Cattolicesimo democratico 17
Democrazia
e mercato: correggere le leggi di natura
………………………….
Nota: utilizzo il servizio di AI [artificial
intelligence = intelligenza artificiale] di OpenAI, al quale sono abbonato, per
rendere più veloce l’elaborazione di contenuti. Come avverte il gestore del
servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che è un sistema di ricerca, elaborazione
e generazione di testi molto evoluto in
grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte non corrette.
Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del sistema, analoghe
a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono quindi invitati a verificare
la correttezza delle risposte. In genere interrogo l’AI in materie in cui ho
almeno un’informazione di base. Dove le risposte prodotte presentano evidenti
incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi tutto utilizzando la stessa
AI che è in grado di svolgere bene questo controllo, e poi servendomi di altre
fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on line. Personalmente ho
studiato e pratico il diritto italiano, complesso di materie in cui ho
un’informazione più completa per ragioni professionali. Invito tuttavia i
lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia quanto alle risposte
generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a tutto ciò che scrivo,
perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra gli stessi problemi di
quella non umana, la cui architettura funzionale è modellata sulla prima. Il
testo tra parentesi quadre che inserisco nella trascrizione della risposta
generata dall’AI contiene mie correzioni basate su altre fonti. Le correzioni
generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste di verifica sono invece
inserite nel testo senza evidenziazione.
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Perciò io vi dico: non preoccupatevi troppo
del mangiare e del bere che vi servono per vivere, o dei vestiti che vi servono
per coprirvi. Non è forse vero che la
vita è più importante del cibo e il corpo è più importante del vestito?
Guardate gli uccelli del cielo: essi non
seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre
vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non valete forse più di loro?
E chi di voi con tutte le sue preoccupazioni
può vivere un giorno più di quel che è stabilito?
Anche per i vestiti, perché vi preoccupate
tanto? Guardate come crescono i fiori dei campi: non lavorano, non si fanno
vestiti. Eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, con tutta la sua
ricchezza, ha mai avuto un vestito così bello! Se dunque Dio rende così
belli i fiori dei campi che oggi ci sono e il giorno dopo vengono bruciati, a
maggior ragione procurerà un vestito a voi, gente di poca fede!
Dunque, non state a preoccuparvi troppo,
dicendo: “Che cosa mangeremo?, che cosa berremo?, come ci
vestiremo?”. Sono gli altri, quelli che non conoscono Dio, a cercare
sempre tutte queste cose. Il Padre vostro che è in cielo sa che avete bisogno
di tutte queste cose.
[Mt 6,25-31 – versione
TILC]
*******************************
La democrazia
dell’Unione Europea contemporanea è un sistema politico molto evoluto
che ha pochissimo a che fare con le democrazie dell’antichità, in particolare
con quella ateniese e con quella dei romani, basate su legami tribali, e molto
a che fare con lo sviluppo del mercato come istituzione fondamentale dell’economia
capitalista nell’età contemporanea.
La dottrina sociale cattolica è profondamente
diffidente verso democrazia, mercato e capitalismo. La ragione fondamentale è
nei principi libertari che implicano. Ma il pregiudizio è agganciato a un certo
pessimismo evangelico rispetto agli affari sociali, a favore dell’idea che le
cose, lasciate a sé stesse vadano a posto da sole per virtù provvidenziale. Esso
risente della diffidenza degli antichi autori biblici verso l’esperienza delle
istituzioni cittadine loro contemporanee.
§§§§§§§§§§
Gli scritti dell’antico
testamento furono composti nell’antico oriente. Gli uomini di queste aree
geografiche non dovevano vedersela con foreste impenetrabili o con lunghi e
nevosi mesi invernali come per esempio i popoli germanici. I fatti raccontanti
nella bibbia sono spesso avvenuti nella solitudine del deserto, su incerti
sentieri percorsi da carovane, nella ricerca di un posto dove accamparsi. Si
lottava aspramente per una cisterna d’acqua oppure per una pastura. I pericoli
per la vita provenivano ora da inondazioni catastrofiche, ora dal caldo e dalla
siccità.
Contemporanea al nomadismo e al
semi-nomadismo si sviluppava la cultura urbana antico-orientale che si
esprimeva in un benessere esagerato e nel lusso. I pastori e i nomadi si
sentivano inferiori nei confronti degli abitanti delle città, che
approfittavano di loro spesso e
volentieri negli affari, cosicché la città divenne l’immagine della cattiveria
in contrapposizione alla vita nel clan e sotto le tende, basata sulla fedeltà e
sulla fiducia, sulla giustizia e la sicurezza.
[da Alfred Läpple, Dalla
Bibbia alla catechesi. 1.Antico Testamento. Dagli inizi fini a re Salomone, EDB
1975]
§§§§§§§§§§
Ho riportato sopra un brano del Vangelo
secondo Matteo che è molto noto e che presenta le dinamiche naturali in modo
piuttosto irrealistico, e ciò mi apparve chiaro fin da ragazzo. Trascorrevo lunghe vacanze in campagna e mi
appariva evidente che la vita di animali e piante era una estenuante lotta per
la sopravvivenza. A scuola poi mi venne spiegata la catena alimentare [La catena alimentare è una sequenza lineare di organismi
attraverso i quali l'energia e le sostanze nutritive vengono trasferite,
iniziando dai produttori (piante) e passando per i vari livelli di consumatori
(erbivori, carnivori), fino ai decompositori che riciclano la materia
nell'ecosistema- ChatGPT 21-9-24], che è fondamentale per la vita sulla Terra.
La visione evangelica manifestata nel testo che ho citato è finalizzata
all’etica individuale, non alla costruzione e governo delle società, ma in
genere non se ne ha consapevolezza e così ci si abbandona ad una visione estatica
anche delle cose della politica.
Nella Bibbia, nel libro della Genesi, nel
nostro Antico Testamento, troviamo anche un'altra visione, raccontata
nel quadro della biografia del patriarca Giuseppe [Giuseppe, nel libro della Genesi della Bibbia, è il figlio di
Giacobbe (chiamato anche Israele) e Rachele, ed è uno dei principali patriarchi
della storia biblica. È noto per essere stato il favorito del padre, il che
suscitò l'invidia dei suoi fratelli. Essi lo vendettero come schiavo a dei
mercanti che lo portarono in Egitto]:
Passarono due lunghi anni e anche il faraone
ebbe un sogno: si trovava sulla riva del Nilo e vide uscire dal fiume
sette vacche belle, molto grasse, che mangiavano l’erba della
riva. Improvvisamente dietro di loro uscirono dal fiume altre sette
vacche, brutte e terribilmente magre, che si fermarono accanto alle prime sulla
riva del Nilo. Le vacche magre divorarono le grasse. A questo punto il
faraone si svegliò.
Poi si riaddormentò e sognò di nuovo: Sette
spighe belle, gonfie di grano, crescevano su un unico stelo. Dopo di loro
spuntarono altre sette spighe, striminzite e rinsecchite a causa del vento del
deserto. Le spighe esili ingoiarono le sette spighe grosse e gonfie. A
questo punto il faraone si svegliò e si rese conto che era stato un sogno.
Appena fu giorno il faraone, profondamente
turbato, fece chiamare tutti gli indovini e i sapienti dell’Egitto e gli
raccontò quello che aveva sognato. Ma nessuno fu in grado di dargliene una
spiegazione. Allora intervenne il capo dei coppieri, responsabile della
cantina del re. Disse: «Oggi devo per forza ricordare i miei errori. Un
giorno Vostra Maestà era andato in collera contro i suoi servitori e mi aveva
fatto rinchiudere nella casa del comandante delle guardie insieme al capo dei
panettieri. In una stessa notte abbiamo fatto tutti e due un sogno con un
significato particolare. In prigione con noi c’era un giovane schiavo
ebreo, un servitore del capo delle guardie. Noi gli abbiamo raccontato i nostri
sogni e lui ce li ha spiegati dando a ciascuno la giusta
interpretazione. Infatti è accaduto esattamente quel che egli aveva
previsto: io sono stato ristabilito nel mio incarico e l’altro è stato
impiccato».
Allora il faraone fece chiamare Giuseppe che
fu immediatamente scarcerato. Si tagliò la barba, si cambiò i vestiti e si
presentò al faraone che gli disse:
— Ho fatto un sogno, ma
nessuno sa darmene la spiegazione. Ho sentito dire che tu sei capace di
interpretare i sogni non appena te li raccontano.
16Giuseppe rispose:
— Non io, ma Dio stesso
darà a Vostra Maestà una spiegazione favorevole.
Il faraone disse a
Giuseppe: «Nel mio sogno stavo sulla riva del Nilo. Vidi uscire dal fiume
sette vacche belle, molto grasse, che mangiavano l’erba della
riva. Improvvisamente dal fiume salirono dietro di loro altre sette
vacche, ma così magre e brutte che in Egitto non ne ho mai visto di
uguali. Queste ultime divorarono le prime sette, quelle belle e
grasse. Ma sebbene le avessero ingoiate non si vedeva affatto: il loro
aspetto era brutto come prima. A questo punto mi sono svegliato.
«Poi sognai di nuovo:
Vidi sette spighe belle, gonfie di grano, che crescevano su di un unico
stelo. Ma dietro di loro spuntarono altre sette spighe esili e
striminzite, rinsecchite a causa del vento del deserto. Queste ultime
inghiottirono le sette spighe belle. Ho già raccontato tutti questi sogni agli
indovini, ma nessuno è stato capace di spiegarmeli».
Giuseppe disse: «I due sogni hanno lo stesso
significato. Con essi il Signore vi fa sapere quello che sta per fare. Le
sette vacche belle e le sette spighe belle rappresentano sette anni. Si tratta
quindi di un unico sogno. Le sette vacche brutte e malconce e le sette
spighe esili e riarse dal vento del deserto rappresentano anch’esse sette anni:
sette anni di carestia. Proprio come ho detto prima, il Signore vi fa
sapere quel che sta per fare. Nei prossimi sette anni vi sarà grande
abbondanza in tutto l’Egitto. Poi seguiranno sette anni di carestia che
cancelleranno in Egitto ogni ricordo dell’abbondanza precedente. La fame
consumerà il paese e sarà così grande che non si saprà più che cos’è
l’abbondanza. Il fatto che Vostra Maestà ha avuto un solo sogno ripetutosi
in due modi diversi, significa che Dio ha preso una decisione irrevocabile e
che egli sta per realizzarla. Perciò Vostra Maestà cerchi ora un uomo intelligente e saggio e gli conferisca
autorità su tutto l’Egitto. Stabilisca inoltre funzionari incaricati di
prelevare un quinto dei raccolti della terra durante i sette anni di
abbondanza. I funzionari dovranno accumulare molti viveri durante le
prossime annate buone. Mettano e conservino il grano nei magazzini del re per
l’approvvigionamento futuro delle città. Così l’Egitto avrà provviste nei
successivi sette anni di carestia e il paese non sarà distrutto dalla fame».
[Gen 41, 1-36 – versione TILC]
Nelle dinamiche naturali, le popolazioni di animali
e piante si espandono fino a che trovano cibo e un contesto ambientale
favorevole e quando queste condizioni vengono a mancare iniziano a morire e
possono estinguersi, come accadde ai dinosauri [I dinosauri
erano un gruppo di rettili preistorici che dominarono la Terra durante il
Mesozoico, un'era geologica suddivisa in tre periodi: il Triassico, il
Giurassico e il Cretaceo, compresi tra circa 230 e 66 milioni di
anni fa. Si distinguevano per una grande varietà di forme e
dimensioni, da piccoli dinosauri simili a uccelli fino a giganteschi erbivori e
carnivori.
I dinosauri si evolsero
nel Triassico, fiorirono durante il Giurassico e raggiunsero il loro apice di
diversificazione nel Cretaceo, prima di estinguersi alla fine di questo
periodo, probabilmente a causa dell'impatto di un asteroide o di altri
cambiamenti climatici catastrofici. Alcuni dinosauri camminavano su due zampe,
altri su quattro, e molti di loro sono considerati antenati degli uccelli
moderni. ChatGPT 21-9-24]. Nell’episodio della Genesi è descritta una strategia sociale
per difendersi dalle dinamiche naturali, prevedendone il corso e istituendo
un’amministrazione pubblica. Vi Vediamo anche il potere sacralizzato, quello
del Faraone, e quello fondato sulla competenza, quello dell’uomo
intelligente e saggio al quale, per tali sue qualità, secondo Giuseppe, doveva
essere conferita autorità su tutto l’Egitto.
A questo punto voglio ricordare che uno degli
obiettivi fondamentali del cattolicesimo democratico, da Giuseppe Toniolo in
poi [veneto, professore di economia all’Università di Pisa, 1845-1918, esponente
del movimento della democrazia cristiana, precursore e poi attivista
nell’Azione Cattolica, promotore della Federazione Universitaria Cattolica
italiana, promotore delle Settimane sociali dei cattolici italiani], e
in particolare nel magistero di Giovanni Battista Montini, è stato lo sforzo di
acquisire una competenza nelle professioni, a partire da quelle universitarie,
per essere quelle persone intelligenti e sagge alle quali il consenso
popolare potesse affidare l’amministrazione pubblica.
Il mercato è un’istituzione pubblica,
in particolare nel mondo globalizzato dei nostri oggi, che è organizzata
secondo sofisticate tecnologie. Anche il regime democratico si è fatto molto
complesso ed un’istituzione pubblica.
Entrambi si basano sul contrasto di posizioni dominanti, sul rispetto della
personalità individuale, anche sotto il profilo della sicurezza della proprietà
privata, e sulla libertà dalla coercizione da abuso di potere.
Economia di mercato e democrazia si integrano
reciprocamente e la crisi dell’uno si riverbera nell’altro. Il principale
fattore critico del sistema mercato\democrazia è nella disciplina legale della
proprietà privata, perché le dinamiche di mercato del capitalismo contemporaneo
portano ad un forte accentramento delle ricchezze, con conseguente formazione
di posizioni dominanti che hanno sempre anche un riflesso politico.
La finalità di contrastare le posizioni
dominanti richiede l’intervento pubblico regolatore che però, per la posizione
di supremazia che comporta, tende a degenerare nell’abuso. Il regime democratico,
con i principi della separazione dei poteri e dello stato di diritto, dovrebbe
proporsi di mantenere nei limiti i regolatori pubblici.
Contrastare le posizioni dominanti, alle
quali sempre consegue l’abuso di
potere – e questa è la costante esperienza storica – significa correggere la
legge di natura basata sulla forza.
Il problema maggiore è quello di non
consentire la sopraffazione della massa degli impossidenti, vale a dire le
persone che non controllando produzione e commercio dipendono da altri per
vivere. Nel lessico marxista sono detti proletari, tali denominati anche
nella prima dottrina sociale contemporanea, espressa nell’enciclica Delle novità
– Rerum novarum 1891, diffusa sotto l’autorità del papa Vincenzo Gioacchino
Pecci, regnante tra i cattolici come Leone 13°[ https://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-novarum.html
].
L’esperienza
storica dell’Europa occidentale è che nelle democrazie liberali, basate
sull’idea di libertà legata alla sicurezza della proprietà e dell’impresa
privata come principale area di autonomia personale, gli impossidenti hanno avuto
in genere la peggio, anche nel regime del suffragio universale, in cui tutte le
persone adulte votano alle elezioni e ai referendum. Dagli anni ’30 i cristianesimi
democratici hanno cercato di introdurre limiti costituzionali alle libertà di
proprietà e di impresa fondati sull’utilità sociale e la funzione
sociale, in quest’ultimo campo anche con misure per renderle più ampiamente
accessibili. Questi correttivi delineano un sistema di democrazia popolare,
che rimane democratico finché non si costituiscono posizioni dominanti, come
invece avvenne nei regimi comunisti di tipo leninista nell’Europa orientale. In
quest’ultima esperienza si ebbe la costituzione di un ceto dominante nelle
burocrazie di partito e di stato nelle quali si era accentrato il controllo
dispotico, vale a dire senza limiti efficaci, dell’economia e della vita
politica. In tutti i regimi
comunisti di stampo leninista manifestatisi nel mondo a partire dalla
rivoluzione russa del 1917 si è sempre prodotto la costituzione di una tirannia
accentrata su una singola persona e la strutturazione delle burocrazie
pubbliche solo per cooptazione vale a dire per scelta da una posizione
superiore.
L’idea di affidare la realizzazione della giustizia
sociale ad un unico centro regolatore
porta sempre a questo risultato.
Questa è l’esperienza storica costante e inequivocabile.
La legge del potere, lo ripeto sempre, è
questa: ogni potere che non trovi una valida resistenza in limiti legali
effettivi o in moti sociali sufficientemente estesi sempre abuserà. Questo in particolare se si pensa di affidare,
come è nell’attuale dottrina sociale, a un centro politico regolatore a livello
mondiale la realizzazione della pace internazionale.
Definiamo giustizia sociale una condizione in cui nessuna persona e nessun
gruppo debba sottomettersi ad abusi di potere, questi ultimi derivando sempre
da posizioni dominanti. La dottrina
sociale, su basi bibliche, considera un sopruso il non retribuire secondo giustizia
il lavoro dipendente: è addirittura uno di quei peccati che gridano (verso
Dio)
Non defrauderai il salariato povero e
bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella
tua terra, nelle tue città. Gli darai il suo salario il giorno stesso,
prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli
non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato.
[Dal libro del Deuteronomio,
capitolo 24, versetti 14 e 15 – Dt 24, 14-15]
La giustizia
qui
è intesa in primo luogo come giustizia commutativa, che richiede
una proporzione tra le prestazioni in un rapporto contrattuale. Ma anche come giustizia
partecipativa, con rilevanza principalmente politica, che significa che una
persona non deve essere, complessivamente, esclusa dal benessere sociale, il
che, lasciando a loro stesse le dinamiche di mercato non si riesce a ottenere
perché sempre vi è chi, per vari
motivi, non può partecipare al mercato o non può conseguire dal mercato ciò che
consente di partecipare a quel benessere.
Il mercato è l’istituzione sociale che
consente la divisione del lavoro e quindi la maggiore efficienza nella
produzione e nel commercio. Ciò deriva dall’esperienza storica
sicura. Tuttavia un mercato in cui si manifestano posizioni dominanti non
validamente contrastate degenera, con conseguenze anche politiche. E’ la storia
dei nostri tempi.
Nonostante in Italia ci si lamenti della
denatalità, nel mondo non ci sono mai stati tante persone della specie Homo
sapiens: hanno superato gli otto miliardi. Nel contempo regioni che negli
anni Sessanta venivano considerate Terzo mondo (il primo era quello capitalista,
il secondo quello comunista) sono uscite dal sottosviluppo.
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Ricerca ChatGPT 21-9-24
Il termine "Terzo mondo" fu coniato durante
la Guerra Fredda per indicare quei Paesi che non facevano parte né del blocco
capitalista occidentale (guidato dagli Stati Uniti, noto come "Primo
mondo") né del blocco comunista orientale (guidato dall'Unione Sovietica,
noto come "Secondo mondo").
Origini del termine:
·
Origine storica: Il concetto di "Terzo
mondo" fu introdotto per la prima volta dal demografo e economista
francese Alfred Sauvy nel 1952, che lo usò per descrivere quelle nazioni che
non erano allineate né con l'Occidente né con l'Unione Sovietica durante la Guerra
Fredda. Sauvy paragonò queste nazioni ai membri del Terzo Stato francese
prima della Rivoluzione Francese, cioè quelle masse popolari escluse dai poteri
dominanti.
Caratteristiche del
"Terzo mondo":
1. Paesi non allineati: Molti dei Paesi
del cosiddetto "Terzo mondo" erano ex colonie che cercavano di
trovare la loro strada politica ed economica in un mondo dominato dalle due
superpotenze.
2. Sottosviluppo
economico: Questi Paesi erano generalmente caratterizzati da bassi livelli di
industrializzazione, alti tassi di povertà e una forte dipendenza economica
dalle nazioni più ricche.
3. Neutralità politica: Alcuni di questi
Paesi, come quelli che facevano parte del Movimento dei Paesi Non Allineati
(come l'India, l'Egitto e la Jugoslavia), cercarono di mantenere una posizione
di neutralità rispetto alle tensioni della Guerra Fredda.
Evoluzione e critica
del termine:
Con il tempo, il termine "Terzo mondo" è
stato criticato per il suo carattere riduttivo e gerarchico, implicando una
suddivisione del mondo basata su disuguaglianze economiche e sociali. Dagli
anni '90 in poi, si è preferito parlare di "Paesi in via di sviluppo"
o "Paesi del Sud globale", termini ritenuti più rispettosi e meno
divisivi. Tuttavia, il termine "Terzo mondo" resta legato a un'epoca
storica specifica e riflette le dinamiche geopolitiche della Guerra Fredda.
§§§§§§§§§
Le economie mondiali, condotte secondo i principi
dell’economia di mercato capitalistica, si sono integrate, in quella che
chiamiamo globalizzazione, per la quale, ad esempio, gran parte delle
cose di uso comune in casa sono prodotte nella Cina popolare (un regime di capitalismo\comunista
di tipo leninista-maoista nella versione secondo Deng Xiaoping (1904-1997) e l’attuale
presidente Xi Jinping).
§§§§§§§§§
Ricerca ChatGPT di OpenAI
21-9-24
Deng Xiaoping non ricoprì mai formalmente il titolo di
"Presidente" o "Segretario Generale" del Partito Comunista
Cinese, ma esercitò un'enorme influenza e potere nelle sue varie posizioni
chiave. La sua carica formale più alta fu quella di Presidente della
Commissione Militare Centrale del Partito Comunista Cinese, che mantenne
dal 1981 al 1989.
Altre cariche
importanti ricoperte da Deng:
1. Vice Primo Ministro: Deng fu Vice Primo
Ministro della Repubblica Popolare Cinese dal 1977 al 1980, durante la fase di
avvio delle riforme economiche.
2. Segretario Generale
del Partito Comunista Cinese: Anche se per un periodo limitato
negli anni '50, Deng ricoprì il ruolo di Segretario Generale del PCC, una delle
posizioni chiave del partito.
3. Presidente della
Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (CPPCC): Questa posizione
fu un ulteriore ruolo di prestigio all'interno dell'apparato statale cinese.
Tuttavia, più che dalle cariche formali, il potere di
Deng derivava dalla sua influenza politica all'interno del Partito Comunista e
dalla sua capacità di riorganizzare l'economia e la società cinese. Egli è
spesso ricordato come il leader più potente della Cina dagli anni '70 agli anni
'90, nonostante non avesse mai detenuto il titolo formale di capo di stato o di
governo.
§§§§§§§§§
Correggere le spietate leggi di natura
mediante le istituzioni democratiche e quelle di mercato, contrastando
posizioni dominanti, porta a quella condizione che definiamo di pace,
intesa in senso politico, vale a dire quel regime interno e internazionale nel
quale prevalgono dinamiche collaborative e la violenza pubblica e privata è
ridotta a livelli minimi. Questo, paradossalmente, richiede il manifestarsi
nelle società di forze che esprimano una valida resistenza alle posizioni
dominanti, in mancanza delle quali le regole formali che si riesca comunque a
deliberare rimangono del tutto o quasi del tutto inefficaci. La persone che è pacificista,
perché vuole agire per produrre o mantenere una condizione politica di pace,
non deve quindi essere pacifica, ma essere disposta alla lotta, che,
anche se condotta con metodi nonviolenti, rimane sempre lotta.
Spesso si sente dire che la pace consegue
alla giustizia, ma l’esperienza storica non conforta in questo. Anzi,
perseguire la giustizia è la via
sicura per distruggere la pace. Questo perché in questo contesto per giustizia
si intende sempre il riconoscimento
da parte dell’avversario di quelle che ciascuna fazione considera le sue
ragioni. Per ralizzare la pace occorre volerla e trattarla.
La pace nelle società umane la pace, quindi, non consegue
mai a una giustizia di quel
genere, ad esempio a vedersi riconosciuto il diritto ad una porzione di
territorio che si accampa con varie ragioni (anche mitiche come accade
in Palestina), ma a una situazione per cui le parti decidano di cessare il conflitto o di non iniziarlo,
mantenendo una qualche propria integrità (la soppressione di una delle due
parti non è pace). Quindi la guerra finisce sempre quando si decide di trattare la pace e poi si
riesce a concluderla.
La pace, come la democrazia, è sempre
instabile, ma quanto alla pace questo non le è funzionale, mentre lo è per la
democrazia. Dipende dagli assetti sociali e, in particolare, dal non manifestarsi
una valida resistenza a una certa condizione di pace che è stata convenuta. Mantenendo
l’efficacia di un regime democratico, quindi anche contrastando le posizioni
dominanti che possono aver determinato una certa condizione di pace, fisiologicamente
si dovrebbero ridurre le situazioni avvertite come ingiuste, quindi con
il consolidamento della situazione di pace che può portare a rinegoziarla. E’ appunto
ciò che è accaduto con la costruzione dell’Unione Europea che ha prodotto la
permeabilità dei confini interni per difendere i quali, quand’erano anche frontiere,
ci si era combattuti in conflitti
stragisti.
Di seguito incollo alcune ricerche mediante
ChatGPG di OpenAI con sintesi sui temi che ho trattato.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
§§§§§§§§§§
Ricerche mediante ChatGPT di OpenAI del 19-21 SETT24
Democrazia e mercato
Il **mercato** è il luogo fisico o virtuale in cui
acquirenti e venditori si incontrano per scambiare beni, servizi o risorse
economiche, determinando prezzi attraverso l'interazione tra domanda e offerta.
Può riferirsi sia a uno spazio concreto (come un mercato locale) che a un concetto
più ampio (mercato finanziario o globale).
La **democrazia** è un sistema di governo in cui il
potere è esercitato direttamente o indirettamente dal popolo, attraverso il
voto e la partecipazione attiva dei cittadini, con l'obiettivo di garantire
libertà, uguaglianza e rappresentanza politica.
1. Generalità. Il rapporto tra
"democrazia" e "mercato" è complesso e articolato, con
numerose intersezioni che riguardano aspetti politici, economici e sociali.
Ecco alcuni punti chiave che possono essere esplorati per analizzare i
collegamenti tra questi due concetti:
### 1.1 **Libertà individuale e scelte economiche**
- **Democrazia**: Il principio democratico si basa sul
diritto di ogni cittadino di partecipare attivamente alle decisioni politiche,
scegliendo i propri rappresentanti e influenzando le politiche pubbliche. La
democrazia, quindi, promuove la libertà individuale e la partecipazione.
- **Mercato**: Il mercato, in un sistema economico
liberale, offre agli individui la libertà di fare scelte economiche, acquistare
beni e servizi e decidere come investire il proprio denaro. La competizione e
la libertà di scambio sono elementi centrali del mercato.
Entrambi i sistemi si basano sul concetto di **libertà
individuale**: la democrazia nei termini della libertà politica e il mercato
nei termini della libertà economica.
### 1.2. **Pluralismo e competizione**
- **Democrazia**: Nelle democrazie, il pluralismo politico
è essenziale. La competizione tra partiti politici o candidati permette agli
elettori di avere una scelta tra diverse alternative. La possibilità di
cambiare leader e politiche è un aspetto fondamentale della democrazia.
- **Mercato**: Anche il mercato si basa sulla competizione
tra aziende, che cercano di offrire i prodotti e i servizi migliori al prezzo
più conveniente. La concorrenza è vista come un meccanismo per migliorare
l'efficienza, l'innovazione e la qualità.
Il **pluralismo** politico trova un parallelo nella
**competizione** economica, in quanto entrambi i sistemi incoraggiano la
diversità e l’alternativa come mezzi per raggiungere obiettivi migliori.
### 1.3. **Stato di diritto e regole del mercato**
- **Democrazia**: Nella maggior parte delle democrazie, lo
stato di diritto garantisce che le regole e i diritti siano applicati in modo
imparziale. Questo crea stabilità e prevedibilità nelle decisioni politiche e
giuridiche.
- **Mercato**: Il mercato funziona meglio quando esiste un
quadro legale che garantisce la proprietà privata, protegge i contratti e
regola i comportamenti economici. Uno stato di diritto forte è essenziale per
il buon funzionamento del mercato.
In questo senso, il **rispetto delle regole** è un punto
d’incontro fondamentale tra democrazia e mercato, poiché entrambi i sistemi
richiedono un insieme di norme chiare per operare in modo equo ed efficiente.
### 4. **Intervento dello Stato**
- **Democrazia**: Le democrazie possono legittimare
l'intervento statale nell'economia, specialmente quando il libero mercato da
solo non riesce a garantire giustizia sociale o benessere diffuso. La
regolamentazione economica e le politiche di welfare sono esempi di interventi
democratici per correggere le disuguaglianze o le inefficienze del mercato.
- **Mercato**: Il mercato, in linea teorica, tende a
regolare l'offerta e la domanda autonomamente. Tuttavia, anche i più accaniti
sostenitori del libero mercato riconoscono che un certo grado di
regolamentazione statale è necessario per correggere i fallimenti del mercato,
come i monopoli, le esternalità negative e la protezione dei diritti dei
consumatori.
Questo crea un **equilibrio tra libertà economica e
giustizia sociale**, in cui la democrazia stabilisce i limiti e le regole del
gioco del mercato.
### 1.5. **Legittimità e consenso**
- **Democrazia**: Nelle democrazie, il potere politico si
basa sul consenso popolare e sulla legittimità acquisita attraverso elezioni
libere e trasparenti. Il governo deve rispondere alle esigenze e alle richieste
dei cittadini per mantenere la sua legittimità.
- **Mercato**: Anche nel mercato, il successo di un’azienda
o di un prodotto dipende dal consenso dei consumatori. Le scelte dei
consumatori determinano la domanda, e solo le aziende che soddisfano tale
domanda in modo efficace possono prosperare.
Sia la democrazia che il mercato si basano quindi sul
**consenso e sulla legittimazione**, anche se in forme diverse: una attraverso
la partecipazione politica e l'altra attraverso la partecipazione economica.
### 1.6. **Disuguaglianze e conflitti**
- **Democrazia**: Le democrazie cercano di bilanciare il
potere economico e politico, garantendo che le disuguaglianze non portino a una
concentrazione eccessiva del potere politico in mano a pochi.
- **Mercato**: Il mercato tende a generare disuguaglianze
economiche, poiché non tutti hanno le stesse risorse o capacità per competere
in modo equo.
In questo contesto, la democrazia può fungere da
**correttivo** per i fallimenti del mercato, cercando di mitigare gli effetti
delle disuguaglianze economiche attraverso politiche redistributive o di
welfare.
### 1.7. **Globalizzazione e governance democratica**
- **Democrazia**: Con la globalizzazione, le democrazie
nazionali devono affrontare nuove sfide, poiché le decisioni economiche vengono
sempre più spesso prese a livello globale o sovranazionale.
- **Mercato**: I mercati sono diventati globali, e le
aziende spesso operano in contesti internazionali dove le regole e le normative
nazionali non si applicano in modo uniforme.
La **globalizzazione** ha creato una nuova dinamica tra
democrazia e mercato, in cui le decisioni economiche globali possono
influenzare le politiche democratiche locali.
### Conclusione
In sintesi, democrazia e mercato sono concetti
interconnessi che si influenzano reciprocamente. Mentre la democrazia promuove
la partecipazione e la giustizia sociale, il mercato promuove l’efficienza e
l’innovazione attraverso la competizione. Tuttavia, le tensioni tra i due
possono emergere, specialmente quando il mercato genera disuguaglianze o quando
la politica cerca di regolamentare troppo l'economia. Raggiungere un equilibrio
tra queste forze è una delle sfide centrali per le società moderne.
2. Capitalismo. Il **capitalismo** è un
sistema economico caratterizzato dalla proprietà privata dei mezzi di
produzione e dalla produzione di beni e servizi per il profitto. Questo sistema
si è sviluppato gradualmente nel corso dei secoli, passando attraverso diverse
fasi e subendo trasformazioni significative in risposta ai cambiamenti sociali,
politici e tecnologici. Di seguito, fornisco una panoramica dello sviluppo
storico del capitalismo e dei suoi principi fondamentali.
### Sviluppo Storico del Capitalismo
#### 2.1. **Origini nel tardo Medioevo (XII-XV secolo)**
Il capitalismo ha radici che affondano nel tardo Medioevo,
quando si svilupparono le prime forme di commercio e finanza internazionale
nelle città europee. Le città italiane come Venezia, Genova e Firenze furono
centri di commercio che stabilirono pratiche commerciali moderne come l’uso
delle lettere di credito e la contabilizzazione doppia. In questo periodo, si
formò una **proto-economia di mercato**, basata sul commercio e sulla
produzione artigianale.
#### 2.2. **Capitalismo mercantile (XV-XVIII secolo)**
Il **capitalismo mercantile** è la prima fase ufficiale del
capitalismo. Si sviluppò durante l’epoca delle grandi esplorazioni (XV-XVII
secolo) e del colonialismo. Stati come Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra
fondarono imperi commerciali globali, stabilendo colonie e reti commerciali che
alimentavano l’accumulo di capitale attraverso il commercio di beni come
spezie, tessuti e metalli preziosi. Il capitale accumulato dai mercanti e dalle
compagnie commerciali, come la Compagnia delle Indie Orientali, fu investito
per incrementare la produzione e il commercio, ponendo le basi per la
successiva industrializzazione.
Principi:
- Commercio internazionale.
- Accumulo di ricchezza tramite il controllo delle risorse
coloniali.
- Interventismo statale per proteggere gli interessi
commerciali nazionali.
#### 2.3. **Capitalismo industriale (XVIII-XIX secolo)**
La **Rivoluzione Industriale** (XVIII secolo) segnò una
svolta cruciale per il capitalismo. Con l'introduzione delle macchine a vapore
e delle nuove tecnologie, la produzione passò dall'artigianato alla produzione
su vasta scala. Nascono le **fabbriche**, dove i lavoratori salariati producono
beni in grandi quantità, e si sviluppano industrie come quella tessile e
siderurgica.
In questo periodo, il capitalismo industriale fu
caratterizzato da:
- **Divisione del lavoro**: Ogni lavoratore svolgeva
compiti specifici per massimizzare la produzione.
- **Accumulo di capitale**: I proprietari delle fabbriche
(capitalisti) investivano nel miglioramento delle macchine e delle tecnologie
per aumentare i profitti.
- **Urbanizzazione**: Le città si espandevano rapidamente
poiché i lavoratori si trasferivano nelle aree industriali per cercare impiego.
- **Libero mercato**: La concorrenza tra imprese divenne
uno dei motori principali della crescita economica.
#### 2.4. **Capitalismo avanzato e globalizzazione (XX-XXI
secolo)**
Nel XX secolo, il capitalismo ha subito ulteriori
trasformazioni, specialmente con l’espansione dei mercati finanziari e la
**globalizzazione**. Dopo la Seconda guerra mondiale, con la crescita economica
degli Stati Uniti e l'affermazione del neoliberismo negli anni '70 e '80, il
capitalismo ha assunto una dimensione globale, grazie alle tecnologie di
comunicazione, alla liberalizzazione dei mercati e alla crescita delle
multinazionali.
Caratteristiche:
- **Capitalismo finanziario**: I mercati finanziari e le
banche diventano centrali nell’economia globale, con una crescente separazione
tra proprietà e gestione delle imprese.
- **Globalizzazione economica**: Le economie nazionali
diventano sempre più integrate attraverso il commercio internazionale e gli
investimenti stranieri diretti.
- **Neoliberismo**: Un’ideologia economica che promuove il
libero mercato, la riduzione dell’intervento statale e la privatizzazione delle
imprese pubbliche.
### Principi Fondamentali del Capitalismo
a. **Proprietà privata**
- Il capitale e i
mezzi di produzione (terra, fabbriche, risorse) sono posseduti da individui o
imprese private. La proprietà privata è la pietra angolare del capitalismo, che
permette ai proprietari di accumulare ricchezza e utilizzarla per produrre beni
e servizi.
b. **Libero mercato e concorrenza**
- Il capitalismo
si basa sull’idea che i mercati debbano essere liberi di regolare domanda e
offerta senza interventi esterni. La concorrenza tra le imprese è fondamentale
per migliorare l’efficienza, l’innovazione e per mantenere bassi i prezzi.
c. **Accumulazione di capitale**
- L'accumulazione
di capitale è essenziale nel capitalismo. I profitti ottenuti dalla produzione
o dal commercio vengono reinvestiti per aumentare ulteriormente la produzione o
per espandere l'impresa. Questo circolo di accumulazione è alla base della
crescita economica.
d. **Lavoro salariato**
- Nel capitalismo,
la maggior parte delle persone vende la propria forza lavoro in cambio di un
salario. Il lavoro salariato è organizzato all'interno delle imprese, che
assumono lavoratori per produrre beni e servizi. I profitti derivano dalla
differenza tra il valore generato dai lavoratori e i salari pagati loro.
e. **Sistema di prezzi e domanda e offerta**
- I prezzi dei
beni e dei servizi sono determinati dall’interazione tra domanda e offerta. Se
un bene è scarso e la domanda è alta, il prezzo aumenta; se l’offerta è
abbondante e la domanda è bassa, il prezzo diminuisce. Questo meccanismo di
mercato è visto come uno strumento efficiente per allocare le risorse.
f. **Profitto come incentivo principale**
- L’obiettivo
delle imprese capitalistiche è il profitto. Le decisioni economiche – cosa
produrre, come produrre e per chi produrre – sono prese in funzione della
massimizzazione del profitto.
g. **Interventismo statale limitato**
- Il capitalismo
classico, ispirato alle idee di Adam Smith, propone un intervento statale
minimo nell’economia, lasciando che i mercati si autoregolino. Tuttavia, nella
pratica, molti stati capitalisti hanno adottato forme di **capitalismo misto**,
dove lo Stato interviene per regolare i mercati, proteggere i consumatori e i
lavoratori, e fornire servizi pubblici essenziali.
h. **Innovazione e distruzione creatrice**
- Uno dei motori
principali del capitalismo è l'innovazione tecnologica. Come sottolineato da
Joseph Schumpeter, il capitalismo è un processo di "distruzione
creatrice", dove nuove tecnologie e innovazioni rimpiazzano le vecchie,
creando nuove opportunità economiche ma distruggendo settori obsoleti.
### Conclusione
Il capitalismo è un sistema economico dinamico che si è
evoluto nel corso della storia, adattandosi ai cambiamenti sociali, tecnologici
e politici. I suoi principi fondamentali di proprietà privata, libero mercato,
accumulazione di capitale e profitto come incentivo principale continuano a
essere alla base del funzionamento delle economie contemporanee. Tuttavia, il
capitalismo ha anche sollevato numerose questioni riguardanti la
disuguaglianza, lo sfruttamento e l'ambiente, portando a dibattiti e riforme che
ne hanno modellato l'evoluzione fino ai giorni nostri.
[3. Democrazia e mercato nel pensiero. Di seguito si
sintetizza il pensiero di alcuni autori che hanno sviluppato riflessioni sulle
relazioni tra democrazia e mercato]
3.a. Adam Smith [1723-1790], filosofo ed
economista scozzese, è noto come il padre del liberalismo economico e autore
dell’opera fondamentale *La ricchezza delle nazioni* (1776). Sebbene non abbia
trattato direttamente il tema della "democrazia" come la intendiamo
oggi, il suo pensiero fornisce una base per comprendere le relazioni tra
**mercato** e **democrazia**, in quanto è strettamente legato al concetto di
libertà individuale, che è centrale sia nel capitalismo che nei sistemi
politici democratici.
### 3.a.1. **Il mercato come espressione della libertà
individuale**
Per Smith, il mercato è un meccanismo naturale di
interazione tra individui liberi, che operano secondo il proprio interesse
personale. Egli sostiene che, lasciati liberi di perseguire il proprio
interesse economico, gli individui contribuiscono inavvertitamente al bene
comune. Questo principio è noto come la teoria della **mano invisibile**.
Secondo Smith, il mercato, attraverso la competizione e l’interazione tra
domanda e offerta, riesce a distribuire le risorse in modo efficiente e a
promuovere la crescita economica.
In questo contesto, la relazione tra **mercato** e
**democrazia** può essere letta attraverso la lente della libertà individuale:
così come nel mercato gli individui sono liberi di scegliere come impiegare il
loro tempo, denaro e lavoro, in una democrazia gli individui sono liberi di
scegliere i propri rappresentanti e influenzare il processo politico. Entrambi
i sistemi si basano sull’idea che le decisioni individuali contribuiscano al
miglioramento generale della società.
### 3.a.2. **Ruolo limitato dello Stato**
Smith è stato uno dei primi a promuovere il concetto di
**laissez-faire**, secondo cui l’intervento dello Stato nell’economia dovrebbe
essere minimo. Lo Stato dovrebbe avere tre compiti principali: garantire la
difesa nazionale, mantenere l’ordine pubblico e amministrare la giustizia, e
costruire e mantenere infrastrutture e servizi pubblici che il settore privato
non può fornire efficacemente (come strade, ponti e scuole). Questo concetto
riflette l’idea che tanto nell’economia quanto nel governo, l’ingerenza statale
dovrebbe essere ridotta, poiché le forze del mercato e le scelte individuali
sono più efficienti nel garantire prosperità e libertà.
Sebbene Smith non abbia esplicitamente difeso la democrazia
politica, il suo pensiero economico si allinea con l'idea di **autonomia
individuale**, che è fondamentale anche per la democrazia. Un mercato libero,
in cui lo Stato interviene solo per garantire le regole del gioco e correggere
alcuni fallimenti, consente agli individui di esercitare il proprio diritto
alla scelta economica. In modo simile, un sistema politico democratico consente
ai cittadini di partecipare e influenzare le decisioni collettive.
### 3.a.3. **Equilibrio tra libertà e giustizia**
Smith riconosce che il mercato da solo non garantisce
automaticamente l’equità sociale e la giustizia. Infatti, egli è consapevole
che il capitalismo può generare disuguaglianze e ingiustizie. Per questo
motivo, pur sostenendo il libero mercato, riconosce la necessità di un certo
grado di **regolamentazione** e intervento statale per garantire che i diritti
e le libertà degli individui siano protetti. Nella sua visione, il governo ha
un ruolo nel prevenire i **monopoli** e nel garantire che il mercato rimanga
competitivo.
Questo punto si avvicina alla democrazia liberale moderna,
dove il governo non solo garantisce la libertà individuale, ma anche la
**giustizia sociale** attraverso la creazione di istituzioni che limitano
l'accumulazione eccessiva di potere economico. La protezione dei più deboli e
la regolamentazione del mercato per evitare abusi sono parte del compito dello
Stato in una società libera e giusta.
###3.a.4. **L’interesse personale e il bene comune**
Uno dei concetti centrali del pensiero di Smith è che,
attraverso la ricerca del proprio **interesse personale**, gli individui
contribuiscono anche, involontariamente, al bene della società. Questa idea è
fondamentale per comprendere il rapporto tra **mercato** e **democrazia** nel
pensiero di Smith. In una democrazia, come in un mercato, gli individui sono
motivati a perseguire i propri interessi, ma il risultato di queste scelte
individuali contribuisce al miglioramento collettivo.
Smith vede il mercato come uno strumento di **coordinamento
sociale**, che permette alle persone di agire in modo indipendente, ma in un
contesto che produce benefici per tutti. Allo stesso modo, una democrazia
liberale permette agli individui di partecipare attivamente al processo
politico, dove i loro interessi individuali si combinano per creare decisioni
che promuovono il bene comune.
### 3.a.5. **La critica ai mercanti e ai monopolisti**
Smith, pur difendendo il mercato libero, è critico nei
confronti dei **mercanti** e delle grandi imprese che cercano di manipolare il
mercato per i propri interessi. Egli avverte che le grandi corporazioni, se non
adeguatamente regolamentate, potrebbero colludere per formare **monopoli** o
influenzare il governo per ottenere trattamenti favorevoli, minando la
concorrenza e danneggiando il bene comune. Questo tema è importante per
comprendere le relazioni tra **mercato** e **democrazia**: Smith teme che il potere
economico concentrato possa corrompere il processo democratico.
Nella sua visione, la libertà economica e politica devono
essere bilanciate, e il governo deve impedire che interessi economici potenti
prevalgano sulle scelte collettive. Questo punto è in linea con il principio
democratico di uguaglianza, in cui ogni individuo deve avere pari opportunità
di partecipare all’economia e alla politica, senza essere schiacciato dai
grandi poteri economici.
### 3.a.6. **Educazione e moralità**
Infine, Smith sottolinea l'importanza dell'**educazione** e
della **moralità** per il buon funzionamento della società. Sebbene il mercato
sia efficiente nell’allocazione delle risorse, la crescita economica deve
essere accompagnata da una società moralmente sana e ben istruita. In questo
senso, Smith vede il ruolo dello Stato anche nell’educazione, per garantire che
i cittadini abbiano gli strumenti per partecipare sia all’economia che alla
politica in modo informato e responsabile.
### Conclusione
Adam Smith vede il **mercato** come un sistema che promuove
la libertà individuale e il bene comune attraverso la concorrenza e la ricerca
dell’interesse personale. Anche se non si concentra direttamente sulla
**democrazia**, il suo pensiero economico fornisce una base teorica per
collegare libertà economica e libertà politica. La visione di Smith su un
governo limitato, che garantisce la giustizia e impedisce monopoli, è
compatibile con l’idea di una **democrazia liberale**, dove i cittadini sono
liberi di partecipare sia al mercato che al processo politico, con uno Stato
che agisce come garante della libertà e della giustizia sociale.
3.b) Illuminismo
europeo [Settecento]
Durante l'Illuminismo,
filosofi e pensatori cominciarono a riflettere intensamente sul rapporto tra
"democrazia" e "mercato", gettando le basi teoriche per il
pensiero economico e politico moderno.
3.b.1. **Democrazia**:
L'Illuminismo vide il consolidamento
dell'idea che il potere dovesse derivare dal popolo, e non da una monarchia o
da un'elite aristocratica. Pensatori come John Locke, Montesquieu e Rousseau
svilupparono idee su come le istituzioni politiche democratiche dovessero
proteggere i diritti naturali degli individui (vita, libertà, proprietà) e
garantire una partecipazione pubblica nel governo.
- **John Locke**[inglese, 1632-1704]: Locke,
in particolare, sosteneva che il governo dovesse essere basato sul consenso dei
governati e che i cittadini avessero il diritto di ribellarsi contro i governi
tirannici.
- **Jean-Jacques Rousseau**[francese, 1712-1778]:
Rousseau, invece, promuoveva il concetto di "volontà generale",
secondo cui la democrazia dovrebbe essere espressione della volontà collettiva
del popolo, piuttosto che di interessi particolari.
3.b.2. **Mercato**:
Sul fronte economico, molti pensatori
dell'Illuminismo abbracciarono le idee di libero mercato e individualismo
economico. In particolare, Adam Smith, con la sua opera fondamentale *La
ricchezza delle nazioni* (1776), gettò le basi per l'economia moderna. Smith
vide il mercato come un sistema naturale, capace di autoregolarsi attraverso le
leggi della domanda e dell'offerta, senza l'intervento diretto dello Stato.
- **Adam Smith**: Smith sosteneva che, in un
mercato libero, l'interesse personale degli individui (il loro desiderio di
migliorare la propria condizione economica) avrebbe portato al benessere
collettivo. Questo concetto veniva rappresentato dalla famosa metafora della
"mano invisibile". Tuttavia, riconosceva anche che lo Stato dovesse
garantire alcune funzioni fondamentali, come la giustizia, la sicurezza e le
infrastrutture pubbliche.
3.b.3. **Interazione tra
democrazia e mercato**:
Nell'Illuminismo, la democrazia e il mercato
vennero spesso visti come forze complementari. Si riteneva che la libertà
economica e la libertà politica fossero strettamente collegate. La libertà del
mercato era considerata un riflesso della libertà individuale, un elemento
essenziale per il funzionamento di una società democratica. Allo stesso tempo,
le istituzioni democratiche erano ritenute importanti per garantire che il
mercato non venisse monopolizzato o controllato da pochi individui potenti.
Tuttavia, c'erano dibattiti e tensioni tra
l'idea di libertà individuale nel mercato e la necessità di regole o interventi
da parte dello Stato per garantire che il mercato funzionasse in modo equo per
tutti. I filosofi illuministi non proponevano un mercato senza regole, ma uno
in cui lo Stato avesse un ruolo limitato ma cruciale.
In sintesi, il pensiero
dell'Illuminismo associava una forte enfasi sulla libertà individuale, sia in
ambito politico (democrazia) che economico (mercato), ma con un ruolo statale
ben definito per garantire giustizia e uguaglianza.
3.c) Karl Marx [tedesco; 1818-1883] sviluppa
un’analisi critica delle relazioni tra **democrazia liberale**, **mercato**,
**capitalismo** e **proletariato**, basandosi su una visione materialista della
storia e su una critica del sistema capitalistico. Ecco una sintesi delle sue
idee principali:
### 3.v.1. **Democrazia liberale**
Marx è scettico riguardo alla democrazia liberale, che vede
come una forma politica dominata dalla classe borghese. Secondo lui, le
istituzioni democratiche liberali, pur garantendo diritti formali come il
suffragio universale e la libertà di espressione, nascondono una disuguaglianza
di fondo. Il sistema politico è controllato dalla classe capitalista (la
borghesia), che detiene il potere economico e quindi influenza le decisioni
politiche. Le istituzioni democratiche appaiono neutrali, ma in realtà servono
a proteggere gli interessi del capitale. La **democrazia borghese** non può
realizzare una vera uguaglianza, poiché non affronta lo sfruttamento economico.
Solo una **democrazia socialista**, che abolisca la proprietà privata dei mezzi
di produzione, può garantire la vera libertà e uguaglianza per tutti.
### 3.c.2. **Mercato**
Per Marx, il **mercato** capitalistico non è uno strumento
neutrale di scambio, ma un meccanismo attraverso il quale avviene lo
sfruttamento del lavoro. Nel capitalismo, i lavoratori (proletari) non
possiedono i mezzi di produzione e sono costretti a vendere la loro
forza-lavoro ai capitalisti in cambio di un salario. Il mercato è quindi il
luogo dove avviene la **mercificazione del lavoro**, ossia il processo
attraverso cui il lavoro umano diventa una merce come tutte le altre. Marx
critica anche il **feticismo delle merci**, che maschera i rapporti sociali di
produzione. Nel mercato, le relazioni tra persone appaiono come relazioni tra
cose, oscurando lo sfruttamento che avviene dietro lo scambio di merci.
### 3.c.3. **Capitalismo**
Il **capitalismo** è per Marx un sistema economico basato
sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, sull’accumulazione del
capitale e sullo sfruttamento della forza lavoro. Il capitale si riproduce
attraverso il processo di produzione, in cui i lavoratori producono più valore
di quanto ne ricevano sotto forma di salario. Questa differenza tra il valore
prodotto e il salario pagato è il **plusvalore**, che viene appropriato dai
capitalisti come profitto. Il capitalismo è quindi caratterizzato da una relazione
di **sfruttamento** tra la classe capitalista (borghesia) e la classe
lavoratrice (proletariato). Marx sostiene che il capitalismo è intrinsecamente
instabile, poiché la continua ricerca di profitto porta a **crisi cicliche** di
sovrapproduzione, in cui la capacità produttiva del sistema supera la domanda
effettiva.
Marx vede il capitalismo come una fase storica transitoria,
destinata a essere superata da una rivoluzione proletaria. Secondo la sua
teoria del **materialismo storico**, il capitalismo crea le condizioni per la
sua stessa rovina, in quanto sviluppa le forze produttive a un punto tale che
la proprietà privata e i rapporti di produzione diventano un ostacolo per il
progresso umano.
### 3.5.4. **Proletariato**
Il **proletariato** è la classe sociale composta da
lavoratori che non possiedono mezzi di produzione e sono costretti a vendere la
propria forza lavoro per sopravvivere. Per Marx, il proletariato è la classe
rivoluzionaria per eccellenza, poiché il suo interesse materiale non è quello
di riformare il capitalismo, ma di abolirlo completamente. La condizione di
sfruttamento in cui vive il proletariato lo porta a sviluppare una coscienza di
classe, cioè la consapevolezza della sua oppressione e del suo ruolo nella
produzione sociale. Questa coscienza di classe è fondamentale per la
**rivoluzione socialista**, che Marx prevede sarà guidata dal proletariato e
porterà alla creazione di una società senza classi.
Marx distingue tra il **proletariato in sé** e il
**proletariato per sé**: il primo è la classe operaia vista in senso oggettivo,
mentre il secondo è la classe operaia che ha acquisito consapevolezza della
propria condizione di sfruttamento e della necessità di superare il
capitalismo. La **rivoluzione proletaria** è l’atto attraverso cui il
proletariato distrugge l’ordine capitalistico e instaura il comunismo, abolendo
la proprietà privata e le disuguaglianze economiche.
### Conclusione
Marx considera la **democrazia liberale** come una
sovrastruttura che legittima lo sfruttamento economico della borghesia
attraverso il **mercato** e il **capitalismo**, che sono strumenti per la
riproduzione del capitale e dello sfruttamento del **proletariato**. Il
capitalismo è destinato a essere superato da una rivoluzione proletaria, che
porterà alla creazione di una società comunista in cui le relazioni di
sfruttamento saranno abolite e la vera democrazia sarà realizzata.
[Alcuni autori che nel Novecento si sono dedicati al tema
“democrazia e mercato”]
### 1. **Joseph Schumpeter**
Schumpeter, economista e teorico della politica, ha
trattato ampiamente del rapporto tra capitalismo e democrazia. In particolare,
nel suo libro *Capitalismo, Socialismo e Democrazia* (1942), Schumpeter
sostiene che il capitalismo, con la sua dinamica di innovazione e
"distruzione creatrice", è una delle forze che ha contribuito alla
nascita della democrazia. Tuttavia, Schumpeter vedeva la democrazia non come un
sistema in cui il popolo governa direttamente, ma come un metodo per
selezionare leader politici attraverso la competizione elettorale, simile alla
competizione del mercato.
### 2. **John Maynard Keynes**
Keynes è noto per aver criticato le idee del libero mercato
in relazione alla democrazia. Nel suo *Teoria generale dell'occupazione,
dell'interesse e della moneta* (1936), Keynes afferma che un capitalismo non
regolamentato può portare a crisi economiche, che mettono a rischio la
stabilità delle democrazie. Egli propone un intervento dello Stato
nell'economia attraverso politiche fiscali per garantire la stabilità e la
giustizia sociale, elementi fondamentali per la preservazione della democrazia.
### 3. **Karl Polanyi**
In *La grande trasformazione* (1944), Polanyi sostiene che
il mercato autoregolato, tipico del capitalismo liberale, tende a disintegrare
la società e minaccia la democrazia. Egli afferma che i tentativi di
sottomettere tutte le sfere della vita sociale alle logiche del mercato creano
una "reazione protettiva" della società, che cerca di imporre limiti
al mercato per difendere i suoi valori. Secondo Polanyi, questa tensione tra
mercato e democrazia richiede l'intervento dello Stato per proteggere il
tessuto sociale.
### 4. **Milton Friedman**
Friedman, uno dei più influenti economisti del XX secolo,
nel suo libro *Capitalismo e libertà* (1962) afferma che il libero mercato è
essenziale per la democrazia. Secondo Friedman, il capitalismo garantisce la
libertà economica, che a sua volta è una condizione necessaria per la libertà
politica. Egli sosteneva che una maggiore libertà economica avrebbe favorito il
progresso democratico, opponendosi a qualsiasi eccessivo intervento statale
nell'economia.
### 5. **Robert Dahl**
Dahl, uno dei più importanti teorici della democrazia del
Novecento, ha trattato delle tensioni tra democrazia e capitalismo in diverse
opere. Nel suo libro *Una Prefazione alla Teoria Democratica* (1956) e
successivamente in *Democrazia e i suoi critici* (1989), Dahl esplora come le
disuguaglianze economiche create dal capitalismo possano minacciare il
funzionamento democratico, poiché il potere economico può facilmente tradursi
in potere politico, minacciando l'uguaglianza politica.
### 6. **Amartya Sen**
Amartya Sen, economista e filosofo, ha sviluppato una
teoria che collega sviluppo economico, democrazia e libertà. Nel suo libro *Lo
sviluppo è libertà* (1999), Sen sostiene che lo sviluppo economico non può
essere separato dallo sviluppo delle libertà politiche e sociali. Egli vede il
mercato come uno strumento per migliorare il benessere delle persone, ma
ritiene che la democrazia e le istituzioni politiche forti siano essenziali per
garantire che i benefici del mercato siano equamente distribuiti.
### 7. **Jürgen Habermas**
Habermas, filosofo e sociologo tedesco, ha trattato delle
relazioni tra democrazia e capitalismo nel contesto della comunicazione
pubblica e del potere. Nel suo libro *La teoria dell'agire comunicativo* (1981)
e altri lavori, Habermas analizza come il sistema economico capitalistico può
minacciare la sfera pubblica e la partecipazione democratica. Egli vede nella
**democrazia deliberativa** un correttivo, dove la partecipazione dei cittadini
e il dibattito pubblico possono controbilanciare il potere economico.
### 8. **Giovanni Sartori**
Sartori, teorico italiano della democrazia, ha discusso del
rapporto tra mercato e democrazia in diverse opere, concentrandosi su come la
democrazia debba funzionare in un contesto capitalistico. Sartori mette in
guardia contro il pericolo che il potere economico si trasformi in potere
politico, mettendo a rischio l'autonomia del sistema democratico.
### 9. **Friedrich Hayek**
Hayek, come Friedman, è uno dei principali sostenitori del
libero mercato. In *La via della schiavitù* (1944) e *La costituzione della
libertà* (1960), Hayek sostiene che l'intervento statale nell'economia può
condurre a un'erosione della libertà individuale e politica, compromettendo la
democrazia. Egli vede il mercato come un garante di libertà individuale, che
deve essere protetto dalla tendenza della politica a centralizzare il
controllo.
### 10. **Chantal Mouffe**
Mouffe, teorica politica contemporanea, ha scritto su come
il neoliberismo, ovvero un mercato globale non regolamentato, minacci la
democrazia. In *On the Political* (2005), critica l'idea che il mercato libero
possa coesistere armoniosamente con la democrazia, sottolineando come le
disuguaglianze economiche creino divisioni e tensioni sociali che minano il
pluralismo e la partecipazione democratica.
[### 11. **Karl Popper**]
Karl Popper, noto per il suo contributo alla filosofia
della scienza e alla teoria politica, affronta il rapporto tra democrazia e
mercato principalmente in termini di **società aperta** e **libertà
individuale**. Popper non è un teorico economico in senso stretto, ma il suo
pensiero politico, esposto soprattutto nel suo libro *La società aperta e i
suoi nemici* (1945), fornisce una cornice utile per comprendere la sua visione
sul mercato e la democrazia.
### 1. **La società aperta e la democrazia**
Popper è un fermo sostenitore della **società aperta**, un
concetto che implica una società in cui gli individui possono criticare
liberamente le istituzioni e proporre cambiamenti senza timore di repressione.
La democrazia è vista da Popper come il miglior strumento per garantire questo
tipo di apertura, poiché permette una **correzione continua degli errori**
attraverso un processo di critica e revisione. In una società aperta, i governi
sono sottoposti a un controllo continuo e possono essere cambiati senza
violenza.
### 2. **Il ruolo del mercato in una società aperta**
Sebbene Popper non abbia scritto in modo approfondito sulle
dinamiche economiche specifiche del mercato, egli condivide con altri pensatori
liberali l'idea che la libertà economica sia una componente importante della
libertà complessiva. Per Popper, un sistema economico di mercato, se regolato
adeguatamente, può essere un supporto per una **società aperta** in quanto
promuove la libertà individuale. Egli crede che il capitalismo e il mercato, se
non lasciati completamente a se stessi, possano fornire un meccanismo per
migliorare il benessere materiale e favorire l’innovazione.
### 3. **Critica al totalitarismo e al collettivismo**
Popper si oppone con forza al collettivismo e ai sistemi
economici centralizzati, che vede come pericolosi per la democrazia. Egli
critica sia il **marxismo** sia il **fascismo**, poiché entrambi tendono a
imporre un controllo economico centralizzato che soffoca la libertà
individuale. La pianificazione economica totale, secondo Popper, può facilmente
trasformarsi in un regime autoritario che nega la possibilità di critica e di
correzione degli errori, portando al totalitarismo.
Popper sostiene che qualsiasi forma di governo o sistema
economico che non permetta la **critica aperta** e il cambiamento è
fondamentalmente antidemocratica. Questo vale anche per le economie
pianificate, dove lo Stato assume un ruolo dominante nella gestione delle
risorse economiche, eliminando la possibilità di decisioni individuali nel
mercato.
### 4. **Popper e il "gradualismo" nelle riforme
economiche**
Popper è un sostenitore del **gradualismo** nelle riforme
economiche e politiche. Egli crede che le trasformazioni radicali o
rivoluzionarie, compreso il tentativo di sostituire bruscamente il capitalismo
con un sistema economico socialista, siano pericolose per la democrazia e la
libertà. Piuttosto che cercare soluzioni utopistiche attraverso cambiamenti
rivoluzionari, Popper promuove un approccio **incrementale** e riformista, dove
le istituzioni economiche e politiche possono essere migliorate attraverso un
processo di tentativi ed errori.
### 5. **Tensioni tra mercato e democrazia**
Sebbene Popper veda nel mercato un alleato della libertà,
riconosce che il mercato può generare **disuguaglianze** che mettono a rischio
la stabilità democratica. Tuttavia, non crede che il rimedio sia l'abolizione
del capitalismo, ma piuttosto l'adozione di **meccanismi di regolazione** e
politiche redistributive moderate che mantengano l'equilibrio tra libertà
economica e giustizia sociale.
### 6. **L'importanza delle istituzioni**
Per Popper, la democrazia non è solo un insieme di
procedure elettorali, ma un sistema che deve essere supportato da istituzioni
forti, capaci di regolare e moderare i conflitti tra interessi economici e
politici. Le istituzioni democratiche devono essere in grado di limitare il
potere economico, impedendo che le élite economiche acquisiscano troppo potere
e influenzino il processo politico in modo sproporzionato.Nel pensiero di Karl
Popper, il rapporto tra democrazia e mercato si inserisce nella sua difesa
della **società aperta**. Il mercato, se adeguatamente regolato, può sostenere
la libertà individuale, un elemento centrale della democrazia. Tuttavia, Popper
avverte del pericolo che il potere economico, se lasciato senza controllo,
possa minacciare la democrazia stessa, e per questo motivo sottolinea
l'importanza di istituzioni democratiche forti e di un approccio gradualista e
riformista alle questioni economiche.
### Conclusione
Le relazioni tra democrazia e mercato hanno suscitato ampie
riflessioni nel corso del Novecento, con autori che hanno affrontato il tema da
prospettive diverse, alcune a favore dell’interazione positiva tra i due, altre
mettendo in luce le tensioni e i rischi. Queste analisi sono ancora oggi
rilevanti per comprendere le dinamiche politiche ed economiche contemporanee.