Cattolicesimo democratico 36
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Il problema della teologia per la sinodalità
Definiamo teologia ogni narrazione sulle relazioni tra divinità e popolazioni umane. La teologia cristiana è centrata sull’idea di Rivelazione, vale a dire la comunicazione su di sé e sul suo progetto di salvezza per l’umanità del Dio di Gesù, il Cristo, lui stesso, nella sua persona, rivelazione, detto per questo il Verbo, vale a dire la Parola. Molto presto, fin dalle origini, la Rivelazione cristiana fu mediata da filosofie correnti nelle culture di lingua greca derivate dall’ellenismo (vedi la nota 2). L’influsso di quelle filosofie è più sensibile negli scritti neotestamentari più recenti, ma la cultura greca antica è il veicolo di tutti: il Nuovo Testamento ci è giunto in greco antico (vedi la nota 3). Il processo di specificazione delle teologie cristiane dalle filosofie coeve parte dal Quarto secolo (vedi la nota 2), quando i cristianesimi furono inglobati nella nuova ideologia istituzionale che guidò la grandiosa trasformazione dell’Impero romano (in realtà ormai multinazionale, come manifestato dal trasferimento del suo centro in Tracia, a Bisanzio, l’attuale Istanbul, ridenominata Costantinopoli, dal nome di Costantino 1º, l’imperatore che dette inizio al processo) in impero cristiano. Dal Duecento, la teologia, ormai diventata disciplina universitaria, in particolare nell’effervescenze clima culturale dell’Università di Parigi, dove insegnò Tommaso d’Aquino (vedi la nota 4) si separò dalla filosofia, dandosi uno statuto scientifico, ibridandosi strettamente con le scienze giuridiche, nel contesto della epocale riforma ecclesiastica che prese aveva preso l’avvio nell’11º secolo. Nel Seicento il metodo razionalistico delle teologie cristiane, caratteristico di tutte le altre scienze, venne approfondito e sviluppato connotando la formazione universitaria, e dall’Ottocento, nelle controversie con il liberalismo, tese progressivamente a irrigidirsi fino ad un culmine a inizio Novecento. Dagli anni Sessanta dal secolo scorso si assistette a una certa apertura verso la vita delle comunità cristiane, seguita nei successivi anni ’90 da un nuovo irrigidimento. Il razionalismo teologico fu particolarmente marcato nel pensiero e nel magistero papale di Joseph Ratzinger, il teologo cattolico più influente nella lunga era del Papato di Karol Wojtyla, prolungatasi nel Papato dello stesso Ratzinger (complessivamente dal 1978 al 2013). Oggi la teologia si presenta come un complesso assai vasto di scienze. Il pensiero scientifico, nelle discipline umanistiche, distinte da quelle che studiano la natura in cui è possibile il metodo sperimentale, è caratterizzato dal metodo che è rigoroso, vale a dire razionalmente conseguente con le premesse, e basato su fonti condivise, che in teologia per i cattolici sono Bibbia, scritti dei Padri della Chiesa, tradizioni liturgiche consolidate e Magistero, vale a dire le deliberazioni della gerarchia ecclesiastica.
La trasformazione della teologia cattolica in scienza fu accompagnata dall’istituzione di un efferato sistema di polizia ideologica nelle mani del Papato, con propaggini anche ai nostri giorni. Analoghe istituzioni si svilupparono anche nelle altre Chiese cristiane.
La teologia cattolica, sviluppatasi negli ultimi due secoli in ambiente assolutistico, resiste all’affermazione della sinodalità ecclesiale come configurata nel Magistero di Papa Francesco. Si ritiene inconcepibile una teologia realmente sinodale e manca una teologia cattolica sulla democrazia, vista con estremo sospetto. Il compito fondamentale assegnato alla teologia cattolica è di legittimare la gerarchia ecclesiastica e il suo Magistero, vale a dire il suo potere sull’altra gente di fede. Del resto teologia e politica furono sempre, fin dalle origini, strettamente legate e, anzi, storicamente la teologia cristiana si sviluppò per esigenze di politica ecclesiastica, anche se la politica, negli insegnamenti evangelici ha minima rilevanza, seppure ad alcuni detti del Maestro, come quello del dare a Cesare quel che è di Cesare, originariamente privi di senso politico, è stata data un’interpretazione politica.
In genere, la gente di fede, pur capace di un pensiero teologico irriflesso, vale a dire senza i connotati scientifici, non ha le risorse per tener testa agli specialisti teologi secondo il metodo delle loro scienze. Essa, però, nel processo di riforma sinodale in corso dal 2021, è chiamata a partecipare attivamente nelle comunità ecclesiali.
Purtroppo la riforma sinodale, che si sta attuando, all’insaputa dei più, nella sessione dell’Assemblea del Sinodo dei vescovi attualmente in corso a Roma (l’informazione pubblica sui suoi lavori è praticamente inesistente), è stata posta, per volere del Papato che ha riformato lo statuto del Sinodo dei vescovi, nelle mani di specialisti teologi, i quali creano la cultura nella quale gli stessi vescovi sono formati.
Di conseguenza la sinodalità avrà qualche possibilità di reale sviluppo solo quando si inizierà a praticarla con la partecipazione dell’altra gente, cosa che attualmente non avviene,
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli
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[Ricerche ChatGPT di openAI del 15-10-24]
1.Separazione della teologia dalla filosofia
La teologia ha iniziato a emergere come forma di pensiero distinta dalla filosofia principalmente nel periodo tardo-antico, tra il II e il V secolo d.C. In questo periodo, il cristianesimo cominciava a strutturarsi come religione organizzata e cercava di articolare le proprie dottrine in modo sistematico, distinguendosi dalle filosofie greche e romane.
Nel cristianesimo primitivo, i primi apologeti e Padri della Chiesa, come Giustino Martire (II secolo), Ireneo di Lione (II-III secolo) e Tertulliano (II-III secolo), cominciarono a delineare la teologia cristiana, utilizzando la filosofia greca come strumento per difendere e spiegare le verità di fede, ma non ancora come una disciplina autonoma. La teologia si sviluppava principalmente come riflessione sulla Sacra Scrittura e sull'insegnamento apostolico, piuttosto che come un sistema filosofico.
Il processo di separazione tra filosofia e teologia si accentuò ulteriormente con l'opera di Sant'Agostino (IV-V secolo), che, pur utilizzando la filosofia neoplatonica per sviluppare le sue idee teologiche, poneva sempre la rivelazione e la fede cristiana al centro del suo pensiero. Questo processo di distinzione raggiunse un punto più evidente durante il Medioevo, con la Scolastica, dove filosofi-teologi come Sant'Anselmo e San Tommaso d'Aquino formalizzarono la teologia come disciplina autonoma, con un proprio metodo e oggetto di studio, diverso dalla filosofia.
La filosofia, in questo contesto, veniva considerata la "ancella della teologia" (ancilla theologiae), un mezzo per chiarire e sistematizzare le verità di fede, ma non più confondibile con la teologia stessa, che aveva come scopo principale l'esplorazione della rivelazione divina e dei misteri della fede.
2. Ellenismo
La cultura ellenistica si sviluppa nel periodo che va dalla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. fino alla conquista romana dell'Egitto nel 31 a.C., con la battaglia di Azio. Questo periodo è caratterizzato dall'espansione della cultura greca in un vasto territorio che comprendeva il Mediterraneo orientale e l'Asia, grazie all'impero creato da Alessandro.
I limiti temporali della cultura ellenistica possono essere suddivisi in tre fasi principali:
1. **Periodo iniziale (323-281 a.C.)**: Dopo la morte di Alessandro Magno, il suo vasto impero fu frammentato tra i suoi generali, i Diadochi, che fondarono regni ellenistici indipendenti. Questo periodo vide lotte di potere tra i successori e la formazione di nuovi regni, come quello tolemaico in Egitto, i Seleucidi in Asia e i regni antigonidi in Macedonia.
2. **Periodo classico (281-168 a.C.)**: In questa fase, i regni ellenistici raggiunsero il loro apice culturale e politico. Le città come Alessandria d'Egitto e Pergamo divennero centri di cultura e scienza. La fusione tra la cultura greca e le tradizioni locali portò a una fioritura in vari campi, tra cui la filosofia, le arti, le scienze e la letteratura.
3. **Periodo tardo (168-31 a.C.)**: Inizia con la crescente influenza di Roma nei territori ellenistici, culminando con la sconfitta della Macedonia nella battaglia di Pidna (168 a.C.). Gradualmente, i regni ellenistici furono annessi all'impero romano. L'ultima grande monarchia ellenistica, l'Egitto tolemaico, cadde nel 31 a.C. con la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra da parte di Ottaviano.
Nonostante la fine del periodo ellenistico, l'influenza della cultura greca continuò a permeare il mondo romano e oltre, lasciando un'impronta duratura nella filosofia, nelle arti e nelle scienze.
3. Epoche di formazione degli scritti del nostro Nuovo Testamento
La formazione degli scritti del Nuovo Testamento nel canone cattolico si sviluppa attraverso diverse epoche storiche, che riflettono il contesto e le esigenze delle prime comunità cristiane. Gli scritti si collocano principalmente tra la metà del I secolo e la fine del II secolo d.C. Le epoche principali possono essere suddivise come segue:
1. **Epoca della predicazione apostolica (30-50 d.C.)**: In questa fase iniziale, la trasmissione del messaggio cristiano avviene prevalentemente attraverso la predicazione orale degli Apostoli e dei discepoli di Gesù. Non esistono ancora testi scritti, poiché l'annuncio della morte e risurrezione di Gesù è diffuso oralmente.
2. **Epoca delle prime lettere (50-70 d.C.)**: I primi scritti del Nuovo Testamento sono le lettere di San Paolo, redatte per rispondere alle necessità delle comunità cristiane da lui fondate o visitate. Le lettere paoline, come quelle ai Tessalonicesi (probabilmente tra il 50 e il 52 d.C.), ai Corinzi, ai Galati e ai Romani, costituiscono i testi più antichi del Nuovo Testamento.
3. **Epoca dei Vangeli sinottici e degli Atti degli Apostoli (70-100 d.C.)**: Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., cresce l'esigenza di fissare in forma scritta la memoria di Gesù e della sua predicazione. I Vangeli di Marco (probabilmente tra il 65 e il 70 d.C.), Matteo e Luca (tra il 70 e l'85 d.C.) vengono scritti in questo periodo, seguiti dagli Atti degli Apostoli, che raccontano la diffusione del cristianesimo dopo la risurrezione di Gesù.
4. **Epoca degli scritti più tardi (90-150 d.C.)**: In questa fase si collocano i testi più tardi del Nuovo Testamento, come il Vangelo di Giovanni (90-100 d.C.) e le lettere giovannee. Anche alcune lettere attribuite a Paolo (come le pastorali: 1-2 Timoteo e Tito) potrebbero essere state redatte in questo periodo. L'Apocalisse di Giovanni è generalmente datata tra il 95 e il 100 d.C.
La chiusura del canone del Nuovo Testamento avvenne nei secoli successivi, con la Chiesa che riconobbe ufficialmente i 27 libri come ispirati e normativi per la fede, distinguendoli da altri scritti cristiani.
Il "canone" dei libri del Nuovo Testamento si riferisce all'insieme degli scritti ritenuti ispirati e autorevoli dalla Chiesa cristiana, inclusi nella Sacra Scrittura e riconosciuti come normativi per la fede e la vita dei credenti. Nel canone del Nuovo Testamento, secondo la tradizione cattolica, sono presenti 27 libri che comprendono i Vangeli, le lettere degli Apostoli e altri scritti cristiani del I secolo.
La definizione del canone del Nuovo Testamento avvenne attraverso un processo di discernimento e riconoscimento da parte delle prime comunità cristiane e dei concili della Chiesa. Alcuni dei criteri utilizzati per stabilire l'inclusione dei testi nel canone furono:
1. **Apostolicità**: I libri dovevano essere scritti dagli Apostoli o da persone a loro vicine, come discepoli diretti, per garantire un legame con la testimonianza diretta di Gesù e degli eventi della sua vita.
2. **Conformità alla fede**: I testi dovevano essere coerenti con la tradizione apostolica e il contenuto della fede cristiana trasmessa nelle comunità. Dovevano riflettere l'insegnamento autentico e non contenere dottrine contrastanti con la fede.
3. **Uso liturgico e diffusione**: I testi dovevano essere utilizzati nelle celebrazioni liturgiche delle comunità cristiane e ampiamente diffusi e accettati nelle Chiese locali, dimostrando il loro valore spirituale e pastorale.
4. **Antichità**: Dovevano essere stati scritti in un periodo vicino agli eventi descritti, in modo da garantire una testimonianza affidabile.
Il processo di definizione del canone raggiunse un punto importante nel IV secolo, quando la Chiesa, con i Concili di Ippona (393 d.C.) e Cartagine (397 e 419 d.C.), confermò i 27 libri che oggi compongono il Nuovo Testamento. Successivamente, questo canone fu definitivamente ribadito dal Concilio di Trento (1545-1563) in risposta alle discussioni sulla Riforma protestante.
4. Tommaso d’Aquino a Parigi
Tommaso d'Aquino insegnò nell'Università di Parigi. Fu una figura di spicco nella vita intellettuale dell'università nel XIII secolo, contribuendo in modo significativo allo sviluppo della teologia scolastica. Tommaso arrivò a Parigi intorno al 1245 per studiare sotto la guida di Alberto Magno, e vi insegnò come "baccelliere" (assistente docente).
Nel 1256, Tommaso divenne "magister in sacra pagina" (professore di teologia), ottenendo una cattedra di teologia presso l'università. Insegnò a Parigi in due periodi distinti: il primo dal 1256 al 1259, e il secondo dal 1269 al 1272. Durante il suo soggiorno parigino, scrisse alcune delle sue opere più importanti, tra cui parti della *Summa contra Gentiles* e diversi *Commentari alle Sacre Scritture*.
L'attività di Tommaso all'Università di Parigi fu centrale per l'integrazione del pensiero aristotelico nella teologia cristiana, unendo filosofia e fede in una sintesi che influenzò profondamente la tradizione scolastica e il pensiero occidentale successivo.