INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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mercoledì 30 ottobre 2024

La nuova sinodalità - 2 -

 La nuova sinodalità – 2 –

 

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COSTITUZIONE APOSTOLICA  EPISCOPALIS COMMUNIO SUL SINODO DEI VESCOVI

Data a Roma, presso San Pietro, il 15 settembre 2018, sesto anno del Pontificato.

Art. 17

Elaborazione e approvazione del Documento finale

§ 1. Le conclusioni dell’Assemblea sono raccolte in un Documento finale.

§ 2. Per la redazione del Documento finale, viene costituita un’apposita Commissione, composta dal Relatore Generale, che la presiede, dal Segretario Generale, dal Segretario Speciale e da alcuni Membri eletti dall’Assemblea del Sinodo tenendo conto delle diverse regioni, cui se ne aggiungono altri nominati dal Romano Pontefice.

§ 3. Il Documento finale viene sottoposto all’approvazione dei Membri a norma del diritto peculiare, ricercando nella misura del possibile l’unanimità morale.

Art. 18

Consegna del Documento finale al Romano Pontefice

§ 1. Ricevuta l’approvazione dei Membri, il Documento finale dell’Assemblea è offerto al Romano Pontefice, che decide della sua pubblicazione.

Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro.

§ 2. Qualora poi il Romano Pontefice abbia concesso all’Assemblea del Sinodo potestà deliberativa, a norma del can. 343 del Codice di diritto canonico, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro una volta da lui ratificato e promulgato.

In questo caso il Documento finale viene pubblicato con la firma del Romano Pontefice insieme a quella dei Membri.

 

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Istruzione sulla celebrazione delle Assemblee Sinodali e sull'attività della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi

 

[La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, a norma dell’art. 26 della Costituzione Apostolica Episcopalis communio, il 1-10-2018 ha approvato questa Istruzione, disponendo che essa entri in vigore il giorno 1 ottobre 2018 con la pubblicazione su L’Osservatore Romano.]

 

Data a Roma, dalla Sede della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, il 1 ottobre 2018.

 

Art. 16

La Commissione per la redazione del Documento finale

§1. All’inizio dell’Assemblea del Sinodo si costituisce la Commissione per la redazione del Documento finale, di cui all’art. 17 § 2 della Costituzione Apostolica Episcopalis communio.

§ 2. La Commissione per la redazione del Documento finale è formata da: il Relatore Generale, che la presiede; il Segretario Generale; il Segretario Speciale, che ne è il segretario; cinque Membri eletti in rappresentanza delle diverse aree continentali (uno per l’America, uno per l’Europa, uno per l’Africa, uno per l’Asia, uno per l’Oceania); alcuni Membri nominati dal Romano Pontefice.

§ 3. L’elezione dei Membri della Commissione per la redazione del Documento finale si svolge a norma del C.I.C., can. 119, 1°, e del C.C.E.O., can. 956, § 1, svolgendo uno scrutinio per ogni singola elezione.

Art. 33

Elaborazione e presentazione del progetto del Documento finale

§ 1. Tenendo conto degli interventi dei Padri in aula e dei modi approvati dai Circoli Minori, il Relatore Generale, con l’aiuto del Segretario Speciale, opportunamente affiancato dagli Esperti, presiede all’elaborazione del progetto del Documento finale del Sinodo.

§ 2. Compete alla Commissione per l’elaborazione del Documento finale emendare e approvare il progetto del Documento finale. I voti sono espressi con la formula placet, non placet. Il progetto è approvato a maggioranza assoluta.

§ 3. Compete al Relatore Generale presentare ai Padri Sinodali il progetto del Documento finale.

Art. 34

Discussione del progetto del Documento finale

§ 1. Dopo che i Padri Sinodali hanno avuto un congruo tempo per l’esame del progetto del Documento finale, ha luogo il dibattito in aula.

§ 2. Il Presidente Delegato, secondo la lista predisposta dalla Segreteria Generale, invita a parlare i Membri che ne hanno fatto richiesta.

§ 3. I Padri possono presentare alla Segreteria Generale i modi al progetto del Documento finale che giudicano necessari. Nulla impedisce che più Padri si uniscano per la presentazione dei modi.

Art. 35

Elaborazione, presentazione e votazione del Documento finale

§ 1. Tenendo conto dei modi presentati, il Relatore Generale, con l’aiuto del Segretario Speciale e degli altri Membri della Commissione per la redazione del Documento finale, appronta il testo del Documento finale.

§ 2. Compete al Relatore Generale presentare ai Padri Sinodali il Documento finale.

§ 3. I voti sul Documento finale sono espressi a scrutinio segreto con la formula placet, non placet.

§ 4. Il Documento finale è approvato dai due terzi dei Padri Sinodali presenti alla votazione.

§ 5. Una volta approvato, il Documento finale è offerto al Romano Pontefice, a norma dell’art. 18 della Costituzione Apostolica Episcopalis communio.

 

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  Come emerge dalle norme che ho sopra trascritto, il Documento finale della 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità ecclesiale è un testo redazionale, quindi elaborato da un gruppo di lavoro, verosimilmente con la collaborazione di esperti ed altri ausiliari. Ne è stata diffusa una versione in lingua italiana che viene dichiarata non definitiva, dunque il lavoro redazionale è ancora in corso, in particolare per la traduzione del documento in varie lingue [nei lavori dell’Assemblea le lingue ufficiali sono state l’italiano e l’inglese, ma potevano essere utilizzati anche il francese, il portoghese e lo spagnolo (tutte lingue di origine europea)]

  Il Documento finale si sviluppa per 155 paragrafi, suddivisi in una introduzione, cinque parti e una conclusione. Nella versione che è stata finora diffusa non è corredato da note, come d’uso negli altri documenti del magistero, e le citazioni di altri documenti e di brani biblici sono inserite nel testo.

