Cattolicesimo democratico – 33
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Nel groviglio sociale
Ogni azione su un corpo sociale, anche attuata con le migliori intenzioni, ha
un costo in termini di sofferenze umane. Non fa eccezione l’evangelizzazione
cristiana, che nelle Chiese è vissuta come una iniziativa salvifica, ma
in altri ambienti sociali come una minaccia, storicamente lo è realmente stata
e, bisogna aggiungere, non di rado il pericolo temuto si è avverato.
Quand’ero un ragazzo, negli anni ’70 del secolo scorso, che per un essere umano di oggi sono un periodo lontano, ma non nell’evoluzione delle società e tantomeno in quella della nostra specie, in relazione alla quale sono a meno di un battito di ciglia, tra le persone giovani si faceva un gran parlare di rivoluzione riecheggiando quello che si sentiva in società. I costumi sociali stavano cambiando, si manifestava una certa resistenza, e a quell’epoca anche gli ambienti ecclesiali cattolici erano molto più effervescenti di adesso e lo scontro con i conservatori vi era molto duro e non velato dall’attuale blanda ipocrisia, così tra chi seguiva i nuovi modi di vivere si pensava che fosse una buona idea di andare per le spicce, quindi lo si faceva, e questo veniva chiamato, appunto fare la rivoluzione. Piacevano le idee radicali e, come durante il Risorgimento nel secolo precedente, c’erano meno remore ad usare la violenza. Così la gente cominciò a morirci intorno. Persone che, come me, detestavano la violenza sociale, e non tanto per la sofferenza sociale che vi è implicata e la sopraffazione che ne è la sostanza - sono conseguenze di ogni azione sulla società, in misura minore o maggiore - ma perchè insensata - venivano poco considerate, se non disprezzate o addirittura considerate colluse con i ceti dominanti che resistevano al cambiamento. D'altra parte, i conservatori,dal canto loro, non si facevano tanti scrupoli a tagliare corto e a menare metaforicamente le mani.
Così è storicamente accaduto, in genere, nelle Chiese cristiane, che arrivarono
a livelli di efferatezza incredibili, dei quali raramente vedo consapevolezza
realistica tra la gente di fede, mentre gli ambienti più legati alla gerarchia
ecclesiastica tendono al giustificazionismo sostenendo che “a quei tempi” le
cose nel mondo andavano così e la gente di fede che si macchiò di quelli che
oggi consideriamo crimini contro l’umanità pensava di far bene. Insomma
si storicizza il giudizio e si valutano le cose con i criteri
del loro tempo, considerando l’intenzione virtuosa a prescindere dai disastri
sociali. Ma siamo poi veramente certi di essere tanto cambiati da allora?
La storicizzazione dovrebbe comprendere anche una presa di
distanza, che però io non vedo, ad esempio verso eventi stragisti come le
guerre di Crociata contro i mussulmani in Palestina,
addirittura ordinate dai Papi di Roma.
Dopo la Prima guerra mondiale (1914-1918) [si parla di questo periodo storico
come del primo dopoguerra], negli ambienti del socialismo marxista
italiano ci si divise, polemizzando aspramente, tra massimalisti e riformisti. I
primi, sull'esempio della sanguinosa ricoluzione comunista attuata in Russia
dal 1917 sotto la guida di Lenin, che aveva profondamente trasformato le
istituzioni, la stessa società civile e il sistema economico, abbattendo la
dinastia imperiale degli zar Romanov, volevano, mediante agitazioni
violente nelle piazze e nelle fabbriche, deporre la dinastia reale dei Savoia,
abbattere le istituzioni di democrazia liberale del Regno d'Italia e
sostituirle con un regime basato sulla partecipazione popolare ad imitazione di
quello sovietico russo, quindi su assemblee (in russo soviet) dei
lavoratori, instaurando al più presto un'economia socialista non fondata sul
capitalismo. Volevano ottenere al piu presto il massimo delle
aspirazioni socialiste. Erano i socialisti rivoluzionari, ai
quali appartenne, in un ruolo molto importante, anche Benito Mussolini,
diplomatosi in un istituto magistrale (per la formazione dei maestri elementari), brillante giornalista, oratore populista trascinante, persona di
indole violenta fin da piccolo. Egli poi, con molti altri, partecipò alla
fondazione del Partito Nazionale Fascista, del quale dagli anni '30 del
Novecento divenne il capo assoluto, riuscendo ad organizzare su di sé una sorta
di culto mistico, come Duce, guida suprema, addirittura uomo
della Providenza come venne definito dal papa Pio 11º, seguito da
molti altri nella Chiesa cattolica, per il fatto di aver concluso, come capo
del governo italiano, i Patti Lateranensi con il Papato. Da essi il Papato
conseguì la piena sovranità sulla Città del Vaticano, un ingente indennizzo per
la spoliazione dello Stato Pontificio e per altre che ne erano seguite,
benefici per il clero e una integrazione delle attività prettamente
pastorali nell'ordinamento istituzionale del Regno. Ai massimalisti si
contrapponevano i riformisti che si proponevano di cambiare
progressivamente la società e le sue istituzioni, ma anche la mentalità dei
più, attuando, appunto, riforme vale a dire organizzando
diversamente la società settore per settore, cercando di integrarle nel
contesto esistente, e anche riformando quest'ultimo per riuscirci meglio,
imparando dall'esperienza dove correggersi - perché di nessun progetto si può
veramente capire se funzioni prima di metterlo in atto. È questo sfruttando le
opportunità delle istituzioni democratiche, considerate borghesi -
e quindi un imbroglio a danno dei ceti popolari - da quegli altri, nel
presupposto, purtroppo spesso rivelatosi fallace, che, in un sistema dove a
tutto il popolo (dei soli uomini allora) era concesso il voto ed era stabilito che prevalesse la
maggioranza, le riforme a favore della gente che fino ad allora non aveva avuto
la meglio, i più perché le leve del potere erano prerogativa dei ceti più
ricchi e istruiti, avrebbero potuto essere varate. In un contesto, però, in cui
tutti convenivano di accettarle perché approvate secondo procedure condivise e
perché anche l'azione riformatrice non poteva ledere alcuni importanti diritti
della persona, e nell'intesa che ogni riforma potesse essere a sua volta
riformata secondo le stesse regole. Questo avrebbe diminuito la violenza
pubblica che è insita in ogni programma di riforma, nel quale si incide sempre
sull'asserro sociale esistente e questo, naturalmente, non è gradito da chi
fino ad allora ne ha beneficiato.
I massimalisti invece si proponevano di imporre la loro rivoluzione come irriformabile, nel presupposto di agire nell'interesse del proletariato, vale a dire dei più che dipendevano da altri per vivere dai quali ricevevano un salario per il lavoro svolto, e questo chiamavano dittatura del proletariato. Nella successiva esperienza pratica di tutti i regimi comunisti, massimalisti per definizione, si vide poi che la cosiddetta dittatura del proletariato infallibilmente evolveva in dittatura [non del proletariato ma] della ristretta oligarchia del partito che aveva accentrato la guida del processo rivoluzionario, con la conseguenza che quest'ultimo, su questi presupposti, convergeva inevitabilmente in un sistema sociale nel quale le risorse sociali andavano a beneficio solo degli oligarchi di partito e del ceto di funzionari a loro sottomesso. A riprova che ogni potere senza limiti sfocia inesorabilmente in un abuso di potere, come storicamente dimostrato in modo eclatante anche dalla storia delle gerarchie ecclesiastiche.
Intorno alle forze massimaliste spesso si crea un’epica del combattente che sollecita l’immaginazione e attira. Sembra che il tagliar corto e il menare le mani, cercando di sopraffare in questo modo le resistenze sociali, sia un modo efficace di risolvere i problemi, ma in realtà non fa che complicarli e crearne di nuovi a non finire. In una situazione di violenza e di caos, in cui la mappa delle reti sociali da cui dipende la nostra sopravvivenza diventa illeggibile, non si sa più come orientarsi, si vive giorno per giorno e non è più possibile fare progetti di lungo corso. Un processo rivoluzionario dovrebbe proporsi, naturalmente, di organizzare la società diversamente, riordinandola e uscendo da quella situazione, ma una volta che si sia dato avvio al disordine sociale non è facile riuscirci, specialmente se ci si propone di farlo affidandosi prevalentemente alla violenza pubblica diretta da uno dei centri di potere in lotta. Ricordiamo poi che nelle situazioni di conflitto collettivo fatalmente il potere decisionale tende ad accentrarsi in gruppi molto ristretti, con tutto ciò che ne consegue in tema di opportunità per abusi di potere, regola delle dinamiche politiche universale essendo quella che all’accentramento senza bilanciamento consegue sempre l’abuso di potere.
Cerchiamo di farci delle società in cui
viviamo un’immagine come di reti sociali, ma di fatto sono ben lontane da
questa raffigurazione statica: le dinamiche sociali, per quanto ci si sforzi di
ordinarle secondo una certa architettura, costituiscono intricati grovigli nei
quali forze si contrappongo a forze e l’aspetto dell’insieme muta
continuamente, tanto più velocemente quanto più eterogenee e conflittuali sono
le componenti che interagiscono. Quindi, avvicinando una situazione sociale, prima
di agitarla, bisognerebbe capirla bene, conoscendo chi l’anima e che cosa e perché l’agita. E poi avviare
delle interlocuzioni, perché la costruzione sociale comprende un fondamentale fattore dialogico, che è la base delle intese
dalle quali possono strutturarsi le reti di relazioni per cercare di dare ordine
all’insieme.
Comunque, quando si inizia ad operare, non si
sa mai bene come finirà, questo perché c’è molta differenza tra
l’organizzazione sociale, ad esempio, delle formiche e quella degli esseri
umani, per l’essenziale componente culturale che richiede e sempre manifesta, per la quale ogni
persona trova il suo posto, il suo ruolo, e finché la maggioranza della gente non vi riesca e, riuscendovi, non ne
sia anche sufficientemente soddisfatta, non ci sarà pace e l’evoluzione
tumultuosa proseguirà.
I partiti conservatori di solito si avvantaggiano dal fatto che la gente preferisce rimanere com’è, pur con tutti i problemi che l’esistente può presentare, pur di vivere in pace, se i progetti di riforma o addirittura rivoluzionari appaiono troppo confusi, velleitari, o basati troppo sulla violenza: al caos si preferisce sempre l’ordine perché quest’ultimo rende intellegibile la società intorno e dunque favorisce la sopravvivenza. Tra gli anni Venti e gli anni Trenta del secolo scorso, invece, come poi accadde anche dalla seconda metà degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta, ci furono coloro, specialmente tra i giovani, che, rifiutando sprezzantemente la fatica (e la noia talvolta) di cercare di conoscere la gente prima di colpire la sua vita con i propri progetti ideati a prescindere da essa, idealizzarono la violenza, vista come sforzo eroico a costo della vita (prevalentemente altrui), un po’ con ai tempi nostri certe correnti islamiche mitizzano le azioni più crudeli come martirio, testimonianza della propria fede. Uno specchio di questo modo di pensare lo troviamo nel futurismo, fucina di molti costumi del fascismo mussoliniano.
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Il
**futurismo** italiano è un movimento artistico, culturale e politico nato nel
1909 con la pubblicazione del *Manifesto del Futurismo* di **Filippo Tommaso
Marinetti** sul giornale francese *Le Figaro*. Il futurismo si presentò come
una rottura radicale con il passato, esaltando la modernità, la velocità, la
tecnologia e il dinamismo della vita contemporanea. Fu una delle prime
avanguardie del Novecento e influenzò varie discipline, dalla pittura alla
letteratura, dalla scultura all’architettura, fino alla politica.
