Cattolicesimo democratico 18
La pace internazionale
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Guerra
in senso proprio è solo quando
un centro di potere politico che in un certo momento storico è riuscito a
imporre la propria sovranità la ordina e la popolazione che gli è
soggetta deve mobilitarsi sotto pena di sanzioni legali. La guerra in senso proprio, inoltre, è diretta
a distruggere indiscriminatamente i beni e le persone della popolazione
individuata come nemica nell’ordine di
guerra, finché non si sottometta o, nelle guerre genocide (il dominio mondiale
degli europei si è fondato su questo tipo di guerre), scompaia come tale.
La
guerra non va confusa con qualsiasi altra forma di violenza sociale, in
particolare con quella interpersonale.
La violenza è e sarà sempre latente
nelle società umane, come lo è in tutti gli altri gruppi animali. In realtà la
lotta caratterizza ogni altra forma vivente, perché è la legge di natura che
consente la catena alimentare e
quindi la vita sulla Terra. Anche i vegetali lottano, come è evidente anche da
una osservazione superficiale e non particolarmente informata. Ma a
interpretiamo la lotta come violenza solo riguardo agli animali perché
hanno una biologia simile alla nostra e così possono essere umanizzati e viceversa.
Sostenere che la violenza è sempre latente
significa che non potrà mai essere del tutto eliminata, ma solo contenuta. Per
giungere a questa conclusione non occorre aver particolarmente studiato: è una
realtà evidente in tutte le società umane e anche in quella in cui ciascuna
persona vive, e ciò fin da quando si è molto piccoli. Le società che si
manifestano tra i bambini sono sempre molto violente, anche se in genere la violenza
vi è contenuta dall’autorità dalle persone adulte.
Per la guerra il discorso è diverso. L’ordine
di guerra è parte di un sistema culturale in base alla quale è organizzato un
l’ordinamento politico capace di impartirlo ottenendone l’effettività. E’
quindi concretamente possibile, infatti, organizzare forme politiche che
impediscano di ordinare la guerra e quindi, in definitiva, la guerra stessa. Ne
abbiamo una conferma sperimentale nella nostra Unione Europea che comprende
stati che si sono sanguinosamente combattuti da quando si sono manifestati come
tale e poi non lo hanno più fatto dal maggio 1945 e quest’anno sono ottant’anni
da allora: un periodo di pace così lungo non si è mai verificato nella storia dell’intera
umanità, da quando c’è storia, circa 5.500 anni fa. Da ciò che si sa di quello
che c’era prima non possiamo individuare società umane pacificate anche prima
di allora: esse verosimilmente vivevano in modi più soggetti alla spietata
legge di natura delle nostre. Non abbiamo traccia di culture in grado di
proporsi e soprattutto di organizzare organismi politici pacificati. Si stima
che la cultura, come insieme di miti, diritto, costumi specifici della
tradizione di una certa società umana, inizi a manifestarsi circa 70.000 anni
fa, su basi neurologiche risalenti a circa 200.000 anni fa. Su questi temi può
essere interessante leggere un libro divulgativo che ha avuto un grande
successo: di Yuval Noah Harari (storico
israeliano dell’Università ebraica di Gerusalemme) Da animali a dei. Breve storia
dell’umanità, Bompiani 2017, anche in e-book e Kindle.
Nel mondo attualmente ci sono 195 stati
indipendenti con personalità giuridica di diritto internazionale, i quali
quindi sono attori riconosciuti nel diritto internazionale. Al vertice di ognuno
di questi stati c’è un gruppo di governo composto da circa trenta persone. Questo
significa che le questioni internazionali sono decise da circa seimila persone,
su una popolazione mondiale di oltre otto miliardi. Però gli stati che dominano
le questioni mondiali, per la loro forza economica o militare, sono molti di meno, ed esattamente Federazione
russa, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Repubblica popolare cinese, Stati
Uniti d’America (con gli altri dei Five Eyes, vale a dire quelli anglofoni strettamente tra loro
legati, cioè dire Australia, Canada e Nuova Zelanda), ai quali, per certi
aspetti, si può aggiungere l’Unione Europea. Fanno circa trecento persone al
vertice del mondo. Queste sono le persone che possono ordinare una guerra mondiale,
vale a dire una guerra totale, globale, catastrofica, come anche quelle che
hanno il potere di determinare se e a
che livello ordinare una guerra locale espressione di conflitti di potere fra
loro. Nessuna guerra locale con riflessi globali è consentita senza il loro
assenso: una guerra di questo tipo è quella che si combatte attualmente in
Palestina. Le grandi questioni globali di potenza sono spesso sintetizzate facendo
riferimento a loro, individualmente, per cui, ad esempio si dice Putin (il
Presidente della Federazione russa) avanza in Ucraina o Biden (il
Presidente americano) risponde all’attacco. Queste persone arbitre
della pace e della guerra nel mondo agiscono secondo i rispettivi miti culturali
di sovranità, che rivendicano nei confronti delle altre. L’esperienza
storica, che è molto importante conoscere quando si tratta di questa materia, dimostra
che, per questo, l’unica vera e valida resistenza alla loro volontà di potenza è
quella che può manifestarsi dal basso, da masse soggette al loro potere ma
anche capaci di opporvisi, in particolare nelle questioni più gravi, quelle in
cui si tratta di vita o di morte. Non lo è invece il cosiddetto “equilibrio del
terrore”, basato sulla convinzione di mutua distruzione assicurata nel caso di
conflitto, perché, come è stato dimostrato dall’esperienza della cosiddetta guerra
fredda, che si è combattuta tra il blocco di stati egemonizzati dagli Stati
Uniti d’America e quelli egemonizzati dall’Unione Sovietica tra il 1946 e il 1991,
e ancor più dall’attuale guerra in Ucraina, esso non impedisce la guerra, ma
solo ne determina i livelli di intensità ed estensione e le modalità.
Un centro di potere al vertice di uno stato
che agisce secondo il mito di sovranità cercherà sempre di ricorrere
alla guerra, in qualche modalità, per avere ragione dei suoi avversari ed essa
sarà tanto più intensa ed estesa quanto più la sua forza militare sovrasta
quella dei suoi nemici.
Il problema in campo internazionale e che, a
differenza di ciò che accade in un singolo stato, non vi è nessun centro di potere
che, una volta che sia iniziata una guerra, può ordinare la pace ottenendo
obbedienza. E’ ciò che accade alla Nazioni Unite. Se un tale centro di potere
vi fosse, rapidamente degenererebbe e abuserebbe del suo potere, non essendovi una
reale possibilità di resistere a un potere tanto grande. Di ogni potere che non
trovi limiti, sicuramente si
finisce per abusare, a qualsiasi livello. Questa è stata l’esperienza storica
costante.
Contrariamente a come si ritiene nell’attuale
orientamento della dottrina sociale, la via per la pace non è quindi quella di
organizzare un centro di potere mondiale con il compito di imporre la
pace. Lo è invece quella di organizzare la resistenza dal basso delle
popolazioni, costruendovi una cultura adeguata che prescinda dalle attuali
divisioni politiche del mondo, che superi frontiere, culture ed etnie. E’
quella che potrebbe essere possibile in una Chiesa diffusa a livello
globale come quella cattolica, se solo abbandonasse la dottrina secondo la quale
la decisione sulla guerra deve essere riservata ai governanti e non è
invece una responsabilità dei governati, i quali, anche se partecipano ad una
guerra ingiusta, secondo i criteri dell’attuale dottrina sociale (ricevuti dal Medioevo),
non fanno peccato. Questo ha consentito storicamente a stati con
prevalenza di popolazioni di fede cristiana e addirittura cattolica di
combattersi sanguinosamente senza che, anche dal punto di vista religioso, fosse
ritenuta lecita una loro resistenza etica all’ordine di mobilitazione bellica. E’ ciò che sta accadendo in Ucraina,
in cui si stanno combattendo popolazioni in larga maggioranza di fede cristiana
ortodossa, e anche le rispettive gerarchie ecclesiastiche non vi vedono un ostacolo
perché ciascuna ritiene di sostenere la parte giusta.
Più o meno tutte la grandi religioni storiche
seguono quell’orientamento e questo spiega perché, nonostante l’adesione di
miliardi di fedeli, risultino ininfluenti a contenere la volontà di potenza sovrana
di quelle poche centinaia di persone dalle quali dipendono la pace e la
guerra. In questo campo sono inutili per suscitare la pace, ma, in genere, risultano
invece essere un importante supporto alla guerra, come sta accadendo nella
guerra attualmente in corso in Palestina, ma anche in Ucraina, dove, in definitiva,
anche le Chiese dell’Ortodossia si stanno combattendo. Le religioni storiche
non sono state, e non sono tuttora, potenze di pace, tutt’altro. Potrebbero
diventarlo?
La dottrina tradizionale sulla guerra giusta
è sintetizzata nel Catechismo della Chiesa
cattolica in questi termini:
2309 Si devono considerare con
rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con
la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a
rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
—
che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni
sia durevole, grave e certo;
—
che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o
inefficaci;
—
che ci siano fondate condizioni di successo;
—
che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da
eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la
potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati
nella dottrina detta della « guerra giusta ».
La
valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio
prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.
2310 I
pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai
cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.
Coloro che si dedicano al servizio della
patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei
popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene
comune della nazione e al mantenimento della pace.
Questo orientamento è di ostacolo alla resistenza
delle popolazioni all’ordine di guerra su basi evangeliche e origina fondamentalmente
dalle pesanti compromissioni dei vertici ecclesiastici (non solo di quelli cattolici)
con i poteri civili con i quali sono storicamente entrati in contatto. La questione
è strettamente connessa con gli ordinamenti ecclesiastici delle Chiese
cristiane.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli