione profonda della realtà.
### 3. **Intuizione contro l'intelletto**:
- Bergson critica la ragione pura e l'intelletto, che tendono a frammentare e irrigidire l'esperienza umana. L'intelletto è utile per le questioni pratiche e materiali, ma insufficiente per comprendere la vita morale e il dinamismo creativo. In questo senso, propone l'**intuizione** come una forma di conoscenza più profonda, che permette di cogliere il flusso continuo della vita e la vera essenza del vivere morale.
### 4. **Società chiusa e società aperta**:
- Così come nella sfera morale, Bergson distingue tra una **società chiusa** e una **società aperta**. Le società chiuse sono caratterizzate da una struttura gerarchica e un sistema di valori rigido, orientato alla sopravvivenza del gruppo. Le società aperte, invece, sono quelle che abbracciano l'amore universale e la giustizia, ispirandosi a una visione più alta e dinamica dell'umanità.
### 5. **Misticismo e religione**:
- Bergson ritiene che i mistici siano gli esempi più alti di moralità aperta. Essi vivono in uno stato di intuizione diretta e creativa, oltrepassando le regole imposte dalle società chiuse. In quest'ottica, la religione ha due volti: una **religione statica**, che serve a mantenere l'ordine sociale, e una **religione dinamica**, rappresentata dall'esperienza mistica e dall'amore universale.
### 6. **Libertà e creatività**:
- La libertà, per Bergson, non è un'assenza di vincoli, ma la capacità di agire in armonia con lo slancio vitale e il dinamismo creativo. L'essere umano è veramente libero quando segue l'intuizione, e non le convenzioni sociali, vivendo una vita creativa che supera le barriere imposte dalla morale chiusa.
In sintesi, la filosofia morale e sociale di Henry Bergson pone l'accento sul dinamismo creativo, l'intuizione e l'amore universale, come chiavi per trascendere la rigidità delle norme sociali e vivere una vita autentica e moralmente elevata.
2. Illuminismo
L'Illuminismo fu un movimento culturale del XVIII secolo che promosse l'uso della **ragione** come mezzo per comprendere il mondo e migliorare la società. I suoi principi fondamentali includevano la **libertà individuale**, il **progresso scientifico**, la **tolleranza religiosa** e la **critica delle autorità** tradizionali, come la monarchia e la Chiesa.
Tra i principali pensatori vi furono **Voltaire**, **Rousseau**, **Montesquieu** e **Kant**. Essi sfidarono il dogmatismo e sostennero riforme politiche, sociali ed educative. L'Illuminismo ebbe un ruolo chiave nell'ispirare eventi come la **Rivoluzione americana** e la **Rivoluzione francese**, portando a una trasformazione radicale delle istituzioni politiche e sociali.
Il movimento contribuì alla nascita del **pensiero moderno**, enfatizzando l'importanza dei diritti umani, della democrazia e dell'uguaglianza.
3. Pietismo
Il **pietismo** è un movimento religioso nato in Germania nel XVII secolo all'interno del luteranesimo. Esso si sviluppò come una reazione al formalismo e alla rigidità dottrinale della Chiesa luterana ufficiale, mettendo l'accento sulla spiritualità personale, la devozione sincera e una vita cristiana vissuta in modo coerente.
### Caratteristiche principali:
1. **Spiritualità personale**: Il pietismo promuoveva un rapporto intimo e personale con Dio, basato sulla preghiera e sulla lettura della Bibbia. La fede non era vista solo come accettazione intellettuale di dottrine, ma come esperienza vissuta e interiore.
2. **Riforma morale**: Uno dei punti centrali del pietismo era l'importanza di una moralità pratica e di un comportamento cristiano esemplare nella vita quotidiana, contro la decadenza morale che i pietisti vedevano nella società e nella Chiesa del loro tempo.
3. **Conventicoli e piccole comunità**: I pietisti formarono piccoli gruppi di studio biblico e di preghiera, noti come **conventicoli**, in cui i fedeli potevano sostenersi a vicenda nel loro cammino spirituale.
4. **Educazione e opere sociali**: Il movimento pietista promosse l'educazione, sia religiosa che laica, e fu attivo nel campo delle opere di carità. Fondarono scuole e orfanotrofi, sostenendo una visione cristiana di impegno sociale.
### Storia:
Il pietismo fu avviato da **Philipp Jakob Spener**, pastore luterano che nel 1675 pubblicò il suo testo fondamentale, il *Pia Desideria*, in cui esprimeva la necessità di rinnovare la fede attraverso la devozione personale e la riforma morale. Questo testo segnò l'inizio del movimento.
Un altro esponente di rilievo fu **August Hermann Francke**, che si concentrò sull'educazione e le opere sociali, fondando scuole e ospedali. Il pietismo influenzò non solo il luteranesimo, ma anche altri movimenti religiosi, come il metodismo di John Wesley in Inghilterra.
Nel tempo, il pietismo perse parte della sua forza innovativa, ma la sua eredità rimase nell'accento sulla spiritualità personale e sull'importanza della vita morale.
4.Jacques Maritain
**Jacques Maritain** (1882-1973) è stato uno dei filosofi cattolici più influenti del XX secolo, legato al movimento del neo-tomismo, che rivitalizzò il pensiero di San Tommaso d'Aquino. Nato a Parigi, Maritain studiò alla Sorbona, dove fu inizialmente influenzato da correnti filosofiche come il positivismo e l'idealismo. Tuttavia, sotto l'influenza della moglie Raïssa Oumançoff, ebrea convertita al cattolicesimo, e grazie all'amicizia con il poeta Charles Péguy, si avvicinò al cristianesimo e si convertì al cattolicesimo nel 1906. Questa conversione fu il punto di svolta della sua vita e della sua filosofia.
### Linee principali del pensiero di Maritain
Maritain è noto per il suo tentativo di conciliare la fede cattolica con il pensiero moderno, riprendendo la filosofia di San Tommaso d'Aquino e adattandola alle sfide del mondo contemporaneo. Il suo pensiero si sviluppa lungo tre linee principali:
1. **Tomismo integrale**: Maritain sostiene che la filosofia di San Tommaso sia una guida preziosa per affrontare i problemi moderni, e promuove un ritorno a una visione filosofica realista basata sull'idea che l'intelletto umano può conoscere la realtà oggettiva. Per Maritain, la metafisica tomista offre una visione completa e integrata dell'essere umano e del mondo.
2. **Personalismo cristiano**: Maritain elaborò una filosofia della persona incentrata sulla dignità umana. Contrariamente a individualismo e collettivismo, il personalismo di Maritain riconosce l'uomo come un essere sociale, dotato di diritti inviolabili, ma anche orientato verso un fine trascendente. Per lui, la persona ha una vocazione divina e deve cercare il bene comune nella società.
3. **Politica e diritti umani**: Maritain è stato un importante teorico della democrazia cristiana. Promosse una visione della politica ispirata ai valori cristiani, dove la libertà religiosa e i diritti umani sono centrali. Questo pensiero si riflette nel suo contributo alla **Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo** del 1948, dove propose che diverse tradizioni culturali e filosofiche potessero convergere su un'idea comune di diritti, anche se per ragioni diverse.
### Opere principali
- **"Antimoderne" (1922)**: In questo testo, Maritain critica il relativismo e lo scetticismo della filosofia moderna, difendendo un ritorno al realismo metafisico di San Tommaso d'Aquino. Sostiene che la modernità abbia smarrito i fondamenti della verità oggettiva, causando una crisi del pensiero.
- **"Distinguer pour unir, ou les degrés du savoir" (1932)**: Maritain esplora i diversi livelli di conoscenza umana (scientifica, filosofica, teologica), cercando di dimostrare che ognuno di essi ha una propria legittimità e specificità. Propone che la filosofia, pur distinta dalla teologia, debba essere aperta alla trascendenza e alla rivelazione divina.
- **"Humanisme intégral" (1936)**: Questo è uno dei suoi lavori più influenti, in cui delinea un nuovo modello di umanesimo cristiano, che concili la fede con il progresso sociale e politico. Qui Maritain propone una visione politica che incoraggi la costruzione di una società basata sulla dignità della persona e sui diritti umani.
- **"Les droits de l'homme et la loi naturelle" (1942)**: In questo saggio, Maritain difende l'idea che i diritti umani derivano da una legge naturale, inscritta nella natura stessa dell'uomo. Questa opera ha avuto un'influenza importante nella formulazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
- **"Le paysan de la Garonne" (1966)**: È una riflessione critica sul Concilio Vaticano II e sulle trasformazioni del mondo moderno. Maritain avverte contro una modernizzazione della Chiesa che rischia di abbandonare le sue radici spirituali e dottrinali.
### Sintesi del pensiero
Maritain rappresenta una delle figure chiave nel rinnovamento del pensiero cattolico nel XX secolo. La sua filosofia si fonda sull'idea che la ragione e la fede non solo sono compatibili, ma si completano a vicenda. Difensore della dignità umana e dei diritti naturali, Maritain ha offerto un modello di democrazia ispirata ai principi cristiani, profondamente rispettosa della libertà e della giustizia.
5. Ruolo del filosofo francese Jacques Maritain nell’elaborazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, deliberata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
L'elaborazione e la deliberazione della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo" (DUDU), adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 [testo all’indirizzo WEB https://www.ohchr.org/sites/default/files/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf ] è stata il risultato di un lungo e complesso processo di discussione internazionale, che ha coinvolto vari organi dell'ONU, compresa una Commissione istituita dall'UNESCO e presieduta dal filosofo francese Jacques Maritain.
### Il contesto dell'elaborazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e i crimini commessi durante l'Olocausto, la comunità internazionale sentì l'urgenza di stabilire una serie di principi universali che garantissero i diritti fondamentali di ogni essere umano, indipendentemente dalla nazionalità, dal credo religioso o dall'origine etnica. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo fu pensata come una risposta a questa necessità, rappresentando un ideale condiviso a livello globale.
### La Commissione dell'UNESCO e il ruolo di Jacques Maritain
L'UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) ebbe un ruolo fondamentale nella discussione e nella promozione dei diritti umani. Nel 1947, istituì una Commissione speciale per raccogliere opinioni e riflessioni da parte di esperti di tutto il mondo sulla natura e l'universalità dei diritti umani. Questa Commissione, incaricata di studiare i fondamenti filosofici dei diritti umani e di proporre linee guida per l'elaborazione della Dichiarazione, fu presieduta dal filosofo cattolico francese **Jacques Maritain**.
#### Jacques Maritain e la pluralità culturale
Maritain, un pensatore influente nel campo del personalismo cristiano, sostenne un'idea chiave: **i diritti umani potevano essere riconosciuti e accettati in tutto il mondo, anche se da diverse prospettive filosofiche, religiose e culturali**. Pur venendo da contesti differenti, le varie culture del mondo potevano raggiungere un consenso sui diritti fondamentali, pur rimanendo fedeli alle proprie tradizioni. Questo principio divenne una base importante per il lavoro della Commissione e influenzò notevolmente i lavori successivi.
Maritain promosse il dialogo tra diverse tradizioni culturali e religiose, favorendo un clima di cooperazione per trovare una base comune su cui costruire un documento universale. Nonostante le differenze tra paesi di tradizioni politiche e culturali molto distinte, il contributo di Maritain aiutò a delineare un quadro concettuale che consentisse di parlare di diritti umani in modo condiviso.
### Il lavoro preparatorio dell'UNESCO
La Commissione dell'UNESCO, sotto la presidenza di Maritain, raccolse contributi da pensatori, intellettuali e filosofi provenienti da tutto il mondo. Tra i partecipanti ci furono filosofi e studiosi come **Mahatma Gandhi**, **Aldous Huxley**, **Benedetto Croce** e **Teilhard de Chardin**, tra molti altri. Questi contributi furono pubblicati dall'UNESCO in una raccolta intitolata *"I diritti umani: commenti filosofici"* (*Human Rights: Comments and Interpretations*), che servì da base per la discussione successiva.
Le domande principali che la Commissione dell'UNESCO tentò di rispondere includevano:
- Qual è la natura dei diritti umani?
- Qual è la loro origine?
- Possono i diritti umani essere considerati universali, o sono un prodotto di una particolare cultura o civiltà?
Grazie al contributo intellettuale di Maritain e altri, la Commissione concluse che, nonostante le diverse visioni del mondo, poteva esistere una comune comprensione pratica dei diritti umani.
### La Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite
Parallelamente al lavoro dell'UNESCO, un altro organismo cruciale per l'elaborazione della Dichiarazione fu la **Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite**, creata nel 1946 e presieduta da **Eleanor Roosevelt**. Questa Commissione aveva il compito operativo di redigere il testo della Dichiarazione.
Il lavoro di redazione della Dichiarazione fu guidato da un gruppo ristretto all'interno della Commissione, che includeva rappresentanti di diverse regioni del mondo:
- **René Cassin** (Francia), che ebbe un ruolo chiave nella stesura finale del documento.
- **Charles Malik** (Libano), che fu un importante filosofo e diplomatico.
- **Peng Chun Chang** (Cina), che introdusse prospettive culturali orientali.
- **John Humphrey** (Canada), direttore della Divisione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che preparò la prima bozza.
### L’adozione della Dichiarazione
Il lavoro combinato della Commissione UNESCO, presieduta da Jacques Maritain, e della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite portò alla stesura finale della Dichiarazione. Dopo intensi negoziati, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo fu adottata dall'Assemblea Generale il 10 dicembre 1948, con 48 voti a favore, 8 astensioni (principalmente da parte dei paesi socialisti e arabi) e nessun voto contrario.
### Significato della Dichiarazione
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo è considerata uno dei documenti fondamentali della storia contemporanea. Essa enuncia 30 articoli che definiscono i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, riconosciuti come inerenti a tutti gli esseri umani. Anche se non è giuridicamente vincolante, ha ispirato una serie di trattati internazionali e ha influenzato profondamente il diritto internazionale sui diritti umani.
In sintesi, il ruolo di Jacques Maritain e della Commissione dell'UNESCO fu cruciale per fornire un quadro teorico e filosofico che permise di raggiungere un consenso internazionale sui diritti umani, rendendo la Dichiarazione Universale un documento veramente universale.
6. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo
La **Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo** (CEDU) è un trattato internazionale adottato il 4 novembre 1950 dal Consiglio d'Europa a Roma, ed entrato in vigore il 3 settembre 1953. Essa rappresenta uno dei più importanti strumenti giuridici per la protezione dei diritti umani in Europa e ha avuto un impatto significativo sia sul diritto internazionale che su quello interno degli Stati membri. La CEDU fu concepita dopo la Seconda Guerra Mondiale, ispirata alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, e nasce con lo scopo di garantire che tali diritti fondamentali fossero protetti in modo concreto.
### Struttura e contenuti principali della CEDU
La Convenzione è composta da un preambolo e da una serie di articoli che delineano i diritti e le libertà che gli Stati firmatari devono rispettare. I diritti principali garantiti includono:
- **Diritto alla vita** (Art. 2): Lo Stato ha l'obbligo di proteggere la vita di ogni individuo.
- **Divieto di tortura** (Art. 3): Proibisce la tortura e i trattamenti inumani o degradanti.
- **Diritto alla libertà e alla sicurezza** (Art. 5): Garantisce che nessuno possa essere privato della libertà se non secondo quanto previsto dalla legge.
- **Diritto a un equo processo** (Art. 6): Garantisce il diritto a un processo equo, pubblico e in tempi ragionevoli.
- **Diritto al rispetto della vita privata e familiare** (Art. 8): Protegge la privacy e la vita familiare da interferenze ingiustificate.
- **Libertà di pensiero, coscienza e religione** (Art. 9): Tutela la libertà religiosa e di coscienza.
- **Libertà di espressione** (Art. 10): Salvaguarda la libertà di opinione e informazione.
- **Divieto di discriminazione** (Art. 14): Assicura che i diritti previsti dalla Convenzione siano goduti senza discriminazioni di alcun tipo.
### Meccanismo di protezione: La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
Uno degli aspetti più innovativi della CEDU è la creazione della **Corte Europea dei Diritti dell'Uomo** (CEDU), con sede a Strasburgo, che ha il compito di garantire che gli Stati membri rispettino gli obblighi previsti dalla Convenzione. La Corte è composta da un giudice per ciascun paese membro del Consiglio d'Europa, e le sue decisioni sono vincolanti per gli Stati.
Gli individui, gruppi di persone o Stati possono presentare ricorsi alla Corte se ritengono che un diritto sancito dalla CEDU sia stato violato. Prima di poter adire la Corte, tuttavia, è necessario che tutte le vie di ricorso interne del proprio paese siano state esaurite.
### Protocollo aggiuntivi
Oltre al testo originale, nel corso degli anni sono stati aggiunti diversi **Protocolli** alla Convenzione, che ne ampliano la portata e includono ulteriori diritti. Alcuni esempi significativi sono:
- **Protocollo 1**: Introduce il diritto alla proprietà, il diritto a elezioni libere e il diritto all'istruzione.
- **Protocollo 6**: Abolisce la pena di morte in tempo di pace.
- **Protocollo 12**: Estende il divieto di discriminazione a tutti i diritti garantiti dalla legge, e non solo a quelli inclusi nella Convenzione.
### Impatto e significato
La CEDU ha avuto un enorme impatto sullo sviluppo dei diritti umani in Europa. Ha fornito ai cittadini europei uno strumento per far valere i propri diritti contro lo Stato, creando un collegamento tra il diritto internazionale e il diritto nazionale. La giurisprudenza della Corte ha influenzato in modo significativo le legislazioni nazionali e ha contribuito all'evoluzione di standard comuni sui diritti umani tra gli Stati europei.
### Riforme e sfide
Nel corso degli anni, la CEDU e la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo hanno affrontato alcune sfide, tra cui l'aumento del numero di ricorsi. Diverse riforme, come il **Protocollo 14** (entrato in vigore nel 2010), sono state introdotte per migliorare l'efficienza della Corte e ridurre i tempi di attesa.
### Conclusione
La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo ha rappresentato un punto di svolta nella tutela dei diritti fondamentali in Europa. Essa non solo ha consolidato i diritti umani come pilastro del sistema europeo, ma ha anche creato un meccanismo giuridico unico, in grado di offrire protezione ai cittadini contro gli abusi statali. Con oltre 70 anni di storia, la CEDU continua a essere uno dei cardini della tutela internazionale dei diritti umani.
7. Diritto europeo e diritto italiano.
I **rapporti tra il diritto europeo** (in particolare il diritto dell'Unione Europea) e la **Costituzione italiana** si fondano su un delicato equilibrio tra il rispetto della sovranità nazionale e l'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. Questi rapporti si sono sviluppati nel corso degli anni attraverso sentenze della Corte costituzionale italiana e della Corte di giustizia dell'Unione Europea (CGUE), che hanno delineato i principi di interazione tra le due fonti normative.
### Principi fondamentali:
1. **Primato del diritto dell'Unione Europea**: Uno dei principi cardine del diritto europeo è quello del **primato** (o supremazia), secondo il quale il diritto dell'UE prevale sul diritto nazionale in caso di conflitto. Questo significa che, laddove vi sia un contrasto tra una norma dell'Unione e una norma nazionale (inclusa la legge ordinaria italiana), la prima ha la precedenza e le autorità nazionali devono applicarla.
2. **Effetto diretto**: Un altro principio chiave è quello dell'**effetto diretto**, che stabilisce che le norme dell'Unione Europea, soprattutto quelle derivanti dai Trattati e da alcuni regolamenti e direttive, possono essere immediatamente applicate dai giudici nazionali senza la necessità di ulteriori atti normativi interni.
3. **Adattamento dell'ordinamento italiano al diritto dell'UE**: L'Italia ha riconosciuto la sua appartenenza all'Unione Europea attraverso la **Costituzione**. L'articolo 11 della Costituzione italiana stabilisce che l'Italia può, "in condizioni di parità con gli altri Stati", limitare la sua sovranità per promuovere la pace e la giustizia tra le nazioni. Questo articolo ha fornito la base costituzionale per la partecipazione dell'Italia alle organizzazioni internazionali e, successivamente, all'integrazione europea.
4. **Articolo 117 della Costituzione**: Con la riforma costituzionale del 2001, l'articolo 117 è stato modificato per includere un chiaro riferimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. Questo articolo stabilisce che la potestà legislativa dello Stato italiano deve essere esercitata nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Questo ha rafforzato il legame tra il diritto dell'UE e l'ordinamento italiano, confermando che il legislatore nazionale deve rispettare il diritto europeo.
### Rapporti tra Corte costituzionale italiana e Corte di giustizia dell'Unione Europea:
Il rapporto tra la **Corte costituzionale italiana** e la **Corte di giustizia dell'Unione Europea (CGUE)** è stato centrale per chiarire la gerarchia delle norme tra il diritto europeo e quello nazionale.
- **Giurisprudenza iniziale della Corte costituzionale**: Nelle sue prime decisioni, la Corte costituzionale italiana tendeva a considerare la **Costituzione** come suprema rispetto al diritto europeo, rivendicando una certa autonomia dell'ordinamento interno. Tuttavia, con il tempo, la Corte ha accettato il principio del primato del diritto dell'UE, purché non violasse i principi fondamentali della Costituzione italiana.
- **Sentenza "Frontini" (1973)**: Questa sentenza è significativa perché la Corte costituzionale ha riconosciuto il principio del **primato** del diritto comunitario, ma ha affermato che non può violare i principi fondamentali della Costituzione. La Corte ha indicato che avrebbe controllato la compatibilità del diritto europeo solo nel caso in cui fosse in contrasto con i principi costituzionali fondamentali, introducendo così il concetto dei **"controlimiti"**.
- **I "controlimiti"**: I controlimiti sono principi fondamentali della Costituzione italiana che non possono essere sacrificati neppure in nome del primato del diritto europeo. La Corte costituzionale italiana ha stabilito che, se una norma europea entrasse in conflitto con questi principi, l'Italia non sarebbe tenuta a rispettarla. I controlimiti proteggono, ad esempio, i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione e la struttura repubblicana dello Stato.
### Recenti sviluppi:
Negli ultimi decenni, i rapporti tra il diritto europeo e la Costituzione italiana sono stati caratterizzati da una crescente armonizzazione. La Corte costituzionale italiana ha sempre più spesso riconosciuto il primato del diritto dell'UE, collaborando con la Corte di giustizia dell'Unione Europea per garantire un'applicazione uniforme del diritto europeo. Questo processo di "dialogo" tra le due corti ha contribuito a superare molte delle tensioni iniziali.
Tuttavia, la Corte costituzionale italiana ha mantenuto il suo ruolo di garante della Costituzione, riservandosi la possibilità di intervenire in caso di conflitto tra norme europee e principi costituzionali fondamentali, anche se casi di "controlimiti" effettivi sono stati rari.
### Conclusione:
Il rapporto tra il diritto europeo e la Costituzione italiana è caratterizzato da un **equilibrio dinamico**. Da un lato, l'Italia riconosce e rispetta il primato del diritto dell'UE, come sancito dai trattati europei e confermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Dall'altro lato, la Corte costituzionale italiana protegge i principi fondamentali della Costituzione attraverso il sistema dei "controlimiti", garantendo che il diritto europeo non comprometta i valori fondanti dell'ordinamento costituzionale italiano.
8. Lo sviluppo della democrazia inglese
La **democrazia inglese** ha radici antiche e si è sviluppata attraverso un lungo processo storico, che ha avuto origine nel Medioevo e si è consolidato nel corso dei secoli, fino a diventare il sistema parlamentare che conosciamo oggi. Il suo sviluppo è strettamente legato all'evoluzione delle istituzioni politiche e al progressivo trasferimento di poteri dal monarca ai rappresentanti eletti del popolo. Di seguito, le tappe fondamentali che hanno portato alla nascita della democrazia in Inghilterra.
### 1. **Magna Carta (1215)**
La Magna Carta, firmata dal re **Giovanni Senzaterra** nel 1215, è considerata uno dei documenti fondativi della democrazia inglese. Sotto la pressione dei baroni ribelli, il re fu costretto a concedere questo documento, che limitava il potere assoluto della monarchia e garantiva diritti fondamentali alla nobiltà e, indirettamente, al popolo. La Magna Carta introdusse per la prima volta l'idea che il re fosse soggetto alla legge e non al di sopra di essa, gettando le basi per la futura evoluzione costituzionale.
### 2. **Lo sviluppo del Parlamento (XIII-XIV secolo)**
Nel corso del XIII secolo, iniziarono a formarsi le istituzioni parlamentari inglesi. Nel 1295, durante il regno di **Edoardo I**, venne convocato il "Parlamento modello", un'assemblea composta da rappresentanti della nobiltà, del clero e delle città (i borghi). Questo parlamento comprendeva due camere: la **Camera dei Lord**, che rappresentava la nobiltà e il clero, e la **Camera dei Comuni**, che includeva rappresentanti eletti delle città e dei distretti rurali.
Il Parlamento iniziò ad acquisire un ruolo sempre più importante, specialmente riguardo al controllo delle finanze pubbliche e alla tassazione. La monarchia, per finanziare le guerre e le altre attività governative, doveva richiedere l'approvazione del Parlamento per imporre nuove tasse.
### 3. **La Guerra Civile Inglese e la Rivoluzione (1642-1651)**
Nel XVII secolo, i conflitti tra il re e il Parlamento riguardo al controllo del potere portarono a una crisi politica. Il re **Carlo I** tentò di governare senza il Parlamento e impose tasse senza il suo consenso, provocando una crescente tensione con i parlamentari. Questo conflitto sfociò nella **Guerra Civile Inglese** (1642-1651) tra i sostenitori del re (i "cavaliers") e quelli del Parlamento (i "roundheads").
La guerra si concluse con la vittoria delle forze parlamentari, guidate da **Oliver Cromwell**, e con la successiva esecuzione di Carlo I nel 1649. Per un breve periodo, l'Inghilterra divenne una **repubblica**, nota come Commonwealth, sotto la guida di Cromwell. Tuttavia, dopo la sua morte nel 1658, la monarchia fu restaurata nel 1660 con **Carlo II**, figlio di Carlo I, ma con limitazioni maggiori rispetto al passato.
### 4. **La Gloriosa Rivoluzione (1688)**
Un altro momento cruciale per la nascita della democrazia inglese fu la **Gloriosa Rivoluzione** del 1688. Dopo il regno di Carlo II, suo fratello **Giacomo II** cercò di restaurare il cattolicesimo e governare senza il Parlamento. Questo provocò un nuovo conflitto. I parlamentari, temendo un ritorno all'assolutismo, invitarono **Guglielmo d'Orange**, marito della figlia di Giacomo, Maria, a invadere l'Inghilterra e a prendere il trono.
Guglielmo e Maria salirono al trono con il consenso del Parlamento, e accettarono di governare rispettando il **Bill of Rights** (1689), una legge che limitava ulteriormente il potere del re e consolidava il ruolo del Parlamento. Il **Bill of Rights** stabilì che il sovrano non poteva sospendere le leggi approvate dal Parlamento, imporre tasse senza il suo consenso, o mantenere un esercito permanente in tempo di pace senza l'approvazione parlamentare.
### 5. **Il consolidamento del sistema parlamentare (XVIII-XIX secolo)**
Nel XVIII e XIX secolo, la democrazia inglese continuò a svilupparsi attraverso una serie di riforme politiche che ampliarono il diritto di voto e rafforzarono il ruolo della Camera dei Comuni rispetto a quello del monarca e della Camera dei Lord.
- **Reform Acts (1832, 1867, 1884)**: Questi atti progressivamente ampliarono il diritto di voto, estendendolo a una percentuale sempre maggiore della popolazione maschile. Il **Reform Act del 1832** fu particolarmente importante, poiché eliminò molti dei "borghi putridi" (circoscrizioni elettorali corrotte e sovrarappresentate) e ridistribuì i seggi parlamentari in modo più equo.
- **Act of Settlement (1701)**: Questo atto rafforzò l'indipendenza della magistratura e sancì che i futuri monarchi dovessero essere protestanti e governare secondo la volontà del Parlamento.
### 6. **Il sistema parlamentare moderno**
Con il passare dei secoli, l'Inghilterra sviluppò un sistema di **monarchia costituzionale** in cui il potere del monarca è simbolico e il potere legislativo è nelle mani del Parlamento. Il **Primo Ministro** divenne la figura politica dominante, nominato dal sovrano ma responsabile verso il Parlamento.
Il suffragio universale maschile fu raggiunto nel 1918, e il suffragio universale femminile nel 1928, segnando il completamento del percorso verso una vera democrazia rappresentativa.
### Conclusione
La democrazia inglese nacque attraverso un lungo e graduale processo di limitazione del potere monarchico e di espansione del ruolo del Parlamento e dei diritti dei cittadini. Questo sviluppo è stato segnato da momenti chiave come la Magna Carta, la Gloriosa Rivoluzione e le riforme parlamentari del XIX secolo, che portarono all'emergere di un sistema parlamentare che è oggi uno dei più antichi e stabili al mondo.