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**Caratteristiche del futurismo**
Il
futurismo si fondava su alcuni principi chiave:
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**Culto della velocità e del progresso tecnologico**: Il futurismo celebrava le
macchine, i treni, gli aerei e le automobili come simboli del nuovo mondo
industriale. Il progresso tecnologico era visto come la forza trainante della
modernità, capace di rigenerare la società.
- **Disprezzo per il passato**: I futuristi
rifiutavano l’eredità culturale tradizionale, considerata un peso che impediva
il progresso. Il passato, rappresentato da musei, biblioteche e accademie,
doveva essere superato. Marinetti auspicava la distruzione dei musei, simbolo
dell'arte passata e della cultura stagnante.
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**Esaltazione della violenza e della guerra**: La guerra era vista come un
mezzo di purificazione e rinnovamento. Marinetti definiva la guerra come
"l'unica igiene del mondo", capace di spazzare via la vecchia società
e aprire la strada a una nuova era.
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**Dinamismo e simultaneità**: Nell'arte, i futuristi cercavano di rappresentare
il movimento, la velocità e la simultaneità delle esperienze moderne. Artisti
come Umberto Boccioni, Giacomo Balla e Carlo Carrà cercavano di catturare il
dinamismo della vita urbana e della tecnologia, attraverso forme spezzate e
linee di forza.
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**Propositi politici e sociali**
Il
futurismo non fu solo un movimento artistico, ma anche un progetto politico di
trasformazione sociale. I futuristi credevano che la modernità avrebbe dovuto
portare a un cambiamento radicale delle strutture sociali e politiche:
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**Rifiuto della borghesia**: I futuristi criticarono la società borghese,
ritenendola conservatrice, ipocrita e incapace di abbracciare il cambiamento.
Proposero invece una società basata sull’energia, sulla velocità e sul
dinamismo, in sintonia con i nuovi valori della modernità industriale.
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**Sostegno al nazionalismo**: In politica, molti futuristi aderirono a idee
nazionaliste, vedendo nella nazione uno strumento di modernizzazione e di
affermazione della potenza tecnologica e militare. Durante la Prima guerra
mondiale, Marinetti e altri futuristi si arruolarono volontariamente, convinti
che la guerra fosse un'opportunità per rigenerare l'Italia e proiettarla verso
il futuro.
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**Proposte di riforma sociale**: Sul piano sociale, il futurismo promosse
alcune idee innovative per l'epoca, come l'emancipazione femminile,
l'abolizione del matrimonio e della proprietà privata. Tuttavia, queste
posizioni furono spesso contraddittorie, poiché il movimento mescolava tendenze
anarchiche con ideali autoritari e militaristi.
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**Futurismo e fascismo**
Dopo
la Prima guerra mondiale, molti futuristi, compreso Marinetti, appoggiarono il
**fascismo** nascente. Il futurismo e il fascismo condividevano alcune idee,
come l’esaltazione della violenza, l'autoritarismo, il nazionalismo e il
desiderio di trasformazione sociale. Tuttavia, vi furono anche divergenze
significative. Marinetti tentò di mantenere il futurismo indipendente dal
fascismo, ma con il passare del tempo il movimento venne progressivamente
assorbito dal regime, perdendo parte della sua carica rivoluzionaria e
diventando funzionale alla propaganda fascista.
Il futurismo italiano ebbe una posizione
fortemente critica nei confronti della **democrazia liberale**. Filippo Tommaso
Marinetti e i futuristi vedevano la democrazia liberale come un sistema
antiquato, lento e inadeguato a rispondere alle esigenze della modernità e del
progresso. Ritenevano che il liberalismo, con il suo focus sulla discussione,
sul compromesso e sulla rappresentanza parlamentare, fosse un ostacolo alla
realizzazione di una società dinamica, energica e orientata verso il futuro.
Ecco
i principali aspetti della critica futurista alla democrazia liberale:
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**1. Rifiuto della lentezza e dell'immobilismo democratico**
I
futuristi erano profondamente impazienti verso i meccanismi della democrazia
rappresentativa, che vedevano come troppo lenti e incapaci di affrontare
rapidamente i problemi della società moderna. Essi volevano un'azione diretta e
immediata, rifiutando il parlamentarismo come uno strumento che frenava il
cambiamento e il progresso. In contrasto, esaltavano la velocità, l'energia e
la risolutezza, ideali che consideravano essenziali per un sistema politico
capace di guidare l'Italia verso un futuro di modernizzazione industriale e
tecnologica.
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**2. Elitismo e disprezzo per le masse**
Il
futurismo, pur proponendo una trasformazione radicale della società, non era un
movimento democratico nel senso classico. Marinetti e i suoi seguaci non
credevano nell’uguaglianza universale o nel potere delle masse popolari. Al
contrario, vedevano nella democrazia liberale una celebrazione della
mediocrità, dove il potere era diluito tra la "maggioranza" e la
"massa" anziché essere affidato a individui energici, forti e
visionari. L'ideale era una società guidata da una élite di uomini d'azione e
di genio, capaci di imprimere la loro visione al mondo senza ostacoli.
###
**3. Esaltazione dell’autoritarismo**
Il
futurismo, pur mescolando in alcuni momenti tendenze anarchiche, promosse in
vari contesti un’idea di politica autoritaria, basata sul potere centralizzato
e sull'azione decisa. Marinetti e altri futuristi ritenevano che la società
avrebbe dovuto essere diretta da leader carismatici e visionari, capaci di
prendere decisioni rapide e audaci. In questo senso, la democrazia liberale,
con le sue lunghe discussioni e compromessi, era vista come inefficace e
debole.
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**4. Vicinanza al fascismo**
Il
disprezzo per la democrazia liberale portò molti futuristi a sostenere il
fascismo, che rappresentava per loro una via d'uscita dall'immobilismo
democratico. Il fascismo di Mussolini, con la sua esaltazione della forza, del
dinamismo e del nazionalismo, sembrava incarnare molte delle idee futuriste.
Marinetti stesso aderì al fascismo, sebbene il rapporto tra futurismo e
fascismo non fosse sempre privo di tensioni. Tuttavia, molti futuristi videro
nel fascismo un'alternativa concreta alla democrazia liberale, capace di
portare l'Italia verso la modernità industriale e tecnologica che sognavano.
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**5. Visione della guerra e della violenza come rigenerazione**
Un
altro punto centrale del rifiuto della democrazia liberale fu l’esaltazione
della guerra come "igiene del mondo". I futuristi vedevano nella
guerra e nella violenza un mezzo per rigenerare la società, distruggendo le
vecchie istituzioni e costruendo un nuovo ordine. La democrazia liberale, con
la sua enfasi sulla pace, sulla diplomazia e sulla risoluzione pacifica dei
conflitti, era considerata inadeguata a garantire questo rinnovamento, poiché
promuoveva la conservazione dello status quo.
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**Conclusione**
In
sintesi, il futurismo italiano rigettò la democrazia liberale come un sistema
troppo legato al passato, incapace di affrontare le sfide della modernità e
della trasformazione sociale. Al contrario, i futuristi proposero
un'alternativa autoritaria e dinamica, che valorizzasse la velocità, la forza e
l'azione decisa. Questo li portò a sostenere il fascismo, che incarnava molte
delle loro aspirazioni di rinnovamento politico e sociale, sebbene il loro
contributo si concentrasse più sulla sfera culturale e simbolica che su quella
strettamente politica.
###
**Declino e influenza posteriore**
Con
l'affermarsi del fascismo, il futurismo perse gran parte della sua forza
innovatrice. Nonostante il declino politico, il futurismo continuò a
influenzare le avanguardie artistiche e culturali internazionali, ispirando
movimenti come il costruttivismo russo e il vorticismo britannico. La sua
eredità è visibile anche nella cultura popolare contemporanea, dove
l'esaltazione della tecnologia e della velocità continua a essere un tema
centrale.
In
sintesi, il futurismo italiano fu un movimento profondamente legato alla
modernità e alle sue trasformazioni sociali e politiche. Promosse un
cambiamento radicale della società, esaltando il dinamismo, la tecnologia e la
violenza come strumenti per creare un nuovo ordine sociale. Tuttavia, la sua
vicinanza al fascismo e le sue contraddizioni interne ne limitarono l'impatto
politico a lungo termine, pur lasciando una traccia duratura nell'arte e nella
cultura del XX secolo.
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In quest’ottica, anche la convinzione, primitiva,
che i problemi sociali possano essere meglio risolti, invece che mediante un
estenuante lavoro di dialogo sociale che sembra non potere avere mai fine (ed è
realmente così perché la società è sempre in fermento e cambia), affidando le
decisioni cruciali a centri di potere molto limitati, simboleggiati in una sola persona (parlo di simboleggiare
perché nessuna collettività è mai realmente nelle mani di un solo essere
umano, come accadde anche al tempo dei sovrani assoluti) appare un’alternativa credibile. Su questo
si basa anche l’ingenuo papismo che viene veicolato oggi dai mezzi di comunicazione
di massa. E il ducismo che trapela
nell’organizzazione dei partiti personali, caratterizzati dal fatto che
non vi si tengono mai, o si fanno raramente, i congressi, dove tutta la gente del partito, e non solo i cosiddetti notabili, può contare, mediante
i suoi delegati.
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Il
**papismo** è un termine storico utilizzato in modo polemico, soprattutto da
ambienti protestanti e anticlericali, per riferirsi al potere e all'influenza
del papa e della Chiesa cattolica, in particolare riguardo alla sua autorità su
questioni spirituali e temporali. Il termine implica spesso una critica
dell’accentramento di potere nelle mani del papato, associandolo a una forma di
dominio religioso e politico.
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**Caratteristiche del papismo**
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**Primato papale**: Al centro del papismo vi è il primato del papa, considerato
il successore di San Pietro e capo della Chiesa universale. Il papa ha
un'autorità suprema in materia di fede e morale e, secondo la dottrina
cattolica, la sua parola è infallibile quando parla *ex cathedra* su questioni
di dottrina.
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**Autorità temporale**: Storicamente, il papismo è stato associato anche al
potere politico del papa, in particolare nel contesto dello Stato Pontificio,
che ha visto i papi governare ampie porzioni di territorio italiano fino
all’unificazione d’Italia nel XIX secolo.
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**Opposizione al conciliarismo**: Il papismo si contrappone a movimenti come il
conciliarismo, che sosteneva che l'autorità suprema nella Chiesa risiedesse nei
concili ecumenici piuttosto che nel papa. La dottrina papista, al contrario,
afferma che il pontefice è l'autorità finale in materia di fede.
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**Storia del papismo**
Il
concetto di papismo inizia a prendere forma con il consolidamento dell'autorità
papale nel Medioevo. Il potere dei papi si rafforzò sotto figure come
**Gregorio VII**, che nel *Dictatus Papae* (1075) proclamò l'indipendenza e il
primato del papato su tutti i poteri secolari. Durante il Medioevo, i papi
esercitavano sia un'influenza spirituale che politica, coinvolgendosi in
questioni secolari e intervenendo nei conflitti tra monarchi europei.
Nel
XVI secolo, con la **Riforma protestante**, il papismo divenne un bersaglio
centrale di critiche. Riformatori come **Martin Lutero** denunciarono la
corruzione del papato e l’eccessiva ingerenza nelle questioni politiche e
religiose dei singoli stati. Da allora, il termine è stato utilizzato
soprattutto in senso critico, come simbolo di autoritarismo religioso.
Nonostante
le critiche, il papato mantenne un ruolo centrale nella Chiesa cattolica,
continuando a esercitare un’influenza spirituale significativa, fino a
ridefinire il proprio ruolo in modo più spirituale e pastorale nel corso del XX
secolo, soprattutto con il **Concilio Vaticano II** (1962-1965).