  Si tratta di un lavoro complesso che richiede particolare attenzione per essere compreso in tutte le sfumature, dalle quali possono emergere tracce della fase del suo sviluppo nel corso delle discussioni sinodali. Ha ad oggetto aspetti molto rilevanti della vita ecclesiale, compreso quello del cosiddetto ministero petrino (al n.130), cioè il ministero del Papa.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 


martedì 29 ottobre 2024

La nuova sinodalità - 1 -

 La nuova sinodalità – 1 –

  È stato reso disponibile il testo del Documento finale deliberato al termine della seconda sessione della 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità ecclesiale che si è conclusa sabato 26 ottobre 2024, al termine di lavori, denominati cammino sinodale, iniziati nell’9 ottobre 2021. Si può leggere a questo indirizzo sul Web:

 

https://www.synod.va/content/dam/synod/news/2024-10-26_final-document/ITA---Documento-finale-26.10.pdf

 

  Il Papa ha deciso di non deliberare una propria enciclica con cui recepire gli orientamenti emersi nell’Assemblea del Sinodo dei vescovi. Il Documento finale avrà quindi questa funzione. È stato spiegato nella  conferenza stampa svolta dopo la conclusione dei lavori, di cui si è dato conto sul portale del Sinodo:

 

https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2024-10/sinodo-conferenza-stampa-finale.html

 

Il Documento finale ha valore di Magistero

La scelta del Papa di non pubblicare una esortazione post-sinodale come va interpretata per il futuro dei documenti papali? È il primo interrogativo per sgombrare dubbi sul carattere magisteriale del Documento finale. Il teologo Battocchio risponde che ciò che ha dichiarato il Pontefice è conforme alla costituzione Episcopalis communio in cui si dice che, se approvato espressamente dal Romano pontefice il documento partecipa del suo Magistero, non con valore normativo, ma dando delle linee di orientamento. 

"C’è un documento che non è scritto ed è l’esperienza - aggiunge il cardinale Grech - una esperienza che nell’ultimo anno è stata bellissima. Il primo frutto è il metodo sinodale che è allo stesso tempo la chiave per poter indirizzare altre tematiche". Hollerich ricorda che lo scorso anno c’erano nell'assise gruppi di maggioranza e minoranza reciprocamente sospettosi. Con il crescere nel metodo è cambiato questo atteggiamento, "alcune opinioni restano diverse, è inevitabile, ma quest’anno abbiamo veramente vissuto la sinodalità. Nessuno era triste. Ora dobbiamo diventare ambasciatori di questo frutto. Non ci siamo infatti riuniti solo per guardare alle strutture della Chiesa o per fare una battaglia tra fazioni".

 

  Si è evidenziato che c’è un valore che non consiste in ciò che è scritto nel Documento finale ed è l’esperienza di sinodalità che s’è fatta. Qualcosa di analogo emerse al termine dei lavori del Concilio Vaticano 2º, nel 1965, e varrà anche per tutte le pratiche di sinodalità che d’ora in poi saranno tentate, sulla linea di quanto deliberato dall’Assemblea del Sinodo dei vescovi. Nella sinodalità  il tirocinio vale quanto la teorizzazione e quest’ultima verosimilmente verrà ulteriormente sviluppata in base all’esperienza sul campo. E, in questo, anche le pratiche nelle realtà di prossimità, anche su minima scala, saranno molto importanti, tenendo conto che le comunità locali sono quelle in cui realmente si vive l’ecclesialità che, a livelli più estesi, è di necessità mediata dai miti biblici e teologici e dal diritto che rendono via via più formali le relazioni umane.

  Il Documento finale è stato redatto secondo le consuetudini per i documenti del magistero, vale a dire involto in un involucro teologico racchiuso in immagini bibliche. Quindi assume la struttura formale di una estesa omelia. Quest’ultima è il genere letterario con cui la gerarchia ecclesiastica di solito somministra i suoi insegnamenti alla gente esercitando la sua autorità. Questa struttura rende assai difficoltoso individuare genesi e contenuto delle decisioni. Per capirne di più, dietro quello che viene definito muro d’incenso, bisogna pazientemente analizzare il testo del documento  liberandolo dal guscio letterario che lo contiene ma anche lo nasconde.

  Il rivestimento serve a dare un’immagine di autorevolezza ai deliberati, collegandoli a una antica tradizione e presentandoli come frutto di un lavoro di discernimento su base biblica e, in specie, evangelica. Il discernimento, nei termini in cui se ne è trattato nei lavori sinodali, è un concetto derivato dagli insegnamenti di Ignazio di Lojola, fondatore dei gesuiti, (1491-1556) e significa decidere individuando nella propria coscienza ciò che è secondo Dio, ciò che richiede, in una prima fase, di individuare bene l’oggetto della decisione e le alternative possibili e, nella seconda fase, di stabilire, in coscienza, quale di queste ultime corrisponde al volere di Dio. Decidere in coscienza significa non farlo solo secondo il principio della maggiore utilità economica del risultato ma anche sulla base della propria coscienza. Questo mette in questione l’emotività personale mediata dai propri riferimenti dottrinali e biblici, vale a dire ciò che si intende per spiritualità personale, che è al centro degli insegnamenti evangelici e che li rende così coinvolgenti nell’interiorità.

  Tuttavia quando si progettano le organizzazioni sociali e i loro metodi  ciò che è utile per la spiritualità non lo è sempre per capire bene l’oggetto del decidere e soprattutto il contesto sociale in cui è sorta l’esigenza di una decisione e le forze sociali in campo. Ecco quindi la necessità preliminare di aprire l’involucro omiletico dei documenti del magistero (vale a dire ciò che li rende simili ad un’omelia e meno ad una legge, della quale tuttavia per definizione hanno anche il valore).

Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

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[Ricerca mediante ChatGPT di OpenAI del 29-10-24]

1. Il discernimento nella spiritualità ignaziano. Nel pensiero di Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, il "discernimento" è un processo spirituale fondamentale per distinguere e comprendere le mozioni interiori che spingono verso Dio e quelle che, invece, allontanano da Lui. Per Ignazio, il discernimento è l'arte di riconoscere l'azione dello Spirito Santo nelle proprie emozioni, pensieri e desideri, distinguendo ciò che promuove una relazione più autentica con Dio da ciò che la ostacola.

 Il discernimento ignaziano si basa sull'idea che l’anima umana sia sempre soggetta a forze contrastanti: il "buon spirito," che porta alla pace interiore e alla gioia in Dio, e il "cattivo spirito," che causa inquietudine, turbamento e allontanamento spirituale. Ignazio elaborò queste intuizioni nelle sue **Regole per il discernimento degli spiriti**, inserite negli *Esercizi Spirituali*, un manuale di preghiera e riflessione per coloro che desiderano intraprendere un percorso spirituale.

 Nel contesto della spiritualità gesuitica, il discernimento è un'attitudine continua che va coltivata per prendere decisioni illuminate dalla volontà divina, cercando sempre di "cercare e trovare Dio in tutte le cose". Questa pratica va oltre una singola scelta e diventa una modalità di vita in cui ogni decisione, piccola o grande, è orientata alla maggior gloria di Dio (ad maiorem Dei gloriam). Ignazio invita a osservare attentamente i moti dell'anima, prestando attenzione ai segni di "consolazione" e "desolazione," che possono indicare se si sta percorrendo la via giusta o ci si sta allontanando.

  In sintesi, il discernimento nella spiritualità ignaziana non è solo un metodo per risolvere dilemmi o fare scelte, ma è una disciplina spirituale che cerca di mantenere l'anima aperta alla presenza e alla guida divina in ogni momento.

 


lunedì 28 ottobre 2024

Sabato 26 ottobre 2024 si è conclusa la 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità

Sabato 26 ottobre 2024 si è conclusa la 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità

 Nell’ inconsapevolezza dei più e nella carenza quasi totale di informazione sui suoi lavori, quindi in modo assolutamente non sinodale,  sabato 26 ottobre 2024 si è conclusa la 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità ecclesiale.

  Ne sapremo le decisioni dal Documento finale che è stato approvato a maggioranza, benché l’intera procedura dal quale è scaturito non sia stata un esercizio democratico, perché il corpo che l’ha deliberato non è stato rappresentativo della popolazione di fede, né sinodale, perché quest’ultima non è stata neppure messa a conoscenza, se non in una sua esigua parte, del corso dei lavori e quindi non vi ha potuto incidere, se non in minima parte attraverso un pugno di persone cooptate a partecipare senza diritto di voto.

  Nei prossimi giorni esaminerò quel Documento finale, che, venendo pubblicato, come disposto dal Papa, verrà sottoposto ora al giudizio della gente che non l’ha deliberato, che poi sarà quello che veramente conta, perché se le decisioni che quel.testo contiene non si radicheranno nei costumi della popolazione di fede, coinvolgendone realmente una larga maggioranza, rimarranno lettera morta, come buona parte della ormai molto vasta letteratura del Magistero ecclesiastico. E questo sarà, di fatto, esercizio di democrazia e, insieme, di sinodalità,

  Di seguito trascrivo l’articolo del 26 ottobre 2024 con cui su Avvenire on line si è data la notizia della conclusione dei lavori.

Mario Ardigò – Azione Cattolica – in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

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La chiusura dei lavori. La sfida aperta del Sinodo: armonizzare le differenze


Mimmo Muolo sabato 26 ottobre 2024 – Avvenire on line

 

 

L’intervento del Papa ha concluso l’ultimo giorno dei lavori nel quale è stato votato e approvato il documento finale. Il processo continua nelle dieci commissioni

 

Il Sinodo sulla sinodalità è finito. Oggi ci sarà la Messa finale in San Pietro. Ma ora comincia il suo cammino nelle comunità ecclesiali di tutto il mondo. Non ci sarà un’esortazione apostolica conclusiva. Il Papa ha annunciato questa sera, a conclusione dei lavori assembleari che vale in tutto e per tutto il documento votato nell’Aula Paolo VI. E già questa è una novità. L’altra è rappresentata dal fatto che continuerà il lavoro delle dieci commissioni su problemi particolari. E lo stesso Francesco continuerà ad ascoltare vescovi e Chiese su questi temi.

«Alla luce di quanto emerso dal cammino sinodale - ha detto il Pontefice nel suo discorso finale lungamente applaudito - , ci sono e ci saranno decisioni da prendere». Ma «in questo tempo di guerre dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a dare forma reale alla convivialità delle differenze», ha osservato. Per tale ragione - ha spiegato Francesco - non intendo pubblicare una esortazione apostolica. Basta quello che abbiamo approvato. Nel documento ci sono già indicazioni molto concrete che possono essere di guida per la missione delle Chiese, nei diversi continenti, nei diversi contesti: per questo lo metto subito a disposizione di tutti» in modo che «sia pubblicato».

Il Papa ha detto di voler così «riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto, che tramite questo documento consegno al popolo santo di Dio». Quindi l’annuncio che il lavoro comunque continua: «Su alcuni aspetti della vita della Chiesa segnalati nel documento, come pure sui temi affidati ai dieci gruppi di studio, che devono lavorare con libertà, c'è bisogno di tempo. Continuerò ad ascoltare i vescovi e le loro comunità. Questo non è per rimandare all’infinito le decisioni, ma corrisponde allo stile sinodale: ascoltare, convocare, discernere, decidere e valutare».

Il documento, tuttavia, «è un dono a tutto il popolo di Dio, nella varietà delle sue espressioni», perché «ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza condannarci l’uno con l’altro. Veniamo da tutte le parti del mondo - ha notato ancora Francesco -, segnati dalla violenza, dalla povertà, dall'indifferenza. Insieme, con la speranza che non delude, uniti nell'amore di Dio diffuso nei nostri cuori, possiamo non solo sognare la pace ma impegnarci con tutte le nostre forze perché, magari senza parlare tanto di sinodalità, la pace si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo e riconciliazione. La Chiesa sinodale per la missione, ora, ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti».

Non è mancato infine un riferimento alla propria missione petrina. «Anche il Vescovo di Roma - ha spiegato infatti papa Bergoglio - ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto. E il mio compito è di custodire e promuovere l’armonia che lo Spirito diffonde nella Chiesa». Una Chiesa, ha insistito nuovamente il Papa, «aperta a tutti, tutti, tutti, nessuno escluso, nessuno fuori». «Quanto male fanno gli uomini e le donne di Chiesa quando erigono dei muri, quanto male - ha ammonito -. La rigidità è un peccato che a volte entra nei chierici, nei consacrati, nelle consacrate».

Il documento approvato oggi si compone di 45 pagine e 154 paragrafi. Molti i temi affrontati. Tutti i paragrafi hanno ottenuto larghissime maggioranze. Il record dei voti contrari (97 su 355 votanti) spetta al paragrafo 60 dedicato al ruolo della donna. Vi si legge tra l’altro: «Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo». Sono stati invece 45 i no al paragrafo 125, che riguarda le Conferenze episcopali e il loro ruolo, con la richiesta di specificare meglio «il vincolo ecclesiale che le decisioni prese da una Conferenza episcopale generano, rispetto alla propria diocesi, per ciascun vescovo che ha partecipato a quelle stesse decisioni». Qualche dissenso (43 no) anche per il paragrafo 27 che chiede di studiare «come rendere le celebrazioni liturgiche più espressive della sinodalità». Per il paragrafo 148, che contiene «la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale», infine, 40 no.

  Una delle sottolineature più importanti del testo è l’invito a una «conversione relazionale», cioè «la richiesta di una Chiesa più capace di nutrire le relazioni: con il Signore, tra uomini e donne, nelle famiglie, nelle comunità, tra tutti i cristiani, tra gruppi sociali, tra le religioni, con la creazione». L’esigenza di conversione nelle relazioni, afferma il testo, «riguarda inequivocabilmente quelle tra uomini e donne. Il dinamismo relazionale è iscritto nella nostra condizione di creature. La differenza sessuale costituisce la base della relazionalità umana. “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò”», afferma la Genesi. 

  Dipendono del resto da relazioni malate «i mali che affliggono il nostro mondo, a partire dalle guerre e dai conflitti armati, e dall’illusione che una pace giusta si possa ottenere con la forza delle armi. Altrettanto letale - affermano i sinodali - è la convinzione che tutto il creato, perfino le persone, possa essere sfruttato a piacimento per ricavarne profitto». E sono relazioni non buone anche le «disuguaglianze tra uomini e donne, il razzismo, la divisione in caste, la discriminazione delle persone con disabilità, la violazione dei diritti delle minoranze di ogni genere, la mancata disponibilità ad accogliere i migranti». Per questo nella preghiera finale recitata inAula il patriarca di Alessandria dei copti cattolici, Ibrahim I. Sedrak, ha invocato dallo Spirito Santo di «insegnarci ad osare la parola e l’ascolto profondo, ad aprire il cuore alla voce degli altri».

 

 


domenica 27 ottobre 2024

Umanità alveare

 

Umanità alveare?

Note sull’articolo di Gianni Carozza “Monarchia o democrazia? No: la Chiesa è un alveare”, pubblicato su Avvenire on line il 26-10-24

https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/lavorare-insieme-nella-diversita-chiesa-sinodale



Un cubo  della Collettività Borg, l’equivalente di un alveare per gli immaginari organismi biologici Borg [abbreviazione di "cyborg", un termine coniato per descrivere organismi biologici integrati con componenti cibernetici, ovvero "organismi cibernetici"] potenziati mediante congegni cibernetici, come viene presentato in alcuni episodi della serie televisiva Star Trek – Next generation [in onda dal 1987 al 1994]



Un Borg

 

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  Concepire una società umana come un corpo vivente, con i gruppi che la compongono visti come parti di un unico organismo biologico, è una metafora [narrazione nella quale si trasferisce il significato di una parola o di un'espressione da un contesto a un altro, stabilendo una somiglianza implicita tra due elementi diversi per suggerire nuove associazioni o significati], più precisamente la metafora organicista [si veda la nota 4]. Idealizzare un modello di società secondo una metafora organicista è stata la base della legittimazione morale di ogni assolutismo politico.

 Sono metafore organiciste quelle evangeliche della vite e dei tralci e del Buon Pastore e del suo gregge; lo è anche quella, utilizzata nell’antica patristica e da Tommaso d’Aquino della Chiesa – alveare,  come riferito da Gianni Carozza nel suo articolo del 26-10-24 pubblicato su Avvenire on line  con il titolo [verosimilmente redazionale perché non corrisponde al contenuto del pezzo] Monarchia o democrazia? No: la Chiesa è un alveare”. Le prime due vennero utilizzate per rivelare la dinamica della relazione tra Dio e il suo popolo, non un modello di organizzazione sociale. La terza, invece, lo è, e risale a tempi in cui i cristianesimi furono sempre più connotati politicamente.

  La metafora organicista della Chiesa – alveare è particolarmente suggestiva perché integra le prime due in un modello di superorganismo, vale a dire di una società – organismo composta da una moltitudine di individui non meramente passivi, come le pecore di un gregge, ma attivamente cooperanti.

 Le metafore organiciste della società sono sempre disumanizzanti. Lo è anche quella della Chiesa – alveare.

  Non è possibile realizzare l’uniformità sociale senza disumanizzare le persone che vi sono coinvolte. Le persone umane non sono insetti (né pecore).

  Sotto altri punti di vista non è consigliabile idealizzare il modello dell’alveare umano (si vedano notizie sulla collettività delle api in un alveare alla nota 1).

  Ad esempio: l’ape regina  non è una monarca, non dà ordini, non progetta e programma. Se ne sta al chiuso dell’alveare a produrre uova. Gli altri individui dell’alveare, le api operaie non hanno una propria volontà. Non vi è comunione, che è possibile solo tra individualità coscienti di sé e in relazioni sociali consapevoli.  L’organizzazione sociale della collettività delle api è mediata dalla chimica e dalla chimica biologica. Il comportamento degli individui non è altruistico, nel senso che sia finalizzato al bene degli altri, ma è determinato da una finalità diversa, la sopravvivenza e l’estensione della specie. In biologia viene definito cooperazione mutualistica: le azioni degli individui sono orientate non tanto al beneficio diretto di uno o pochi membri, ma alla funzionalità e al successo dell'intero gruppo o colonia, che è la forma attraverso cui la specie si perpetua. Questi insetti non hanno un sistema nervoso capace di produrre una mente, che invece è tra le caratteristiche più significative degli organismi più altamente evoluti, i pesci, gli  anfibi, i rettili, gli  uccelli e i mammiferi, e tra questi i primati Homo Sapiens, la nostra specie.

  La mente degli umani è sorretta da un sistema nervoso particolarmente evoluto che li rende capaci di linguaggio e cultura e di quella particolare facoltà che, pur difficile da definire (è infatti detta “il problema difficile”), è la coscienza di sé e che li manifesta come persone. Queste caratteristiche distinguono l’essere umano da altri viventi, anche a lui biologicamente molto vicini come gli altri primati antropomorfi, e determinano le particolarità uniche delle società umane. Benché queste ultime manifestino caratteristiche eusociali (si veda la nota 2), la coscienza di sé impedisce agli esseri umani di adattarsi veramente a società che si voglia organizzare come un alveare. Pensare, ad esempio,  di paragonare il voto elettorale, manifestazione molto evoluta della politica umana, sofisticata espressione culturale, allo sciamare delle api [si veda la nota 3] è una sottostima dell’umano che il voto politico  comporta ed esprime, quanto ad analisi dialogica e relazioni sociali nelle varie stratificazioni della società. Assimilare le decisioni collettive umane alle dinamiche collettive delle api, rette da espressioni istintive e irriflessive, può servire a privare il processo decisionale umano dell’elemento discorsivo e dialogico, verso il quale la gerarchia ecclesiastica è profondamente sospettosa, tanto dall’aver organizzato i lavori preparatori e la stessa Assemblea generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità  cercando di contenerlo al minimo, con il metodo della conversazione spirituale in cerchie limitate, per passare poi al voto nel quadro di una specie di liturgia. Mi pare il portato dell’idea, irrealistica,  che il popolo intuisca la cosiddetta verità anche senza doverla (e saperla) esprimere in modo ordinato e ragionevole.  Si tratta di un tentativo, mi pare, di conciliare l’inconciliabile, vale a dire assolutismo e sinodalità, presentando il gerarca ecclesiastico come una specie di ape regina destinata per natura al comando (anche se in natura quell’insetto non ha quella funzione) e tutte le altre persone come api operaie, destinate per natura a fare altro.

  Osservo poi che l’idea ellenistica della perfezione della natura, transitata mediante la patristica in lingua greca nelle teologie cristiane che determinarono l’ultramillenario assetto politico della cristianità degli europei, è anch’essa un mito irrealistico: la natura è complessa, molto complessa, ma tutt’altro che perfetta, nonostante la perfezione geometrica delle celle dell’alveare o dei fiocchi di neve; è inoltre spietata, crudele, pregna di catastrofi nella natura inorganica come in quella organica. Gli umani vi sono assoggettati, ma anelano a esserne redenti perché incapaci, da soli, a redimersene: da qui le religioni, in particolare quelle dei cristianesimi, molto evolute, che immaginano, o rivelano e prospettano la liberazione dalla morte fisica, e addirittura quella del cosmo intero dal suo destino “naturale”.

 La fantascienza ha immaginato diversi modelli sociali che corrispondono a quello di  società umane – alveare, tutti narrati come disumanizzanti. Uno di questi è quello della collettività Borg presentata in alcuni episodi della serie Star Trek Next Generation. I Borg [abbreviazione di Cyborg, vale a dire organismi cinernetici] sono individui organici potenziati assimilando varie specie viventi in un superorganismo creato impiantando negli organismi dei congegni cibernetici. Vivono in un alveare fatto a forma di cubo, il Cubo Borg. Un struttura geometricamente perfetta. La mente della collettività è unica e comanda  i singoli organismi cibernetici, i quali agiscono come sue propaggini e strumenti. Non c’è alcun dissenso da parte dei sottoposti. Al contatto con altre specie, la mente Borg cerca di assimilarle, annunciando loro che “La resistenza è inutile”, un po’ secondo i tristi costumi dell’evangelizzazione veicolata dalla colonizzazione stragista degli europei. E’ questa l’unità che lo Spirito dovrebbe indurre negli umani?

 

Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

 E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.

 

 

[dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 17, versetti da 20 a 23 (Gv 17, 20-23) versioni in  italiano CEI 2008]

 

  Lascio la risposta alla riflessione personale delle lettrici e dei lettori.

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[Ricerca ChatGPT di OpenAI 26-10-24]

1.Eusocialita nelle api

  In biologia, il modello di cooperazione delle api in un alveare è definito come **superorganismo**. Questo termine descrive un gruppo sociale altamente organizzato in cui gli individui (in questo caso, le api) collaborano come se fossero le parti di un unico organismo più grande, ciascuna con ruoli specifici e interdipendenti.

 In un alveare, ogni ape ha un ruolo determinato che contribuisce al successo dell’intera colonia:

- **L’ape regina** è responsabile della riproduzione.

- **Le operaie** si occupano di varie mansioni, come raccogliere il polline, produrre cera e miele, nutrire le larve e proteggere l’alveare.

- **I fuchi** hanno la funzione specifica di fecondare la regina.

Questo tipo di organizzazione gerarchica e funzionale si basa su una cooperazione altruistica, in cui ciascuna ape sacrifica in parte il proprio interesse individuale per il bene della colonia. Le api comunicano tra loro attraverso danze, come la famosa "danza delle api" (o **danza di waggle**), che consente di trasmettere informazioni sulla posizione delle risorse.

In un alveare, l’ape regina non “comanda” le api operaie nel senso di un’autorità centrale o di un capo. Il ruolo della regina è principalmente **riproduttivo**: è l'unica femmina fertile che depone le uova, garantendo la continuità della colonia, ma **non esercita un controllo diretto** sul comportamento delle operaie.

L'organizzazione della colonia è invece un sistema **autonomo e cooperativo** basato sulla comunicazione chimica e sui feromoni. Ecco come funziona:

- **Feromoni della regina**: La regina emette feromoni speciali che segnalano la sua presenza e salute. Questi feromoni sono distribuiti tra le api operaie e mantengono la coesione sociale, inibendo in parte la capacità delle operaie di sviluppare ovaie e spingendole a concentrarsi sulle attività di raccolta del cibo, cura delle larve e difesa del nido.

- **Autoregolazione delle operaie**: Le api operaie sono guidate principalmente dai bisogni della colonia e dalle informazioni che raccolgono dall’ambiente. Ad esempio, quando c’è bisogno di cibo, le operaie si attivano per cercarlo. Se la colonia ha bisogno di una nuova regina (come in caso di morte della regina o della sua ridotta capacità riproduttiva), le operaie iniziano a nutrire alcune larve con la **pappa reale** per sviluppare una nuova regina.

- **Comunicazione tra le operaie**: Le operaie comunicano tra loro attraverso la famosa **danza delle api** e altre modalità di contatto per coordinarsi nel trovare risorse o per rispondere a minacce, senza istruzioni dirette dalla regina.

 In questo sistema, quindi, la regina non dà ordini, ma il suo ruolo e la sua presenza influenzano l’organizzazione della colonia in modo indiretto. La gestione dell’alveare è più vicina a un modello di cooperazione e auto-organizzazione piuttosto che a una gerarchia con un "comando".

 La cooperazione nelle colonie di api rappresenta un esempio di **eusocialità**, il più alto livello di organizzazione sociale, dove individui della stessa specie vivono insieme e cooperano nella cura dei piccoli, condividendo la divisione dei compiti e sviluppando una sovrapposizione tra le generazioni.

 L’eusocialità delle api ha affascinato i biologi per decenni e ha portato allo sviluppo di diverse teorie per spiegare la sua origine evolutiva. Ecco alcune delle teorie principali:

### 1. **Teoria della selezione di parentela (Kin Selection)**

   - **Proposta da William Hamilton** negli anni ’60, questa teoria è una delle più accettate per spiegare l’eusocialità.

   - Suggerisce che l’eusocialità si sia evoluta perché le api operaie, pur non riproducendosi, aiutano la regina e altri parenti stretti a riprodursi. In questo modo, le operaie trasmettono indirettamente i propri geni attraverso i parenti.

   - Nel caso delle api, le operaie sono **più strettamente imparentate con le sorelle** (condividendo circa il 75% dei geni, a causa del sistema di determinazione del sesso aplodiploide) rispetto a quanto lo sarebbero con i propri figli. Questo aumenta l’efficacia evolutiva dell’altruismo.

### 2. **Teoria della selezione di gruppo (Group Selection)**

   - Questa teoria suggerisce che l’eusocialità si sia evoluta perché le colonie con individui cooperativi hanno maggiori probabilità di sopravvivere rispetto alle colonie meno organizzate.

   - In un ambiente competitivo, le colonie di api in cui i membri collaborano efficacemente ottengono più risorse e riescono a difendersi meglio, garantendo la sopravvivenza del gruppo nel lungo periodo.

### 3. **Ipotesi del sistema aplodiploide**

   - Le api, come altre specie eusociali, hanno un sistema di determinazione del sesso chiamato **aplodiploidia**: le femmine sono diploidi (hanno due set di cromosomi), mentre i maschi sono aploidi (hanno un solo set).

   - Questo sistema genetico fa sì che le sorelle condividano più geni tra loro che con i propri figli. Di conseguenza, l’evoluzione favorisce la cooperazione e la divisione dei ruoli per aumentare la probabilità di successo riproduttivo della regina.

### 4. **Teoria dei vincoli ecologici (Ecological Constraints Hypothesis)**

   - Questa teoria sostiene che la cooperazione e la divisione dei compiti si siano sviluppate come risposta a **sfide ambientali e di sopravvivenza**.

   - Le api vivono in ambienti dove la costruzione e difesa del nido, la raccolta di cibo, e la cura della prole richiedono enormi sforzi e cooperazione. In questo contesto, una divisione specializzata dei ruoli aumenta l’efficienza della colonia e la probabilità di sopravvivenza.

### 5. **Teoria della selezione multi-livello (Multilevel Selection)**

   - Proposta da E.O. Wilson e altri, questa teoria suggerisce che la selezione operi a livelli diversi: **sia sugli individui che sui gruppi**.

   - La cooperazione all'interno della colonia si sviluppa come un compromesso tra l’interesse individuale e quello collettivo, dove le colonie che presentano un’elevata coesione interna e una divisione efficiente del lavoro sono avvantaggiate in termini di sopravvivenza.

### 6. **Teoria del conflitto-risoluzione**

   - Questa teoria enfatizza che l’eusocialità potrebbe essere il risultato di un equilibrio raggiunto attraverso **meccanismi di risoluzione dei conflitti** tra i membri della colonia.

   - Ad esempio, le operaie rinunciano alla riproduzione personale perché il sistema sociale della colonia previene attivamente i conflitti per mantenere un ambiente collaborativo, regolando i comportamenti e limitando le lotte per il potere.

 Queste teorie, spesso interconnesse, forniscono un quadro multidimensionale della complessità dell’eusocialità e dell’organizzazione delle api. La selezione di parentela e il sistema aplodiploide sono considerati tra i principali fattori, mentre le teorie della selezione di gruppo e dei vincoli ecologici spiegano i benefici che la cooperazione offre per la sopravvivenza della colonia.

2. Caratteristiche eusociali delle società umane

 Le società umane non sono generalmente considerate eusociali in senso stretto come le società di insetti (ad esempio api, formiche e termiti), anche se condividono alcune caratteristiche. Perché un gruppo sia definito eusociale, deve avere queste caratteristiche:

1. **Divisione del lavoro riproduttivo**, con alcuni individui che si riproducono (come la regina nelle api) e altri che rinunciano alla riproduzione per svolgere altri ruoli;

2. **Cura cooperativa della prole**, in cui i membri non-genitori si occupano dei piccoli;

3. **Sovrapposizione delle generazioni**, con più generazioni che vivono insieme e interagiscono per lungo tempo.

 Anche se le società umane possono presentare una **certa divisione del lavoro** e **cura cooperativa della prole** (ad esempio, l’aiuto di parenti o della comunità nella crescita dei figli), manca il **blocco riproduttivo obbligatorio**: la maggior parte degli individui umani mantiene la capacità di riprodursi e non è geneticamente costretta a rinunciarvi, come invece accade in colonie eusociali di insetti.

### Modelli di tipo "quasi-eusociale" nelle società umane

Gli esseri umani hanno sviluppato forme avanzate di **cooperazione e altruismo** che non si vedono in molte altre specie animali. Si parla talvolta di una **"eusocialità facoltativa" o "quasi-eusocialità"** per descrivere le società umane, dove l’altruismo, la cooperazione e la complessa organizzazione sociale evolvono in risposta a pressioni ambientali e culturali.

### Elementi simili all’eusocialità negli umani

Alcuni tratti sociali, come la divisione del lavoro complessa, la cooperazione su larga scala e l’investimento collettivo nella cura dei bambini, hanno spinto biologi come Edward O. Wilson a suggerire che l’evoluzione umana abbia portato gli esseri umani verso forme organizzative "quasi-eusociali." Tuttavia, la mancanza di una struttura di riproduzione obbligatoria e la capacità degli individui di riprodursi liberamente distingue le società umane dai modelli eusociali.

 In sintesi, gli esseri umani non sono considerati eusociali nel senso biologico rigoroso, ma mostrano tratti di cooperazione complessa e divisione dei ruoli che ricordano alcuni aspetti delle società eusociali, sebbene in una forma più flessibile e culturalmente variabile.

3. La sciamatura delle api. La sciamatura è determinata principalmente da fattori legati alla crescita e alle condizioni interne della colonia:

 

1. **Sovrappopolazione dell'alveare**: quando l’alveare diventa sovraffollato, con poco spazio per nuove celle e risorse limitate, le api operaie iniziano a stimolare la regina a produrre nuove regine.

2. **Mancanza di ventilazione e aumento della temperatura interna**: in un alveare affollato, la temperatura aumenta, e questo può favorire il processo di sciamatura, soprattutto se la ventilazione non è sufficiente.

3. **Stimoli ormonali**: quando le api operaie avvertono la necessità di creare una nuova colonia, iniziano a produrre speciali feromoni che incentivano la sciamatura e spingono alcune api a seguire una nuova regina.

### Direzione presa dallo sciame

Dopo la sciamatura, le api esploratrici (scout) svolgono un ruolo cruciale nel determinare la direzione e la nuova dimora dello sciame:

1. **Esplorazione dell'ambiente**: alcune api esploratrici lasciano temporaneamente il gruppo per cercare luoghi adeguati, come cavità in alberi o altri spazi riparati.

2. **Danza delle esploratrici**: una volta trovata una potenziale nuova dimora, le esploratrici tornano allo sciame e comunicano la loro scoperta attraverso una danza. L'intensità della danza riflette l'entusiasmo per il luogo trovato, e più esploratrici vengono convinte, più aumenta il consenso per quella direzione.

3. **Decisione collettiva**: il processo di selezione della nuova dimora è collettivo; man mano che si forma un consenso tra le api esploratrici, tutto lo sciame si dirige verso la destinazione scelta.

La sciamatura e la scelta della direzione sono, quindi, un esempio di decisione collettiva tra le api, guidata sia da necessità biologiche sia da un sofisticato sistema di comunicazione e ricerca.

4. La Collettività Borg presentata nella serie Star Trek – Next generation

I Borg sono una delle più iconiche e temibili collettività aliene della serie *Star Trek: The Next Generation*, rappresentati come una razza di esseri cibernetici che vivono in una forma di simbiosi totale con la tecnologia. La loro società è basata su una mente collettiva nota come "la Collettività", che elimina qualsiasi individualità. Gli individui, chiamati "droni," sono collegati a un sistema centrale, che dirige ogni azione. Questo sistema permette loro di operare come un unico organismo, dove ogni drone è al servizio della Collettività e agisce in perfetta armonia con gli altri.

### Caratteristiche dei Borg

1. **Simil-cibernetici:** I Borg sono una fusione tra umanoidi e tecnologia avanzata. Ogni drone è dotato di impianti cibernetici che ne potenziano la forza, la resistenza e le capacità intellettuali. Sono in grado di autoripararsi grazie alla nanotecnologia e di adattarsi ai cambiamenti ambientali o alle minacce, rendendoli quasi impossibili da sconfiggere.

2. **Assenza di individualità:** La mente collettiva elimina ogni concetto di individualità, personalità o volontà personale. I droni non hanno pensieri o desideri propri; ogni decisione viene presa dalla Collettività, che agisce per ottimizzare l'efficacia e l'efficienza della specie. Questo stato di "perdita dell'individualità" è uno dei temi chiave che la serie esplora, interrogandosi su cosa significhi essere umani.

3. **Tecnologia di adattamento:** I Borg hanno una capacità impressionante di adattarsi rapidamente a qualsiasi arma o strategia usata contro di loro. La loro tecnologia di rigenerazione e adattamento li rende un nemico formidabile, in grado di neutralizzare rapidamente le minacce e continuare la loro missione di assimilazione.

### Stili di vita

  I Borg non hanno uno stile di vita nel senso tradizionale, dato che ogni azione, persino le loro "abitudini" operative, è volta esclusivamente al raggiungimento degli obiettivi della Collettività. Sono privi di emozioni, relazioni sociali o qualsiasi forma di piacere individuale. La loro esistenza è interamente dedicata a migliorare l’efficienza della Collettività, che considera l’assimilazione come una forma di evoluzione. I droni "riposano" in stazioni di ricarica all'interno dei loro cubi, enormi astronavi che sono progettate per essere funzionali, spoglie e altamente efficienti.

### Scopi della Collettività Borg

 Il motto dei Borg, "Resistenza è inutile," è indicativo del loro obiettivo: l’assimilazione di altre specie e culture. La Collettività crede che ogni civiltà, attraverso l'assimilazione, possa raggiungere la perfezione. Questo obiettivo spiega la loro ossessione per la conquista di nuove tecnologie e specie, considerate semplicemente come risorse da incorporare per perfezionare la Collettività stessa.

 La minaccia Borg esplora temi profondi, come la perdita dell'individualità e il pericolo di una dipendenza estrema dalla tecnologia, oltre al dilemma etico del forzare altre civiltà a diventare "perfette" contro la propria volontà. In molti episodi, questa collettività rappresenta un contrasto radicale con l'ideale della Federazione, che celebra la diversità, la libertà individuale e la cooperazione volontaria tra specie.

4. La metafora organicista per descrivere un modello di società umana

  La **metafora organicista** descrive la società umana come un organismo vivente, in cui ciascuna parte svolge un ruolo essenziale per il funzionamento dell'intero sistema. Questa visione si basa su un'analogia tra le componenti della società e le parti di un corpo, come gli organi o i tessuti, suggerendo che il benessere di ciascun elemento contribuisce all’armonia e alla sopravvivenza dell’intero organismo.

 Ecco le caratteristiche principali di questa metafora:

1. **Interdipendenza**: Come le cellule e gli organi in un corpo umano dipendono reciprocamente per svolgere le proprie funzioni, così in una società ogni individuo, gruppo e istituzione ha una funzione unica ma interconnessa. Questa interdipendenza implica che il malfunzionamento di una "parte" della società può influenzare l'intero sistema.

2. **Unità funzionale**: Ogni parte della società, come in un organismo, ha un compito o una funzione specifica che contribuisce alla stabilità e all’ordine complessivo. Ad esempio, il sistema economico è paragonabile al sistema digestivo (si occupa della distribuzione delle risorse), mentre il governo è come il sistema nervoso centrale, che coordina e regola le attività.

3. **Gerarchia e differenziazione**: Nell'organismo, alcune parti sono più complesse e svolgono ruoli direttivi (come il cervello), mentre altre si occupano di compiti esecutivi (come i muscoli). Allo stesso modo, nella società esiste una certa gerarchia e differenziazione tra i ruoli, con alcuni gruppi che prendono decisioni e altri che eseguono.

4. **Autoconservazione**: Come un organismo cerca di sopravvivere e si adatta per rispondere a minacce o cambiamenti nell’ambiente, anche la società sviluppa meccanismi per preservarsi e adattarsi a crisi interne o pressioni esterne, come rivoluzioni, guerre, o cambiamenti economici.

5. **Evoluzione e sviluppo**: Analogamente a un organismo che cresce e si evolve, anche la società si sviluppa e cambia nel tempo. Questa crescita può essere lenta e graduale oppure rapida e rivoluzionaria, ma è vista come parte naturale del ciclo vitale di un'entità vivente.

Ecco sei esempi di metafore organiciste tra i più noti nella letteratura filosofica, politica e religiosa, ognuna con una prospettiva unica sulla natura della società umana:

1,**Il discorso di Menenio Agrippa ai plebei, nel V secolo a. C.** Nel discorso di Menenio Agrippa ai plebei troviamo un chiaro esempio di metafora organicista. Questo episodio è narrato dallo storico romano Livio, che racconta come, nel V secolo a.C., Menenio Agrippa fu inviato dal Senato romano per persuadere i plebei, che avevano abbandonato Roma in segno di protesta contro le disuguaglianze sociali e l'oppressione dei patrizi. Agrippa utilizzò una parabola che paragona la società romana a un corpo umano, in cui ogni parte ha un ruolo fondamentale per il benessere complessivo.

 Nel discorso, Agrippa descrive la società come un corpo in cui il *ventre*, cioè la parte patrizia, sembra passivo e inutile, ma in realtà svolge una funzione essenziale per l'intero organismo, nutrendo e distribuendo il cibo che mantiene in vita tutte le altre parti del corpo.    

 Se il ventre smettesse di svolgere il suo compito, tutto il corpo ne soffrirebbe. Analogamente, Agrippa sostiene che anche le diverse classi sociali devono cooperare e rispettare i propri ruoli per garantire la stabilità e la prosperità di Roma.

  Questa metafora organica era volta a convincere i plebei dell'importanza della coesione sociale e della necessità di mantenere una collaborazione tra patrizi e plebei per il bene comune. In questo contesto, la metafora organicista viene usata per giustificare le gerarchie sociali esistenti, presentando ogni classe come un "organo" indispensabile per il funzionamento dell'intero "corpo" della città.

2. **La Repubblica di Platone (IV secolo a.C.)** 

   Nella sua opera *La Repubblica*, Platone descrive la società ideale come un organismo diviso in tre classi: i filosofi, i guerrieri e i lavoratori, ciascuno con una funzione specifica per il benessere comune. Platone paragona ogni classe alle parti dell'anima umana: la ragione (i filosofi) guida, il coraggio (i guerrieri) protegge, e il desiderio (i lavoratori) provvede ai bisogni materiali. Questa suddivisione è vista come un modo per garantire armonia e giustizia nella società, con ciascun "organo" che svolge il proprio compito per il benessere collettivo.

3. **L’epistola di San Paolo ai Corinzi (I secolo d.C.)** 

   Nel Nuovo Testamento, San Paolo usa l’immagine del corpo umano per rappresentare la comunità cristiana. Nella prima lettera ai Corinzi (12:12-27), egli scrive: "Ora voi siete corpo di Cristo e, ciascuno secondo la propria parte, sue membra." In questo organismo spirituale, ciascun membro della Chiesa ha un ruolo unico, e la collaborazione di tutti è essenziale per la salute dell'intero "corpo". Questa metafora enfatizza l’unità della comunità cristiana e la dignità di ogni ruolo, anche il più modesto, incoraggiando la solidarietà tra i credenti.

4. **Lo Stato organico di Thomas Hobbes (XVII secolo)** 

   Nel *Leviatano*, Hobbes paragona la società civile a un grande corpo creato artificialmente per proteggere gli individui dalla "guerra di tutti contro tutti". Lo Stato è visto come un "corpo" con un "anima", che è il sovrano, e dei "membri", che sono i cittadini. Questo corpo è costituito per garantire ordine e pace, e ogni membro è parte di un sistema gerarchico che contribuisce al funzionamento dell’intero "organismo" sociale. Hobbes usa questa immagine per legittimare l’autorità centrale, descrivendola come necessaria per la sopravvivenza stessa del corpo sociale.

5. **L’organicismo di Émile Durkheim (XIX secolo)** 

   Nel suo studio sulla società moderna, Durkheim elabora la teoria della solidarietà organica. Contrapponendola alla solidarietà meccanica delle società primitive, Durkheim vede nella società industriale un sistema di "divisione del lavoro" simile all'organismo biologico. Ogni individuo o gruppo sociale ha una funzione specifica, contribuendo all’armonia dell’insieme. Questa struttura consente alla società di adattarsi ai cambiamenti e di garantire coesione e stabilità. La metafora di Durkheim evidenzia la coesistenza di diversità e interdipendenza come elementi chiave per la salute del corpo sociale.

6. **Il concetto di Volkskörper nella Germania nazista (XX secolo)** 

   Nella Germania nazista, il concetto di "Volkskörper" (corpo del popolo) veniva utilizzato come metafora per giustificare la purezza razziale e l’eliminazione delle "impurità". In questo modello, il popolo tedesco era concepito come un organismo unico e "puro", e le "impurità" (rappresentate da minoranze e oppositori) erano viste come malattie da estirpare per preservare la salute dell'intero "corpo". Questa interpretazione estrema e distorta della metafora organicista fu utilizzata per legittimare politiche discriminatorie e violente, enfatizzando il concetto di coesione e purezza come giustificazione per la persecuzione di gruppi considerati "estranei".

 Questi esempi riflettono come la metafora organicista sia stata usata per giustificare strutture sociali diversificate, dalla cooperazione solidale alla giustificazione di autoritarismo e discriminazione. La flessibilità della metafora ha permesso di adattarla a scopi ideologici molto diversi, diventando uno strumento potente e controverso nella storia del pensiero sociale.

 La metafora organicista, pur essendo suggestiva e utile, è stata criticata per il rischio di giustificare gerarchie sociali e conservatorismo, sottovalutando la capacità individuale di cambiare la propria condizione e il dinamismo dei conflitti sociali.