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Il cattolicesimo democratico è anche una via,
nella società e anche nella Chiesa, per convincersi che i miti dei Duci e
degli eroi guerrieri, dell’autoritarismo e della violenza (quella
fisica ma anche quella morale espressa nell’emarginazione e nell’esclusione) sono, appunto, soltanto miti, ma
miti che danno un’immagine irrealistica delle dinamiche sociali e che quindi
non aiutano a lavorarvi dentro.
Per dialogare su questi temi in un gruppo ecclesiale
di orientamento politico (fede cristiana e politica sono state strettamente
intrecciata fin dal primo strutturarsi delle comunità cristiane, per rispondere
a due fondamentali domande vale a dire “chi è dentro e chi è fuori? e “chi
comanda?”), e sociale, si può guardare insieme il film Lincoln, del
2012, diretto dal regista Steven Spielberg, disponibile in DVD e su varie piattaforme
di streaming, dove si vede bene, nella temperie della tremenda guerra civile
che spaccò e flagellò le popolazioni nordamericane che si erano federate negli
Stati Uniti d’America, la fatica ma anche la produttività del lavoro parlamentare.
E questo nonostante l’epica costruita intorno agli eventi bellici, che, come si
vide poi, non risolsero alcun problema, in particolare quello della discriminazione
delle persone afro-americane, che ebbe un
era svolta solo dagli anni Sessanta del Novecento, quindi un secolo dopo. Di
questo movimento fu certo uno dei principali esponenti il pastore battista Martin
Luther King, apostolo della lotta nonviolenta, che possiamo annoverare tra i principali
cristiani democratici.
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**Martin Luther King Jr.** (1929-1968) è stato un
pastore battista e attivista per i diritti civili degli afroamericani, divenuto
una delle figure più emblematiche nella lotta contro la segregazione razziale
negli Stati Uniti. Il suo impegno per la giustizia sociale, la sua leadership
nella battaglia per i diritti civili e il suo approccio nonviolento hanno
segnato profondamente la storia americana e il movimento per l'uguaglianza.
### **Biografia**
Nato il 15 gennaio 1929 ad Atlanta, in Georgia, King
crebbe in una famiglia religiosa; suo padre era pastore battista, e la
religione e l'etica cristiana ebbero un'influenza fondamentale sulla sua vita.
Studiò teologia al Crozer Theological Seminary e completò il dottorato presso
l'Università di Boston nel 1955. Durante questo periodo, King maturò una
profonda convinzione riguardo all'uso della nonviolenza come strumento di lotta
per la giustizia sociale, ispirandosi alle idee di **Mahatma Gandhi**.
Nel 1955, King divenne il leader del **Montgomery Bus
Boycott**, un movimento di protesta pacifica contro la segregazione sui mezzi
pubblici di Montgomery, Alabama, nato dopo l'arresto di **Rosa Parks**. Il
successo del boicottaggio portò King alla ribalta nazionale come leader del
movimento per i diritti civili.
### **Metodi**
Uno degli aspetti centrali della strategia di King fu
l'uso della **nonviolenza** e della **disobbedienza civile**. Seguendo
l'esempio di Gandhi, King credeva che il cambiamento sociale potesse essere
raggiunto senza l'uso della forza, ma attraverso azioni pacifiche che mettevano
in luce le ingiustizie del sistema razzista.
- **Marce pacifiche**: King organizzò marce e
manifestazioni pacifiche, tra cui la famosa **Marcia su Washington** nel 1963,
durante la quale pronunciò il suo celebre discorso "*I Have a
Dream*". Queste marce, che spesso radunavano migliaia di persone, miravano
a sensibilizzare l'opinione pubblica e a fare pressione sulle autorità
politiche.
- **Disobbedienza civile**: King promosse l’uso della
disobbedienza civile, che consisteva nel violare leggi ingiuste in maniera
pacifica. Questo approccio fu usato, ad esempio, nelle proteste contro la
segregazione nelle scuole, nei locali pubblici e nei mezzi di trasporto.
- **Nonviolenza attiva**: King rifiutava ogni forma di
violenza, non solo fisica, ma anche verbale e psicologica. Il suo metodo era
quello di rispondere all'odio con l'amore, come espressione concreta degli
insegnamenti cristiani, convinto che la nonviolenza avrebbe infine smascherato
l'ingiustizia morale e portato al cambiamento.
### **Propositi politici**
King non si limitava a chiedere la fine della
segregazione razziale, ma aveva una visione molto più ampia di **giustizia
sociale** ed **uguaglianza economica**, che si manifestò nel corso degli anni.
- **Abolizione della segregazione razziale**: King
lottò con forza contro le leggi di **Jim Crow**, che legalizzavano la
segregazione nei trasporti, nelle scuole e in altri luoghi pubblici nel sud
degli Stati Uniti. Il suo obiettivo era una piena integrazione degli
afroamericani nella società americana, con pari diritti civili e politici.
- **Diritto di voto**: Uno dei principali obiettivi
politici di King era garantire agli afroamericani il diritto di voto, negato o
fortemente limitato in molte aree del sud. Le sue proteste culminarono nel
**Voting Rights Act** del 1965, una legge che proibiva le pratiche
discriminatorie che impedivano agli afroamericani di esercitare il diritto di
voto.
- **Giustizia economica**: Negli ultimi anni della sua
vita, King ampliò il suo impegno verso questioni di giustizia economica. Nel
1968, stava organizzando la **Poor People's Campaign**, una campagna che
cercava di unire poveri di ogni razza per lottare per migliori condizioni
economiche, diritti lavorativi e redistribuzione della ricchezza.
- **Opposizione alla guerra del Vietnam**: Oltre alla
lotta per i diritti civili, King si oppose fermamente alla guerra del Vietnam.
Nel 1967, nel suo discorso *Beyond Vietnam*, criticò il governo degli Stati
Uniti per l'intervento militare e collegò la guerra alle disuguaglianze
economiche interne al paese, sostenendo che le risorse spese per la guerra
avrebbero dovuto essere impiegate per combattere la povertà e l'ingiustizia.
### **Eredità**
Il 4 aprile 1968, King fu assassinato a Memphis,
Tennessee, mentre stava sostenendo una protesta [degli operai della nettezza urbana in sciopero]. La sua
morte segnò una tragica perdita per il movimento per i diritti civili, ma la
sua eredità continua a vivere attraverso le conquiste ottenute nel corso della
sua vita, come il **Civil Rights Act** del 1964 e il **Voting Rights Act** del
1965.
King rimane un simbolo della lotta nonviolenta per la giustizia, non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Il suo impegno per l'uguaglianza, la sua fede nella nonviolenza e la sua capacità di mobilitare le masse hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia delle lotte sociali.
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Nota: utilizzo il servizio di AI [artificial intelligence = intelligenza artificiale] di OpenAI, al quale sono abbonato, per rendere più veloce l’elaborazione di contenuti. Come avverte il gestore del servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che è un sistema di ricerca, elaborazione e generazione di testi molto evoluto in grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte non corrette. Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del sistema, analoghe a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono quindi invitati a verificare la correttezza delle risposte. In genere interrogo l’AI in materie in cui ho almeno un’informazione di base. Dove le risposte prodotte presentano evidenti incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi tutto utilizzando la stessa AI che è in grado di svolgere bene questo controllo, e poi servendomi di altre fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on line. Personalmente ho studiato e pratico il diritto italiano, complesso di materie in cui ho un’informazione più completa per ragioni professionali. Invito tuttavia i lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia quanto alle risposte generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a tutto ciò che scrivo, perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra gli stessi problemi di quella non umana, la cui architettura funzionale è modellata sulla prima. Il testo tra parentesi quadre che inserisco nella trascrizione della risposta generata dall’AI contiene mie correzioni basate su altre fonti. Le correzioni generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste di verifica sono invece inserite nel testo senza evidenziazione.
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Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli